Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 3 aprile 2014, n. 7784
Svolgimento del processo
La società D. a r.l. chiedeva la condanna del Comune di Roma al risarcimento dei danni conseguiti alla locazione di alcuni locali – posti all’interno di uno stabile adibito a plesso scolastico e detenuti dal predetto Comune per oltre un ventennio – che erano stati restituiti gravemente deteriorati e mancanti degli arredi.
Costituitosi in giudizio il convenuto (che resisteva e proponeva una domanda riconvenzionale), il Tribunale di Roma pronunciava sentenza con cui accoglieva la domanda di risarcimento dei danni provocati all’immobile, mentre rigettava quella concernente i danni relativi agli arredi, condannando altresì la D. s.r.l. al risarcimento dei danni per mancata fornitura degli arredi scolastici.
Sull’appello principale del Comune e su quello incidentale della società D., la Corte di Appello di Roma provvedeva rilevando – d’ufficio – la nullità, per difetto di forma scritta, del contratto di locazione, rigettando pertanto tutte le domande e compensando integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione la soc. D. s.r.l., affidandosi a due motivi illustrati da memoria; il Comune di Roma resiste a mezzo di controricorso.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 1350 e 1421 c.c., nonché degli articoli 16 e 17 della legge 18 novembre 1923 n. 2440, in relazione all’art. 360 n. 3” e censura la sentenza impugnata per aver rilevato d’ufficio la nullità del contratto benché il Tribunale di Roma ne avesse ritenuto la validità e nonostante che la questione non avesse costituito oggetto di specifici motivi di gravame.
Il secondo motivo deduce, invece, “violazione dell’art. 112 C.P.C. e 2043 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 C.P.C.”, censurando la Corte territoriale per non avere – comunque – valutato la domanda di risarcimento danni ex art. 2043 c.c., atteso che “la D. aveva prospettato come fatto fondante la detenzione e l’utilizzo che il Comune aveva avuto dei beni”.
2. Il primo motivo (che è assistito dal seguente quesito di diritto: “se al giudice di secondo grado sia precluso rilevare la nullità del contratto, per difetto di forma scritta richiesta ad substantiam, quando la validità sia stata pronunciata dal giudice di primo grado e la pronuncia non sia stata investita da specifico motivo di gravame”) è fondato e merita accoglimento.
3. E’ noto, infatti, che – secondo il consolidato orientamento di questa Corte, cui deve darsi continuità – “il rilievo d’ufficio della nullità del contratto è precluso quando sulla validità del contratto si sia formato giudicato, anche implicito, come allorché il giudice di primo grado, accogliendo la domanda, abbia mostrato di ritenere valido il contratto, e le parti, in sede di appello, non abbiano mosso alcuna censura inerente la sua validità” (Cass. n. 23235/2013; cfr. anche Cass. n. 23674/2008; Cass. n. 18540/2009; Cass. n. 1535/2012), mentre il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità anche in grado di appello (affermato, fra le altre, da Cass. 11847/2003 citata dalla controricorrente e, più recentemente, da Cass., S.U. n. 14828/2012) presuppone che non sussista preclusione derivante da giudicato.
4. Accolto – pertanto – il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo, deve disporsi il rinvio della causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà attenersi al sopra richiamato principio di diritto e dovrà provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa in relazione e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
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