Danno salute e aumento risarcimento solo per casi peculiari
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Danno salute e aumento risarcimento solo per casi peculiari

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31681 del 9 dicembre 2024, ha stabilito che nel calcolo del risarcimento per danni non patrimoniali alla salute, i giudici devono attenersi a criteri ben definiti. In particolare, la Corte ha chiarito che l'importo standard del risarcimento, stabilito dalla legge o dalle tabelle di riferimento (come le tabelle milanesi), può essere aumentato solo in casi eccezionali.

Questo aumento, chiamato "personalizzazione", è giustificato solo quando il danneggiato ha subito conseguenze particolarmente gravi o anomale, che vanno oltre i normali pregiudizi legati alla stessa lesione e all'età della persona. Il danneggiato deve fornire prove dettagliate e tempestive di queste conseguenze eccezionali.

La Corte ha sottolineato che le conseguenze ordinarie di una lesione, anche se dolorose o invalidanti, non giustificano un aumento del risarcimento.

Paternità: curatore speciale nomina discrezionale e non esclusiva
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Paternità: curatore speciale nomina discrezionale e non esclusiva

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31567 del 9 dicembre 2024, ha chiarito che nel processo per il riconoscimento legale di paternità o maternità, la nomina di un curatore speciale per il minore è una scelta discrezionale del giudice. Questo significa che il giudice può decidere se nominare o meno un curatore speciale, a seconda delle circostanze del caso.

La Corte ha anche precisato che la nomina del curatore speciale non toglie potere al genitore del minore. In altre parole, sia il genitore che il curatore speciale possono agire nel processo, ma le loro azioni non si escludono a vicenda.

In pratica, la decisione di nominare un curatore speciale è lasciata alla valutazione del giudice, che deve considerare se la presenza di un curatore speciale è necessaria per tutelare al meglio gli interessi del minore.

Intervento volontario nuove eccezioni e difesa garantita
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Intervento volontario nuove eccezioni e difesa garantita

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31665 del 9 dicembre 2024, ha chiarito che quando un terzo decide di intervenire volontariamente in una causa già in corso, può sollevare nuove eccezioni su fatti già presenti nel processo.

Questo non viola il principio del giusto processo, a condizione che sia garantito il diritto di difesa delle altre parti coinvolte. In altre parole, le controparti devono avere la possibilità di rispondere alle nuove eccezioni, presentare le proprie contro-eccezioni e, se necessario, richiedere una rimessione in termini per presentare nuove prove.

La Corte ha quindi stabilito che l'intervento di un terzo può arricchire il dibattito processuale, purché ciò avvenga nel rispetto dei diritti di tutte le parti.

CTU e attività durante la sospensione feriale
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CTU e attività durante la sospensione feriale

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31680 del 9 dicembre 2024, ha chiarito che se un consulente tecnico d'ufficio (CTU) svolge attività preparatorie, come ad esempio visite mediche, durante il periodo di sospensione feriale dei termini processuali, ciò non rende nulla la consulenza.

Questo perché la sospensione feriale si applica solo agli atti processuali veri e propri, come la presentazione di documenti o la partecipazione a udienze, e non alle attività materiali necessarie per la redazione della perizia. Quindi, un medico legale può visitare un paziente durante la sospensione feriale senza che la sua consulenza sia invalidata.

In sostanza, la Corte ha fatto una distinzione netta tra le attività processuali, che sono soggette alla sospensione, e le attività materiali, che possono essere svolte anche durante il periodo feriale.

Vendita animali: garanzia vizi occulti e diritti acquirente
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Vendita animali: garanzia vizi occulti e diritti acquirente

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31288 del 6 dicembre 2024, ha chiarito un aspetto importante riguardante la vendita di animali. Ha stabilito che, a tutti gli effetti, la vendita di animali rientra nella disciplina della vendita di beni mobili. Questo significa che l'acquirente di un animale gode delle stesse tutele previste per chi compra un qualsiasi altro oggetto.

In particolare, la Corte ha sottolineato che l'acquirente ha diritto alla garanzia per i vizi occulti, cioè quei difetti che non sono immediatamente evidenti al momento dell'acquisto. Questa garanzia è sancita sia dall'articolo 1476 del Codice Civile, che stabilisce gli obblighi del venditore, sia dall'articolo 130 del Codice del Consumo, che tutela i diritti dei consumatori.

Cosa comporta questa garanzia? In pratica, se l'animale acquistato presenta dei vizi occulti, l'acquirente ha la possibilità di scegliere tra due opzioni: può chiedere la risoluzione del contratto, ottenendo così il rimborso del prezzo pagato, oppure può richiedere una riduzione del prezzo, mantenendo l'animale ma pagando una somma inferiore.

La Corte ha anche fatto una distinzione importante riguardo ai tipi di difetti: la garanzia copre i vizi occulti, come le patologie genetiche non diagnosticabili al momento dell'acquisto, ma non si applica ai difetti evidenti, come ad esempio anomalie fisiche visibili.

