Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 marzo 2024| n. 6947.

Responsabilità professionale e la prescrizione 

In tema di risarcimento del danno per responsabilità professionale, la prescrizione decorre dalla effettiva verificazione del danno risarcibile, quale conseguenza riconducibile causalmente al comportamento del professionista evocato in giudizio. (Nella specie, la S.C. ha accolto il ricorso avverso la sentenza, che aveva respinto la domanda per l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno da evizione del diritto di proprietà superficiaria su un immobile, ritenendo la sua decorrenza dall’avvio del piano di apposizione dell’uso civico sull’immobile e non, invece, dall’esito positivo di detto procedimento, cui era conseguita l’acquisizione al demanio pubblico).

 

Ordinanza|14 marzo 2024| n. 6947. Responsabilità professionale e la prescrizione 

Data udienza 19 dicembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità professionale del curatore del fallimento – Valutazione della sussistenza di danni causalmente riconducibili a tale responsabilità – Decorrenza del termine di prescrizione da quando il danno si è verificato – Lacunosità della motivazione – Annullamento con rinvio
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REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – Relatore

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10032/2021 R.G. proposto da:

(…) Srl, in persona del legale rappresentante p.t., FA.ZA., elettivamente domiciliata in ROMA, (…), presso lo studio dell’avvocato An.Ma. (c.f. omissis), rappresentata e difesa dall’avvocato Sa.Do. (c.f. omissis, pec omissis);

– ricorrente –

contro

(…) PLC, in persona, in persona del procuratore, PI.GA., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (…), presso lo studio dell’avvocato Pi.Gi. (c.f. omissis, pec omissis) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ca.Da. (c.f. omissis, pec omissis);

– controricorrente –

nonché contro

OL.LU., rappresentata e difesa dall’avvocato Co.Sa. (omissis, pec: omissis);

– controricorrente –

nonché contro

PE.PA.;

– intimato –

Avverso la sentenza di Corte d’appello di Venezia n. 2707/2020 depositata il 16/10/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere MARILENA GORGONI.

Responsabilità professionale e la prescrizione 

RILEVATO IN FATTO CHE

Fa.Za., in proprio e nella qualità di legale rappresentante di (…) Srl, aggiudicatala del diritto di proprietà superficiaria su un immobile sito nel comune di F, in forza del decreto del giudice delegato del Tribunale di Belluno del 4.12.2004, conveniva in giudizio Ol.Lu. e Pe.Pa., perché, accertata la nullità del decreto 4.12.2004, per impossibilità giuridica dell’oggetto, i convenuti fossero condannati alla restituzione all’aggiudicataria della somma di Euro 167.370,00, corrispondente al prezzo versato, avendo subito la totale evizione del bene, e al pagamento della somma di Euro 251.072,95, a titolo di risarcimento del danno o, in subordine, per l’ipotesi di applicabilità dell’art. 1423 cod. civ., alla restituzione parziale del

prezzo (Euro 75.000,00) e al risarcimento del danno nella misura di Euro 125.536,47;

a tal fine adduceva che Ol.Lu., curatrice del fallimento della società (…), titolare del diritto di superficie, aveva omesso di rilevare la pendenza, sin dal 4 giugno 2002, di un procedimento di accertamento di uso civico, conclusosi con deliberazione del 14.6.2011 della Giunta Regionale del Veneto che inseriva il terreno tra quelli gravati da uso civico, pubblicata sul BUR n. 42 del 2011, e che Pe.Pa., tecnico stimatore nella procedura di aggiudicazione, era, a sua volta, responsabile di non aver accertato l’esistenza di tale vincolo sull’immobile;

Ol.Lu. si costituiva eccependo preliminarmente il difetto di legittimazione attiva di Fa.Za., non essendo titolare di una posizione propria, nonché il proprio difetto di legittimazione passiva, per essere estranea alla procedura di aggiudicazione; inoltre, eccepiva l’intervenuta prescrizione quinquennale del diritto fatto valere, avendo ella ricevuto la prima richiesta risarcitoria il 3.3.2015, e contestava anche nel merito la fondatezza della domanda, sottolineando come la stessa società attrice avesse raggiunto con il Comune un accordo transattivo, approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 17 del 24.4.2014, avente ad oggetto l’acquisto dei beni e la corresponsione di un indennizzo per le migliorie apportate al fondo; per il caso di soccombenza, chiedeva di chiamare in giudizio la propria assicuratrice, (…) Srl per esserne manlevata; quest’ultima, costituitasi, aderiva a tutte le eccezioni sollevate dalla propria assicurata e chiedeva, per il caso di riconoscimento della prospettata responsabilità, che nulla fosse liquidato a parte attrice, avendo la società già percepito, a titolo transattivo, dal Comune di Forno di Zoldo, la somma di Euro 291.000,00;

