Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 9 maggio 2016, n. 9337 Ritenuto in fatto 1. Con atto di citazione del 24 marzo 2006, S.R. e D.V. convenivano in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Bolzano, l’Istituto Pluricomprensivo – Bolzano – Europa 1, chiedendone la condanna al risarcimento del danno subito dalla figlia minore...
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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 23 marzo 2016, n. 5766. L’affidamento, da parte del Comune committente, alla società, cui abbia demandata il servizio di rimozione coattiva dei veicoli in sosta vietata, anche della custodia dei veicoli rimossi perché vengano custoditi presso il parcheggio di pertinenza della società stessa, in attesa del ritiro da parte dei rispettivi proprietari, deriva, ai sensi dell’art. 1771 cod. civ., l’obbligo del Comune, quale depositante, di ritirare i veicoli alla scadenza pattuita o, in ogni caso, dopo la richiesta avanzata dalla depositaria, con la conseguente responsabilità dell’ente per i danni cagionati dall’inadempimento di tale obbligo
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 23 marzo 2016, n. 5766 Svolgimento del processo Il Consorzio Neapolis Città Futura e la società consorziata Soccorso Stradale Pace convennero in giudizio il Comune di Napoli, e deducendo il primo dì aver svolto in favore del convenuto il servizio di rimozione coattiva dei veicoli in sosta vietata,...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 16 marzo 2016, n. 5252. La pronuncia di condanna generica al risarcimento presuppone soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo del danno, rimanendo l’accertamento della concreta esistenza dello stesso riservato alla successiva fase, con la conseguenza che al giudice della liquidazione è consentito di negare la sussistenza del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudicato formatosi sull’”an”. Sicché, qualora la sentenza di primo grado venga specificamente impugnata in ordine alla liquidazione del danno, contestandosi che di esso sia stata fornita la prova, il giudice di appello – senza incorrere in ultrapetizione ove, all’esito di tale revisione, escluda l’esistenza di qualsiasi danno – è investito del potere di riesaminare nella sua interezza la statuizione concernente il quantum debeatur.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I SENTENZA 16 marzo 2016, n. 5252 Ritenuto in fatto Con atto di citazione notificato il 30 luglio 1994, T.V. – premesso di essere esercente, fin dall’i gennaio 1970, di una cava di pozzolana, situata in territorio del Comune di (OMISSIS) – conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma,...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 28 gennaio 2016, n. 1617. Il procedimento di opposizione a liquidazione delle spese in materia di giustizia, anche se riferito a liquidazioni inerenti ad attività espletate nel penale, «presenta carattere di autonomo giudizio avente ad oggetto una controversia di natura civile incidente su situazione soggettiva dotata della consistenza di diritto soggettivo patrimoniale». Di conseguenza, deve considerarsi parte necessaria di tali procedimenti «anche l’erario, da identificarsi nel ministero della Giustizia in quanto titolare del rapporto di debito»
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 28 gennaio 2016, n. 1617 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere Dott. SAMBITO M. Giovanna Concetta –...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 5 febbraio 2016, n. 2316. Il rinvenimento di reperti archeologici (c.d. sorpresa archeologica) nel corso dell’esecuzione di un appalto pubblico costituisce causa di forza maggiore, ai sensi dell’art. 30, comma 1, del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che impedisce la prosecuzione dei lavori in adempimento di doveri imposti dalla legge e senza discrezionalità alcuna da parte del committente, con la conseguenza che la sospensione in tal caso disposta dalla stazione appaltante, non costituendo sospensione discrezionale per ragioni di interesse pubblico, non consente all’appaltatore di richiedere, ai sensi dell’art. 30, secondo comma, del capitolato generale del Ministero dei Lavori pubblici approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, lo scioglimento del contratto ove la sospensione superi i termini ivi stabiliti e, in caso di rifiuto da parte del committente, di ottenere l’indennizzo dei maggiori oneri sopportati; la sospensione dei lavori, disposta dalla stazione appaltante ex art. 30, comma 1, del d.P.R. n. 1063 del 1962, per la sopravvenienza di una causa di forza maggiore, non può protrarsi illimitatamente, giacché si fonda sulla condizione della temporaneità dell’ostacolo sopraggiunto e sulla prospettiva di una ripresa dei lavori in un tempo ragionevole; nell’ipotesi di sospensione dei lavori, deve ritenersi tempestiva la formulazione di riserva nel verbale di ripresa, o in un qualsiasi atto successivo al verbale che dispone la sospensione dei lavori, quando questa, legittima inizialmente, sia divenuta illegittima per la sua eccessiva protrazione, con il conseguente collegamento del danno a tale illegittimo protrarsi, poiché, in siffatta ipotesi, la rilevanza causale del fatto illegittimo dell’appaltante rispetto ai maggiori oneri derivati all’appaltatore è accettabile solo al momento della ripresa dei lavori; e tuttavia, considerata la distinzione operabile tra il momento nel quale il danno sia presumibilmente configurabile e quello in cui esso sia precisamente quantificabile, resta salva la facoltà dell’appaltatore, una volta formulata tempestivamente la riserva, di precisare l’entità del pregiudizio subito nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale, anche con riferimento al periodo precedente la formulazione della riserva
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 5 febbraio 2016, n. 2316 Ritenuto in fatto 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, la Cooperativa Costruttori soc. coop a r. l. – in qualità di capogruppo mandataria dell’associazione temporanea di imprese (ATI) tra la medesima, la società F.lli Cervellati s.p.a. e la società Il Progresso s.r.l....
