Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 novembre 2022| n. 35195.
Rimborso delle spese di lite ed applicazione del criterio del “disputatum”
Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, in applicazione del criterio del “disputatum”, il valore della causa è pari, per il primo grado, alla somma domandata con l’atto introduttivo, se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se essa viene accolta, mentre, per l’appello, alla sola somma che ha formato oggetto di impugnazione, se l’appello è rigettato, ed alla maggiore somma accordata dal giudice rispetto a quella ottenuta in primo grado dall’appellante, se il gravame è accolto. (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che – in accoglimento dell’appello del danneggiato, a favore del quale il primo giudice aveva disposto un risarcimento di Euro 802,00 – aveva liquidato la maggior somma di Euro 1490,00 e, ai fini della quantificazione delle spese del secondo grado, aveva determinato il valore della causa prendendo a riferimento la differenza tra i predetti importi, pari a Euro 688,00).
Ordinanza|30 novembre 2022| n. 35195. Rimborso delle spese di lite ed applicazione del criterio del “disputatum”
Data udienza 13 settembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità PA – Insidia stradale – Concorso di colpa – Spese di lite – Sentenza di appello – Incremento del quantum – Liquidazione – Criteri – DM 55/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere
Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30234/2020 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata presso l’indirizzo PEC del proprio difensore, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1402/2020 del TRIBUNALE di TRANI, depositata il 28/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/09/2022 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
Rimborso delle spese di lite ed applicazione del criterio del “disputatum”
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2016 (OMISSIS) convenne dinanzi al Giudice di pace di Trani il Comune di (OMISSIS), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un infortunio causato da un’insidia stradale, ascritta a responsabilita’ dell’amministrazione comunale.
2. Con sentenza 28 febbraio 2018 1. 125 il Giudice di pace accolse la domanda in parte, attribuendo alla vittima un concorso di colpa e liquidando a titolo di risarcimento la somma di Euro 802,04 (cosi’ nel ricorso; nella sentenza impugnata e’ indicato il diverso importo di Euro 802,29), oltre interessi compensativi e spese di lite, liquidate complessivamente in Euro 455.
La sentenza venne appellata da (OMISSIS).
3. Con sentenza 28 settembre 2020 n. 1402 il Tribunale di Trani accolse il gravame e ridetermino’ il credito risarcitorio dell’attrice in Euro 1.490,75. Condanno’ di conseguenza il Comune di (OMISSIS) al pagamento della suddetta somma, oltre accessori, nonche’ al pagamento delle spese del grado, liquidate in Euro 345 oltre accessori, con la distrazione in favore del difensore dell’appellante.
4. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria. Il Comune di (OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva.
Rimborso delle spese di lite ed applicazione del criterio del “disputatum”
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione del Decreto Ministeriale n. 37 del 2018.
Nella illustrazione del motivo si sostiene che il Tribunale ha liquidato in modo illegittimo le spese del giudizio di appello.
Deduce la ricorrente che il Tribunale non solo non ha indicato il criterio in base al quale e’ pervenuto a determinare la somma di Euro 345, ma soprattutto ha liquidato importi inferiori all’importo minimo previsto dalla legge.
Sostiene che in base al valore della causa (Euro 1.490,75), applicando i parametri medi previsti dalla tariffa, le spese si sarebbero dovute liquidare in misura non inferiore ad Euro 810, piu’ le spese esenti.
1.1. Il motivo e’ in parte infondato, ed in parte inammissibile.
Nella parte in cui lamenta la violazione, da parte del giudice di merito, dei parametri minimi stabiliti dal Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, e successive modificazioni, il motivo e’ infondato.
Il Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, articolo 5, stabilisce che ai fini della regolazione delle spese di lite “nei giudizi per (..) liquidazione di danni, si ha riguardo di norma alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata”.
Cio’ vuol dire che, quando la domanda sia accolta, il valore della causa ai fini della liquidazione delle spese deve essere pari alla somma attribuita dal giudice (c.d. principio del disputatum: in tal senso, ex permultis, Sez. 1, Sentenza n. 5381 del 11/03/2006, Rv. 587441 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 16707 del 24/08/2004, Rv. 576188 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 13113 del 15/07/2004, Rv. 574614 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 2407 del 04/03/1998, Rv. 513341 – 01; Sez. L, Sentenza n. 2477 del 09/04/1986, Rv. 445574 – 01).