anche Pe.Pa. si era costituito svolgendo analoghe difese e adducendo di avere operato correttamente, posto che da alcuna delle visure svolte era rilevabile il vincolo in esame;

con la sentenza n. 50/2018, il Tribunale di Belluno accoglieva l’eccezione di prescrizione, quanto a Ol.Lu., curatrice del fallimento, per avere la stessa esaurito la propria attività al massimo entro il 14.6.2004, data del decreto di trasferimento dell’immobile, quanto a Pe.Pa., avendo costui depositato il proprio elaborato il 10.6.2002, e, per l’effetto, rigettava la domanda attorea;

il giudice rilevava che il termine di prescrizione era da ritenere spirato anche nell’ipotesi della sua decorrenza dal 23.5.2006, data in cui il piano di accertamento degli usi civici era stato presentato al Consiglio Comunale, escludendo che il termine potesse decorrere dal momento dell’accertamento del vincolo, come preteso da parte attrice;

la Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza n. 2707/2020 depositata il 16/10/2020, ha rigettato il gravame di (…) ed ha confermato la decisione del Tribunale;

il giudice a quo ha rilevato che il termine prescrizionale decorre dal momento in cui la produzione del danno diventa oggettivamente percepibile e riconoscibile dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile ai sensi dell’art. 1176 cod. civ., secondo standards obiettivi e in relazione alla specifica attività del professionista, in base ad un accertamento di fatto rimesso al giudice del merito, ha quindi ritenuto, anche sulla scorta delle argomentazioni difensive della società appellante, che essa conosceva la delibera consiliare n. 18/2006, con la quale il piano di accertamento era stato sottoposto al Consiglio Comunale e che quindi da quel momento era iniziato a decorrere il termine di prescrizione per far valere la responsabilità degli appellati; ha aggiunto che se invece si attribuisse rilevo alla pubblicazione del vincolo sul Bur la domanda avrebbe dovuto essere rigettata, perché prima di allora i due professionisti non potevano sapere del vincolo, non emergendo la sua sussistenza dai registri immobiliari;

avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la società (…) che a tal fine formula quattro motivi di censura;

resistono con separati controricorsi (…) e Ol.Lu.; Pe.Pa. è rimasto intimato;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis 1 cod. proc. civ.;

hanno deposito memoria sia la ricorrente sia (…); il Pubblico Ministero non ha formulato conclusioni.

Responsabilità professionale e la prescrizione 

CONSIDERATO CHE

1) con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n. 3, cod. proc. civ., la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 cod. civ. (decorrenza della prescrizione) e degli artt. 2727, 2729 cod. civ. (presunzioni semplici) e, ai sensi art. 360, 1 comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione apparente in quanto illogica e non pertinente;

alla Corte territoriale si imputa di avere erroneamente ritenuto rilevante, al fine di reputare maturato il termine di prescrizione, la conoscenza dell’avvio del procedimento di accertamento dell’uso civico ben prima del decreto di aggiudicazione, posto che l’odierna ricorrente aveva “dedotto di essere stata a conoscenza della delibera consiliare n. 18/2006, con la quale il piano di accertamento è stato sottoposto al Consiglio Comunale” e, quindi, ha ritenuto il giudice a quo che “quanto meno da quel momento era noto all’aggiudicataria il vincolo gravante sul bene, tanto più laddove si consideri che la stessa ha sostenuto la natura dichiarativa della delibera pubblicata sul BUR n. 42 del 14.6.2011 (…), argomento che ulteriormente avvalora il convincimento della piena consapevolezza del vincolo, quanto meno a far data dall’anno 2006, e dunque dello spirare del termine prescrizionale”;

