Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|25 settembre 2024| n. 25694.

Ricorso incidentale condizionato questioni di rito

Il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito, ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte; ne consegue che, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dal giudice di legittimità solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale.

 

Ordinanza|25 settembre 2024| n. 25694. Ricorso incidentale condizionato questioni di rito.

Data udienza 18 giugno 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Cassazione (ricorso per) – Ricorso incidentale – Condizionato ricorso incidentale della parte totalmente vittoriosa nel merito – Proposizione di questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito – Qualificazione – Ricorso condizionato – Esame prioritario – Condizioni – Conseguenze – Ricorso incidentale condizionato questioni di rito

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dai Signori Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Relatore

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. TASSONE Stefania – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27932/2021 R.G. proposto da:

Ma.Pa. e Ma.El., rappresentate e difese dall’avvocato CO.SE. (Omissis), domiciliate presso l’indirizzo PEC indicato dal difensore

– ricorrenti –

contro

Fi.La., rappresentata e difesa dagli avvocati FO.GA. (Omissis) e PE.CA. (Omissis), domiciliata presso l’indirizzo PEC indicato dai difensori

– controricorrente –

nonché contro

Bi.Ri., rappresentato e difeso dagli avvocati DI.ST. (Omissis) e CA.VI. (Omissis), domiciliato presso l’indirizzo PEC indicato dai difensori

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 710/2021 depositata il 30/03/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2024 dal Consigliere FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Ricorso incidentale condizionato questioni di rito

FATTI DI CAUSA

1. Le sorelle Ma.Pa. e Ma.El. convennero in giudizio i coniugi Fi.La. e Bi.Ri., davanti al Tribunale di Prato, chiedendo che fossero condannati alla restituzione di un immobile di loro proprietà indivisa, occupato dai convenuti ed oggetto di una precedente vicenda giudiziaria terminata con la sentenza definitiva n. 987 del 2012 della Corte d’appello di Firenze; il tutto con condanna dei convenuti anche al pagamento della relativa indennità di occupazione.

A sostegno della domanda esposero, tra l’altro, che l’immobile in questione era stato promesso in vendita ai convenuti, con atto del 7 ottobre 1987, dai loro genitori; che la Fi.La. e il Bi.Ri. avevano promosso nel 1988, nei confronti della loro defunta madre Ca.Iv., un giudizio per ottenere una sentenza che, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., tenesse luogo del contratto definitivo non concluso; che quel giudizio, oggetto di una prima sentenza della Corte d’appello di Firenze cassata da questa Corte (sentenza 3 aprile 2008, n. 8667), era stato poi definito dalla medesima Corte d’appello con la sentenza suindicata, la quale aveva dichiarato la nullità del contratto preliminare del 7 ottobre 1987, aveva rigettato la domanda degli attori Fi.La.-Bi.Ri. di esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 cit., aveva dichiarato inammissibili le altre domande delle sorelle Ma.Pa. e Ma.El. (compresa quella di rilascio dell’immobile, data la natura chiusa del giudizio di rinvio) e aveva condannato la Fi.La. e il Bi.Ri. al pagamento delle spese di lite.

Aggiunsero le attrici che, divenuta ormai sine titulo, a seguito della sentenza ora ricordata, la detenzione dell’immobile da parte di Fi.La. e Bi.Ri., essi si erano tuttavia rifiutati di rilasciarlo, il che le aveva costrette a promuovere l’odierno giudizio.

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Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto di tutte le domande delle attrici e avanzando domanda riconvenzionale per la restituzione della caparra a suo tempo versata in occasione della stipula del contratto preliminare.

Il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda principale, ordinò alla sola Fi.La. – posto che il Bi.Ri., a seguito della separazione dalla moglie, risultava aver lasciato l’appartamento – l’immediata restituzione dell’immobile; rigettò la domanda delle attrici di risarcimento dei danni da occupazione illegittima; accolse in parte la riconvenzionale dei convenuti e condannò le attrici a restituire loro la somma di euro 12.911,42 per ciascuno, con gli interessi, e compensò le spese di lite.

2. Impugnata la decisione del Tribunale da parte delle sorelle Ma.Pa. e Ma.El., la Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 30 marzo 2021, dopo aver disposto lo svolgimento di una c.t.u. per la determinazione del valore locativo dell’immobile, ha accolto solo in parte l’appello e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato prescritto il diritto di Fi.La. e Bi.Ri. alla restituzione della caparra, confermando nel resto l’impugnata decisione, e ha regolato le spese di lite ponendo i due terzi a carico degli appellati, con compensazione del terzo residuo.

