Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 7 luglio 2015, n. 28775
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato ad (OMISSIS);
avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Ancona in data 2/12/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FILIPPI Paola, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
sentite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 2/12/2014, il Tribunale del riesame di Ancona rigettava il ricorso proposto da (OMISSIS) e, per l’effetto, confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso lo stesso Ufficio il 29/10/2014; all’indagato era contestata la violazione del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 2, per aver – avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti – indicato nelle dichiarazioni annuali del 2008 elementi passivi fittizi.
2. Propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, deducendo – con unico motivo – la violazione dell’articolo 325 c.p.p., l’erronea applicazione del Decreto Legge 1 luglio 2009, n. 78, articolo 13 bis, convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 agosto 2009, n. 102, nonche’ per omessa motivazione. In sintesi, il Tribunale di Ancona avrebbe ritenuto non applicabile la disciplina del c.d. scudo fiscale alle societa’ commerciali (quale quella amministrata dal ricorrente), anche nel caso in cui le operazioni di emersione siano state poste in essere dal dominus delle stesse; orbene, si tratterebbe di un’interpretazione errata, contraria alla lettera della circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 43/E del 10/10/2009, pur richiamata nell’ordinanza, e palesemente contraddetta dalla sentenza di questa Corte n. 50308 del 2014, riferibile ad un caso del tutto uguale a quello in esame. Ancora, il provvedimento gravato avrebbe riconosciuto il fumus del reato pur in difetto dei presupposti richiesti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ fondato.
Occorre premettere che il Decreto Legge 1 luglio 2009, n. 78, articolo 13 bis, (Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di termini), – convertito con modificazioni dalla Legge 3 agosto 2009, n. 102, ulteriormente modificato dal Decreto Legge sempre del 3 agosto 2009, n. 103, a sua volta convertito dalla Legge 3 ottobre 2009, n. 141 -, sotto la rubrica “Disposizioni concernenti il rimpatrio di attivita’ finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato”, ha previsto l’istituzione di un’imposta straordinaria sulle attivita’ finanziarie e patrimoniali: a) detenute fuori del territorio dello Stato senza l’osservanza delle disposizioni del Decreto Legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni; b) a condizione che le stesse siano rimpatriate in Italia da Stati non appartenenti all’Unione Europea, ovvero regolarizzate o rimpatriate perche’ detenute in Stati dell’Unione Europea e in Stati aderenti allo Spazio economico Europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa. Il comma terzo della citata disposizione afferma che “Il rimpatrio ovvero la regolarizzazione si perfezionano con il pagamento dell’imposta e non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente, in ogni sede amministrativa o giudiziaria civile, amministrativa ovvero tributaria, in via autonoma o addizionale, con esclusione dei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ne’ comporta l’obbligo di segnalazione di cui al Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231, articolo 41, relativamente ai rimpatri ovvero alle regolarizzazioni per i quali si determinano gli effetti di cui al comma 4, secondo periodo”. Per quanto concerne gli effetti conseguenti all’effettivo pagamento dell’imposta, l’articolo 13 bis, comma 4, precisa che detto pagamento “comporta, in materia di esclusione della punibilita’ penale, limitatamente al rimpatrio ed alla regolarizzazione di cui al presente articolo, l’applicazione della disposizione di cui alla gia’ vigente Legge 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 8, comma 6, lettera c), e successive modificazioni; resta ferma l’abrogazione dell’articolo 2623 c.c., disposta dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 262, articolo 34”. Il comma 6, infine, precisa ulteriormente che l’imposta straordinaria di cui sopra “si applica sulle attivita’ finanziarie e patrimoniali detenute a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008 (dunque, senza alcun limite per quelle detenute in data antecedente a tale data, n.d.r.) e rimpatriate ovvero regolarizzate a partire dal 15 settembre 2009 e fino al 30 aprile 2010”. Infine, la richiamata Legge 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 8, comma 6, lettera c), in particolare prevede che “l’esclusione ad ogni effetto della punibilita’ per i reati tributari di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articoli 2, 3, 4, 5 e 10, nonche’ per i reati previsti dagli articoli 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491 bis e 492 c.p., nonche’ dagli articoli 2621, 2622 e 2623 c.c., quando tali reati siano stati commessi per eseguire od occultare i predetti reati tributari, ovvero per conseguirne il profitto e siano riferiti alla stessa pendenza o situazione tributaria. L’esclusione di cui alla presente lettera non si applica in caso di esercizio dell’azione penale della quale il contribuente ha avuto formale conoscenza entro la data di presentazione della dichiarazione integrativa”.