Responsabilità professionale e la prescrizione 

l’errore risiederebbe nel fatto di non aver considerato la conoscibilità degli effetti dannosi e di avere quindi scambiato la manifestazione della condotta illecita con quella dell’evento dannoso; peraltro, osserva la ricorrente, anche ammettendo che avesse saputo dell’esistenza del vincolo prima dell’aggiudicazione o dalla data della delibera n. 18/2006, avrebbe dovuto ricevere questa informazione dal fallimento ed invece né l’avviso di vendita né la perizia di stima la contenevano, tantomeno era ipotizzabile che detta conoscenza potesse ritenersi un fatto di comune esperienza;

un altro ordine di considerazioni critiche riguarda il fatto che la Corte d’appello abbia ricavato la dimostrazione del fatto ignorato -ossia della consapevolezza da parte dell’aggiudicataria del vincolo di uso civico quantomeno dal 23.5.2006 – dalla confessata conoscenza della delibera consiliare approvativa del piano di accertamento; l’errore consisterebbe nell’aver trascurato che la consapevolezza della pendenza del procedimento amministrativo di accertamento del vincolo di uso civico non implicava conoscenza del suo esito, intervenuto cinque anni dopo;

di qui la denunciata illogicità del ragionamento presuntivo;

2) con il secondo motivo, in riferimento all’art. 360, 1 comma, n. 5, cod. proc. civ. 360 n. 5 cod. proc. civ., la ricorrente adduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è controverso e decisivo e che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dai fatti interruttivi della prescrizione, rappresentati dalla raccomandata del 19.11.2011, inviata al Fallimento, c/o Ol.Lu., e dalla lettera del 3.3.2015, con cui era stata chiesto il risarcimento dei danni;

3) con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente si duole della nullità della sentenza per motivazione apparente, perché contraddirebbe il principio costituzionale del giusto processo e, in particolare, quello processualcivilistico “iuxta alligata et probata” ispiratore degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., essendosi la Corte d’appello concentrata più sulla dimostrazione della fondatezza dell’eccezione di prescrizione che sulla infondatezza della domanda;

Responsabilità professionale e la prescrizione 

oggetto di confutazione è la seguente motivazione: “qualora poi si volesse attribuire valore decisivo alla pubblicazione del vincolo sul BUR, si dovrebbe giungere alla conclusione dell’infondatezza della domanda, posto che, fino ad allora, nulla potrebbe essere addebitato ai professionisti, essendo incontestato che alcuna trascrizione dell’uso civico fosse rilevabile dall’esame dei registri immobiliari “;

essa sarebbe slegata dai fatti dedotti in giudizio ossia resi oggetto di trattazione e d’istruttoria, perché affermando che “nulla potrebbe essere addebitato ai professionisti”, la Corte territoriale ha preso le mosse da una premessa – “qualora poi si volesse attribuire valore decisivo alla pubblicazione del vincolo sul BUR” – decontestualizzata, perché la pubblicazione del vincolo sul BUR era un’argomentazione difensiva utilizzata per contrastare l’eccezione di prescrizione e non per fondare la responsabilità dei professionisti, atteso che la responsabilità addebitata alla curatrice, Ol.Lu., ed al geometra, Pe.Pa., è stata fatta dipendere, quanto alla prima, dal non avere verificato la validità della costituzione dell’aggiudicando diritto di superficie, nonostante l’esplicito invito rivoltole in via riservata dai funzionari comunali e dal perito regionale, e, quanto al secondo, dall’essersi rifugiato dietro la generica indicazione che i beni venivano aggiudicati nel loro stato di fatto e di diritto, non rilevando né la presenza del procedimento per l’accertamento dell’uso civico ne segnalando la necessità della preventiva autorizzazione regionale per la sua temporanea rimozione;

4) con il quarto ed ultimo motivo la ricorrente, ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n. 3, cod. proc. civ., censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ., nonché, ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n. 4, cod. proc. civ.; art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione contrastante con il giudicato;

attinta da censura è l’affermazione, ritenuta, comunque, un obiter dictum, secondo cui non sarebbe stata censurato il rigetto della domanda di nullità dell’aggiudicazione; essa si sostanzierebbe, per un verso, in un error in iudicando per violazione del combinato disposto di cui agli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ., e per altro verso, in un error in procedendo generante nullità della sentenza per violazione dei principii ispiratori degli artt. 132 co. 2 n. 4 e 112 cod. proc. civ.; la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto formato il giudicato sulla domanda di nullità dell’aggiudicazione, stante l’assorbimento di ogni altra questione ulteriore rispetto alla prescrizione;