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Ai limitati fini che interessano in questa sede, la Corte territoriale, dopo aver premesso un’ampia ricostruzione in fatto della complessa vicenda processuale, ha innanzitutto rilevato che la domanda delle appellanti di risarcimento del danno da abusiva occupazione non poteva ritenersi coperta dal giudicato. Nel giudizio cominciato nel 1988, infatti, le domande di restituzione del bene immobile e di risarcimento del danno da illegittima occupazione erano state proposte “con esclusivo riferimento alla domanda di risoluzione del contratto preliminare”; tale domanda, a seguito della cassazione della prima sentenza d’appello, era stata riproposta davanti al giudice di rinvio ed era stata “ritenuta assorbita nella dichiarazione di nullità del contratto”. Poiché, dunque, sulla domanda di risoluzione non vi era stato alcun accertamento giudiziale, mentre il rigetto della domanda intervenuto nel precedente giudizio era da ricollegare alla sola domanda di nullità del contratto che era stata in effetti accolta, nessun giudicato poteva sussistere sulla domanda di risoluzione, attesa la diversità della causa petendi.

Ha aggiunto la Corte fiorentina che, in realtà, dal comportamento processuale delle sorelle Ma.Pa. e Ma.El. non era possibile dedurre “alcuna volontà di rinunciare alle domande restitutorie e risarcitorie conseguenti alla dichiarazione di nullità del contratto, atteso che la mancata proposizione nel successivo giudizio di appello (qualora ammissibile) ben poteva essere compatibile con la volontà di azionarle in separato giudizio (come poi in effetti avvenuto”.

Così riconosciuta l’ammissibilità della domanda risarcitoria da abusiva occupazione – siccome non coperta dal giudicato – la Corte territoriale l’ha tuttavia ritenuta infondata. Richiamata, sul punto, la giurisprudenza di legittimità contraria alla riconoscibilità di un danno in re ipsa nella materia in questione, la sentenza ha insistito sul fatto che simile danno deve comunque essere provato. Nel caso specifico, però, mancava proprio la prova che le appellanti intendessero procedere alla locazione dell’immobile abusivamente occupato, non avendo esse “nulla allegato in ordine all’utilizzazione che dello stesso loro intendevano fare, essendosi limitate a reclamare il risarcimento di un danno “figurativo”, da rapportare al valore locativo del bene e da provare a mezzo c.t.u.”. Per cui, pur essendo esatto che simile danno può essere provato anche con presunzioni, la Corte ha rilevato che le appellanti non avevano offerto alcun elemento a supporto della domanda e che, anzi, sussistevano elementi idonei a dimostrare il contrario, e cioè che esse nessun pregiudizio avevano subito dall’occupazione dell’immobile. Le appellanti non avevano allegato alcunché nemmeno in rapporto alla loro condizione personale, per cui non poteva escludersi che le stesse, rientrate in possesso del bene, “intendessero solo tenerlo a loro disposizione senza metterlo a frutto”. D’altra parte, il carattere abusivo dell’occupazione era derivato dalla dichiarazione di nullità del contratto preliminare pronunciata dalla sentenza del 2012; e non poteva tacersi che la nullità era stata determinata “principalmente, se non esclusivamente”, dal comportamento della Ca.Iv., che aveva dichiarato nel preliminare di essere proprietaria dell’intero immobile, mentre lo era soltanto per due terzi.

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Dal complesso di questi elementi la Corte d’appello ha tratto la conclusione dell’inutilizzabilità delle conclusioni della c.t.u. e del rigetto del relativo motivo di appello.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Firenze propongono ricorso principale Ma.Pa. e Ma.El. con unico atto affidato ad un motivo.

Resistono con due separati controricorsi Fi.La. e Bi.Ri., quest’ultimo con atto contenente ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Le ricorrenti principali e il ricorrente incidentale hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso principale si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2697 e 1226 cod. civ., oltre ad omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio, in relazione ai capi della sentenza identificati come motivi 1, 2 e 3 trattati alle pagine 9, 10 ed 11 della sentenza, afferenti al rigetto della richiesta di risarcimento per illegittima occupazione ed alla mancata prova del danno.