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 26 ottobre 2015, n. 21709. Nella locazione di immobile per uso diverso da quello abitativo, il locatore è inadempiente ove non abbia ottenuto in presenza di un obbligo specifico – contrattualmente assunto – le autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarità del bene sotto il profilo edilizio (e, in particolare, la sua abitabilità e la sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale), ovvero quando le carenze intrinseche o le caratteristiche proprie del bene locato ostino all’adozione di tali atti e all’esercizio dell’attività del conduttore in conformità all’uso pattuito
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 26 ottobre 2015, n. 21709 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente Dott. GIANCOLA M. Cristina – Consigliere Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere...
Corte di Casaszione, sezione I, sentenza 26 ottobre 2015, n. 21712. Se è pur vero che il cliente di un casinò la cui attività è autorizzata dalla legge e regolamentata dai pubblici poteri non può avvalersi del disposto dell’art. 1965 del code civil, per paralizzare l’azione di pagamento proposta nei suoi confronti dalla casa da gioco – deve, tuttavia, da ritenersi che tale affermazione di principio non si attagli al caso in cui il debito in questione “se rapporte a des prets consentis par le casino pour alimenter le jeu”
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 26 ottobre 2015, n. 21712 Ritenuto in fatto 1. In data 8.6.2005, veniva notificato a A.B. il decreto ingiuntivo n. 18875/2005, emesso dal Tribunale di Milano, con il quale gli era ingiunto il pagamento della somma di Euro 17.000.000, portata da cinque assegni bancari rimasti insoluti, nonché la...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 26 ottobre 2015, n. 21713. Per quanto concerne l’assunzione delle garanzie fideiussorie in questione da parte dello Stato, l’estinzione di tali garanzie a seguito dell’assunzione a carico del bilancio statale delle garanzie prestate dai soci di cooperative agricole in favore delle cooperative stesse, ai sensi dell’art. 1 l. n. 237 del 1993, costituisce un vero e proprio diritto soggettivo dei soci medesimi, che non può essere sottoposto a limitazioni di sorta. Secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale – la potestà legislativa delle Regioni incontra il limite cosiddetto del diritto privato, fondato sull’esigenza, connessa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità sul territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati. Il limite dell’ordinamento civile, quindi, identifica un’area riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale e ricomprende i rapporti tradizionalmente oggetto di codificazione. Non può revocarsi in dubbio, pertanto, che tale limite comporti l’inderogabilità, da parte del legislatore regionale, delle norme dettate dal codice civile per regolare l’esercizio dell’autonomia negoziale privata ed il diritto delle obbligazioni, sia che si tratti di norme imperative, sia che si tratti di norme destinate a regolare direttamente i rapporti tra soggetti in assenza di diversa volontà negoziale delle parti
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 26 ottobre 2015, n. 21713 Ritenuto in fatto 1. In data 5.10.1994, veniva notificato alla Cooperativa Agricola Esperides a r.l. ed ai suoi fideiussori C.G.A. e C.G. , il decreto ingiuntivo n. 1471/1994, emesso dal Tribunale di Siracusa, con il quale si ingiungeva agli intimati il pagamento, in...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 17 settembre 2015, n. 18238. La determinazione degli onorari di avvocato e degli (onorari) e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità, se non quando sia stato l’interessato stesso a specificare le singole voci della tariffa che assume essere state violate. In presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non può peraltro limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, in misura inferiore a quelli esposti, ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi, a norma della L. n. 794 del 1942, art. 24. Il giudice è pertanto tenuto ad indicare dettagliatamente le singole voci che riduce, perché chieste in misura eccessiva, o che elimina, perché non dovute, in modo da consentire l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe in relazione all’inderogabilità dei minimi
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 17 settembre 2015, n. 18238 Svolgimento del processo 1 – La Corte di appello di Roma, in sede di rinvio disposto da questa Corte con sentenza n. 21.795 del 2006, con la sentenza indicata in epigrafe ha determinato le indennità di espropriazione e di occupazione legittima in relazione...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 17 settembre 2015, n. 18237. Qualora la parte abbia eletto domicilio presso il proprio procuratore, e questi, svolgendosi il giudizio di gravame fuori della propria circoscrizione di assegnazione, non abbia a sua volta eletto domicilio presso un collega iscritto nel luogo ove ha sede l’autorità procedente (con conseguente fissazione di domicilio “ex lege” presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria procedente ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82), la notifica stessa può, alternativamente, venir compiuta alla parte personalmente, ex art. 137 cod. proc. civ., ovvero al procuratore presso la cancelleria del luogo ove si svolge il giudizio d’appello, ma non anche alla parte presso detta cancelleria, dovendosi ritenere l’elezione di domicilio “ex lege” di cui al citato R.D. n. 37 del 1934, art. 82 limitata al solo procuratore costituito, e non anche estesa alla parte appellata. Ne consegue che la notificazione effettuata alla parte personalmente presso la cancelleria è inesistente ed insuscettibile di rinnovazione, o di sanatoria “ex tunc” per effetto della costituzione della parte destinataria nel giudizio di appello, giacchè priva di qualsiasi collegamento con il destinatario di essa
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 17 settembre 2015, n. 18237 Svolgimento del processo 1 – Con sentenza in data 5 dicembre 1990 il Tribunale di Locri condannava il Comune di Stignano al pagamento in favore della sig.ra R.T., della somma di lire 103.245.953, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento dei danni relativi...