Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 25 settembre 2017, n. 44011. Ai fini della sussistenza della scriminante della legittima difesa in luogo di privata dimora
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Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 25 settembre 2017, n. 44011. Ai fini della sussistenza della scriminante della legittima difesa in luogo di privata dimora

Ai fini della sussistenza della scriminante della legittima difesa in luogo di privata dimora o altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale è necessario che vi sia l’introduzione contro la volontà espressa tacita da parte del soggetto legittimato ad escluderne la presenza. CORTE DI CASSAZIONE SEZ. V PENALE SENTENZA 25 settembre 2017,...

Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 8 marzo 2017, n. 11084
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Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 8 marzo 2017, n. 11084

L’eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti ad essa immanenti, sicche’, per stabilire se nel fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione...

Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 24 febbraio 2017, n. 9164
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Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 24 febbraio 2017, n. 9164

La legittima difesa non può essere riconosciuta a chi reagisca ad una situazione di pericolo alla cui determinazione egli stesso abbia concorso e nonostante disponga della possibilità di allontanarsi dal luogo senza pregiudizio e senza disonore Non può essere invocata l’attenuante della provocazione quando il fatto apparentemente ingiusto della vittima, cui l’agente abbia reagito, sia...

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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 16 luglio 2015, n. 31001. Nel caso in cui l’agente ha ritenuto per errore, determinato da colpa, di trovarsi nelle condizioni previste dalla difesa legittima, obiettivamente non sussistenti, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. Tuttavia, non ogni pericolo che si concretizza nell’ambito del domicilio giustifica la reazione difensiva, atteso che restano fermi i requisiti strutturali posti dall’art. 52 c.p., e cioè: pericolo attuale di offesa ingiusta, da un lato, costrizione e necessità della difesa, dall’altro. Le modifiche apportate dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59 all’art. 52 c.p., hanno riguardato solo il concetto di proporzionalità, fermi restando i presupposti dell’attualità dell’offesa e della inevitabilità dell’uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell’altrui incolumità; di conseguenza, la reazione a difesa dei beni è legittima solo quando non vi sia desistenza ed anzi sussista un pericolo attuale per l’incolumità fisica dell’aggredito o di altri. Il giudizio sulla sussistenza di una causa di giustificazione, reale o presunta, deve compiersi “ex ante” sulla base delle circostanze caratterizzanti il caso concreto, dovendo il giudice esaminare, di volta in volta e in concreto, la particolare situazione di fatto che escluderebbe l’antigiuridicità della condotta prevista dalla legge come reato.

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 16 luglio 2015, n. 31001 Ritenuto in fatto La Corte d’Assise di Appello di Caltanissetta, con la sentenza indicata in epigrafe, dopo aver rinnovato l’istruttoria dibattimentale, disponendo perizia d’ufficio, ha confermato quella del GUP del Tribunale di Nicosia di condanna di F.S. , in quanto colpevole del reato...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 5 marzo 2015, n. 9693. Non può configurarsi la legittima difesa allorquando la stessa finisca per configurarsi ? nella prospettazione difensiva ? quale mera ipotesi, non suffragata da alcuna evenienza processuale e peraltro svalutata sia dalla mancata specificazione delle circostanze in cui si sarebbe spiegata la reazione difensiva che dalla mancata indicazione dei pericolo che, al momento della stessa, incombeva sul soggetto agente.

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 5 marzo 2015, n. 9693 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDI Alfredo – Presidente Dott. DE BERARDINIS Silvana – Consigliere Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere Dott. SETTEMBRE Anton – rel. Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 26 febbraio 2015, n. 8566. I presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti da un'aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa. L'eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti a quest'ultima collegati, sicché, per stabilire se nel fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la inadeguatezza della reazione difensiva, per l'eccesso nell'uso dei mezzi a disposizione dell'aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione ex ante, e occorre poi procedere ad un'ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell'eccesso colposo delineato dall'art. 55 cod. pen., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria, la quale comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante. La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, con la sola differenza che nella prima la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente ma è supposta dall'agente sulla base di un errore scusabile nell'apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un'offesa ingiusta; sicché, in mancanza di dati di fatto concreti, l'esimente putativa non può ricondursi ad un criterio di carattere meramente soggettivo identificato dal solo timore o dal solo stato d'animo dell'agente