1.2. L’applicazione del principio del disputatum in grado di appello impone di determinare il valore della causa, ai fini della liquidazione delle spese, in base a quella sola parte del credito ancora oggetto di contestazione.
Questa Corte, infatti, ha gia’ ripetutamente affermato che ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, in applicazione del suddetto criterio del disputatum, il valore della causa e’ pari:
-) per il primo grado, alla somma domandata con l’atto introduttivo se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se viene accolta;
-) per l’appello, alla sola somma che ha formato oggetto di impugnazione se l’appello e’ rigettato, ed alla maggior somma accordata dal giudice rispetto a quella ottenuta in primo grado dall’appellante, se il gravame e’ accolto (cosi’ gia’ Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15857 del 12.6.2019; Sez. 3, Sentenza n. 27871 del 23/11/2017, Rv. 646647 – 01, in motivazione; Sez. 3, Sentenza n. 536 del 12/01/2011, Rv. 615929 -01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 27274 del 16/11/2017, Rv. 646423 – 01).
1.3. Nel caso di specie, (OMISSIS) ottenne in primo grado la condanna della controparte al pagamento di Euro 802. Avendo il giudice d’appello liquidato la maggior somma di Euro 1.490, il principio del disputatum rende evidente che il valore del giudizio di appello era di Euro 1.490-802, ovvero Euro 688.
Per le cause di valore fino a 1.100 Euro celebrate dinanzi al Tribunale il Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, prevede un compenso minimo di Euro 221 nel caso in cui sia mancata la fase istruttoria, e di Euro 354 nel caso in cui in appello vi sia stata attivita’ istruttoria.
Nel caso di specie, e’ la stessa ricorrente ad ammettere che in appello non vi fu fase istruttoria (pp. 9-10 del ricorso), sicche’ la liquidazione compiuta dal Tribunale (Euro 345) non fu inferiore al minimo di legge.
1.4. Lo stabilire, poi, se nel caso di specie fu corretta la scelta di liquidare il compenso in base ai parametri minimi, invece che quelli medi o massimi, e’ questione di fatto riservata al giudice di merito, che non puo’ essere sindacata nella presente sede di legittimita’. In questa parte, pertanto, il primo motivo di ricorso va dichiarato inammissibile.
1.5. I rilievi che precedono non sono infirmati dalle deduzioni svolte dalla ricorrente nella memoria illustrativa. Ivi si sostiene, in sintesi, che il valore della causa ai fini della regolazione delle spese dovrebbe sempre determinarsi ai sensi dell’articolo 14 c.p.c., e quindi in base al petitum.
Trattasi tuttavia di tesi manifestamente erronea, in quanto non tiene conto del chiaro disposto del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 5, comma 1, trascritto supra, al 5 1.1.
2. Col secondo motivo la ricorrente prospetta il vizio di “omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”, formalmente invocando il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Nella illustrazione del motivo si sostiene che il Tribunale avrebbe violato la legge nel determinare immotivatamente, e in una misura omnicomprensiva, l’importo delle spese del grado, senza indicare i compensi liquidati per ciascuna fase processuale.
2.1. Il motivo e’ inammissibile.
Il “vizio di motivazione”, infatti, ormai da dieci anni non e’ piu’ censurabile in sede di legittimita’: per l’esattezza, da quando il Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), (conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134) ha novellato il testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Le Sezioni Unite di questa Corte, nel chiarire il senso della nuova norma, hanno stabilito che per effetto della riforma il vizio di motivazione puo’ essere ancora censurato in sede di legittimita’ solo in tre casi: quando la motivazione manchi del tutto “sinanche come segno grafico”; quando sia totalmente incomprensibile; quando sia insanabilmente contraddittorio) (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
Nessuna di queste tre ipotesi ricorre nel caso di specie: il Tribunale infatti con grande chiarezza ha spiegato che la liquidazione delle spese nella misura minima e’ stata compiuta “in ragione della semplicita’ delle questioni trattate, della contumacia del convenuto, della mancanza di attivita’ istruttoria nonche’ di deposito di scritti conclusionali”: motivazioni tutte non sindacabili nella presente sede di legittimita’.
3. Non e’ luogo a provvedere sulle spese, dal momento che la parte intimata non ha svolto attivita’ difensiva.
P.Q.M.
(-) rigetta il ricorso;
(-) ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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