La compressione o limitazione del diritto al godimento di un bene cagionato dall’altrui fatto dannoso

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 gennaio 2024| n. 2015.

La compressione o limitazione del diritto al godimento di un bene cagionato dall’altrui fatto dannoso

La compressione o limitazione del diritto al godimento di un bene cagionato dall’altrui fatto dannoso (nella specie, le infiltrazioni di acqua derivanti dalla rottura dell’impianto di riscaldamento condominiale) è suscettibile di tradursi in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile sotto un duplice profilo: quale danno emergente, ove ne derivi la necessità di una spesa ripristinatoria delle pregresse condizioni del bene; a titolo di lucro cessante, per le perdite dei frutti civili normalmente prodotti dalla cosa. Il lucro cessante, pertanto, si configura ogni qual volta la parte alleghi che l’impedita disponibilità dell’immobile abbia provocato un mancato guadagno, sub specie di mancata percezione dei frutti civili conseguibili mediante la concessione a terzi verso corrispettivo del godimento del bene.

Ordinanza|18 gennaio 2024| n. 2015. La compressione o limitazione del diritto al godimento di un bene cagionato dall’altrui fatto dannoso

Data udienza 12 ottobre  2023

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio – Infiltrazioni – Risarcimento del danno – Compressione o limitazione del diritto al godimento di un bene cagionato dall’altrui fatto dannoso – Danno emergente e lucro cessante – Debenza – Redditività futura del bene – Rilevanza – Appartamento non affittato al momento delle infiltrazioni – Irrilevanza

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta da

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliera

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10004/2020 R.G. proposto da

To.Gi., elettivamente domiciliata in R, (Omissis), presso lo studio dell’Avv. Gr. Associati, rappresentato e difeso dall’Avv. Fi. da. Pa.

– ricorrente principale –

contro

CONDOMINIO (…), (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, in difetto di elezione di domicilio in Roma, domiciliato per legge ivi presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avv. Fa. Ba.

– controricorrente e ricorrente incidentale -nonché contro

(…) Spa (GIÀ (…) Spa), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in R, (Omissis), presso lo studio dell’Avv. Di. Fu., rappresentato e difeso dall’Avv. Ma. Cl. Ba.

– controricorrente e ricorrente incidentale -nonché contro

(…) Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in R, (Omissis), presso lo studio dell’Avv. Le. Ca., rappresentato e difeso dall’Avv. Ug.Ca.

– controricorrente e ricorrente incidentale -nonché contro

– intimata –

Avverso la sentenza n. 1207/2019 della CORTE DI APPELLO DI GENOVA, depositata il giorno 22 agosto 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 ottobre 2023 dal Consigliere RAFFAELE ROSSI.

La compressione o limitazione del diritto al godimento di un bene cagionato dall’altrui fatto dannoso

FATTI DI CAUSA

1. Nel febbraio 2008, nell’appartamento di proprietà di To.Gi., facente parte del Condominio (…), (Omissis) (in appresso, per brevità: il Condominio), si verificarono copiose infiltrazioni d’acqua provenienti dall’appartamento sovrastante (di proprietà di Tr.Li.), causate dalla rottura totale del tubo di sfiato dell’impianto di riscaldamento posto al di sotto del manto di guaina impermeabile del solaio di copertura.

2. Esperito procedimento di accertamento tecnico preventivo e dopo aver ripristinato l’immobile a proprie spese stante l’inerzia dell’ente condominiale, To.Gi. domando giudizialmente la condanna del Condominio al risarcimento del danno, costituito, in dettaglio, dalle seguenti voci: (a) mancata percezione di canoni di locazione nel periodo occorrente alla riparazione dell’appartamento;

(b) oneri condominiali ed esborsi per forniture sopportati nel medesimo arco temporale; (c) spese sostenute per il procedimento di a.t.p.; (d) spese ed interessi sul finanziamento acceso per procurarsi le somme necessarie all’esecuzione dei lavori; (e) costi dell’intervento di ripristino del cespite, inclusi compensi per direzione lavori e trasloco mobilio.

