Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza del 23 marzo 2016, n. 12391
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente –
Dott. CARCANO Domenico – Consigliere –
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere –
Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.P., nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/06/2014 della Corte di appello di Lecce
sez. dist. TARANTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. DELEHAYE Enrico, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Lecce, rigettando l’impugnazione proposta avverso la sentenza del Tribunale di Taranto, ha confermato la condanna di M.P. alla pena di 500,00 Euro di multa.
In tal modo la prevenuta è stata ritenuta colpevole del reato di cui all’art. 388 c.p., comma 2, per avere dolosamente eluso il provvedimento adottato dal giudice civile, nell’ambito del giudizio per separazione personale tra la medesima ed il coniuge, sulle modalità di visita del padre, genitore non affidatario del figlio minore.
2. Avverso l’indicata sentenza propone ricorso per cassazione la difesa della prevenuta che, per un unico articolato motivo, fa valere violazione della legge penale e vizio di motivazione dell’impugnata sentenza (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e)), denunciando il difetto dell’elemento soggettivo del ritenuto reato.
La condotta dell’imputata non sarebbe stata invero sostenuta dalla volontà di eludere un provvedimento del giudice, ma da accordi intervenuti con il coniuge su diverse modalità di visita del minore, dalle esigenze del figlio non in grado, per le sue condizioni fisiche, di andare con il padre e, comunque, dalla volontà espressa dal medesimo minore.
La difesa richiama altresì nello svolto argomentare una sentenza della Corte di legittimità (SU n. 36692 del 5 ottobre 2007) al fine di sostenere, poi, l’irrilevanza penale delle condotte contestate, consistenti in violazioni di un obbligo di fare, che, tradottesi in un mero rifiuto ad ottemperare a provvedimento giudiziale, non avrebbero impedito l’effettiva esecuzione al provvedimento stesso e non avrebbero così costituito ostacolo all’effettività della tutela giurisdizionale, interesse la cui realizzazione è sotteso alla contestata condotta di reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
Quanto al profilo del dedotto motivo di ricorso con cui la difesa pone in discussione l’integrazione della struttura stessa del reato giusta la contestata condotta, si osserva.
Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, il mero rifiuto di ottemperare ai provvedimenti giudiziali previsti dall’art. 388 c.p., comma 2, non costituisce comportamento elusivo penalmente rilevante, a meno che l’obbligo imposto non sia coattivamente ineseguibile, richiedendo la sua attuazione la necessaria collaborazione del soggetti, obbligato.
L’interesse tutelato dall’art. 388 c.p., comma 2, non è infatti l’autorità in sè delle decisioni giurisdizionali, bensì l’esigenza costituzionale di effettività della giurisdizione (Sez.6, n. 51668 del 25/11/2014, Italiano, Rv. 261450; Sez. 6, n. 2267 del 12/03/2014, dep. 2015, Agosta, Rv. 261796; Sez. U, n. 36692 del 27/09/2007, Vuocolo, Rv. 236937).
Allorchè si tratti dell’esecuzione di un provvedimento giurisdizionale adottato in sede di separazione dei coniugi sulle modalità di visita del figlio minore del genitore non affidatario, l’elusione, e quindi, come chiarito dalla Corte di legittimità, la frustrazione dell’altrui legittima pretesa, si attua anche attraverso una mera omissione o rifiuto del genitore affidatario del bambino a chè lo stesso trascorra con l’altro genitore il periodo prestabilito (Sez. 6, n. 27995 del 05/03/2009, Fichera, Rv. 244521; Sez. 6, n. 43292 del 09/10/2013, Guastafierro, Rv. 257450; Sez. 6, n. 31712 del 26/06/2014, De Marco).
Rientra infatti tra i doveri del genitore affidatario quello di favorire, a meno che sussistano contrarie indicazioni di particolare gravità, il rapporto del figlio con l’altro genitore.
La natura delle posizioni di cui sono portatori i due genitori e quindi l’obbligo di collaborazione da una parte ed il diritto all’esercizio di visita e frequenza dall’altra, si coniuga poi con il dovere, comune ad entrambi, di contribuire alla crescita equilibrata della personalità del minore.
Nell’ambito di siffatto sotteso quadro sostanziale contrassegnato dalla delicatezza delle posizioni dei soggetti coinvolti e finalisticamente orientato e composto, per l’adottato provvedimento giudiziale, dall’interesse del minore, rileva ai fini elusivi richiesti dalla contestata violazione (art. 388 c.p., comma 2) anche un mero rifiuto alla consegna del figlio da parte del genitore affidatario, così come giudizialmente stabilita.