Le ricorrenti, dopo aver richiamato i passaggi salienti della motivazione della sentenza impugnata, ne contestano le affermazioni fondamentali e fanno notare che la più recente sentenza di questa Corte del 15 gennaio 2021, n. 659, è andata di contrario avviso rispetto all’orientamento giurisprudenziale seguito dalla Corte di merito. Il punto in discussione concerne la possibilità, o meno, di configurare un danno in re ipsa in relazione all’abusivo protrarsi dell’occupazione di un immobile per un periodo di circa venticinque anni (dal 1988, data di inizio del giudizio promosso dalle controparti, fino alla sentenza pronunciata nel 2012 dalla Corte d’appello, cui ha fatto seguito il giudizio odierno). La citata sentenza n. 659 andrebbe, secondo le ricorrenti, “correttamente a sanare un vulnus creato dalle sentenze impugnate con un’interpretazione inadeguata delle precedenti pronunzie che, di fatto, rendeva impossibile la prova del danno, con la conseguenza (a dir poco illogica e comunque ingiusta) che proprio dalla gravità del contegno illegittimo di controparte, protratta per un enorme arco temporale, derivava l’impossibilità di provare il danno”. La motivazione resa sul punto dal Tribunale di Prato, fatta propria dalla Corte d’appello nella pronuncia impugnata, sarebbe viziata anche dall’omesso esame di un fatto decisivo, costituito “dall’impatto (e dalle relative conseguenze) della durata protratta per oltre 25 anni della privazione del possesso che è proseguita anche dopo la sentenza della Corte d’Appello del 2012”. Le ricorrenti sostengono che, data la persistente occupazione dell’immobile, sarebbe stato per loro impossibile dimostrare di volerlo locare a terzi; e la sentenza conterrebbe anche una serie di affermazioni gratuite e non dimostrate relative alla circostanza secondo cui le ricorrenti avevano intenzione di rientrare nel possesso del bene semplicemente per tenerlo a propria disposizione.

Ricorso incidentale condizionato questioni di rito

2. Con l’unico motivo del ricorso incidentale si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., per avere la Corte d’appello erroneamente escluso l’esistenza del vincolo del giudicato sulla domanda risarcitoria avanzata dalle ricorrenti principali.

La censura premette una ricostruzione in fatto dello svolgimento del precedente giudizio, cominciato nel 1988 e terminato con la sentenza del 2012 della stessa Corte d’appello, mettendo in evidenza quali fossero le domande avanzate dalle sorelle Ma.Pa. e Ma.El. in tale sede. Da tanto deriva, secondo il ricorrente incidentale, che vi era un giudicato di rigetto che precludeva comunque alla Corte fiorentina, nel giudizio odierno, l’esame della domanda risarcitoria. Ad avviso del ricorrente, le sorelle Ma.Pa. e Ma.El. avevano chiesto in primo grado la risoluzione del preliminare e il risarcimento dei danni, da provare in separato giudizio; la sentenza di primo grado aveva dichiarato la nullità del contratto, respingendo le altre domande; nel giudizio di appello, le attrici avevano chiesto la conferma della sentenza di primo grado, riportandosi alle conclusioni di cui all’udienza del 10 febbraio 2000 (comprensive del risarcimento); accolta in appello la domanda avanzata dai convenuti ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., detta pronuncia era stata cassata ed in sede di rinvio le Ma.Pa. e Ma.El. avevano ribadito la richiesta di rigetto dell’appello, aggiungendo nelle conclusioni la richiesta di condannare gli occupanti in ogni caso alla restituzione dell’immobile e al risarcimento dei danni. Da questa ricostruzione emerge, secondo il ricorrente, che le controparti avevano mutato le domande in sede di rinvio, tentando così di riproporre la domanda di risarcimento dei danni che era da ritenere preclusa.

3. La Corte osserva che, in ordine logico, dovrebbe essere esaminato prima il ricorso incidentale e poi quello principale, dal momento che, ove si fosse perfezionato il giudicato di rigetto sulla domanda delle Ma.Pa. e Ma.El. volta ad ottenere il risarcimento del danno da occupazione abusiva dell’immobile, non vi sarebbe necessità di esaminare la fondatezza del ricorso principale, che ha ad oggetto proprio quella domanda risarcitoria.

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Ciò nondimeno, il Collegio ritiene di dover invertire l’ordine delle questioni, esaminando per primo il ricorso principale, per le ragioni che di seguito si diranno.

Deve infatti richiamarsi l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza 25 marzo 2013, n. 7381) in base al quale il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito, ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte; ne consegue che, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale.

Nel caso specifico, poiché sulla questione del risarcimento del danno da occupazione illegittima il ricorrente incidentale è risultato vincitore in sede di merito, il suo ricorso può essere inteso per quello che effettivamente è, ossia un ricorso incidentale condizionato.