In un caso specifico relativo alla vendita di un cucciolo di cane, la Cassazione ha confermato che la garanzia non copriva i difetti evidenti, come la coda o un testicolo, ma ha riconosciuto la sua validità per le patologie genetiche occulte.

Mediazione atipica valida ma richiede iscrizione
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Mediazione atipica valida ma richiede iscrizione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31228/2024, ha riconosciuto la validità della "mediazione atipica", un contratto a prestazioni corrispettive in cui una parte incarica un'altra di trovare una controparte per concludere un affare a condizioni prestabilite. Se l'affare riguarda beni immobili o aziende, o se la mediazione è svolta in modo professionale e continuativo, è necessaria l'iscrizione all'albo dei mediatori. In mancanza di iscrizione, il mediatore non ha diritto alla provvigione.

Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna
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Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31257 del 6 dicembre 2024, ha chiarito un punto importante relativo ai danni per la restituzione ritardata di un immobile locato. In sostanza, la Corte ha stabilito che se un inquilino non restituisce l'immobile alla scadenza del contratto, è tenuto a pagare al locatore il corrispettivo pattuito fino alla riconsegna effettiva dell'intero immobile.

Questa regola, prevista dall'articolo 1591 del Codice Civile, si applica anche ai contratti di affitto d'azienda, in mancanza di specifiche disposizioni contrarie. Un aspetto cruciale chiarito dalla Cassazione è che la restituzione parziale dell'immobile non libera l'inquilino dall'obbligo di pagamento. In altre parole, fino a quando l'intero immobile non viene riconsegnato, l'inquilino è considerato in mora e deve continuare a pagare il corrispettivo stabilito.

In pratica, anche se l'inquilino restituisce una parte dell'immobile, rimane comunque responsabile per l'intero importo del canone fino alla restituzione completa.

Rito errato: impugnazione segue forma adottata
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Rito errato: impugnazione segue forma adottata

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31431 del 6 dicembre 2024, ha affrontato una questione procedurale delicata: come si impugna una decisione relativa alla liquidazione dei compensi di un avvocato? In questi casi, infatti, si utilizza spesso il rito sommario di cognizione (articolo 702bis del Codice di procedura civile), che prevede l'ordinanza come forma di provvedimento e un determinato tipo di impugnazione.

Tuttavia, la Corte ha chiarito che non è tanto importante il rito che avrebbe dovuto essere utilizzato, quanto piuttosto il rito che il giudice ha effettivamente seguito. Se, ad esempio, il giudice ha consapevolmente trattato la causa con il rito ordinario di cognizione, emettendo una sentenza, anche se questa scelta è errata, l'impugnazione dovrà seguire le regole previste per il rito ordinario, ossia l'appello.

Questo principio si basa sulla "apparenza e ultrattività del rito": in altre parole, la forma del provvedimento adottato dal giudice, sia essa sentenza o ordinanza, determina il percorso di impugnazione, anche se tale forma è frutto di una scelta errata. Ciò che conta, in definitiva, è la forma che il giudice ha scelto di dare al provvedimento, in quanto essa indica la sua intenzione di seguire un determinato iter processuale.

Soccombenza virtuale non fa giudicato 
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Soccombenza virtuale non fa giudicato 

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31287 del 6 dicembre 2024, ha chiarito che la cessazione della materia del contendere o la valutazione di soccombenza virtuale, utilizzate per decidere sulle spese di lite, non hanno valore di giudicato sulle questioni di merito della causa. In altre parole, il fatto che un giudice decida che una parte deve pagare le spese perché "virtualmente soccombente" non significa che quella parte abbia perso la causa nel merito.

Questo principio è fondamentale perché permette alle parti di riproporre le stesse questioni in un altro giudizio, senza che la precedente decisione sulle spese di lite possa essere utilizzata per negare questo diritto.

Nel caso specifico, la Cassazione ha annullato una sentenza d'appello che, erroneamente, aveva ritenuto che una decisione del giudice di primo grado sulle spese di lite avesse valore di giudicato sul merito della causa, impedendo così alla parte interessata di riproporre la sua domanda.

Eredità minori accettazione senza inventario
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Eredità minori accettazione senza inventario

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31310 del 6 dicembre 2024, ha stabilito che quando un'eredità viene devoluta a un minore o a un incapace, la dichiarazione di accettazione con beneficio d'inventario resa dal suo legale rappresentante è sufficiente per fargli acquisire la qualità di erede. Questo vale anche se l'inventario dei beni ereditari non viene poi effettivamente redatto.

La conseguenza più importante di questa decisione è che una volta divenuto maggiorenne, l'ex minore non può più rinunciare all'eredità, poiché l'accettazione fatta dal suo rappresentante legale è già valida e vincolante. In pratica, la dichiarazione di accettazione, anche senza l'inventario, ha l'effetto di "bloccare" la possibilità di rinuncia all'eredità.