Negoziazione assistita e la procedibilità distinta per tipologia
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Negoziazione assistita e la procedibilità distinta per tipologia

L'ordinanza n. 186 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, tratta della negoziazione assistita come condizione di procedibilità nel processo civile. La Corte ha ribadito che, ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge n. 132 del 2014, il procedimento di negoziazione assistita è un requisito necessario sia per le azioni di risarcimento danni derivanti dalla circolazione stradale sia per le domande di condanna al pagamento di somme che non superano i cinquantamila euro. 1 Queste due tipologie di controversie sono considerate distinte e indipendenti l'una dall'altra. Di conseguenza, se l'eccezione di improcedibilità è stata sollevata tempestivamente in primo grado in relazione a una di esse, l'eccezione relativa all'altra, se proposta solo con i motivi d'appello, deve essere considerata tardiva.

Acquirente e la mancata collaborazione per la trascrizione dell’atto
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Acquirente e la mancata collaborazione per la trascrizione dell’atto

L'ordinanza n. 245 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa dell'inadempimento nel contratto di compravendita immobiliare concluso con scrittura privata. La Corte ha stabilito che, in tale contesto, non può essere considerato un grave inadempimento dell'acquirente la mancata collaborazione all'attività giuridica necessaria per la trascrizione dell'atto.

La Corte ha motivato questa decisione osservando che tale condotta dell'acquirente non è idonea a causare un danno al venditore, il quale si è già spogliato della proprietà dell'immobile. Piuttosto, tale comportamento può eventualmente pregiudicare la posizione dello stesso acquirente. Questo perché la trascrizione è finalizzata a risolvere potenziali conflitti tra più acquirenti dello stesso bene dallo stesso venditore.

Appalto il committente ed il diritto a opera conforme
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Appalto il committente ed il diritto a opera conforme

L'ordinanza n. 252 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa dei diritti del committente nel contratto d'appalto. La Corte ha stabilito che il committente ha il diritto di ottenere l'opera eseguita secondo le modalità costruttive previste nel contratto e nel capitolato, salvo modifiche al progetto concordate tra le parti (e fatta eccezione per la disciplina specifica delle variazioni necessarie).

Pertanto, il committente può legittimamente richiedere l'eliminazione delle modifiche o varianti introdotte dall'appaltatore, anche se tali modifiche non comportano una diminuzione del valore dell'opera o, al contrario, ne determinano un aumento.

Bilanci e la valutazione delle partecipazioni delle controllate 
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Bilanci e la valutazione delle partecipazioni delle controllate 

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza del 1° gennaio 2025, numero 6, ha puntualizzato un aspetto cruciale riguardante la redazione dei bilanci societari, in particolare la valutazione delle partecipazioni in imprese controllate o collegate.

La normativa consente alle aziende una certa flessibilità, dando la possibilità di scegliere tra due metodi di valutazione: il costo di acquisto o il valore del patrimonio netto. Tuttavia, questa libertà non è illimitata. La legge impone un rigore nella motivazione delle scelte, soprattutto quando si riscontrano discrepanze tra il valore iscritto a bilancio e il patrimonio netto dell'impresa partecipata.

In sostanza, se un'azienda decide di iscrivere una partecipazione a un valore superiore rispetto a quello del patrimonio netto, è tenuta a spiegare dettagliatamente il perché nella nota integrativa al bilancio. Allo stesso modo, se si opta per la valutazione a patrimonio netto e il costo di acquisto risulta maggiore, le ragioni di tale differenza devono essere chiaramente esposte.

Questo approccio mira a garantire che i bilanci riflettano in modo veritiero e trasparente la situazione finanziaria delle imprese, fornendo informazioni affidabili a tutti gli interessati.

Conversione negozio nullo: basta soddisfazione scopo parti
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Conversione negozio nullo: basta soddisfazione scopo parti

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza numero 19 del 2 gennaio 2025, ha chiarito un aspetto importante riguardante la conversione dei contratti nulli. In pratica, quando un contratto viene riconosciuto nullo, la legge prevede la possibilità di convertirlo in un contratto diverso, purché questo soddisfi gli stessi obiettivi delle parti.

La Corte ha precisato che, per attuare questa conversione, non è necessario che le parti abbiano espressamente dichiarato di accettare il nuovo contratto. Anzi, se fossero consapevoli della nullità del contratto originario, non ci sarebbe motivo di ricorrere alla conversione. L'importante è che il risultato pratico che le parti volevano ottenere con il primo contratto venga, almeno in parte, realizzato anche con il secondo.

In altre parole, la legge si concentra sull'intenzione delle parti di raggiungere un determinato scopo, e permette di farlo anche attraverso un contratto diverso da quello inizialmente previsto, se quest'ultimo risulta nullo.

Appello: ammesse prove nuove per fatti sopravvenuti
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Appello: ammesse prove nuove per fatti sopravvenuti

L'ordinanza n. 34 del 2 gennaio 2025 della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto cruciale del processo d'appello: la possibilità di presentare nuove prove documentali. Di norma, in appello non è consentito introdurre nuove prove, ma la Corte ha precisato che questa regola non si applica ai fatti sopravvenuti, cioè a quegli eventi che si verificano dopo la scadenza del termine per presentare le prove nel giudizio di primo grado.

