Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 marzo 2024| n. 6377.

Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario

Nel caso di esercizio dell’azione di riduzione, il legittimario ha l’onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, indicando gli elementi patrimoniali che contribuiscono a determinare il valore della massa ereditaria nonché, di conseguenza, quello della quota di legittima violata, senza che sia necessaria al riguardo l’indicazione in termini numerici del valore dei beni interessati dalla riunione fittizia e della conseguente lesione, e, a tal fine, può allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva.

Ordinanza|8 marzo 2024| n. 6377. Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario

Data udienza 27 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Successioni – Esercizio dell’azione di riduzione – Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario – Valore della massa ereditaria e valore della quota di legittima violata – Atti di scioglimento della comunione ereditaria – Nullità prevista dall’art. 46, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 e dall’art. 40, comma 2, della l. n. 47 del 1985 – Atti tra vivi aventi ad oggetto diritti reali relativi ad edifici o a loro parti privi degli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. CARRATO Aldo – Presidente

Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso n. 20515/2018 proposto da:

Vi.Da., elettivamente domiciliato in Roma (…), presso lo studio dell’avvocato Ma. Ba. (Omissis), che lo rappresenta e difende.

– Ricorrente –

Contro

Vi.Do., Vi.Da., domiciliati ex lege presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato An. Ma. Fe. (Omissis).

– Controricorrenti –

Nonché contro

So.Li.

– Intimata –

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1919/2018, depositata il 26/04/2018.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Riccardo Guida nella camera di consiglio del 27 febbraio 2024.

Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario

Rilevato che:

1. con atto di citazione notificato il 10/08/2005 Vi.Do. e Vi.Da. convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, Vi.Da. e So.Li. per sentire dichiarare aperta la successione testamentaria di Vi.Ma., accertare che l’asse ereditario del de cuius era stato diviso con scrittura privata del 12/07/2004, emettere sentenza sostitutiva dell’atto pubblico, accertare l’inadempimento di Vi.Da. agli obblighi assunti con la scrittura privata e condannarlo a liberare l’appartamento di Napoli (in v. Puccini n. 16) dai suoi effetti personali e al risarcimento dei danni.

Dedussero che, in data 13/10/2003, era deceduto il citato Vi.Ma., il quale, con testamento olografo del 28/09/2002 (pubblicato il 29/10/2003), aveva istituto eredi, nella misura del 25% ciascuno, la moglie, So.Li., i figli Vi.Do. e Vi.Da., e il nipote “ex filia” Vi.Da.; che, con scrittura privata del 12/07/2004, i coeredi avevano proceduto alla divisione, attribuendo l’appartamento in Napoli ed i relativi arredi a So.Li., Vi.Do. e Vi.Da., in comune pro indiviso, e a Vi.Da. gli immobili in Ischia con i relativi arredi e che, tuttavia, quest’ultimo, pur essendo nel pieno possesso degli appartamenti assegnatigli, pretestuosamente non aveva proceduto alla stipula dell’atto pubblico, necessario soltanto ai fini fiscali e di trascrizione, né al ritiro degli effetti personali lasciati nella casa paterna in Napoli;

2. costituendosi in giudizio, Vi.Da. chiese in via riconvenzionale: dichiararsi la nullità del contratto di divisione perché uno degli immobili che gli erano stati assegnati (sito in Ischia) era abusivo; in via gradata, dichiararsi la rescissione per lesione del contratto di divisione, ai sensi dell’art. 763, cod. civ., “accertando e

dichiarando la lesione della quota di riserva del dott. Vi.Da. (sia per l’assegnazione del bene abusivo che per la mancata attribuzione dei beni mobili pro quota)”; in ogni caso, accertarsi che le disposizioni testamentarie erano lesive della sua quota di riserva nella parte in cui lasciavano i beni mobili esclusivamente a So.Li.; infine, operarsi la riduzione sino a reintegrare la sua quota e disporre lo scioglimento della comunione ereditaria;

3. il Tribunale di Napoli, istruita la causa a mezzo di una c.t.u., con sentenza n. 7772 del 2011, in parziale accoglimento della domanda degli attori, dichiarò tenuto e condannò Vi.Da. a prestare, dinanzi al notaio, il suo consenso all’atto riproduttivo della scrittura privata del 12/07/2004 di divisione dei beni di Vi.Ma.; condannò il convenuto “a portare via da casa degli attori le cose sue”; rigettò nel resto la domanda degli attori e respinse pure la domanda riconvenzionale del convenuto;

4. decidendo sull’impugnazione di Vi.Da., la Corte d’appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe n. 1919/2018, per quanto qui rileva, in parziale accoglimento dell’appello e in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la nullità del capo della decisione recante la condanna di Vi.Da. a prestare, dinanzi al notaio, il suo consenso all’atto riproduttivo della scrittura privata del 12/07/2004 di divisione dei beni del de cuius; nel resto, ha rigettato l’appello;

5. questo, in sintesi, il percorso argomentativo della Corte territoriale partenopea:

(a) non è fondato il motivo di appello con il quale Vi.Da. si duole della mancata dichiarazione dell’apertura della successione da parte del Tribunale.

