Prescrizione ed atti interruttivi successivi alla domanda

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 settembre 2024| n. 25171.

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

In tema di prescrizione, gli atti processuali successivi all’atto introduttivo del giudizio, quali le deduzioni difensive, le istanze di merito e le richieste di prove formulate dal difensore, non rientrando tra quelli contemplati dai primi due commi dell’art. 2943 c.c., possono spiegare autonoma efficacia interruttiva, ai sensi dell’art. 2945, comma 3, c.c., solo ove presentino i connotati dell’atto di costituzione in mora, che, a norma del quarto comma del citato art. 2943 c.c., deve contenere una manifestazione scritta di esercizio e di tutela del diritto da parte del creditore, comunicata personalmente al debitore.

 

Ordinanza|19 settembre 2024| n. 25171. Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

Data udienza 11 settembre 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Prescrizione civile – Interruzione – Atti interruttivi – Citazione o domanda giudiziale interruzione – Atti processuali successivi alla domanda – Idoneità – Condizioni – Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

composta dagli ill.mi signori magistrati:

Dott. TERRUSI Francesco – Presidente
Dott. ABETE Luigi – Consigliere rel.

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso n. 20229 – 2016 R.G. proposto da:

SO. Srl – p.i.v.a. (omissis)- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Ma.De. ed elettivamente domiciliata in Ro., alla via De.Gi., n. (omissis), presso lo studio Zi.De..

RICORRENTE

contro

CURATORE del fallimento del CO.V.IN. – Consorzio Volontario Inerti s.c. a r.l., in persona del dottor Raffaele Golluccio.

INTIMATO

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 660 dei 5/17.2.2016, udita la relazione nella camera di consiglio dell’11 settembre 2024 del consigliere dott. Luigi Abete,

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

RILEVATO CHE

1. Con ricorso ex art. 101 l.fall. la “SO.” Srl domandava l’ammissione al passivo del fallimento del CO. Consorzio Volontario In. s.c. a r.l., dichiarato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Esponeva che per molti anni aveva avuto rapporti commerciali con la società fallita, di cui era socia; che il curatore fallimentare aveva domandato altresì nei suoi confronti l’estensione del fallimento del Co. che aveva ritenuto di differire, benché figurasse tra i creditori del fallito, sino alla reiezione dell’istanza di estensione la proposizione della domanda di ammissione al passivo.

Chiedeva l’ammissione al passivo in privilegio per l’importo di Euro 193.555,72 (cfr. ricorso, pagg. 1 – 2).

2. Resisteva il curatore.

Eccepiva preliminarmente l’intervenuta prescrizione del credito.

Instava comunque per il rigetto dell’avversa domanda.

3. Con sentenza del 23.10.2014 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettava l’istanza di ammissione, siccome, in accoglimento della sollevata eccezione, reputava prescritto l’azionato credito.

4. La “SO.” Srl proponeva appello.

Non si costituiva il curatore del fallimento.

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

5. Con sentenza n. 660/2016 la Corte d’Appello di Napoli rigettava il gravame.

Evidenziava la corte che non vi era margine per attribuire efficacia interruttiva della prescrizione alla memoria difensiva che la “SO.” aveva depositato nel giudizio di estensione, peraltro ai suoi danni, del fallimento del Co..

Evidenziava segnatamente che la medesima memoria, alla stregua del suo letterale tenore, non poteva essere considerata né in guisa di domanda giudiziale se del caso proposta nel corso del giudizio né in guisa di atto di costituzione in mora (cfr. sentenza d’appello, pagg. 4 – 5).

Evidenziava ancora – la corte – che neppure vi era margine per attribuire efficacia interruttiva della prescrizione alla integrazione della relazione ex art. 33 l.fall., siccome la medesima integrazione non era qualificabile in guisa di “riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso è fatto valere” (cfr. sentenza d’appello, pag. 5).

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

Evidenziava segnatamente che, per un verso, al curatore non compete il diritto di disporre dei crediti e dei debiti del fallito; che, per altro verso, nella integrazione alla relazione ex art. 33 l.fall. non era dato scorgere alcuna dichiarazione supportata da un chiaro intento ricognitivo; che, per altro verso ancora, l’integrazione costituiva una mera riproposizione dell’inventario contabile del Co. alla data del 25.7.1996, così come predisposto dal liquidatore della società consortile fallita (cfr. sentenza d’appello, pagg. 5 – 6).