Nel resistere, il Condominio chiese la chiamata in causa: a fini di esclusione della propria responsabilità, della (…) Spa (lite pendente divenuta, a seguito di vari fenomeni successori, (…) Spa: in appresso, per brevità: (…)), quale impresa che, su incarico del Condominio, aveva compiuto sull’impianto di riscaldamento interventi di ricerca ed individuazione delle cause del fenomeno infiltrativo; ancora a scopo di esclusione di responsabilità, di Tr.Li.; formulando domanda di manleva, della (…) Spa, compagnia assicuratrice dell’ente per i danni cagionati a terzi.

2. Compiuta l’evocazione in lite di detti terzi, tutti poi costituiti, all’esito del giudizio di prime cure, il Tribunale di Genova, ritenuta la esclusiva responsabilità del Condominio nella causazione dell’occorso,

10 condannava in favore dell’attore al risarcimento del solo danno emergente (in misura peraltro inferiore a quanto richiesto), escludendo le poste ascritte a lucro cessante; rigettava poi le domande spiegate dal Condominio nei riguardi di tutti i terzi chiamati.

3. Avverso la sentenza di primo grado interponevano separati appelli To.Gi. e il Condominio.

Riunite le impugnazioni, svolti i giudizi con l’attiva partecipazione di tutti i contraddittori, la decisione in epigrafe indicata, in parziale accoglimento di ambedue gli appelli, accertata la corresponsabilità nella produzione dell’evento per il 70% a carico del Condominio e per il 30% a carico della (…): (a) ha condannato il Condominio e l'(…), in solido tra loro, al pagamento in favore di Gi.To. della somma di euro 17.463,63, a titolo di risarcimento danni; (b) ha condannato l'(…) Spa a manlevare il Condominio da ogni somma oggetto di condanna in favore di To.Gi.; (c) ha compensato, nella misura del 50%, le spese del giudizio di primo grado e per intero le spese del giudizio di appello tra To.Gi. ed il Condominio; (d) ha condannato il Condominio alla refusione delle spese dell’appello in favore di Tr.Li.; (e) ha compensato integralmente le spese del doppio grado di merito tra il Condominio e la (…) nonché tra il Condominio e l'(…) Spa.

4. Ricorre per cassazione To.Gi. per cinque motivi.

Resiste, con controricorso, e dispiega altresì ricorso incidentale,

affidato a due motivi, il Condominio.

Del pari resistono e propongono ricorso incidentale, ambedue articolando un unico motivo, l'(…) e l'(…) Spa.

Non svolge difese in grado di legittimità Tr.Li..

5. To.Gi., il Condominio e l'(…) Spa hanno depositato memoria illustrativa.

6. All’esito dell’adunanza camerale sopra indicata, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380-bis. 1 cod. proc. civ..

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale, denunciando nullità della sentenza per travisamento della prova, censura la sentenza gravata nella parte in cui ha denegato il ristoro per mancata percezione dei canoni di locazione e rimborso degli oneri condominiali per il periodo dal marzo 2008 al dicembre 2008.

Espone l’impugnante che la Corte d’appello, dopo aver accertato l’indisponibilità dell’appartamento a causa delle infiltrazioni al periodo compreso tra il 26 febbraio 2008 e il 10 gennaio 2009 (in astratto ritenendo la fondatezza della istanza risarcitoria ad esso relativa), ha disatteso il risarcimento sul rilievo che “i documenti 4 e 5 (fascicolo To.) attengono a dichiarazioni sull’esistenza di trattative solo a far data dal gennaio 2010, relative dunque ad un periodo successivo al sopralluogo del 10.1.2009, limite fino al quale poteva considerarsi giustificato l’inutilizzo del bene”.

Così opinando – assume il ricorrente – il giudice e tuttavia incorso in un travisamento della prova, dacché il documento n. 5 “riportava una diversa informazione”, riferendosi a trattative – tra l’altro concluse con la formulazione di una manifestazione di disponibilità a prendere in locazione il cespite – svolte “a fine gennaio 2008”.

1.1. Il motivo, svolto in conformità al principio di autosufficienza informante il ricorso per cassazione, è fondato.

In tema di scrutinio del ragionamento probatorio seguito dal giudice di merito, l’errore di valutazione nell’apprezzamento dell’idoneità dimostrativa del mezzo di prova non è sindacabile in sede di legittimità se non si traduce in un vizio di motivazione costituzionalmente rilevante, mentre deve ritenersi censurabile, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 115 del medesimo codice, l’errore di percezione caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che abbia formato oggetto di discussione tra le parti.