3.1. Tanto premesso, la Corte osserva che il ricorso principale è privo di fondamento.

Com’è noto, tanto la sentenza impugnata quanto il ricorso principale intercettano un problema che, a lungo dibattuto dalle Sezioni semplici di questa Corte con esiti non sempre concordi, ha trovato infine uno stabile approdo nella sentenza 15 novembre 2022, n. 33645, delle Sezioni Unite.

In tale pronuncia, alla quale la decisione odierna si riporta integralmente, le Sezioni Unite hanno stabilito, tra l’altro, che il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, rappresentato dall’impossibilità di concedere il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o di venderlo ad un prezzo più conveniente di quello di mercato. Tale danno, in caso di impossibilità di fornire una prova del suo preciso ammontare, può essere anche liquidato dal giudice in via equitativa.

Ricorso incidentale condizionato questioni di rito

Le Sezioni Unite, componendo il contrasto che si era venuto a creare, in particolare, tra la Seconda e la Terza Sezione Civile ed illustrandone le ragioni teoriche, hanno ribadito la differenza tra tutela reale e tutela risarcitoria.

In relazione a quest’ultima, in particolare, la sentenza ha chiarito che, se “la domanda risarcitoria ha ad oggetto il mancato guadagno causato dall’occupazione abusiva, l’onere di allegazione riguarda gli specifici pregiudizi, fra i quali si possono identificare non solo le occasioni perse di vendita a un prezzo più conveniente rispetto a quello di mercato, ma anche le mancate locazioni a un canone superiore a quello di mercato (una volta che si quantifichi equitativamente il godimento perduto con il canone locativo di mercato, il corrispettivo di una locazione ai correnti valori di mercato rientra, come si è visto, nelle perdite subite). Ove insorga controversia in relazione al fatto costitutivo del lucro cessante allegato, l’onus probandi anche in questo caso può naturalmente essere assolto mediante le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza o le presunzioni semplici”.

La sentenza impugnata, benché pronunciata in data antecedente rispetto a quella delle Sezioni Unite ora richiamata, ha fatto uso corretto dei principi enunciati da queste ultime, i quali costituiscono, del resto, l’approdo di un percorso ermeneutico già da tempo avviato nella giurisprudenza di questa Corte, che la Corte d’appello ha dimostrato correttamente di conoscere. Nella motivazione, infatti, i connotati della questione sono stati colti in modo esatto, anche attraverso richiami a decisioni di legittimità che hanno costituito gli antecedenti, per così dire, della successiva decisione a Sezioni Unite.

La pronuncia qui impugnata, come si è già detto, con un accertamento di merito ampiamente motivato e privo di vizi logici, rispetto al quale questa Corte non ha ragioni per interloquire, ha escluso che le sorelle Ma.Pa. e Ma.El., pur potendo fare ricorso anche alla prova presuntiva, avessero dato prova dell’effettività di un danno subito in conseguenza del protrarsi dell’occupazione abusiva. Si può rimanere, comprensibilmente, perplessi di fronte al fatto che l’occupazione sia durata per più di venticinque anni senza che ad essa abbia fatto seguito un risarcimento del danno in favore delle proprietarie; ciò nonostante, questo Collegio non può che rimarcare la correttezza delle argomentazioni utilizzate dalla Corte fiorentina, a fronte delle quali si infrangono le pur ampie e motivate censure del ricorso principale.

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Quest’ultimo, d’altra parte, non riesce a superare con considerazioni idonee la motivazione della Corte d’appello, ed insiste nel proporre una censura che è in una qualche misura tautologica e che contiene, tra l’altro, anche un evidente errore là dove insiste nel sostenere che per il proprietario sarebbe impossibile, ove il bene immobile sia occupato, provare il danno. Mentre è evidente, alla luce della suindicata sentenza delle Sezioni Unite, la piena legittimità del ricorso alla prova presuntiva.

3.2. Il rigetto del ricorso principale determina l’assorbimento del ricorso incidentale, attesa la natura sostanzialmente condizionata dello stesso.

Ritiene la Corte, peraltro, che, in considerazione del lungo e tormentato iter processuale e della complessità della questione, oggetto anche di un contrasto di giurisprudenza, vi siano ragioni più che sufficienti per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono tuttavia i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte delle sole ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

Ricorso incidentale condizionato questioni di rito

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale, e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle sole ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma il 18 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2024.

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