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 26 febbraio 2015, n. 8566 Rilevato in fatto 1. Con sentenza emessa il 05/06/2012 il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Venezia, procedendo con rito abbreviato, condannava L.B. alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione, ritenendolo colpevole di concorso nel tentato omicidio mediante accoltellamento,...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 29 ottobre 2014, n. 44976. Il riconoscimento o l'esclusione della legittima difesa – reale o putativa – costituisce giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità, quando la vicenda sostanziale e gli elementi di prova siano stati correttamente e logicamente valutati dal giudice di merito. Il giudizio di correttezza di siffatta valutazione deve parametrarsi ad un apprezzamento ex ante e non già ex post delle circostanze di fatto, rapportato al momento della reazione in base alle concrete circostanze di fatto che si rappresentano all'agente, al fine di apprezzare solo in quel momento – e non a posteriori – l'esistenza dei canoni della proporzione e della necessità di difesa, richiesti dalla norma sostanziale ai fini dell'integrazione dell'esimente in questione. Nella formulazione di tale giudizio va ovviamente considerato che, sul piano sostanziale e concettuale, la legittima difesa putativa postula gli stessi presupposti di quella reale, con la sola differenza che, nella prima, la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente, ma è solo supposta dall'agente sulla base di un errore scusabile nell'apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva atta a far sorgere in lui la ragionevole convinzione di versare in condizione di pericolo attuale di un'offesa ingiusta; sicché, in mancanza di dati di fatto concreti, l'esimente putativa non può ricondursi ad un criterio di carattere meramente soggettivo, identificato nel solo timore o nel solo stato d'animo dell'agente

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 29 ottobre 2014, n. 44976 Rilevato in fatto 1. Con sentenza emessa il 15 maggio 2012, la Corte di assise di Brindisi dichiarava V.A. responsabile dell’omicidio di G.G. (capo A) e di porto di un coltello con lama di almeno 10 cm (capo B) e, esclusa la recidiva...

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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 10 gennaio 2014, n. 691. La legge n. 59 del 2006 ha introdotto una presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa quando sia configurabile la violazione di domicilio da parte dell’aggressore, ossia l’effettiva introduzione di costui nel domicilio altrui, contro la volontà del soggetto legittimato ad escluderne la presenza. In tal caso, l’uso dell’arma legittimamente detenuta è ritenuto proporzionato per legge, se finalizzato a difendere la propria o l’altrui incolumità ovvero i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. In presenza delle suddette condizioni, non è più rimesso ad apprezzamento discrezionale il giudizio sulla proporzionalità della difesa all’offesa, essendo il rapporto di proporzionalità sussistente per legge, sia in ipotesi di legittima difesa obiettivamente sussistente sia in ipotesi di legittima difesa putativa incolpevole. Sul precisato che il requisito della proporzione tra offesa e difesa viene meno nel caso di conflitto fra beni eterogenei, allorché la consistenza dell’interesse leso (la vita della persona) sia molto più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quello difeso (l’integrità fisica), ed il danno inflitto con l’azione difensiva (la morte dell’offensore) abbia un’intensità e un’incidenza di gran lunga superiore a quella del danno minacciato (lesioni personali, neppure gravi al momento dell’inizio dell’azione omicida).

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE IV SENTENZA 10 gennaio 2014, n. 691 omissis Considerato in diritto 1. Il ricorso non merita accoglimento risultando in parte infondati e in parte inammissibili i motivi dedotti. Osserva in primo luogo il Collegio, con riferimento alle eccezione di inutilizzabilità della prova ex art. 195 cod.proc.pen. che, essendosi il giudizio celebrato...