In tema di ricorso per cassazione, la deduzione di travisamento della prova ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., in relazione alla violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., postula che: a) l’errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova (“demonstrandum”), ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo di essa (“demonstratum”), con conseguente e assoluta impossibilita logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre; b) tale contenuto abbia formato oggetto di discussione nel giudizio; c) l’errore sia decisivo e, cioè, che la motivazione sarebbe stata necessariamente diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi oggettivamente risultanti dal materiale probatorio e inequivocabilmente difformi da quelli erroneamente desunti dal giudice di merito; d) il giudizio sulla diversità della decisione sia espresso non in termini di mera probabilità, ma di assoluta certezza.

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Sono questi i principi di diritto, enunciati – con dichiarato intento nomofilattico di sistemazione degli approdi della giurisprudenza di legittimità sul punto intercorsa – da un recente pronunciamento di questa Corte (Cass. 21/12/2022, n. 37382), eppure già ribaditi (Cass. 06/04/2023, n. 9507), che fondano l’accoglimento del motivo.

Invero, il contenuto informativo univocamente ed oggettivamente ritraibile dalla comunicazione dell’agenzia immobiliare Fi. (affoliata come documento n. 5 del fascicolo dell’appellante To.Gi. ed integralmente trascritta, mediante fotoriproduzione, nel ricorso di adizione di questa Corte) e stato in tutta evidenza male inteso dalla sentenza: esso esplicita un fatto – l’offerta in visione dell’appartamento e la manifestata disponibilità alla locazione di Gi. La. – collocato temporalmente “a fine gennaio 2008”, ma invece percepito dal giudice territoriale come riferito ad altra epoca (gennaio 2010).

E si tratta di un errore percettivo di carattere decisivo, poiché mina logicità e coerenza del percorso argomentativo sviluppato a suffragio del rigetto, in parte qua, della istanza risarcitoria.

La pretesa dell’originario attore concerneva le utilità economiche non conseguite per effetto del mancato impiego a fini di rendita del cespite: circoscritto all’arco temporale 26 febbraio 2008 – 10 gennaio 2009 il periodo di “giustificato inutilizzo del bene”, congruente era la affermata irrilevanza della emergenza documentale in discorso.

Ma siffatta razionale consequenzialità viene inesorabilmente meno ove la circostanza rappresentata dal documento sia colta nel suo obiettivo ed univoco significato: ed anzi, qualora correttamente riferita

al gennaio 2008, essa avrebbe sicuramente condotto ad un differente apprezzamento sul mezzo di prova, cioè a dire sulla sua idoneità ad asseverare la conseguenza dannosa lamentata (la perdita di concreta messa a frutto dell’appartamento), integrante il lucro cessante di cui si era stato invocato il ristoro.

Né può dirsi integrato un errore revocatorio, non deducibile come tale con ricorso per cassazione, visto che sulla questione le parti hanno – e lungamente – dibattuto.

2. Con il secondo motivo del ricorso principale, per violazione e falsa applicazione degli artt. 177, 178 e 324 cod. proc. civ., si critica la sentenza laddove ha negato l’ammissione delle prove testimoniali (già richieste e disattese in primo grado, riproposte in quel giudizio in sede di precisazione delle conclusioni, ribadite con l’atto di appello) relative alla mancata locazione dell’immobile.

L’argomentazione addotta dalla Corte d’appello sul punto (“in ordine alla prova testimoniale richiesta con memoria 11.6.2012, i capitoli da 11 a 15 sono stati dichiarati inammissibili con ordinanza 2.10.2010 (rectius, 2012) cui non e stata fatta opposizione in quanto vertenti su circostanze soggetta prova testimoniale”) non e – ad avviso del ricorrente – conforme a diritto, in quanto, attesa la (risalente) abrogazione dell’istituto del reclamo avverso le ordinanze istruttorie, “non vi e alcun onere di opposizione ovvero di impugnazione” di ordinanze istruttorie nel vigente ordinamento positivo.