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “SO.” Srl; ne ha chiesto sulla scorta di nove motivi la cassazione.

Il curatore del fallimento della s.c. a r.l. Co. non ha svolto difese.

CONSIDERATO CHE

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza o del procedimento in relazione agli artt. 112, 115 e 132 cod. proc. civ. ed agli artt. 2615 e 2935 cod. civ.

Deduce che la Corte di Napoli, benché abbia menzionato il primo motivo nell’enunciazione dei motivi d’appello e benché ne abbia preannunciato la disamina congiunta unitamente al secondo motivo ed al terzo motivo, ha del tutto tralasciato il primo mezzo di gravame, con cui era stata addotta la valenza interruttiva del giudizio di estensione del fallimento del Co. ai consorziati, tra cui esso ricorrente, e dunque il passaggio in giudicato della sentenza di reiezione dell’istanza di estensione quale dies a quo della prescrizione (cfr. ricorso, pagg. 6 – 7).

Deduce che con la memoria ex art. 183, 6 co., n. 1), cod. proc. civ. depositata nel giudizio di estensione del fallimento aveva rappresentato che l’accoglimento in suo danno dell’istanza di estensione avrebbe sortito gli effetti di cui all’art. 2615, 2 co., cod. civ. (cfr. ricorso, pagg. 7 e 8).

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

8. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la nullità della sentenza in relazione agli artt. 112, 115 e 132 cod. proc. civ. ed agli artt. 2615 e 2935 cod. civ.

Formula sub specie di “violazione o falsa applicazione di norme di diritto” i medesimi rilievi addotti con il primo motivo (cfr. ricorso, pag. 8).

9. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 5, cod. proc. civ. la nullità della sentenza in relazione agli artt. 112, 115 e 132 cod. proc. civ. ed agli artt. 2615 e 2935 cod. civ.

Formula sub specie di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” i medesimi rilievi addotti con il primo motivo (cfr. ricorso, pag. 8).

10. Il primo motivo, il secondo motivo ed il terzo motivo di ricorso sono, alla stregua della stessa prospettazione del ricorrente, connessi; il che ne suggerisce la disamina contestuale; i medesimi mezzi di impugnazione sono in ogni caso privi di fondamento e da respingere.

11. Non si configura il vizio di omessa pronuncia, veicolato dal primo mezzo.

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

La Corte d’Appello ha atteso all’esame congiunto dei primi tre motivi di

gravame e nell’ambito delle argomentazioni motivazionali al riguardo svolte ha puntualizzato che “nessuna efficacia interruttiva può essere riconosciuta alla memoria difensiva nel giudizio di estensione del fallimento (…)”, ove si leggeva “la deducente (id est, la “SO.”) è a sua volta creditrice del Consorzio (…)” (così sentenza d’appello, pagg. 3 – 4).

Evidentemente, in questi termini, la corte di merito ha disconosciuto l’efficacia interruttiva pur agli specifici fini di cui al 2 co. dell’art. 2945 cod. civ., sicché il ricorrente invano adduce l’omessa pronuncia in ordine alla valenza interruttiva del giudizio di estensione del fallimento del Co. ai consorziati, invano adduce l’omessa pronuncia in ordine alla identificazione del passaggio in giudicato della sentenza di reiezione dell’istanza di estensione quale dies a quo della prescrizione.

Invero, non sussiste vizio di omessa pronuncia, ancorché manchi una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico – giuridica della pronuncia (Cass. 4.10.2011, n. 20311).

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

12. Non si configura l’ “error in iudicando” veicolato dal secondo mezzo.

Questa Corte spiega che, ai sensi dell’art. 2943 cod. civ., la prescrizione è interrotta, oltre che dalla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, dalla domanda proposta nel corso di esso che, innestandosi in un processo già pendente, determina la pendenza di una nuova ed ulteriore lite in ordine al diritto con essa fatto valere, come la domanda riconvenzionale o di accertamento incidentale, e gli atti di intervento o di chiamata in causa o in garanzia (cfr. Cass. 9.3.2006, n. 5104).

E spiega dunque che non hanno efficacia interruttiva della prescrizione gli atti processuali successivi, quali le deduzioni difensive, le istanze di merito e le richieste di prove formulate dal difensore (cfr. Cass. 14.9.1992, n. 10480).