Nella proiezione esecutiva del provvedimento giudiziale adottato in materia di affidamento di minori, provvedimento segnato, come tale, dal contemperamento degli interessi in gioco, rilevano la natura stessa dell’obbligo da portare in esecuzione ed il peculiare atteggiarsi dei relativi strumenti di coazione.
L’insufficienza delle norme ordinarie di esecuzione, destinate comunque a trovare applicazione anche nell’attuazione dell’obbligo di specie, fanno sì che anche il mero rifiuto ad eseguire sia destinato ad incidere sulla effettività della giurisdizione intesa quale strumento di attuazione delle posizioni riconosciute.
Le norme dettate in materia di esecuzione degli obblighi di fare (artt. 612 cod. proc. civ.), in cui la giurisprudenza allinea quello di consegna del figlio minore al genitore non affidatario (Sez. 1 civ., n. 19344 del 21/08/2013, Rv. 627702), rivelano la non adeguatezza a dare attuazione all’obbligo stesso risultando per le stesse chiamate ad operare il giudice dell’esecuzione e l’ufficiale giudiziario.
Tanto è destinato a valere anche ove si abbia riguardo alla disciplina degli obblighi di facere infungibile (art. 614-bis cod. proc. civ.), nel saggiato carattere indiretto di un sostanziale sistema di astreintes in tal modo introdotto e ancora ove voglia guardarsi al procedimento tipico di carattere sussidiario e con funzione esecutiva previsto con il novellato art. 709-ter cod. proc. civ., in caso di “gravi inadempienze” o di “atti che arrechino pregiudizio al minore o ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento”, sistema progressivo di misure coercitive indirette, volte ad assicurare il rispetto di tutti i provvedimenti in senso lato di affidamento, istruzione ed educazione dei minori.
Nel chiaro limite degli strumenti di enforcement a risolvere una situazione di conflitto, la natura sollecitatoria del cumulo di strumenti per quest’ultimo procedimento previsto, finalizzata a far intraprendere ai genitori percorsi di mediazione, non vale comunque a sminuire la natura personale della prestazione ed il necessario contributo del genitore obbligato che, come tale, integra l’ipotesi contestata, costituendo la condotta di rifiuto un ostacolo all’effettività della tutela giurisdizionale (da Sez. U. n. 36692 cit.).
2. L’ulteriore profilo del dedotto motivo di ricorso relativo al difetto dell’elemento soggettivo del contestato reato, risultando la condotta della prevenuta ispirata dall’osservanza di diverse modalità di visita convenute con il genitore non affidatario e comunque dall’intento di salvaguardare le esigenze di salute del minore, è stato con motivazione non manifestamente illogica, e come tale non scrutinabile in questa sede, escluso dalla Corte territoriale.
In ragione delle emergenze probatorie offerte dall’istruzione dibattimentale, la Corte di appello ha dato una analitica ricostruzione all’intera vicenda, ripercorrendo il tracciato argomentativo già sviluppato dal Tribunale in una operata integrazione della iniziale motivazione, escludendo all’esito l’esistenza di accordi modificativi del provvedimento giudiziale e l’inattendibilità di ogni prospettazione difensiva diretta a ricondurre alla volontà del minore, i contestati episodi.
Come stimato dalla Corte di appello quindi nessuna qualificazione in termini di plausibile e giustificato motivo può riconoscersi al comportamento della M. che ha, con continuità temporale ed in una pluralità di occasioni, violando il provvedimento del giudice civile, impedito al padre di vedere e tenere con sè il figlio minore.
Il motivo plausibile e giustificato è destinato ad escludere infatti la colpevolezza solo allorchè, pur senza configurare l’esimente dello stato di necessità, sia stato determinato dalla volontà di esercitare il diritto-dovere di tutela dell’interesse del minore, in situazioni, transitorie e sopravvenute, non ancora devolute al giudice per l’eventuale modifica del provvedimento di affidamento, ma integranti i presupposti di fatto per ottenerla (Sez. 6, n. 7611 del 11/12/2014, dep. 2015, D.L., Rv. 262494; Sez. 6, n. 27613 del 19/06/2006, Del Duca, Rv. 235130).
3. Il ricorso va pertanto rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2016
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