Quietanza notarile ed il valore confessorio
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Quietanza notarile ed il valore confessorio

La Corte di Cassazione, con la Sentenza civile n. 15097 del 5 giugno 2025, ha analizzato la valenza probatoria della clausola di quietanza di pagamento contenuta in un atto notarile di compravendita. La Suprema Corte ha chiarito che l'attestazione del venditore, riportata nell'atto, secondo cui "il pagamento del prezzo complessivo è avvenuto contestualmente alla firma del presente atto", non è coperta dalla fede privilegiata propria dell'atto pubblico (ex art. 2700 c.c.).

Tale dichiarazione ha invece natura confessoria. Di conseguenza, il venditore che ha rilasciato quietanza non è generalmente ammesso a fornire la prova contraria per testimoni o presunzioni. L'unica via per disconoscere la quietanza è dimostrare, in applicazione analogica dell'art. 2732 c.c. (sulla revoca della confessione), che il rilascio della quietanza sia avvenuto per errore di fatto o per violenza. In alternativa, se il venditore deduce la simulazione del pagamento (cioè che il pagamento in realtà non è avvenuto), questa deve essere provata mediante una controdichiarazione scritta, in quanto trattasi di prova tra le parti del negozio.

Opponibilità clausole regolamento e trascrizione specifica
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Opponibilità clausole regolamento e trascrizione specifica

La Corte di Cassazione, con la Sentenza civile n. 15341 del 9 giugno 2025, ha stabilito un principio cruciale in merito all'opponibilità ai terzi acquirenti delle clausole limitative contenute nei regolamenti condominiali che impongono servitù reciproche (ad esempio, il divieto di destinare immobili ad un certo uso).

La Suprema Corte ha chiarito che l'opponibilità di tali vincoli non è automatica, ma è strettamente subordinata alla loro corretta trascrizione nei Registri Immobiliari. Le modalità di trascrizione variano a seconda dell'epoca in cui è stata effettuata:

Dopo la L. n. 52/1985 (art. 17, comma 3): è necessaria l'indicazione delle specifiche clausole limitative in una nota di trascrizione apposita, distinta da quella relativa all'atto di acquisto.

Prima della L. n. 52/1985 (sotto il codice civile): le clausole specifiche dovevano essere riportate nell'unica nota di trascrizione presentata per la vendita (artt. 2659, co. 1, n. 2, e 2665 c.c.). A tal fine, il mero generico rinvio al regolamento non è sufficiente.

Sotto il Codice Civile del 1865 (art. 1940): era necessario che la nota di trascrizione rendesse individuabili la natura della servitù reciproca e i fondi coinvolti.

In applicazione di questo principio, la Cassazione ha cassato la decisione impugnata che aveva ritenuto opponibile a un terzo acquirente una clausola del 1937 che vietava di adibire l'immobile a scuola di musica, semplicemente perché l'atto di vendita del 1938 richiamava il regolamento. La Corte ha imposto di verificare se la nota di trascrizione riportasse non solo il regolamento, ma anche la specifica clausola limitativa della proprietà.

Condominio Ordinaria e straordinaria amministrazione
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Condominio Ordinaria e straordinaria amministrazione

La Corte di Cassazione, con la Sentenza civile n. 15346 del 9 giugno 2025, ha definito il criterio distintivo tra gli atti di ordinaria amministrazione e quelli di straordinaria amministrazione nell'ambito del condominio.

La Corte ha stabilito che la discriminante risiede nella "normalità" dell'atto di gestione rispetto all'obiettivo di utilizzo e godimento dei beni comuni. Gli atti di ordinaria amministrazione rientrano nelle funzioni dell'amministratore (art. 1133 c.c.) e sono vincolanti per tutti i condomini. Al contrario, gli atti di straordinaria amministrazione necessitano dell'autorizzazione dell'assemblea per produrre effetti vincolanti, fatte salve le eccezioni urgenti previste dall'art. 1135, comma 2, c.c.

In particolare, gli atti che comportano spese rilevanti per la loro particolarità e consistenza economica – anche se finalizzati a una migliore utilizzazione delle parti comuni o imposti da nuove normative – devono essere qualificati come straordinari e richiedono pertanto una specifica delibera assembleare.

In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto valida una delibera riguardante la "manutenzione generale dei due corpi di fabbrica" condominiali, in quanto era stata adottata senza la maggioranza qualificata richiesta per gli interventi straordinari (nella formulazione del vecchio art. 1136, comma 2, c.c.).

Giudizio di rinvio integrità contraddittorio non eccepibile
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Giudizio di rinvio integrità contraddittorio non eccepibile

La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 15400 del 9 giugno 2025, ha stabilito un importante principio in merito alla integrità del contraddittorio nel giudizio di rinvio. La Corte ha chiarito che in questa fase processuale non è più possibile eccepire né il giudice può rilevare d'ufficio la mancanza di un litisconsorzio necessario (ovvero la non integrità del contraddittorio dovuta a un'esigenza originaria). Tale preclusione si verifica se la questione non è stata sollevata nel ricorso per cassazione e, soprattutto, non è stata rilevata dal giudice di legittimità nella precedente fase. La logica sottesa è che si deve presumere che la Corte di Cassazione, non avendo sollevato il vizio, abbia implicitamente ritenuto il contraddittorio come integro. Di conseguenza, nel giudizio di rinvio e nei successivi gradi di legittimità, le sole persone che possono e devono partecipare in qualità di litisconsorti necessari sono coloro che sono stati effettivamente parti nel primo giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione.

