Al fine di stabilire il regime di impugnazione del provvedimento con cui si liquidano gli onorari
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Al fine di stabilire il regime di impugnazione del provvedimento con cui si liquidano gli onorari

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|4 settembre 2024| n. 23740.

Anche in seguito all'entrata in vigore dell'art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, al fine di stabilire il regime di impugnazione del provvedimento con cui si liquidano gli onorari e le altre spettanze dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, assume rilevanza la forma adottata dal giudice in base alla qualificazione che egli abbia dato, implicitamente o esplicitamente, all'azione esercitata in giudizio.

Procura ad litem e differenza dal contratto di patrocinio
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Procura ad litem e differenza dal contratto di patrocinio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 settembre 2024| n. 23722.

In tema di attività professionale svolta da avvocati, mentre la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale soggetto a forma scritta, con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale o contratto di patrocinio costituisce un negozio bilaterale, con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato e del contratto d'opera, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte, sicché, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell'attività processuale, né è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio di libertà di forma.

Azione del danneggiato nei confronti del proprio assicuratore e litisconsorzio necessario del danneggiante responsabile
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Azione del danneggiato nei confronti del proprio assicuratore e litisconsorzio necessario del danneggiante responsabile

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 settembre 2024| n. 23809.

In materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, nella procedura di risarcimento diretto di cui all'articolo 149 del Dlgs n. 209 del 2005, promossa dal danneggiato nei confronti del proprio assicuratore, sussiste litisconsorzio necessario rispetto al danneggiante responsabile, analogamente a quanto previsto dall'art. 144, comma 3, dello stesso Dlgs, posto che anche l'azione rivolta dal danneggiato nei confronti della assicurazione del veicolo da lui condotto presuppone un accertamento in ordine alla responsabilità del soggetto che ha causato il danno e che tale accertamento - oggetto della domanda giudiziale, del processo e, infine, del decisum - non può non produrre i propri effetti vincolanti anche nei confronti del soggetto della cui responsabilità si tratta con la conseguenza che l'omessa integrazione del contraddittorio, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, comporta l'annullamento della sentenza, ai sensi dell'articolo 383, terzo comma, del codice di procedura civile.

L’appello incidentale tardivo è ammissibile nel caso in cui abbia ad oggetto un capo della sentenza diverso da quello ad oggetto del gravame principale
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L’appello incidentale tardivo è ammissibile nel caso in cui abbia ad oggetto un capo della sentenza diverso da quello ad oggetto del gravame principale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 settembre 2024| n. 23720.

L’appello incidentale tardivo è ammissibile nel caso in cui abbia ad oggetto un capo della sentenza diverso da quello ad oggetto del gravame principale. Nel caso di specie l’appello incidentale era stato proposto come impugnazione della parte contro la quale l’appello principale era stato presentato e questo, di per se, rende ammissibile il gravame.

Il patto di quota lite vietato è integrato anche nel caso in cui il compenso dell’avvocato sia convenzionalmente correlato al risultato pratico dell’attività svolta
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Il patto di quota lite vietato è integrato anche nel caso in cui il compenso dell’avvocato sia convenzionalmente correlato al risultato pratico dell’attività svolta

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|4 settembre 2024| n. 23738.

Il patto di quota lite (vietato dall'art. 13, comma 4, della l. n. 247 del 2012) è integrato anche nel caso in cui il compenso dell'avvocato sia convenzionalmente correlato al risultato pratico dell'attività svolta, realizzandosi in tal modo la partecipazione del professionista agli interessi pratici esterni alla prestazione richiestagli, che il divieto suddetto mira a scongiurare.

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Al rigetto dell’appello non consegue necessariamente la condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|4 settembre 2024| n. 23769.

Al rigetto dell'appello non consegue necessariamente la condanna dell'appellante al pagamento delle spese processuali, implicando pur sempre la relativa statuizione una valutazione dell'esito globale della lite.

Notifica ricorso cassazione fatta a mezzo della PEC istituzionale del ricorrente
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Notifica ricorso cassazione fatta a mezzo della PEC istituzionale del ricorrente

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23481.

Non è nulla in quanto consente di individuare senza dubbi sia la parte ricorrente sia il difensore, in quanto l’atto li contiene tutti regolarmente, la notificazione del ricorso per cassazione effettuata redatto dall’avvocato munito di procura speciale e autorizzato ai sensi dell’art. 7 L. 53/1994 fatta a mezzo della PEC istituzionale del ricorrente. Tale notificazione è regolare perché rende riconoscibile la trasmissione come fatta da un soggetto dotato delle competenze giuridiche per farlo e quindi regolare.

Ricorso in cassazione ed il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto
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Ricorso in cassazione ed il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23480.

Il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ex articolo 360, n. 3 del Cpc, ricorre (o non ricorre) a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione (e, cioè, del processo di sussunzione), rilevando solo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata, dovendo il ricorrente, in ogni caso, prospettare l'erronea interpretazione di una norma da parte del giudice che ha emesso la sentenza impugnata ed indicare, a pena d'inammissibilità ex articolo 366, n. 4 del Cpc, i motivi per i quali chiede la cassazione (La Corte di appello, ha osservato la Suprema Corte, ha fatto, nel caso concreto, corretto uso delle regole di giudizio indicate nella motivazione con il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in materia di giudizio di nullità del lodo arbitrale).

A seguito della cassazione di una sentenza non sia stata riassunta la causa dinanzi al giudice di rinvio ma sia stato instaurato un nuovo giudizio
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A seguito della cassazione di una sentenza non sia stata riassunta la causa dinanzi al giudice di rinvio ma sia stato instaurato un nuovo giudizio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23487.

Quando, a seguito della cassazione di una sentenza non sia stata riassunta la causa dinanzi al giudice di rinvio, ma sia stato instaurato un nuovo giudizio, deve applicarsi l'articolo 393 del Cpc, secondo il quale la sentenza della Corte di cassazione conserva effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda. Un tale effetto vincolante della sentenza della Cassazione vale, tuttavia, anche in un diverso processo introdotto in data anteriore, a condizione che esso riguardi le medesime parti e abbia il medesimo oggetto. Effetto vincolante, tuttavia, da intendersi nel senso che, a fronte della caducazione di tutte le attività espletate, resta salva la sola efficacia del principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione.

In tema di prova dell’inadempimento delle obbligazioni
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In tema di prova dell’inadempimento delle obbligazioni

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23479.

In tema di prova dell'inadempimento delle obbligazioni il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento, ai sensi dell'articolo 1460 del Cc. Tale principio è applicabile anche nel caso in cui sia stato dedotto non già l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, potendo il creditore istante limitarsi alla mera allegazione della inesattezza dell'adempimento, e gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento. Il criterio in questione, infine, non subisce modificazioni neppure nel caso in cui, come nella specie, il credito sia fatto valere mediante il ricorso per decreto ingiuntivo, giacché nel giudizio di opposizione, il quale si configura come un ordinario giudizio di cognizione e si svolge secondo la disciplina del procedimento ordinario, la posizione di attore, formalmente spettante al debitore opponente, non comporta alcuna inversione nelle ordinarie regole di ripartizione dell'onere della prova, con la conseguenza che l'opposto, pur assumendo formalmente la veste di convenuto, è tenuto a fornire la prova del diritto azionato nel procedimento monitorio