Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 9 gennaio 2015, n. 520 Ritenuto in fatto e diritto 1. B.G. (imputato per il delitto di rapina aggravata commessa ai danni di un’agenzia bancaria e già condannato in primo grado alla pena di anni quattro di reclusione oltre alla pena pecuniaria) ricorre per cassazione – a mezzo...
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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 9 dicembre 2014, n. 51151. In tema di misure cautelari, il requisito della "descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate", previsto a pena di nullita' dall'articolo 292 c.p.p., comma 2, lettera b), puo' essere soddisfatto con una enunciazione dell'accusa anche riassuntiva, ma essa deve presentare un "minimo di ragionevole specificita'" quanto alle concrete modalita' di realizzazione della condotta, rispetto alla norma violata e al suo tempo di commissione.
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 9 dicembre 2014, n. 51151 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGRO’ Antonio – Presidente Dott. LANZA Lui – rel. Consigliere Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere Dott. PATERNO’...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 23 dicembre 2014, n. 53635. Il mero riferimento alla "spregiudicatezza ed insensibilità avverso beni importanti e costituzionalmente garantiti quali la salute pubblica, l'ambiente e la sicurezza sui luoghi di lavoro", ovvero alla "superficialità" con cui vengono svolte le mansioni riconnesse alla funzione pubblica ricoperta, non costituisce un dato, di per sè, indicativo della presenza di un concreto ed attuale pericolo di recidiva specifica. Il parametro della concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole non può essere affidato all'apprezzamento di elementi meramente congetturali ed astratti, ma all'intrinseca valenza di dati di fatto oggettivi e indicativi delle inclinazioni comportamentali e della personalità dell'indagato, sulla cui base possa affermarsi che quest'ultimo possa facilmente, verificandosene l'occasione, commettere detti reati
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 23 dicembre 2014, n. 53635 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza pronunciata in data 27 maggio 2014 il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza del 28 aprile 2014 con la quale il G.i.p. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere disponeva la misura cautelare degli...
Corte di Cassazione, sezione feriale, sentenza 23 dicembre 2014, n. 53550. La questione relativa alla possibilità di un accertamento non diretto dell'assenza del domicilio, nel caso in esame desunto da una condotta di non risposta alla polizia recatasi per il controllo, va affrontata sotto il profilo dell'adeguatezza di una motivazione fondata sulla modalità di accertamento. Tale adeguatezza va considerata in relazione all'onere che non può che fare carico alla parte sottoposta al regime di detenzione domiciliare di porsi in condizione di garantire la possibilità di effettivo controllo della sua presenza in casa, in qualsiasi orario. In tale contesto, quindi, l'aver dato atto che la polizia giudiziaria che svolgeva i controlli ha proceduto alla ricerca della persona presso il domicilio mediante l'uso delle apposite suonerie e con azione ripetuta è motivazione adeguata ed esente da vizi logici
Suprema Corte di Cassazione sezione feriale sentenza 23 dicembre 2014, n. 53550 Ritenuto in fatto A.G.G. propone ricorso a mezzo dei proprio difensore avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 3 marzo 2014 che, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 10 luglio 2009, lo condannava per il...
Corte di Casaszione, sezione V, sentenza 20 novembre 2014, n. 48391. Se un fatto ha già costituito materia di esercizio dell'azione penale nell'ambito di un procedimento penale, il medesimo ufficio del PM non può, nella medesima sede giudiziaria, procedere nuovamente per lo stesso fatto iscrivendo un nuovo procedimento, contro il medesimo soggetto. Tanto che nel procedimento eventualmente duplicato deve essere disposta l'archiviazione oppure, se l'azione penale sia stata esercitata, deve essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 20 novembre 2014, n. 48391 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FERRUA Giuliana – Presidente Dott. LAPALORCIA Grazia – Consigliere Dott. VESSICHELLI Maria – rel. Consigliere Dott. ZAZA Carlo – Consigliere Dott. CAPUTO...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 21 novembre 2014, n. 48430. L'allegazione da parte dell'imputato dell'erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità non può basarsi su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d'animo dell'agente, ma deve essere sostenuta da dati di fatto concreti, che siano tali da giustificare l'erroneo convincimento di trovarsi in tale situazione. Orbene, nel caso in oggetto, non vi sono spazi per sostenere che l'imputato abbia ragionevolmente ritenuto di versare in una situazione siffatta, laddove – come bene evidenziato dal giudice di primo grado – prima di allontanarsi dal domicilio per recarsi al Pronto Soccorso dell'ospedale, l'imputato contattava i Carabinieri al numero 112 e la centralinista lo avvisava che, allontanandosi dall'alloggio, egli avrebbe commesso il reato di evasione; ciò nonostante il ricorrente poneva in essere la condotta integrante il reato ex art. 385 cod. pen.
