La formula “somma maggiore o minore risultante all’esito dell’istruttoria”

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 novembre 2022| n. 35302.

La formula “somma maggiore o minore risultante all’esito dell’istruttoria”

La formula “somma maggiore o minore risultante all’esito dell’istruttoria” o altre espressioni consimili, che accompagna le conclusioni con cui una parte chiede la condanna al pagamento di una somma determinata, non costituisce una clausola meramente di stile quando persiste una ragionevole incertezza sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi, con la conseguenza che detta clausola è priva di rilevanza se, all’esito dell’istruttoria, compiuta anche tramite consulenza tecnica d’ufficio, sia risultata una somma maggiore di quella originariamente richiesta e la parte si sia limitata a richiamare le conclusioni rassegnate con l’atto introduttivo e la formula ivi riprodotta. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva confermato la statuizione di condanna alla corresponsione, in favore dell’attore, della somma così come quantificata da quest’ultimo, benché l’elaborato peritale, fornendo multiformi soluzioni senza pervenire ad una precisa ed univoca quantificazione della somma dovuta, non avesse dissolto lo stato di ragionevole incertezza esistente all’inizio della causa).

Ordinanza|30 novembre 2022| n. 35302. La formula “somma maggiore o minore risultante all’esito dell’istruttoria”

Data udienza 5 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Banca – Indebita applicazione degli interessi anatocistici – Formula “somma maggiore o minore ritenuta dovuta” o altra equivalente – Clausola di mero stile – Esclusione in caso di effettiva incertezza sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi – Eccezione – Somma maggiore di quella originariamente richiesta all’esito dell’istruttoria e la parte si sia limitata a richiamare le conclusioni rassegnate con l’atto introduttivo e la formula ivi riprodotta

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6659/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1209/2017 depositata il 09/08/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/10/2022 dal Consigliere CROLLA COSMO.

La formula “somma maggiore o minore risultante all’esito dell’istruttoria”

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 9/8/2017 la Corte di Appello di Ancona ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza emessa il 28/9/2011 dal Tribunale di Pesaro, Sezione Distaccata di Fano che, in parziale accoglimento della domanda proposta da quest’ultimo, accertata l’illegittimita’ dell’applicazione sul conto corrente di corrispondenza n. 05/01/22521 degli interessi anatocistici, ha condannato la (OMISSIS) al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 13.128,46, oltre interessi legali dalla chiusura del conto. La Corte distrettuale, in conformita’ con quanto statuito dal giudice di primo grado, riteneva che, benche’ fosse stata espletata nel corso del giudizio consulenza contabile che aveva fornito plurime ipotesi alternative di conteggio delle somme indebitamente percepite dalla banca per effetto dell’applicazione dell’anatocismo, l’attore, in sede di precisazione delle conclusioni, aveva limitato la domanda ad Euro 13.128,46 riproponendo l’espressione, gia’ utilizzata nelle conclusioni dell’atto di citazione, “o di quella maggiore o minore somma che risultera’ dall’espletanda istruttoria”.
2. (OMISSIS) ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di un unico motivo illustrato con memoria; l’istituto di credito ha svolto difese mediante controricorso ed ha depositato memoria.

La formula “somma maggiore o minore risultante all’esito dell’istruttoria”