In sintesi, dunque, la norma consente al contribuente che detiene, in violazione alle norme sul monitoraggio fiscale, attivita’ finanziarie e patrimoniali all’estero, da una data precedente al 31 dicembre 2008, di rimpatriare (per gli Stati non appartenenti all’Unione Europea o che comunque non garantiscono un adeguato scambio di informazioni fiscali in via amministrativa) o di regolarizzare tali attivita’, attraverso il pagamento di un’imposta straordinaria. Quanto agli effetti penali dei capitali detenuti all’estero rimpatriati o regolarizzati, l’articolo 13 bis, comma 4, richiama, come visto, la Legge n. 289 del 2002, articolo 8, comma 6, lettera e), che prevede, in favore del contribuente, “l’esclusione ad ogni effetto della punibilita’ per i reati di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articoli 2, 3, 4, 5 e 10, nonche’ per i reati previsti dagli articoli 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491 bis e 492 c.p., nonche’ dagli articoli 2621, 2622 e 2623 c.c.”. Ne deriva che chi si e’ avvalso dello scudo fiscale non e’ punibile con riferimento ad una serie di reati e, in particolare, in ordine ai delitti tributari ed alle condotte di falso. Solo per le fattispecie codicistiche deve, pero’, sussistere un rapporto di connessione teleologica o consequenziale con i reati tributari: l’esclusione della punibilita’, infatti, opera soltanto qualora le prime siano stati commesse per eseguire o occultare i secondi, ovvero per conseguirne il profitto e siano riferite alla stessa pendenza o situazione tributaria. Quel che deve costituire prova da parte del contribuente.
Cosi’ ricostruita la complessa disciplina normativa di riferimento, rileva il Collegio che – come affermato dal ricorrente – questa Corte ha recentemente affrontato la questione relativa all’estensione soggettiva del c.d. scudo fiscale, specie con riguardo alle societa’ commerciali ed ai soggetti che, in ordine ad esse, operano quali domini (Sez. 3, n. 50308 del 15/10/2014, Carignano, Rv. 261391); questione determinante nella vicenda in esame.
Orbene, questa Terza sezione ha innanzitutto rilevato che il precedente analogo istituto, introdotto nel 2002 come c.d. “scudo persone” (Decreto Legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito dalla Legge 23 novembre 2001, n. 409), ed esteso poi nel 2003 anche alle persone giuridiche come c.d. “scudo societa’” (Decreto Legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito dalla Legge 23 aprile 2002, n. 73), aveva un ambito applicativo molto piu’ esteso di quello del 2009, qui in esame, che si applica soltanto “alle persone fisiche, agli enti non commerciali, alle societa’ semplici ed alle associazioni equiparate”. Restano esclusi, pertanto, gli enti commerciali, nonche’ le societa’, siano esse societa’ di persone o societa’ di capitali, ad eccezione delle societa’ semplici; come peraltro ribadito anche dalle successive circolari dell’Agenzia delle Entrate e, in particolare, dalla n. 43/E6 del 10/10/2009, citata nel ricorso. Tale documento, peraltro, ancora con riguardo all’ambito soggettivo, nel paragrafo 10 afferma: “Ai soli fini tributari, si ritiene che tale divieto valga con riferimento non solo ai procedimenti direttamente riferibili al contribuente che ha effettuato le operazioni di emersione, ma anche a quelli concernenti soggetti riconducibili al contribuente stesso in qualita’ di dominus…. Con riferimento agli effetti penali delle operazioni di emersione, si evidenzia che l’effettivo pagamento dell’imposta straordinaria dovuta sulle attivita’ rimpatriate o regolarizzate rende non punibili i reati indicati nella Legge n. 289 del 2002, articolo 8, comma 6, lettera c)”.
Si e’ posta, dunque, la questione dell’effettiva portata di tale documento amministrativo, e dei suoi effetti.