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 21 novembre 2014, n. 48430 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 3 dicembre 2012, la Corte d’appello di Ancona ha riformato solo in punto di pena la sentenza del 22 agosto 2012, con la quale il Tribunale di Pesaro ha condannato B.D. in relazione al reato di...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 19 novembre 2014, n. 47897. In tema di evasione dagli arresti domiciliari in una fattispecie in tutto sovrapponibile a quella di specie, agli effetti dell'art. 385 cod. pen. deve intendersi per abitazione il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica e privata con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza dell'abitazione e non ne costituisca parte integrante; e ciò al fine di agevolare i controlli di polizia sulla reperibilità dell'imputato, che devono avere il carattere della prontezza e della non alcatorietà (fattispecie in cui l'imputato, all'atto del controllo, si trovava in uno spazio condominiale esterno alla sua abitazione e proveniva da un altro appartamento). E' stato chiarito che il concetto di abitazione comprende sia il luogo in cui il soggetto conduce la propria vita domestica che le sue pertinenze esclusive. Se ne inferisce che, nel concetto di domicilio, si devono comprendere i terrazzi ed i giardini di pertinenza esclusiva dell'abitazione, ma non gli ambienti condominiali, quali i pianerottoli, le scale ed i cortili interni, in quanto di libero accesso ed in uso da parte di altri, come i condomini e coloro i quali siano legittimati da essi ad accedervi. L'allontanamento dal luogo di restrizione (in regime di arresti domiciliari così come di detenzione domiciliare) può dunque essere legittimamente sanzionato solo ed in quanto il soggetto si allontani dall'abitazione propriamente detta, ovvero dai luoghi che, in quanto in uso esclusivo delle persone che dispongano dell'alloggio, debbano considerarsi a tutti gli effetti parti di essa, in quanto – giusta il delineato carattere di esclusività -precluse all'accesso dei terzi estranei (salvo, ovviamente, il consenso dell'avente diritto)
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 19 novembre 2014, n. 47897 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9 maggio 2013, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza dell’11 novembre 2010, con la quale il Tribunale di Gela condannava P.C.O. alla pena di mesi sei di reclusione, in relazione al reato di...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 7 novembre 2014, n. 46093. In un errore di diritto sono incorsi i giudici di merito nell'operare la assimilazione della sosta dell'imputato dentro la sala bingo, durante il tragitto di ritorno dal luogo di lavoro a casa, all'allontanamento dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, che, a norma dell'articolo 276, comma I-ter, cod. proc. pen., comporta inderogabilmente la revoca della misura e la sua sostituzione colla custodia in carcere. Mentre è corretta l'equiparazione del Tribunale tra l’allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari e l’allontanamento dal diverso luogo ove il soggetto, sottoposto alla misura coercitiva, sia stato autorizzato a svolgere l'attività lavorativa
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 7 novembre 2014, n. 46093 Osserva Rileva: 1. – Con ordinanza deliberata il 6 giugno 2014 e depositata il 12 giugno 2014, il Tribunale ordinario di Bolzano, in funzione di giudice dell’appello dei provvedimenti incidentali de libertate, in accoglimento del gravame del Pubblico Ministero avverso la ordinanza del...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 3 ottobre 2014, n. 41120. L'individuazione del contenuto delle prescrizioni accessorie di una misura cautelare deve avvenire in base al principio del favor rei, nel senso che laddove un comportamento non sia espressamente vietato esso deve ritenersi consentito, atteso che l'imposizione della misura costituisce comunque una deroga al principio di inviolabilità della libertà personale che per previsione costituzionale non ammette restrizione se non nei casi e modi previsti per legge (art. 13, comma 2, Cost.)
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 3 ottobre 2014, n. 41120 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGRO’ Antonio S. – Presidente Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere Dott. VILLONI Orlando – rel. Consigliere...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 23 giugno 2014, n. 27193. In tema di cause di giustificazione, incombe sull'imputato, che deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell'operatività di un'esimente, se non un vero e proprio onere probatorio, inteso in senso civilistico, un compiuto onere di allegazione di elementi di indagine per porre il giudice nella condizione di accertare la sussistenza o quanto meno la probabilità di sussistenza dell'esimente. Ne consegue che la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile all'applicazione di un'esimente, non può legittimare la pronuncia assolutoria ex art. 530 cpv. cod. proc. pen., risolvendosi il dubbio sull'esistenza dell'esimente nell'assoluta mancanza di prova al riguardo. (Nel caso di specie è stato ritenuto irrilevante che l'imputato si fosse allontanato da casa per acquistare un medicinale in quanto "stava male", atteso che non aveva dato neppure dimostrazione di non essersi potuto rivolgere ad un vicino di casa per poter risolvere quel suo problema)
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 23 giugno 2014, n. 27193 Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Firenze riformava parzialmente la pronuncia di primo grado del 07/10/2009, riducendo la pena, e confermava nel resto la medesima pronuncia con la quale il Tribunale...