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2.1. La doglianza è fondata.

Valutata anche qui positivamente la tecnica di redazione del motivo (il quale riporta i capitoli di prova articolati e descrive analiticamente lo svolgimento della vicenda processuale concernente detta istanza, da cui si inferisce il mancato verificarsi di decadenza o implicita rinuncia da parte richiedente), chiara si appalesa l’erroneità della statuizione sul

punto del giudice d’appello, oltremodo estrinsecata con locuzioni nella loro connessione di non agevole intellegibilità.

È noto, infatti, che in ipotesi di rigetto di istanze istruttorie ad opera del giudice di merito, grava sulla parte richiedente, onde preservare la facoltà di reiterare le stesse nell’alveo delle impugnazioni, l’unico onere della riproposizione delle istanze (in maniera però specifica, e non già mercé un generico ed indistinto richiamo agli atti difensivi precedenti) al momento della precisazione delle conclusioni (ex plurimis, Cass. 04/04/2022, n. 10767; Cass. 10/11/2021, n. 33103).

Tanto risultando allegato dal ricorrente, non si comprende allora (o, per meglio dire, e privo di giuridico fondamento) il richiamo, fulcro del convincimento espresso nella sentenza, all’omesso esperimento di una (non ulteriormente o specificamente individuata) “opposizione” avverso l’ordinanza reiettiva della richiesta di prova testimoniale.

Basti, al riguardo, evidenziare come la praticabilità di strumenti lato sensu impugnatori o comunque di reazione immediata ed esclusiva avverso provvedimenti istruttori sia stata – nella tensione ad un più celere e meno frammentato svolgimento delle controversie – espunta dal nostro ordinamento processuale con l’abrogazione del reclamo contro le ordinanze in materia di prove previsto, nell’originario ordito codicistico, dall’art. 178 cod. proc. civ.

3. Con il terzo mezzo del ricorso principale, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 2056 e 2697 cod. civ., si contesta, sotto altro profilo, la reiezione della domanda di ristoro ascritto a mancata concessione in locazione dell’immobile.

In particolare, si sostiene che l’argomento all’uopo adoperato nella sentenza impugnata (non aver parte attrice provato che il cespite fosse destinato o fosse stato oggetto di locazione in epoca precedente alle infiltrazioni) e ingiustificato ed irrilevante, essendo invece a tal fine sufficiente che il mancato guadagno (per la mancata conclusione di

contratti di locazione a causa degli allagamenti) sia conseguenza immediata e diretta dell’evento dannoso.

3.1. Il motivo è fondato.

La compressione o limitazione del diritto al godimento di un bene cagionato dall’altrui fatto dannoso (nella specie, le infiltrazioni di acqua derivanti dalla rottura dell’impianto di riscaldamento condominiale) e suscettibile di tradursi in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile sotto un duplice profilo: quale danno emergente, ove ne derivi la necessita di una spesa ripristinatoria delle pregresse condizioni del bene; a titolo di lucro cessante, per le perdite dei frutti civili normalmente prodotti dalla cosa.

Le tipologie di pregiudizi ora descritte, tra di loro autonome (cioè a dire, passibili di sussistere l’una indipendentemente dall’altra oppure di concorrere nel medesimo evento lesivo), postulano, ai fini del proficuo esercizio dell’azione risarcitoria, la derivazione eziologica, in guisa di conseguenze immediate e dirette, dall’altrui illecito.

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In particolare, il lucro cessante si configura ogni qual volta la parte alleghi che l’impedita disponibilità dell’immobile abbia provocato un mancato guadagno, sub specie di mancata percezione dei frutti civili conseguibili mediante la concessione a terzi verso corrispettivo del godimento del bene.

La ricorrenza di una conseguenza dannosa del genere – da vagliare pur sempre nei limiti di quanto domandato dalla parte – deve essere apprezzata unicamente avendo riguardo alla potenziale (da intendersi quale elevata probabilità di) destinazione redditizia dell’immobile al momento di verificazione dell’evento lesivo ed in proiezione futura rispetto ad esso, non già con riferimento alla pregressa utilizzazione del bene.

