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Risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|6 settembre 2024| n. 24009.

In tema di risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito (sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene ad un prezzo o ad un canone superiore a quello di mercato), di cui, a fronte della specifica contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova, anche mediante presunzioni o tramite il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza; poiché l'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti, l'onere probatorio sorge comunque per i fatti ignoti al danneggiante, ma il criterio di normalità che generalmente presiede, salvo casi specifici, alle ipotesi di mancato esercizio del diritto di godimento, comporta che l'evenienza di tali fatti sia tendenzialmente più ricorrente nelle ipotesi di mancato guadagno; che il venir meno della mera facoltà di non uso, quale manifestazione del contenuto del diritto sul piano astratto, suscettibile di reintegrazione attraverso la sola tutela reale, non è risarcibile; che, infine, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato

In tema di espropriazione parziale per pubblica utilità
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In tema di espropriazione parziale per pubblica utilità

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 settembre 2024| n. 23959.
In tema di espropriazione parziale per pubblica utilità, una volta accertata l'unità funzionale tra la parte espropriata e quella rimasta in proprietà del privato e la negativa incidenza del distacco della prima dalla seconda, l'indennità di occupazione legittima è correttamente determinata in misura percentuale rispetto alle somme astrattamente dovute a titolo di indennità di esproprio, ivi comprese quelle imputabili al deprezzamento delle porzioni residue dell'immobile rimaste nella giuridica disponibilità del proprietario, anche se non sono divenute di fatto inutilizzabili a causa della realizzazione dell'opera pubblica.

In tema di annullamento per conflitto di interessi della delibera assembleare 
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In tema di annullamento per conflitto di interessi della delibera assembleare 

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|3 settembre 2024| n. 23557.

In tema di annullamento per conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 2373 cod. civ., della delibera assembleare adottata da una società per azioni, il vizio ricorre quando essa è diretta al soddisfacimento di interessi extrasociali, in danno della società; si ha, in altri termini, conflitto di interessi rilevante quando vi è, di fatto, un conflitto tra un interesse non sociale ed uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili al contratto di società.

Affinché una domanda possa ritenersi presuntivamente abbandonata dalla parte
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Affinché una domanda possa ritenersi presuntivamente abbandonata dalla parte

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 settembre 2024| n. 23719.

Affinché una domanda possa ritenersi presuntivamente abbandonata dalla parte, non basta la sua mancata riproposizione in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi anche accertare se, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla stretta connessione della domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate, non emerga una volontà inequivoca di insistere sulla domanda pretermessa

Al fine di stabilire il regime di impugnazione del provvedimento con cui si liquidano gli onorari
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Al fine di stabilire il regime di impugnazione del provvedimento con cui si liquidano gli onorari

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|4 settembre 2024| n. 23740.

Anche in seguito all'entrata in vigore dell'art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, al fine di stabilire il regime di impugnazione del provvedimento con cui si liquidano gli onorari e le altre spettanze dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, assume rilevanza la forma adottata dal giudice in base alla qualificazione che egli abbia dato, implicitamente o esplicitamente, all'azione esercitata in giudizio.

Procura ad litem e differenza dal contratto di patrocinio
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Procura ad litem e differenza dal contratto di patrocinio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 settembre 2024| n. 23722.

In tema di attività professionale svolta da avvocati, mentre la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale soggetto a forma scritta, con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale o contratto di patrocinio costituisce un negozio bilaterale, con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato e del contratto d'opera, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte, sicché, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell'attività processuale, né è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio di libertà di forma.

Azione del danneggiato nei confronti del proprio assicuratore e litisconsorzio necessario del danneggiante responsabile
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Azione del danneggiato nei confronti del proprio assicuratore e litisconsorzio necessario del danneggiante responsabile

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 settembre 2024| n. 23809.

In materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, nella procedura di risarcimento diretto di cui all'articolo 149 del Dlgs n. 209 del 2005, promossa dal danneggiato nei confronti del proprio assicuratore, sussiste litisconsorzio necessario rispetto al danneggiante responsabile, analogamente a quanto previsto dall'art. 144, comma 3, dello stesso Dlgs, posto che anche l'azione rivolta dal danneggiato nei confronti della assicurazione del veicolo da lui condotto presuppone un accertamento in ordine alla responsabilità del soggetto che ha causato il danno e che tale accertamento - oggetto della domanda giudiziale, del processo e, infine, del decisum - non può non produrre i propri effetti vincolanti anche nei confronti del soggetto della cui responsabilità si tratta con la conseguenza che l'omessa integrazione del contraddittorio, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, comporta l'annullamento della sentenza, ai sensi dell'articolo 383, terzo comma, del codice di procedura civile.

L’appello incidentale tardivo è ammissibile nel caso in cui abbia ad oggetto un capo della sentenza diverso da quello ad oggetto del gravame principale
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L’appello incidentale tardivo è ammissibile nel caso in cui abbia ad oggetto un capo della sentenza diverso da quello ad oggetto del gravame principale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 settembre 2024| n. 23720.

L’appello incidentale tardivo è ammissibile nel caso in cui abbia ad oggetto un capo della sentenza diverso da quello ad oggetto del gravame principale. Nel caso di specie l’appello incidentale era stato proposto come impugnazione della parte contro la quale l’appello principale era stato presentato e questo, di per se, rende ammissibile il gravame.

Il patto di quota lite vietato è integrato anche nel caso in cui il compenso dell’avvocato sia convenzionalmente correlato al risultato pratico dell’attività svolta
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Il patto di quota lite vietato è integrato anche nel caso in cui il compenso dell’avvocato sia convenzionalmente correlato al risultato pratico dell’attività svolta

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|4 settembre 2024| n. 23738.

Il patto di quota lite (vietato dall'art. 13, comma 4, della l. n. 247 del 2012) è integrato anche nel caso in cui il compenso dell'avvocato sia convenzionalmente correlato al risultato pratico dell'attività svolta, realizzandosi in tal modo la partecipazione del professionista agli interessi pratici esterni alla prestazione richiestagli, che il divieto suddetto mira a scongiurare.

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Al rigetto dell’appello non consegue necessariamente la condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|4 settembre 2024| n. 23769.

Al rigetto dell'appello non consegue necessariamente la condanna dell'appellante al pagamento delle spese processuali, implicando pur sempre la relativa statuizione una valutazione dell'esito globale della lite.