Più esattamente, gli atti processuali successivi in tanto hanno attitudine ad interrompere il corso della prescrizione, in quanto, ai sensi dell’art. 2943, 4 co., cod. civ., valgano a costituire in mora il debitore (cfr. Cass. sez. lav. (ord.) 24.5.2018, n. 12983, con riferimento alla notificazione della sentenza di primo grado. Cfr. Cass. sez. lav. 28.11.2001, n. 15067, secondo cui, affinché un atto possa acquisire efficacia interruttiva della prescrizione, a norma dell’art. 2943, 4 co, cod. civ., esso deve contenere anche l’esplicitazione di una pretesa, vale a dire una intimazione o richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito, anche tramite il suo rappresentante, di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo, con l’effetto di costituirlo in mora).

Evidentemente, con riferimento a tal ultimo rilievo, sovviene l’elaborazione di questa Corte secondo cui la valutazione dell’idoneità di un atto ad interrompere la prescrizione – quando non si tratti degli atti previsti espressamente e specificamente dalla legge come idonei all’effetto interruttivo, come nei casi indicati nei primi due commi dell’art. 2943 cod. civ. – costituisce apprezzamento di fatto, come tale riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici o da errori giuridici (cfr. Cass. 18.9.2007, n. 19359; Cass sez. lav. 21.11.2018, n. 30125; Cass. 24.11.2010, n. 23821).

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

13. Nei termini tutti testé enunciati i riscontri della corte distrettuale, allorché ha disconosciuto efficacia interruttiva alle “deduzioni articolate dalla SO. nella citata memoria difensiva” (così sentenza d’appello, pag. 4), sono ineccepibili “in diritto”, ossia non sono inficiati da alcun “error in iudicando”, sono congrui ed esaustivi “in fatto”, ossia non sono inficiati da alcuna forma di “anomalia motivazionale” rilevante alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

In ogni caso, è inappropriato il riferimento al 2 co. dell’art. 2615 cod. civ., attesa la veste di società consortile a responsabilità limitata del Co. (art. 2615 ter, 1 co., cod. civ.), che importa l’applicabilità del 1 co. dell’art. 2462 cod. civ.

14. Non si configura l’ “omesso esame” veicolato dal terzo mezzo. Propriamente, “esame” dell’asserito “fatto decisivo e controverso” vi è ontologicamente stato.

15. In ogni caso, l’art. 360, 1 co., n. 5, cod. proc. civ. (nella riformulazione risultante dall’art. 54 del D.L. 22.6.2012, n. 83, convertito in legge 7.8.2012, n. 134, ed applicabile nella specie) ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (cfr. Cass. sez. un. n. 8053/2014 cit. (Rv. 629831); cfr. altresì Cass. 8.10.2014, n. 21152, secondo cui l’art. 360, 1 co., n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2.2.2006, n. 40, prevede(va) l’ “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate; Cass. 8.9.2016, n. 17761).

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

Su tale scorta non può non darsi atto che il preteso “fatto decisivo e controverso” – la “conclusione del giudizio di estensione del fallimento CO. ai consorziati” – il cui esame il ricorrente assume omesso con il terzo mezzo, di certo non integra gli estremi di un “fatto storico”, di un preciso accadimento o di una precisa circostanza in senso storico.

16. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la nullità della sentenza, la violazione o falsa applicazione degli artt. 101, 112, 115, 116, 132, 163, 183 cod. proc. civ., degli artt. 2615, 2697, 2935, 2937, 2938, 2943, 2944, 2945 e 2946 cod. civ. e dell’art. 33 l.fall.

Deduce in primo luogo che il Tribunale prima e poi la Corte di Napoli hanno dispensato ex officio la curatela fallimentare dall’osservanza dei termini e delle modalità per la formulazione dell’eccezione di prescrizione (cfr. ricorso, pag. 9).

Deduce in secondo luogo che la Corte di Napoli ha disconosciuto l’idoneità degli atti da esso addotti a sostegno dell’interruzione della prescrizione sulla scorta di argomentazioni introdotte ex officio (cfr. ricorso, pag. 9), ossia la Corte d’Appello, allorché ha disconosciuto l’interruzione della prescrizione, si è sostituita al curatore del fallimento con argomenti che l’organo concorsuale non aveva formulato (cfr. ricorso, pag. 10).