Ha dunque errato la sentenza gravata con il reputare decisive, onde disattendere la pretesa al ristoro del danno imputato alla mancata

percezione di canoni di locazione, la circostanza che “in precedenza l’appartamento fosse sfitto” e la mancata dimostrazione “che in precedenza detto appartamento fosse destinato o fosse stato oggetto di un contratto di locazione”: trattandosi di circostanze di per sé sole non significative ai fini della prognosi di redditività futura del bene.

4. Con il quarto motivo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 2056 e 2697 cod. civ., il ricorrente principale si duole del mancato accoglimento dell’istanza di risarcimento concernente il rimborso degli interessi pagati sulle somme ottenute con finanziamento acceso per ristrutturare l’immobile.

A tal fine – così argomenta – era sufficiente la prova dell’avvenuta erogazione del prestito per l’effettuazione dei lavori di ripristino e dell’effettivo pagamento degli interessi passivi, non occorrendo, come invece opinato dal giudice territoriale, la dimostrazione di uno stato di bisogno derivante da una – anche temporanea – difficolta patrimoniale, ovvero della necessita di ricorrere al finanziamento.

4.1. Il motivo è inammissibile.

Sul punto, la gravata sentenza così motiva: “non e stato neppure tentato di provare lo stato di bisogno derivante da una, anche temporanea, difficolta patrimoniale. Le proprietà di cui era intestatario l’appellante e l’estinzione anticipata del finanziamento, non consentono nemmeno la presunzione della necessita di ricorrere al prestito e, conseguentemente, ne escludono la risarcibilità dei costi”.

L’argomentazione trascritta costituisce risposta alla domanda attorea di ristoro, la quale indicava come conseguenza pregiudizievole dell’altrui illecito la “necessita” del finanziamento, per la carenza di proprie disponibilità finanziarie sufficienti a sostenere il costo dei lavori di ripristino; su tale presupposto la sentenza gravata ha compiuto un accertamento in tutta evidenza fattuale sulla sussistenza del peculiare requisito della necessita di quell’esborso, come addotto dall’attore: e,

quindi, tipicamente riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità.

Sol per completezza argomentativa, mette conto di rilevare come, versandosi in tema di obbligazione di valore, la remunerazione del capitale impiegato per gli interventi di riparazione avvenga mediante l’attribuzione, tra le poste risarcitorie, di interessi e rivalutazione sugli importi corrispondenti ai costi di ripristino: pertanto, il pagamento di interessi passivi su un mutuo acceso per eseguire i lavori, sempreché dimostratane la correlazione causale con l’illecito, integra una voce di danno ulteriore, risarcibile alla condizione (nella specie nemmeno dedotta) che l’entità di detti interessi ecceda la misura degli interessi e della rivalutazione già considerati nel quantum risarcitorio.

5. L’accoglimento dei primi tre motivi del ricorso principale assorbe la disamina del quinto motivo (con cui l’impugnante contesta, per violazione e falsa applicazione del d.m. 10 marzo 2014, n. 55, la liquidazione delle spese del giudizio di primo grado, da parametrarsi, a suo dire, al “disputatum” – ovvero al valore della somma domandata – e non già al “decisum”, come nella sentenza impugnata).

Il nuovo governo delle spese (di ambedue i gradi di merito) e infatti demandato al giudice al quale, cassata la sentenza impugnata per i motivi accolti, la causa e rinviata per un nuovo esame sulla domanda di risarcimento da lucro cessante per mancata percezione (nel periodo da febbraio 2008 a gennaio 2009) di frutti civili dall’appartamento colpito dalle infiltrazioni, previo un nuovo vaglio di ammissibilità delle prove testimoniali richieste ed un apprezzamento di merito sull’idoneità asseverativa del documento oggetto di travisamento.

6. Logica preliminarietà impone ora l’esame del ricorso incidentale proposto dalla (…), siccome afferente la statuita corresponsabilità di detta società (nella misura del 30%) nella causazione dell’occorso.

Lamentando omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., l’impugnante imputa alla Corte d’appello di aver omesso di considerare “che la causa reale della perdita era stata ipotizzata da CAE sin dalla prima richiesta di intervento per l’interno 86”: circostanza dimostrata dalle prove testimoniali assunte e non contraddetta da una corretta lettura della relazione del consulente tecnico di ufficio.

