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Con un ulteriore motivo l’appellante reitera la censura con la quale si contesta che il Ministero, non solo avrebbe effettuato una nuova valutazione di merito del nulla osta rilasciato dal Comune e non di legittimità, ma avrebbe anche errato la sua valutazione poiché l’avrebbe basata su presupposti insussistenti. In particolare, l’appellante critica i passaggi del provvedimento impugnato dove si riferisce che l’immobile oggetto di sanatoria ricade nel PTP n. 12 e che detta zona “mantiene ancora nella sostanza la sua connotazione essenzialmente agricola, connotazione che la normativa paesistica intende invece tutelare”. A questo proposito, ribadisce che la zona non è coperta da vincoli di PTP (come preliminarmente aveva specificato lo stesso Comune), rilevando che il Ministero ha annullato il nulla osta senza neanche tener conto della documentazione descrittiva inizialmente allegata all’istanza e senza effettuare prudenzialmente alcun sopralluogo.
Il motivo è infondato.
Invero, la ragione dell’annullamento della determina comunale è ravvisabile nella carenza di motivazione della stessa, come si evince chiaramente dal tenore del provvedimento impugnato, restando in disparte le ulteriori considerazioni circa la natura del vincolo a cui è assoggetta l’area, le quali, lungi dal costituire una indebita valutazione di merito, valgono solo a dimostrare l’assoluta carenza di ogni approfondimento da parte del Comune rispetto alla compatibilità del manufatto abusivo con l’ambiente circostante.
Più in generale, va rammentato che l’atto di autorizzazione paesaggistica dell’ente locale, espressione dell’esercizio di valutazioni tecniche, deve contenere un’adeguata motivazione, e deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria (cfr. art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990). Al riguardo il Consiglio di Stato ha affermato che la motivazione può ritenersi adeguata quando risponde a un modello che contempli, in modo dettagliato, la descrizione: I) dell’edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati; II) del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante l’indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni; III) del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l’indicazione dell’impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4899, e 11 settembre 2013, n. 4481). Sempre secondo la giurisprudenza amministrativa consolidata (Cons. Stato, Ad. Plen. 14 dicembre 2001, n. 9 e, più di recente, ex multis Cons. Stato, sez. VI, n. 300/2012), l’eventuale annullamento del nulla osta paesaggistico comunale, da parte della Soprintendenza, risulta riferibile a qualsiasi vizio di legittimità, riscontrato nella valutazione formulata in concreto dall’ente territoriale, ivi compreso l’eccesso di potere in ogni sua figura sintomatica (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta). L’unico limite che la Soprintendenza competente incontra in tema di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica è costituito dal divieto di effettuare “un riesame complessivo delle valutazioni compiute dall’ente competente tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 9/2001; cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 14 agosto 2012, n. 4562). Tale limite sussiste, però, soltanto se l’ente che rilascia l’autorizzazione di base abbia adempiuto al suo obbligo di motivare in maniera adeguata in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’opera. In caso contrario sussiste un vizio d’illegittimità per difetto o insufficienza della motivazione e ben possono gli organi ministeriali annullare il provvedimento adottato per vizio di motivazione e indicare – anche per evidenziare l’eccesso di potere nell’atto esaminato – le ragioni di merito che concludono per la non compatibilità delle opere realizzate con i valori tutelati (Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 2014, n. 1034, 18 gennaio 2012, n. 173 e 21 settembre 2011, n. 5292).
Alla luce delle coordinate innanzi ricordate, deve osservarsi che nella determina positiva del Comune oggetto dell’annullamento ministeriale non è affatto chiara la natura dei vincoli che insistono sull’area; detto parere difetta inoltre completamente di ogni esplicazione circa le ragioni per le quali si è ritenuto compatibile l’intervento oggetto dalla domanda di sanatoria con i vincoli sussistenti sull’area. In altre parole la motivazione non rispetta il contenuto minimo che la giurisprudenza amministrativa ha considerato necessario affinché l’atto comunale possa sottrarsi a rilievi d’illegittimità. In particolare, deve ribadirsi come dall’esame del parere non è dato comprendere in base a quali criteri l’ente sub delegato si sia convinto che la permanenza dell’opera abusiva fosse compatibile con le esigenze di tutela del contesto paesaggistico. Tenuto conto di tali carenze, le censure dell’autorità statale non si traducono in una indebita sovrapposizione delle valutazioni dell’autorità medesima rispetto a quelle comunale, essendo viceversa funzionali a mettere in luce il difetto di istruttoria e la conseguente insufficienza motivazionale innanzi evidenziata.
In considerazione dell’infondatezza delle precedenti doglianze risulta infine infondato anche l’ultimo motivo di appello, con il quale si censura la mancata pronuncia sul motivo di ricorso avverso il provvedimento comunale di sospensione della concessione in sanatoria. La contestazione è palesemente infondata, posto che il sopravvenuto annullamento del parere positivo di compatibilità paesaggistica inficia il provvedimento di sanatoria nelle more emesso dal Comune. Ne deriva la piena legittimità del provvedimento di sospensione cautelare dello stesso.
In definitiva, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.
Le spese di lite, stante la complessità del contesto fattuale alla base del provvedimento impugnato, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe lo respinge. Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
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