La Corte ha sottolineato che impedire la presentazione di prove relative a fatti nuovi priverebbe le parti del diritto al doppio grado di giudizio, essenziale per una corretta valutazione del merito della causa. In particolare, il nuovo articolo 345 del codice di procedura civile consente di produrre documenti in appello se la parte dimostra di non aver potuto farlo in primo grado, e questa possibilità non è legata all'indispensabilità della prova, come era in passato.

In un caso specifico riguardante la responsabilità professionale di un avvocato, la Corte ha annullato una precedente decisione perché il giudice d'appello non aveva valutato correttamente se l'attività difensiva svolta dall'avvocato fosse stata diligente.

In sintesi, l'ordinanza chiarisce che il divieto di nuove prove in appello non è assoluto e che è possibile presentare documenti relativi a fatti nuovi, garantendo così il diritto a un giudizio completo e approfondito.

Contumacia: la verifica delle prove e la non contestazione
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Contumacia: la verifica delle prove e la non contestazione

La sentenza n. 25 della Corte di Cassazione, datata 2 gennaio 2025, chiarisce un aspetto fondamentale del processo civile, in particolare quando una delle parti non si presenta in tribunale (contumacia).

La Corte ha stabilito che, in tali casi, il giudice non può dare per automaticamente veri i fatti affermati dalla parte presente in aula. In altre parole, il principio di "non contestazione", che normalmente impone di considerare veri i fatti non contestati dalla parte presente, non si applica al contumace.

Questo significa che, anche se la parte assente non ha modo di contestare le affermazioni dell'altra parte, il giudice deve comunque verificare se chi ha iniziato la causa (l'attore) ha fornito prove sufficienti a dimostrare ciò che afferma. La mancata presenza dell'altra parte non esonera l'attore dal proprio onere di provare i fatti.

In sostanza, la Corte ha voluto garantire che le sentenze siano basate su prove concrete, anche quando una delle parti non partecipa attivamente al processo.

Unioni di fatto: doveri morali, tutele sociali
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Unioni di fatto: doveri morali, tutele sociali

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 28 del 2 gennaio 2025, ha ribadito l'importanza delle unioni di fatto come fenomeno sociale tutelato dalla Costituzione. Nonostante non siano equiparabili al matrimonio, queste unioni comportano doveri morali e sociali tra i conviventi, che possono tradursi in assistenza e sostegno economico reciproco, sia durante la convivenza che dopo la sua cessazione.

La Corte ha precisato che tali obblighi, se rispettano determinati requisiti come proporzionalità, spontaneità e adeguatezza, possono essere considerati "obbligazioni naturali", cioè doveri morali e sociali che, se adempiuti, non danno diritto alla restituzione di quanto prestato. Questo riconoscimento si inserisce in un contesto sociale in evoluzione, che valorizza le diverse forme di famiglia e le relazioni affettive stabili.

Prededuzione e la prova utilità credito per creditori
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Prededuzione e la prova utilità credito per creditori

Nell'ordinanza n. 55 del 2 gennaio 2025, la Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto importante relativo al concordato preventivo. In particolare, si è soffermata sull'onere della prova nel riconoscimento della prededuzione, ovvero il diritto di un creditore di essere pagato con precedenza rispetto ad altri.

La Corte ha stabilito che chi richiede la prededuzione deve fornire prove concrete a sostegno della propria richiesta, dimostrando che il credito è stato maturato nell'interesse dei creditori. In pratica, non basta affermare di avere diritto alla prededuzione, ma occorre documentare che l'attività o la fornitura che ha generato il credito sia stata utile per la massa dei creditori.

Questo principio è stato applicato a un caso specifico in cui un'azienda fallita aveva presentato una domanda di concordato preventivo. La Corte ha ritenuto che il creditore non avesse dimostrato che la fornitura da lui effettuata fosse coerente con la situazione finanziaria dell'azienda e che quindi rientrasse tra gli atti di ordinaria amministrazione necessari per la continuità aziendale.

In sintesi, la decisione della Corte sottolinea l'importanza della prova documentale nel riconoscimento della prededuzione, al fine di evitare abusi e garantire una corretta ripartizione dei beni tra i creditori.

Mantenimento figlio non autosufficiente ed i motivi salute
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Mantenimento figlio non autosufficiente ed i motivi salute

L'ordinanza n. 32 del 2 gennaio 2025 della Corte di Cassazione affronta il tema del mantenimento dei figli maggiorenni, chiarendo un punto specifico: quando la persistente mancanza di autonomia economica del figlio può giustificare il mantenimento da parte del genitore.

La Corte ha stabilito che tale obbligo può sussistere se la dipendenza economica del figlio è dovuta a problemi di salute specifici e individuali, che ne limitano la capacità di lavorare e di mantenersi. In sostanza, se un figlio maggiorenne non riesce a essere autosufficiente a causa di patologie che ne compromettono la capacità lavorativa, il genitore può essere tenuto a continuare a fornirgli sostegno economico.

La Corte ha anche precisato che la valutazione della gravità di queste patologie e del loro impatto sull'autonomia del figlio spetta al giudice di merito. La decisione del giudice, se adeguatamente motivata, non può essere messa in discussione dalla Corte di Cassazione.

In sintesi, la decisione ribadisce l'importanza del legame genitoriale anche oltre la maggiore età, soprattutto in presenza di condizioni di salute che impediscono al figlio di rendersi autonomo.