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6.1. Il motivo è inammissibile.

L’intera doglianza esula dalla fattispecie di impugnazione per legittimità disegnata dall’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ.: essa, invero, non deduce la mancata considerazione di un concreto accadimento di vita, di un fatto in senso storico-naturalistico, bensì prospetta un errato apprezzamento delle risultanze istruttorie, di cui, al fondo, richiede a questa Corte un riesame finalizzato ad una diversa ricostruzione della quaestio facti.

Ma la valutazione del materiale probatorio – in quanto destinata a risolversi nella scelta di uno (o più) tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova e, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione – costituisce tipica espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito, non discutibile in sede di legittimità (da ultimo, Cass. 21/12/2022, n. 37382).

7. Il ricorso incidentale della (…) Spa e articolato in un motivo, con cui si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 cod. civ. in combinato disposto con gli artt. 167 e 183, sesto comma, cod. proc. civ..

Si contesta la gravata sentenza nella parte in cui ha ritenuto tardiva ed inammissibile l’eccezione della società assicuratrice di esclusione della garanzia per i danni conseguenti ad usura, degrado o corrosione (di cui all’art. 23 delle condizioni generali di assicurazione), dacché sollevata “solo dopo la prima memoria 183”, quantunque “(…) fosse o potesse essere a conoscenza dello stato della tubazione rotta prima sia della comparsa di costituzione e risposta che del deposito della prima memoria 183 cod. proc. civ.”.

In senso contrario, il ricorrente incidentale assume che l’eccezione de qua è eccezione in senso lato, rilevabile anche di ufficio dal giudice.

7.1. Il motivo è fondato.

Per fermo convincimento di nomofilachia, in tema di assicurazione della responsabilità civile, l’eccezione di inoperatività della polizza assicurativa non costituisce un’eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa volta a contestare il fondamento della domanda, assumendo l’estraneità dell’evento ai rischi contemplati nel contratto: essa, pertanto, e deducibile per la prima volta in appello (ex multis, Cass. 12/07/2019, n. 18742; Cass. 03/07/2014, n. 15228).

Ha dunque errato il giudice territoriale nel considerare l’eccezione proposta dalla compagnia assicuratrice soggetta ai limiti preclusivi temporali riferibili alle sole eccezioni in senso stretto.

Cassata sul punto la decisione, al giudice del rinvio e devoluto un nuovo scrutinio sulla domanda di manleva, stavolta esteso anche alla fondatezza nel merito della clausola di esclusione della garanzia.

8. Investono il corretto governo delle spese processuali i due motivi del ricorso incidentale del Condominio.

Il primo rileva nullità per motivazione apparente della sentenza nella parte in cui ha disposto la compensazione integrale delle spese dei due gradi del giudizio di merito tra il Condominio e le terze chiamate (…) e (…) Spa così testualmente giustificata: “per la parziale e minoritaria soccombenza di (…)” e “la natura del soggetto terzo (…)”.

Il secondo mezzo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., assume l’erroneità in iure della statuizione di compensazione, poiché resa in assenza dei relativi presupposti di

legge, a fronte dell’accoglimento delle domande rivolte dal Condominio verso i terzi chiamati: accoglimento parziale nei riguardi di (…) e addirittura totale nei riguardi della (…) Spa.

8.1. Le doglianze – da scrutinare unitariamente per la stretta connessione che le avvince – vanno valutate soltanto con riguardo al rapporto tra il Condominio e la (…): il nuovo esame della domanda di manleva, conseguente all’accoglimento del ricorso incidentale della (…) Spa, importa infatti la devoluzione al giudice del rinvio del regolamento delle spese di lite tra detta società ed il Condominio, all’esito della valutazione di fondatezza dell’azione da quest’ultimo ed in conformità con il principio di soccombenza.

Nei limiti teste tracciati, i motivi sono fondati.

L’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., nella formulazione risultante all’esito della pronuncia additiva della Corte Costituzionale del 19 aprile 2018, n. 77, consente al giudice di compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, qualora sussistano “gravi ed eccezionali ragioni” analoghe a quelle specificamente previste dalla norma (“assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”).

