Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Ordinanza 3 aprile 2019, n. 9315.
La massima estrapolata:
In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
Ordinanza 3 aprile 2019, n. 9315
Data udienza 6 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20131-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI AMALFI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 560/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 07/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) convenne in giudizio il Comune di Amalfi, davanti al Tribunale di Salerno, chiedendo il risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza della caduta dovuta – a suo dire – ad un tombino e ad un profondo avvallamento esistenti in una strada cittadina da lei percorsa.
Si costitui’ in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale accolse la domanda e condanno’ il Comune al pagamento della somma di Euro 35.651,67, oltre interessi e con il carico delle spese di giudizio.
2. La pronuncia e’ stata appellata dal Comune soccombente e la Corte d’appello di Salerno, con sentenza del 7 giugno 2017, ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda della (OMISSIS), compensando per intero le spese dei due gradi di giudizio.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Salerno ricorre (OMISSIS) con atto affidato a due motivi.
Resiste il Comune di Amalfi con controricorso.
Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli articoli 375, 376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e articolo 329 c.p.c., comma 2, nonche’ dell’articolo 2051 c.c., contestando l’errata applicazione delle regole in tema di obbligo di custodia, nonche’ ultrapetizione.
1.1. Il motivo non e’ fondato.
1.2. Quanto alla presunta violazione dell’articolo 2051 cit., il Collegio osserva che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull’obbligo di obbligo di custodia, ha stabilito, con le recenti ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilita’ civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’articolo 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarieta’ espresso dall’articolo 2 Cost.. Ne consegue che, quanto piu’ la situazione di possibile danno e’ suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarita’ causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
E’ stato anche chiarito nelle menzionate pronunce che l’espressione “fatto colposo” che compare nell’articolo 1227 c.c., non va intesa come riferita all’elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilita’, la quale presuppone l’imputabilita’, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive c/o dettata dalla comune prudenza. L’accertamento in ordine allo stato di capacita’ naturale della vittima e delle circostanze riguardanti la verificazione dell’evento, anche in ragione del comportamento dalla stessa vittima tenuto, costituisce quaestio fatti riservata esclusivamente all’apprezzamento del giudice di merito.
Nel caso in esame la Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi e, nonostante alcune imprecisioni giuridiche, ha accertato in punto di fatto che la strada percorsa dalla (OMISSIS) presentava un avvallamento di minimo spessore, per cui non esisteva alcuna insidia che non fosse evitabile applicando l’ordinaria diligenza. Ha aggiunto la Corte che non aveva rilievo il fatto che la strada fosse molto affollata, perche’ tale situazione avrebbe dovuto indurre la vittima ad una maggiore attenzione. E’ evidente, percio’, che, a parte l’errato riferimento all’insidia e alla necessaria alterazione della cosa, la sentenza ha in effetti accertato la mancanza di un nesso di causalita’ tra la presenza del tombino e dell’avvallamento e la caduta, posto che la situazione dei luoghi e l’orario diurno erano prova del fatto che l’uso dell’ordinaria diligenza avrebbe evitato la caduta; il che e’ conforme ai principi in precedenza richiamati.
1.3. Da quanto precede risulta anche come non sia fondata la censura di ultrapetizione conseguente, secondo la parte ricorrente, alla presunta acquiescenza del Comune di Amalfi rispetto alla condanna disposta nei suoi confronti in primo grado per violazione delle norme sulla custodia (articolo 2051 c.c.). Ed invero, le argomentazioni poste a fondamento dell’atto di appello, per come sono riportate nel ricorso, dimostrano l’evidente contestazione, da parte del Comune, dell’attribuzione della responsabilita’ per la caduta; la domanda stessa della danneggiata, del resto, era orientata nel senso di una condanna del Comune per violazione dell’articolo 2043 c.c.; e comunque non e’ configurabile una qualche forma di acquiescenza che giustifichi la presunta ultrapetizione della Corte d’appello. La sentenza impugnata, d’altra parte, ha fatto applicazione dei principi sull’obbligo di custodia e, a prescindere dalla formulazione della domanda risarcitoria in primo grado, ha reso una motivazione che e’ tale da escludere la sussistenza di una responsabilita’ del Comune, sia applicando le regole dell’articolo 2043 c.c., che quelle dell’articolo 2051 c.c..
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 2700 c.c. e dell’articolo 112 c.p.c. in ordine alla mancanza di contestazione della relazione di servizio redatta in occasione del sinistro.
2.1. Il motivo non e’ fondato.
La relazione di servizio redatta in occasione del sinistro non ha una valenza privilegiata se non in ordine a quanto accertato direttamente dai verbalizzanti, mentre le valutazioni dai medesimi compiute sono soggette comunque alla verifica ed alla ponderazione del giudice di merito; che e’ cio’ che la Corte d’appello ha fatto, senza incorrere nelle prospettate violazioni di legge.
3. Il ricorso, pertanto, e’ rigettato.
A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, da distrarre in favore del difensore antistatario.
Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, da distrarre in favore dell’avv. (OMISSIS), che si e’ dichiarata antistataria.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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