La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 14970 del 4 giugno 2025, ha ribadito il principio secondo cui, nell'azione di risarcimento del danno per la morte di una persona causata da fatto illecito altrui, i prossimi congiunti acquistano il diritto al risarcimento iure proprio (cioè in via autonoma) e non iure hereditario (per successione). Pertanto, ai fini dell'esercizio dell'azione risarcitoria, i congiunti non sono tenuti a fornire la prova della loro qualità di eredi. L'unica eccezione a questo principio si verifica quando la morte è avvenuta dopo un lasso di tempo significativo e i congiunti avanzano anche la richiesta di risarcimento per il danno patrimoniale e non patrimoniale (il cosiddetto danno terminale), in quanto queste specifiche voci di danno spettano alla vittima e si trasmettono agli eredi iure hereditario.
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Perdita qualità socio non estingue giudizio in Cassazione
La Corte di Cassazione, con la Sentenza civile n. 15087 del 5 giugno 2025, ha chiarito l'impatto della perdita della qualità di socio nel corso del giudizio di legittimità. La Suprema Corte ha stabilito che se un socio, dopo aver proposto il ricorso in Cassazione per impugnare una delibera sociale, cede le sue azioni e perde, di conseguenza, la sua qualità di socio, non trova applicazione l'art. 2378, comma 2, c.c. Questo articolo disciplina l'estinzione del giudizio di impugnazione delle delibere in caso di decadenza o recesso del socio prima della proposizione del gravame. La sentenza implica che, una volta incardinato il ricorso per cassazione, l'eventuale successiva perdita della qualità di socio non estingue automaticamente il giudizio.
Domanda di riduzione e omessa allegazione relictum
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 15342 del 9 giugno 2025, si è pronunciata sui requisiti della domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie. La Suprema Corte ha chiarito che l'omissione, nell'atto introduttivo del giudizio, dell'allegazione di beni che compongono il "relictum" (il patrimonio lasciato dal defunto) o delle donazioni fatte in vita dal de cuius, non è sufficiente a precludere la decisione sulla domanda di riduzione. Questo vale in particolare quando l'esistenza di tali beni o donazioni emerge comunque dagli atti di causa o è oggetto di specifica contestazione delle controparti, anche ai fini dell'imputazione ex se (il conteggio delle liberalità ricevute dal legittimario). In tale circostanza, il giudice ha il dovere di procedere alle necessarie operazioni di riunione fittizia per verificare l'effettiva lesione della quota di riserva, utilizzando tutte le informazioni disponibili dalle parti, pur nel rispetto delle preclusioni processuali per l'attività di allegazione e prova. Di conseguenza, il rigetto della domanda di riduzione non può avvenire solo perché il ricorrente non ha allegato tali beni o donazioni per un suo convincimento sulla loro inesistenza, ma può avvenire solo se, dopo l'istruttoria, la lesione della quota di riserva non risulta dimostrata.
Caregiver preferito ad amministratore designato
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 15055 del 5 giugno 2025, si è pronunciata sui criteri che guidano la scelta dell'amministratore di sostegno. La Suprema Corte ha stabilito che l'esistenza di una relazione di cura consolidata e prolungata nel tempo tra il beneficiario e il soggetto che lo assiste, come un caregiver, può costituire un grave motivo sufficiente per disattendere una designazione dell'amministratore fatta dal beneficiario stesso anni prima. La Corte ha riconosciuto che tale relazione fiduciaria preesistente, basata sull'assistenza quotidiana, può essere considerata l'indicatore più forte della migliore idoneità del caregiver a tutelare gli interessi e i bisogni del beneficiario, prevalendo sulla precedente designazione formale.
Azione di accertamento negativo dopo ATP
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 13385 del 20 maggio 2025, ha analizzato la questione della legittimazione ad agire in un'azione di accertamento negativo della responsabilità, intentata a seguito di un Accertamento Tecnico Preventivo (ATP). La Corte ha stabilito che una parte ha legittimazione a intraprendere tale azione, dato che l'esito di un ATP può costituire prova in un successivo giudizio. Tuttavia, questa azione è ammissibile solo se sorretta da un concreto e attuale interesse ad agire, come richiesto dall'art. 100 c.p.c. Tale interesse deve essere valutato tenendo conto del comportamento delle parti e non può consistere unicamente nella finalità di ottenere il rimborso delle spese sostenute durante l'ATP. Nel caso specifico, la Suprema Corte ha confermato la decisione di inammissibilità dell'azione di un odontoiatra, che aveva intentato una causa per accertare la sua non responsabilità solo per recuperare le spese di un ATP medico-legale avviato da un'altra parte.