Innanzitutto, questa Corte (Sez. 4, n. 44003 del 19/07/2013, Lanari, Rv. 257577; di seguito, Sez. 3, sentenza n. 38695 del 2014, 2/07/2014, Seeber; Sez. 3, sentenza n. 41947 del 2014, 2/07/2014, Societa’ Rentcar Chartering Gmbh, non massimate) ha gia’ affermato, in materia cautelare, che “le circolari non hanno una natura normativa e non possono modificare o interpretare in modo autentico le leggi”; “che l’estensione dello scudo alle societa’ predicata dall’Agenzia delle Entrate e’ limitata ai soli effetti tributari”, e quindi “anche a voler ritenere giuridicamente operante l’estensione, essa e’ limitata alle sole operazioni di emersione effettuate dal dominus della societa’”.
Tale ultima considerazione deve esser ripresa anche in questa sede.
Ed invero, il Collegio aderisce all’indirizzo sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, ossia che gli effetti dello “scudo fiscale” possono riguardare, con riferimento alle societa’ (di persone o di capitali), anche i casi di ricorso a tale istituto da parte di soggetto ritenuto dominus dell’ente medesimo. In particolare, e come gia’ sostenuto (Sez. 3, n. 50308 del 15/10/2014, Carignano, non massimata), “sebbene la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 43/E del 2009 limiti gli effetti di tale estensione al campo tributario, per cio’ che concerne l’ulteriore estensione al campo penale occorre tener conto di quanto dispone il Decreto Legge n. 78 del 2009, articolo 13 bis, al comma 4: “l’effettivo pagamento dell’imposta comporta, in materia di esclusione della punibilita’ penale, limitatamente al rimpatrio ed alla regolarizzazione di cui al presente articolo, l’applicazione della disposizione di cui al gia’ vigente Legge 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 8, comma 6, lettera c), e succ. mod.”. Tale richiamata disposizione stabilisce che “il perfezionamento della procedura prevista dal presente articolo comporta per ciascuna annualita’ oggetto di integrazione…: c) l’esclusione ad ogni effetto della punibilita’ per i reati tributari di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articoli 2, 3, 4, 5 e 10, nonche’ dei reati previsti dagli articoli 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491 bis e 492 c.p., nonche’ dagli articoli 2621, 2622 e 2623 c.c., quando tali reati siano stati commessi per eseguire od occultare i predetti reati tributari, ovvero per conseguirne il profitto e siano riferiti alla stessa pendenza o situazione tributaria”. Alla luce della specifica normativa concernente il “vecchio scudo” del 2002-2003, espressamente richiamata, per quanto concerne i profili penali, da quella relativa ad analogo istituto del 2009, e tenendo conto altresi’ dei piu’ recenti orientamenti giurisprudenziali, si puo’ dunque pervenire alla seguente conclusione: sempre che ne sussistano tutti i presupposti richiesti dalla normativa disciplinatrice dell’istituto (capienza, date, soggetti, collegamento fra scudo e reati commessi), alla luce del c.d. diritto vivente (giurisprudenza e documenti di prassi), anche nell’ambito delle societa’ (di persone e di capitali) l’istituto puo’ operare, ma solo con riferimento ai soggetti che, all’interno delle societa’, possiedono i requisiti di diritto e di fatto per essere considerati appartenenti alla categoria del “dominus”.
Orbene, ribadite e pienamente condivise queste considerazioni, osserva il Collegio che delle stesse non ha fatto buon governo il Tribunale di Ancona, il quale – pur apparentemente (ed apoditticamente) riconoscendo al (OMISSIS) il ruolo citato nella Rays s.p.a. – ha negato l’operativita’ dello scudo fiscale alla luce di un’errata lettura della piu’ volte citata circolare 43/E, senza alcun accertamento ulteriore.
Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza gravata affinche’ il Collegio di merito verifichi, in primo luogo, se al (OMISSIS) possa esser effettivamente riconosciuta la veste di dominus della societa’ in oggetto e di seguito, se ricorrano le condizioni per ritenere perfezionata, la procedura di rimpatrio/regolarizzazione dei capitali.
P.Q.M.
Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata al Tribunale di Ancona.
Leave a Reply