La disposizione, di natura elastica (cioè a dire strutturata in guisa di clausola generale, da adeguare al contesto storico-sociale ovvero alle situazioni controverse), se, per un verso, conferisce al giudice di merito una facoltà discrezionale di compensazione, dall’altro impone la espressa e puntuale specificazione delle ragioni fondati il così operato regolamento delle spese di lite, il quale, in parte qua, concreta un giudizio di diritto fondato su norme giuridiche, censurabile in sede di legittimità in ordine alla verifica dell’idoneità in astratto delle ragioni poste a fondamento della pronuncia (cfr., tra le tante, Cass. 31/05/2018, n. 13767; Cass. 11/03/2022, n. 7992).

Più in dettaglio, le “gravi ed eccezionali ragioni” legittimanti la compensazione, totale o parziale, delle spese devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con formule generiche, tautologiche, meramente apparenti o locuzioni anodine (quali “la particolarità della fattispecie”, “le peculiarità della vicenda”, “la natura della decisione” et similia) inidonee a consentire il necessario controllo (ex plurimis, per arresti relativi a motivazioni come quelle riportate, Cass. 14/07/2016, n. 14411; Cass. 31/05/2016, n. 11217; Cass. 25/09/2017, n. 22310; Cass. 29/11/2017, n 28484; Cass. 12/10/2018, n. 25594; Cass. 03/07/2019, n. 17816; Cass. 26/07/2021, n. 21400; Cass. 09/12/2022, n. 36076; Cass. 15/06/2023, n. 17197).

Con riferimento poi alla soccombenza reciproca, questa Corte, nella sua composizione più tipica di organo della nomofilachia e a composizione di divergenze euristiche insorte, ha di recente chiarito che l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza -configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi – e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. (così Cass., Sez. U, 31/10/2022, n. 32061, ribadita da Cass. 15/05/2023, n. 13212).

Sulla scorta di tali regulae iuris, e indubbia la non conformità a diritto della gravata pronuncia di compensazione delle spese.

Accolta parzialmente la domanda del Condominio nei confronti della (…), non era integrata una soccombenza reciproca; la sussistenza di

gravi ed eccezionali ragioni oppure di un’altra delle situazioni previste dal secondo comma dell’art. 92 cod. proc. civ. (“assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”) non è stata affatto estrinsecata nella (sopra trascritta) motivazione, limitata all’enunciazione di una “solo parziale e minoritaria soccombenza della (…)”, circostanza che non consentiva la deroga al principio generale di cui all’art. 91 cod. proc. civ..

Accolto il ricorso per quanto di ragione e cassata la sentenza in relazione ad esso, la nuova regolamentazione delle spese nei rapporti tra il Condominio e la (…) e anch’essa deferita al giudice del rinvio.

9. In conclusione, e per riepilogare: sono accolti i primi tre motivi del ricorso principale, dichiarato inammissibile il quarto ed assorbito il quinto; e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale della (…); e accolto il ricorso incidentale della (…) Spa; e accolto il ricorso incidentale del Condominio, in ordine alla compensazione delle spese tra detto ente e la (…), assorbite restando invece le doglianze con quello dispiegate quanto alla regolamentazione delle spese tra detto ricorrente incidentale e (…) Spa.

Cassata la sentenza in relazione ai motivi di ricorso accolti, va disposto rinvio alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, per nuovo esame della controversia, limitatamente alle domande innanzi precisate sub §§ 5., 7.1 e 8.1.

10. Al giudice del rinvio e altresì demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità tra tutte le parti in lite.

11. Atteso l’esito del ricorso incidentale proposto dalla (…), va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte di tale ricorrente incidentale – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre

2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso incidentale, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

La compressione o limitazione del diritto al godimento di un bene cagionato dall’altrui fatto dannoso

P.Q.M.

Accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale; dichiara inammissibile il quarto motivo del medesimo ed assorbito il quinto.

Dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla (…) Spa.

Accoglie il ricorso incidentale proposto dalla (…) Spa.

Accoglie il ricorso incidentale proposto dal Condominio (…), (Omissis).

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi ed ai ricorsi accolti e rinvia per nuovo esame della controversia, nei limiti precisati in motivazione, alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale (…) Spa, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per siffatto ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 12 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2024.

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