Contratto preliminare l’oggetto deve essere determinato
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 13470 del 20 maggio 2025, ha analizzato i requisiti di determinatezza dell'oggetto di un contratto preliminare di compravendita immobiliare. La sentenza distingue due scenari:
Conclusione consensuale del contratto definitivo: in questo caso, la determinazione del bene da trasferire può avvenire anche tramite elementi esterni al contratto preliminare, inclusi fatti successivi alla sua stipula.
Pronuncia giudiziale ex art. 2932 c.c. (esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre): in questo caso, è indispensabile che il contratto preliminare contenga l'esatta identificazione dell'immobile, con l'indicazione dei confini e dei dati catastali. La sentenza, infatti, non può attingere i dati necessari da altre documentazioni, ma deve corrispondere esattamente al contenuto del preliminare.
La Corte ha anche ribadito che per la validità di un vincolo contrattuale è necessaria l'intesa su tutti gli elementi dell'accordo, non solo quelli essenziali. Se la determinazione degli elementi accessori è rinviata, non si può parlare di un contratto con obbligazioni determinate. Nel caso specifico, la Suprema Corte ha confermato la decisione del giudice di merito che, in assenza di un'identificazione idonea del bene, aveva escluso la possibilità di un trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c., non ravvisando l'esistenza di un valido contratto preliminare.
Impugnare competenza e spese in due modi diversi
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 13483 del 20 maggio 2025, ha chiarito la corretta procedura per impugnare una sentenza che si pronuncia sia sulla competenza che sulle spese processuali. La Corte ha stabilito che la parte interessata deve agire in modo duplice e distinto:
Per la parte della sentenza relativa alla competenza, è obbligatorio ricorrere all'istanza di regolamento di competenza.
Per la parte relativa alle spese, si può procedere con i mezzi ordinari di impugnazione (come l'appello), in modo autonomo e separato dall'istanza di regolamento.
Nel caso specifico, un tribunale aveva erroneamente statuito sulle spese dopo aver accolto un'eccezione di incompetenza territoriale, anziché limitarsi a cancellare la causa dal ruolo. La parte soccombente aveva impugnato la decisione sulle spese con un appello, ma la corte d'appello lo aveva dichiarato inammissibile. La Cassazione ha cassato questa decisione, ribadendo che l'impugnazione della sola statuizione sulle spese è pienamente ammissibile, anche se la questione di competenza è risolta con un altro strumento.
Morte della parte e interruzione processo
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 13414 del 20 maggio 2025, ha chiarito un aspetto cruciale in materia di interruzione del processo. La sentenza stabilisce che se una delle parti muore dopo la notifica dell'atto di inizio del giudizio, ma prima che sia scaduto il termine per la sua costituzione in giudizio, il processo si interrompe automaticamente. Questa interruzione avviene a prescindere dal fatto che le altre parti o il giudice siano a conoscenza dell'evento. La conoscenza della morte della parte rileva unicamente per far decorrere il termine entro cui il processo può essere riassunto o proseguito. La Cassazione ha ricordato, infatti, che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 305 c.p.c. proprio nella parte in cui il termine per la riassunzione decorre dall'interruzione, anziché dal momento in cui le parti ne abbiano avuto effettiva conoscenza.
Autosufficienza ricorso Cassazione violazione del giudicato
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 13662 del 21 maggio 2025, ha stabilito un importante principio in materia di ricorsi per cassazione. La sentenza sottolinea che, affinché un ricorso che contesta la violazione dell'art. 2909 c.c. (relativo all'efficacia del giudicato) sia ammissibile, deve essere autosufficiente. Questo significa che il ricorrente è obbligato a indicare in modo specifico e dettagliato, nel ricorso stesso, la parte del provvedimento passato in giudicato di cui lamenta l'errata interpretazione. La mancata specifica di tale elemento comporta l'inammissibilità del ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza sancito dall'art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c.
Duplicare titoli esecutivi limiti e condizioni.
Esposizione ampia e chiara
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 13612 del 21 maggio 2025, ha analizzato la legittimità della duplicazione dei titoli esecutivi. La sentenza ha stabilito che un creditore, pur essendo già in possesso di un titolo esecutivo (come un decreto ingiuntivo), può ottenerne un secondo. Tuttavia, questa possibilità non è assoluta ed è soggetta a tre condizioni fondamentali:
L'azione non deve essere stata consumata, ovvero non deve essere violato il principio del ne bis in idem (non si può essere giudicati due volte per lo stesso fatto).
Deve sussistere l'interesse ad agire da parte del creditore, come previsto dall'art. 100 c.p.c.
Non deve essere riscontrato un abuso del diritto o del processo.
Nel caso specifico, la Suprema Corte ha confermato la decisione del giudice di merito che aveva ridotto l'importo di una cartella di pagamento. La Corte ha ritenuto che il creditore, già in possesso di un decreto ingiuntivo mai eseguito, non avesse un interesse specifico a duplicare i titoli iscrivendo a ruolo una somma identica a quella del provvedimento monitorio.