Responsabilità professionale e la prescrizione 

la ricorrente afferma che l’unica domanda proposta originariamente era quella risarcitoria e che, quindi, il giudice a quo avrebbe argomentato su una domanda di annullamento dell’aggiudicazione mai formulata nel presente giudizio, essendo irrilevante l’occasionale considerazione circa l’ammissibilità di una richiesta incidentale di accertamento della nullità dell’aggiudicazione; il Tribunale di Belluno aveva accolto l’eccezione di prescrizione e precisato che nessuna statuizione poteva essere adottata in via incidentale in merito all’aggiudicazione ed al decreto di trasferimento, assunti nell’ambito della procedura fallimentare, risultando le relative domande inammissibili nel presente giudizio di cognizione volto a verificare la sussistenza di eventuali responsabilità in capo al curatore ed al perito della procedura fallimentare;

5) va rilevato che la reiezione della domanda risarcitoria si è basata su due rationes decidendi, autonome l’una dall’altra e ciascuna capace di giustificare la pronuncia reiettiva: a) la prima è quella che ha ritenuto prescritto il diritto; b) la seconda è quella che ha escluso la responsabilità professionale della curatrice fallimentare e del perito stimatore;

la sentenza del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa “ratio decidendi”, ne contiene, quanto alla “causa petendi” alternativa o subordinata, un mero “obiter dictum”, insuscettibile di trasformarsi nel giudicato; detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su due distinte “rationes decidendi”, ciascuna di per se sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso (Cass. 18/04/2019, n. 10815);

Responsabilità professionale e la prescrizione 

5.1) ad avviso del Collegio le affermazioni circa il passaggio in giudicato del decreto di aggiudicazione sono state rese ad abundantiam e, invece, non hanno dato vita ad un’ulteriore ratio decidendi;

5.2) tanto premesso la odierna ricorrente era tenuta a promuovere un’impugnazione che investisse utilmente entrambi gli ordini di ragioni indicati (lett. a e lett. b);

costituisce ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per il quale l’impugnazione di una decisione basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di per se solo, idoneo a supportare il relativo dictum, per poter essere ravvisata meritevole di ingresso, deve risultare articolata in uno spettro di censure tale da investire, e da investire utilmente, tutti gli ordini di ragioni cennati, posto che la mancata critica di uno di questi o la relativa attitudine a resistere agli appunti mossigli comporterebbero che la decisione dovrebbe essere tenuta ferma sulla base del profilo della sua ratio non, o mal, censurato e priverebbero il gravame dell’idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (Cass. 19/05/2021, n. 13595);

di conseguenza, se anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura, ovvero se sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette ragioni, il motivo di impugnazione deve essere disatteso nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni; sicché quand’anche le censure addotte contro una od alcune di tali argomentazioni dovessero ritenersi fondate, parte ricorrente non potrebbe conseguire alcun risultato pratico dalla sua impugnazione, restando il provvedimento impugnato autonomamente giustificato dall’altra o dalle altre argomentazioni non censurate;

Responsabilità professionale e la prescrizione 

5.3) nel caso di specie, il Collegio osserva che le censure mosse alla prima ratio decidendi sono contenute nei motivi primo e secondo e che invece alla seconda ratio decidendi è rivolto il terzo motivo di ricorso;

5.4) il secondo motivo di impugnazione è inammissibile per il mancato superamento della preclusione processuale di cui all’art. 348 ter ult. comma, cod. proc. civ., data la ricorrenza di una doppia conforme di merito, e per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366, 1 comma, n. 6 cod. proc. civ.; ad avviso del Collegio meritano, invece, accoglimento il primo ed il terzo motivo;

5.5) quanto al primo motivo, innanzitutto, occorre sgombrare il campo dal rilievo che la ricorrente attribuisce al fatto che la curatrice del fallimento e il perito designato abbiano omesso di effettuare gli accertamenti loro imputati, perché, quand’anche valessero a dimostrare la ricorrenza di un loro comportamento illecito, non inciderebbero sulla prescrizione;

vuol dire che non giova in alcun modo alla ricorrente insistere sul come sia venuta a conoscenza del piano di accertamento dell’uso civico e sul perché Ol.Lu. e Pe.Pa., pur avendone eventualmente l’obbligo, non abbiano accertato la ricorrenza del piano del Comune;