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il mezzo di impugnazione il ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver violato il principio di corrispondenza tra chiesto e giudicato non avendo pronunciato sull’intero petitum della domanda dell’attore esplicitato con la locuzione “maggiore o minore somma che risultera’”. Si sostiene che tale formula non era di stile ma rispecchiava una situazione di incertezza anche alla luce della espletata istruttoria dal momento che la consulenza aveva prospettato ben dodici ipotesi di calcolo del saldo del conto corrente, cinque dei quali prevedevano un importo inferiore a quello di Euro 13.128,46 prudenzialmente adombrato dall’attore. Si argomenta, inoltre, che avendo la Corte confermato la statuizione del Tribunale che aveva a sua volta accertato gli interessi anatocistici indebitamente percepiti dalla Banca in Euro 61.988, il giudizio di appello si sarebbe dovuto concludere con la condanna della banca al pagamento della suddetta somma.
2. Il mezzo di impugnazione e’ fondato per le seguenti considerazioni.
2.1 E’ pacifico che nelle conclusioni dell’atto di citazione (ritrascritte nel corpo del ricorso), l’attore aveva chiesto, per effetto dell’indebita applicazione degli interessi anatocistici, la condanna della banca al pagamento della somma di Euro 13.128,46 “o di quella maggiore o minore che risultera’ dall’espletanda istruttoria”; all’esito della CTU contabile, che prospettava plurime ipotesi di quantificazione delle somme spettanti al (OMISSIS) a titolo di ripetizione degli oneri illegittimamente addebitati sul conto corrente, l’attore rassegnava le proprie conclusioni negli stessi termini di cui all’atto introduttivo reiterando, quindi, la richiesta di condanna alla restituzione della somma di Euro 13.128,46 “o di quella maggiore o minore che risultera’ dall’espletanda istruttoria”.
2.2 Orbene, va rilevato – in diritto – che la formula “somma maggiore o minore ritenuta dovuta” o altra equivalente, che accompagna le conclusioni con cui una parte chiede la condanna al pagamento di un certo importo, non puo’ essere considerata, di per se, come una clausola di mero stile, quando vi sia una ragionevole incertezza sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi (cfr. Cass. n. 4727/1984: “la formula con cui una parte domanda al giudice di condannare la controparte al pagamento di un importo indicato in una determinata somma “o in quella somma maggiore o minore che risultera’ di giustizia” non puo’ essere considerata – agli effetti dell’articolo 112 c.p.c. – come meramente di stile, in quanto essa (come altre consimili), lungi dall’avere un contenuto meramente formale, manifesta la ragionevole incertezza della parte sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all’ammontare della somma determinata che venga indicata, in via esclusiva, nelle conclusioni specifiche”; conf. anche Cass. n. 1324/2006).
2.3 E’ stato, inoltre, chiarito da questa Corte che “ove pero’, all’esito dell’istruttoria compiuta anche tramite consulenza tecnica d’ufficio, l’ammontare dell’importo preteso sia risultato maggiore di quello originariamente chiesto e la parte, nelle conclusioni definitive, si sia limitata a richiamare quelle originarie contenenti la menzionata formula, tale principio non puo’ valere, perche’ l’omessa indicazione del maggiore importo accertato evidenzia la natura meramente di stile della formula utilizzata (cfr. Cass. n. 6350/2010; Cass. 12724/2016).
2.4 Tale principio ha trovato conferma anche in successive pronunce (cfr. Cass. nr 22330/2017, richiamata dal ricorrente, e 19455/2018 e 12557/2019) in cui e’ stato precisato che “in tema di interpretazione della domanda, la quantificazione in citazione dell’importo preteso, accompagnata dalla clausola di salvaguardia della “eventuale maggiore misura”, si giustifica nella originaria ed oggettiva incertezza del “quantum”, la quale viene meno se, all’esito dell’istruttoria, risultino accertati i fatti rilevanti ai fini della “aestimatio” del danno ed emergano specifiche indicazioni sulla quantificazione dello stesso, con la conseguenza che il richiamo alla formula utilizzata in citazione, effettuato in sede di precisazioni delle conclusioni in primo grado, si risolve in una mera forma stilistica priva di qualsiasi rilevanza; diversamente, nel caso di danno non patrimoniale da perdita di relazione parentale, nel quale l’applicazione del criterio di liquidazione equitativa ex articolo 2056 c.c. non consente, fatta salva la ipotesi di espressa ed inequivoca delimitazione dell’importo risarcitorio alla misura tabellare massima – una puntuale determinazione “ex ante” del “quantum” risarcibile, il richiamo alla clausola di salvaguardia in sede di precisazione delle conclusioni mantiene la sua originaria giustificazione volta a consentire al Giudice di procedere alla valutazione estimatoria senza apposizione di vincoli limitativi”.
2.5 In buona sostanza, la formula “somma maggiore o minore ritenuta dovuta” o altre espressioni consimili, che accompagna le conclusioni con cui una parte chiede la condanna al pagamento di un certo importo, e’ consentita fin quando persiste una ragionevole incertezza sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi, mentre costituisce una mera clausola di stile e quindi priva di rilevanza se, all’esito dell’istruttoria, sia risultata una somma maggiore di quella originariamente richiesta e la parte si sia limitata a richiamare le conclusioni rassegnate con l’atto introduttivo e la formula ivi riprodotta.
2.6 Nella fattispecie in esame il CTU non e’ pervenuto ad una precisa ed univoca quantificazione delle somme illegittimamente addebitate dalla Banca ma, formulando plurime ipotesi di ricalcolo dei saldi del conto oggetto di causa, non ha affatto dissolto lo stato di ragionevole incertezza esistente all’inizio della causa.
2.7 Alla luce delle multiformi soluzioni fornite dall’elaborato peritale, che reiterano una situazione di incertezza, ancora attuale all’esito dell’istruttoria, la clausola utilizzata dalla parte in sede di precisazioni delle conclusioni “o di quella maggiore o minore che risultera’ dall’espletanda istruttoria” non si risolve in una mera formula stilistica ma si palesa oggettivamente coerente rispetto al dato acquisito nel successivo sviluppo dell’attivita’ processuale.
2.8 La formula aperta utilizzata dalla parte, pur facendo erroneamente riferimento ad una espletanda consulenza tecnica (che in realta’ era gia’ stata disposta ed effettuata), e’ comunque manifestazione della volonta’ della parte di rimettersi alle valutazioni del giudice per la determinazione del quantum sulla base delle risultanze della consulenza tecnica che presentavano diverse soluzioni di ricostruzione del conto.
4. La Corte di Appello e’ incorsa nel vizio di violazione dell’articolo 112 c.p.c., censurato con il motivo di ricorso.
5. In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione, per un nuovo esame del merito della controversia e per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte; accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione, cui demanda anche la regolazione delle spese del presente giudizio.

 

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