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

17. Il quarto motivo di ricorso è propriamente inammissibile.

18. Il Tribunale in prime cure parimenti aveva opinato per l’intervenuta prescrizione del credito preteso dalla “SO.” e parimenti aveva ritenuto che “nessuna efficacia interruttiva poteva essere accordata (…) agli atti difensivi presentati (dalla “SO.”) nel procedimento di estensione del fallimento a suo danno, dovendo essere questi considerarti una mera difesa (…)” (così sentenza d’appello, pag. 2).

La Corte d’Appello ha ribadito l’intervenuta prescrizione del credito e, analogamente, ha denegato efficacia interruttiva, segnatamente, alla memoria difensiva depositata dalla “SO.” nel giudizio di estensione del fallimento.

19. Così delineato l’ambito della delibazione cui, in particolare, la corte di merito ha atteso, non può non darsi atto che ambedue i profili di censura veicolati dal mezzo in disamina non rinvengono alcun riflesso nel corpo della statuizione di seconde cure ed, in particolare, nel quadro dei motivi d’appello, così come enunciati dalla corte distrettuale (cfr. sentenza d’appello, pag. 3), enunciazione della cui correttezza, per giunta, il ricorrente ha dato espressamente atto (cfr. ricorso, pag. 7).

Su tale scorta inevitabile è il riferimento all’elaborazione di questa Corte.

In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma, in virtù del principio di “autosufficienza”, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto (cfr. Cass. 9.8.2018, n. 20694; Cass. (ord.) 13.12.2019, n. 32804).

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

Ebbene, il ricorrente non ha assolto né l’uno né l’altro degli oneri surriferiti.

Nel giudizio di legittimità non può essere proposto nessun motivo, né di fatto né di diritto, che comporti l’allargamento della materia del contendere – con la modificazione delle azioni o delle eccezioni già proposte, o con la deduzione di nuove azioni o eccezioni – oppure che presupponga l’accertamento di nuovi elementi di fatto, ulteriori rispetto a quelli già dedotti nelle fasi di merito, oppure ancora che sia oggetto di una preclusione specifica derivante da un giudicato interno (cfr. Cass. 12.8.2004, n. 15673; Cass. 25.10.2017, n. 25319).

Ebbene, entrambi i profili di censura veicolano “quaestiones” di diritto che comportano di certo la dilatazione in questa sede della materia del contendere.

Dunque, i profili di censura sono “nuovi” ed il relativo esame è precluso.

20. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza o del procedimento in relazione agli artt. 112, 115, 132 e 163 cod. proc. civ. ed agli artt. 2615 e 2935 cod. civ.

Deduce che la Corte di Napoli ha erroneamente denegato valenza interruttiva-sospensiva della prescrizione alle difese svolte nel giudizio di estensione del fallimento, segnatamente alla memoria ex art. 183, 6 co., n. 1), cod. proc. civ., con cui aveva rivendicato i propri crediti (cfr. ricorso, pagg. 12 – 13).

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

21. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la nullità della sentenza in relazione agli artt. 112, 115, 132 e 163 cod. proc. civ. ed agli artt. 2615 e 2935 cod. civ.

Formula sub specie di “violazione o falsa applicazione di norme di diritto” i medesimi rilievi addotti con il quinto motivo (cfr. ricorso, pag. 15).

22. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 5, cod. proc. civ. la nullità della sentenza in relazione agli artt. 112, 115, 132 e 163 cod. proc. civ. ed agli artt. 2615 e 2935 cod. civ.

Formula sub specie di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” i medesimi rilievi addotti con il quinto motivo (cfr. ricorso, pag. 16).

23. Il quinto motivo, il sesto motivo ed il settimo motivo di ricorso sono alla luce della stessa prospettazione del ricorrente, connessi; il che ne consiglia l’esame simultaneo; i medesimi mezzi di impugnazione sono comunque destituiti di fondamento e da respingere.

24. è sufficiente ai fini della reiezione dei motivi de quibus la reiterazione dei rilievi tutti svolti a reiezione del primo, del secondo e del terzo motivo.

E ciò tanto più che i primi tre mezzi di impugnazione correlano l’asserito “error in procedendo”, l’asserito “error in iudicando” e l’asserito “omesso esame” alla “conclusione del giudizio di estensione del fallimento CO. ai consorziati (ed al passaggio in giudicato della relativa sentenza) quale dies a quo ai fini della decorrenza della prescrizione ex art. 2935 c.c.”, “conclusione, quale dies a quo,” che in tanto avrebbe potuto acquisire valenza nel quadro della previsione del 2 co. dell’art. 2945 cod. civ., in quanto fosse stata riconosciuta valenza interruttiva-sospensiva agli atti difensivi, in particolare alla memoria, della “SO.” nell’ambito del giudizio di estensione ai suoi danni del fallimento del Co., valenza che, viceversa, ai medesimi atti è stata denegata – lo si è detto – ineccepibilmente e congruamente.