Foro del consumatore prevale su foro speciale avvocato
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Foro del consumatore prevale su foro speciale avvocato

La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 15345 del 9 giugno 2025, ha risolto un conflitto di competenza per territorio tra il foro speciale per le controversie in materia di onorari forensi e il foro del consumatore.

La Suprema Corte ha stabilito che, qualora un avvocato agisca con ricorso per decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento delle competenze professionali dal proprio cliente (o dall'erede), avvalendosi del foro speciale previsto dall'art. 637, comma 3, c.p.c. e dall'art. 14, comma 2, del D.Lgs. n. 150/2011, tale foro soccombe di fronte al foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore (previsto dall'art. 33, comma 2, lett. u, del D.Lgs. n. 206/2005, Codice del Consumo).

La ragione di tale prevalenza risiede nella natura di competenza esclusiva del foro del consumatore. Questo foro, infatti, prevale su ogni altra previsione di competenza in virtù delle superiori esigenze di tutela che sono alla base dello statuto del consumatore, che trova applicazione anche sul terreno processuale.

La procura  per la richiesta di decisione in Cassazione
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La procura per la richiesta di decisione in Cassazione

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la Sentenza civile n. 14986 del 4 giugno 2025, si è pronunciata sull'applicabilità temporale delle modifiche all'art. 380-bis c.p.c. introdotte dal D.Lgs. n. 164 del 2024, che ha eliminato l'obbligo di rilasciare una nuova procura speciale per la richiesta di decisione in Cassazione. Le Sezioni Unite hanno stabilito che, in assenza di una specifica norma transitoria (che non è rintracciabile nell'art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 164/2024 né nell'art. 35, comma 1, del D.Lgs. n. 149/2022, applicabili solo al primo grado), tale modifica normativa si applica immediatamente anche ai giudizi di cassazione introdotti con ricorso notificato prima del 1° gennaio 2023, a condizione che a quella data non fosse ancora stata fissata l'adunanza camerale o l'udienza pubblica. Questa interpretazione è stata preferita per garantire l'uniformità e il coordinamento, evitando di differenziare l'entrata in vigore delle previsioni correttive del D.Lgs. n. 164/2024 rispetto alle analoghe modifiche del giudizio di legittimità già introdotte dal D.Lgs. n. 149 del 2022.

Limiti della comparsa conclusionale e le questioni nuove
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Limiti della comparsa conclusionale e le questioni nuove

La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 14916 del 4 giugno 2025, ha ribadito la funzione e i limiti della comparsa conclusionale sia nel giudizio di primo grado che in appello (ai sensi dell'art. 190 c.p.c.). La sentenza chiarisce che tale atto ha l'unica funzione di illustrare e specificare le domande e le eccezioni che sono state già ritualmente proposte in precedenza. Ne consegue che, se con la comparsa conclusionale viene sollevata per la prima volta una questione nuova non precedentemente introdotta, il giudice di appello non solo può, ma deve astenersi dal pronunciarsi su tale punto, e tale astensione non costituisce affatto una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.). La Suprema Corte ha precisato che, di conseguenza, il motivo di ricorso in Cassazione che lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su una questione nuova sollevata solo in comparsa conclusionale è da considerarsi inammissibile.

Liquidazione Spese legali e parte contumace
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Liquidazione Spese legali e parte contumace

Esposizione ampia e chiara
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 14972 del 4 giugno 2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di liquidazione delle spese processuali. La Suprema Corte ha chiarito che, anche nel caso in cui la parte vittoriosa in giudizio sia rimasta contumace (ossia non si sia costituita e non abbia svolto alcuna attività processuale), il giudice non può condannare la parte soccombente al pagamento delle spese legali a favore del contumace. La ragione di tale esclusione risiede nel fatto che la parte contumace, proprio per la sua inattività, non ha sostenuto spese processuali che possano essere oggetto di rimborso.

“A prima richiesta” e contratto autonomo di garanzia
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“A prima richiesta” e contratto autonomo di garanzia

Esposizione ampia e chiara
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 14945 del 4 giugno 2025, ha ribadito il criterio interpretativo per distinguere la fideiussione dal contratto autonomo di garanzia. La Corte ha stabilito che l'inserimento, in un contratto di garanzia, della clausola di pagamento "a prima richiesta e senza eccezioni" è, di per sé, un elemento idoneo a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia. Questa clausola è considerata incompatibile con il principio di accessorietà che è tipico della fideiussione. Tuttavia, questa qualificazione non è automatica. Il giudice è sempre tenuto a interpretare la clausola alla luce dell'intero contenuto della convenzione negoziale per verificare l'effettiva volontà delle parti. Nel caso specifico, la Suprema Corte ha confermato la qualificazione come contratto autonomo di garanzia, supportata non solo dalla clausola "a prima richiesta", ma anche da un'ulteriore previsione che estendeva la garanzia all'obbligo di restituzione delle somme erogate, anche in caso di invalidità delle obbligazioni garantite.