5.6) la tesi della ricorrente quanto al vizio di sussunzione per erronea individuazione del dies a quo del termine di prescrizione merita invece accoglimento;

in primo luogo, perché secondo la giurisprudenza di questa Corte è irrilevante che l’acquirente di un bene conoscesse o potesse conoscere la sussistenza di una causa di evizione (di recente, in tal senso, cfr. Cass. 15/12/2021, n.40290), in secondo luogo perché soltanto con l’esito del procedimento di accertamento dell’uso civico, si è concretizzato il pregiudizio lamentato – consistente nella successiva acquisizione del bene al demanio pubblico, con evizione del diritto di proprietà superficiaria oggetto di aggiudicazione – ed è vero anche che l’avvio del procedimento di apposizione dell’uso civico è un atto prodromico e strumentale ad ottenere l’apposizione dell’uso civico;

l’azione risarcitoria richiede il verificarsi di un danno; ciò avrebbe imposto alla Corte di merito di domandarsi in quale momento la società aggiudicatala aveva eventualmente subito un danno causalmente riconducibile alla responsabilità dei professionisti evocati in giudizio; sapere che da un certo comportamento è derivato un danno non è lo stesso che temere che un certo comportamento possa eventualmente provocare un danno: il termine di prescrizione inizia a decorrere solo da quando il danno si è verificato: così Cass. 30/3/2021 n. 8872; la fattispecie esaminata riguardava la responsabilità professionale del commercialista per inadempimento all’incarico di tenuta della contabilità da cui erano derivati accertamenti fiscali; la decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento, proprio perché presuppone che il danno si sia verificato non poteva coincidere – ha affermato questa Corte – con l’adozione del processo verbale di constatazione, ma con l’avviso di accertamento che è l’atto con cui il fisco esercita, per la prima volta, il suo diritto verso il contribuente al pagamento del dovuto; in applicazione di detto principio era stata cassata la decisione di merito che aveva ritenuto prescritto il diritto al risarcimento, avendo fatto decorrere il termine decennale dalla notifica dell’atto prodromico, da cui pure emergevano irregolarità nella tenuta della contabilità a carico del professionista, anziché dalla notifica dell’avviso di accertamento;

Responsabilità professionale e la prescrizione 

5.7) quanto al terzo motivo, il Collegio rileva che, con la statuizione secondo cui “qualora poi si volesse attribuire valore decisivo alla pubblicazione del vincolo sul BUR, si dovrebbe giungere alla conclusione dell’infondatezza della domanda, posto che, fino ad allora, nulla potrebbe essere addebitato ai professionisti, essendo incontestato che alcuna trascrizione dell’uso civico fosse rilevabile dall’esame dei registri immobiliari”, la Corte d’appello ha ritenuto infondata la domanda risarcitoria per inesistenza di un comportamento illecito dei professionisti;

detta statuizione, però, muove dalla premessa che il fatto illecito imputato ai professionisti fosse quello di non avere consultato i registri immobiliari, dando per scontato che comunque agli stessi non potesse essere imputato altro, cioè non potesse essere loro ascritta alcuna responsabilità per non avere accertato la sussistenza dei presupposti di alienabilità del diritto di proprietà superficiaria in altro modo;

data la laconicità dell’affermazione non è chiaro: i) se la Corte abbia inteso sostenere che i due professionisti appellati non potessero venire in altro modo a conoscenza dell’esistenza del vincolo; ii) se abbia considerato irrilevante la conoscenza acquisita o acquisibile aliunde (la società ricorrente ha ascritto alla curatrice del fallimento di essere stata messa a parte dell’esistenza del vincolo dal Comune: cfr. p. della sentenza impugnata); iii) se abbia ritenuto non rilevante la mancata segnalazione della preventiva autorizzazione regionale alla temporanea rimozione del vincolo; merita accoglimento, pertanto, la censura dei ricorrenti nella parte in cui si dolgono del percorso motivazionale della Corte territoriale;

6) il quarto motivo è inammissibile; sulla scorta dell’orientamento di questa Corte (cfr., per tutti, Cass. 03/09/2021, n. 23885), è inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam, e pertanto non costituente una ratio decidendi della medesima; infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici, non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse;

7) vanno, dunque, accolti nei termini di cui in motivazione il primo ed il terzo motivo, vanno dichiarati inammissibili il secondo ed il quarto; la sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

Responsabilità professionale e la prescrizione 

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione; dichiara inammissibili il secondo e il quarto.

Cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso nella Camera di Consiglio del 19 dicembre 2023 dalla Terza Sezione civile della Corte di Cassazione.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2024.

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