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

Vano è dunque il riferimento con il quinto motivo, con il sesto motivo e con il settimo motivo “alle fattispecie dedotte in relazione al processo di estensione del fallimento ai consorziati (e, tra questi, alla SO.) di cui alla narrativa”, ovvero alla memoria ex art. 186, 6 co., n. 1), cod. proc. civ.

25. Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza e del procedimento in relazione agli artt. 112, 115 e 132 cod. proc. civ. ed agli artt. 2615 e 2935 cod. civ.

Deduce che i giudici del merito hanno, ai fini del riscontro dell’avvenuta interruzione, “omesso di accordare rilevanza” alla relazione ex art. 33 l. fall. del curatore – dottor Di Rienzo – del novembre 1999 nonché alla relazione del precedente curatore fallimentare (cfr. ricorso, pag. 16).

26. L’ottavo motivo di ricorso è inammissibile.

27. Evidentemente, con il mezzo in disamina il ricorrente sollecita questa Corte a far luogo ad una diversa valutazione delle relazioni ex art. 33 l.fall.

Nondimeno, nel quadro dell’elaborazione dapprima menzionata (il riferimento è a Cass. n. 19359/2007; Cass sez. lav. n. 30125/2018; Cass. n. 23821/2010), si è anticipato che la valutazione in parte qua operata dalla Corte d’Appello è “in diritto” ineccepibile ed “in fatto” immune da qualsivoglia forma di “anomalia motivazionale”.

Sovviene, perciò, l’elaborazione di questo Giudice secondo cui con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404).

Ovviamente, in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente (il che non è nel caso di specie) di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato (il che non è nel caso di specie) sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che lo stesso, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. sez. lav. (ord.) 27.12.2016, n. 27000; Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1229; Cass. sez. un. 20.9.2020, n. 20867 (Rv. 659037-01)).

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

28. Con il nono motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la nullità della sentenza, la violazione o falsa applicazione di

norme di diritto in relazione agli artt. 91, 92, 112, 116 e 132 cod. proc. civ. ed al d.m. n. 55/2014.

Deduce che ha errato la Corte di Napoli a respingere il motivo di gravame concernente il quantum delle spese di lite poste a suo carico dal Tribunale.

Deduce che il Tribunale a fronte della modesta attività difensiva svolta in prime cure dal curatore del fallimento ha ingiustificatamente liquidato le spese in Euro 10.000,00, oltre accessori (cfr. ricorso, pag. 17); che tale importo sopravanza i “massimi” tariffari per i giudizi di valore fino ad Euro 260.000,00 (cfr. ricorso, pag. 18).

29. Il nono motivo di ricorso è privo di fondamento e da respingere.

30. Alla stregua delle tabelle allegate al d.m. n. 55/2014, pur a considerare le sole fasi “di studio della controversia”, “introduttiva del giudizio” e “decisionale”, i valori tariffari “massimi”, per il giudizio innanzi al Tribunale e per lo scaglione fino ad Euro 260.000,00, sono pari, rispettivamente, ad Euro 4.374,00, ad Euro 2.790,00 e ad Euro 7.290,00, quindi, in totale ad Euro 14.454,00.

Evidentemente, la liquidazione operata dal Tribunale resta ricompresa nei “massimi”. Cosicché è corretto il riscontro operato in parte qua dalla Corte d’Appello.

Ovviamente viene in risalto l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale la determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, essendo rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non sia invocata specificamente e riscontrata la violazione dei “minimi” e dei “massimi” tariffari (cfr. Cass. 4.3.2003, n. 3178; Cass. (ord.) 4.8.2017, n. 19613).

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

31. Il curatore del fallimento del Co. s.c.ar.l. non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione va nei suoi confronti assunta in ordine alle spese.

32. Ai sensi dell’art. 13, 1 co. quater, D.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1 co. bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13, 1 co. quater, D.P.R. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1 co. bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, l’ 11 settembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2024.

Prescrizione e gli atti interruttivi successivi alla domanda

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