Ciò perché l’apertura della successione di Vi.Ma., chiesta sia da parte attrice che da parte convenuta, benché non oggetto di esplicita statuizione, costituisce il presupposto implicito su cui si fonda la decisione ed era, quindi, intrinseca alla pronuncia di primo grado;

(b) non è fondata la censura in punto di rigetto, da parte del Tribunale, della domanda riconvenzionale di riduzione delle disposizioni testamentarie.

Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario

Dal tenore testuale della comparsa di costituzione e risposta del convenuto emerge che egli aveva chiesto soltanto la riduzione della disposizione testamentaria relativa ai beni mobili, e non di quella relativa ai beni immobili, anche perché la diversa tesi dell’inclusione nella domanda di riduzione dei beni immobili è logicamente e giuridicamente insostenibile visto che il testatore aveva attribuito le identiche quote agli eredi legittimari in misura percentuale e che la disponibile attribuita al nipote “ex filia”, pur espressa in termini percentuali, è contenuta entro i limiti sanciti dall’art. 542 cod. civ.

È corretta la statuizione di rigetto della domanda in quanto l’erede legittimario, sul quale incombe l’onere di dimostrare l’asserita lesione della quota di riserva, non ha provato quali sarebbero i beni contesi né il loro valore, ferma la considerazione che il testatore aveva la facoltà di disporre della quota di un quarto e che gli arredi della casa coniugale in Napoli sono gravati dal diritto d’uso a favore del coniuge superstite (art. 540 cod. civ.), con conseguente ulteriore riduzione del loro valore;

(c) la sentenza di primo grado non ha violato la legge n. 47 del 1985 (in particolare, gli artt. 17 e 40), per non avere dichiarato la nullità della divisione a causa del carattere abusivo degli immobili situati in Ischia attributi al convenuto, dovendosi al riguardo condividere l’orientamento nomofilattico secondo cui la divisione ereditaria (convenzionale o giudiziale) non è subordinata al conseguimento del titolo di regolarizzazione urbanistica;

(d) anche il rigetto della domanda di rescissione della divisione per lesione oltre il quarto va disattesa: infatti, pur essendo la divisione rescindibile ex art. 764, primo comma, cod. civ., dovendosi qualificare come divisione transattiva – e, sul punto, la sentenza di primo grado, che ha negato la rescindibilità, è viziata – tuttavia, la decisione di rigetto merita comunque conferma perché il valore dei beni (e il correlato valore delle singole quote) stimato dal c.t.u., sulla base di un’accurata indagine, consente di escludere, con riferimento alla data di conclusione della divisione, la dedotta lesione oltre il quarto che avrebbe giustificato la rescissione ai sensi dell’art. 763 cod. civ.

Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario

Si aggiunga che la stima del compendio immobiliare in Ischia, che consta di due appartamenti, è condivisibile giacché l’ausiliare del giudice ha tenuto conto soltanto della porzione edificata in epoca antecedente al 1° settembre 1967, la cui commerciabilità deriva dal dettato dell’art. 40 della legge n. 47 del 1985.

Irrilevante rispetto alla stima dei cespiti attribuiti a Vi.Da. con l’atto di divisione è il fatto, allegato dall’appellante, che il Comune di Ischia, in pendenza dell’appello, avrebbe ordinato la demolizione di entrambi i manufatti abusivi: ai fini dell’azione di rescissione la lesione del quarto tra le quote dei condividenti deve sussistere e essersi verificata al momento della divisione e non in epoca successiva;

(e) è fondato, invece, il motivo attinente al vizio di ultrapetizione commesso dal Tribunale nella parte della sentenza di primo grado che ha condannato il convenuto a prestare dinanzi al notaio il suo consenso all’atto riproduttivo della scrittura privata di divisione.

Questa statuizione non rispetta il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e, comunque, è incoercibile perché (pag. 19)

“la prestazione del consenso alla redazione di un atto è un’obbligazione non suscettibile di esecuzione forzata”;

6. Vi.Da. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.

Vi.Do. e Vi.Da. hanno resistito con controricorso;

7. le parti costituite hanno depositato memorie in prossimità dell’adunanza camerale;

So.Li. è rimasta intimata;

Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario

Considerato che:

1. il primo motivo di ricorso – “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.” – censura la sentenza impugnata che, pur dando atto che le parti avevano chiesto al Tribunale, che aveva omesso di farlo, di dichiarare aperta la successione, nega che sussista il dedotto vizio di omessa pronuncia poiché la declaratoria di apertura della successione sarebbe implicita nella decisione impugnata, mentre avrebbe dovuto accogliere il relativo motivo di appello (cui gli appellati avevano aderito) e dichiarare aperta la successione;

1.1. il motivo non è fondato;

1.2. al contrario di quanto prospetta il ricorrente, la Corte d’appello non è incorsa in un error in procedendo per non avere dichiarato l’apertura della successione.

Infatti, la Corte di appello di Napoli spiega (a pag. 5 della sentenza impugnata) che tale statuizione, da parte sua, non era necessaria “essendo implicita nella sentenza di primo grado la declaratoria di apertura (della) successione”;

2. il secondo motivo – “Violazione e falsa applicazione dell’art. 542 c.c. ex art. 360, n. 3, c.p.c.” – censura la sentenza impugnata che, nella parte in cui ritiene non fondata la domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie per lesione della quota di riserva (pari al 25%), in ragione della mancanza di prova, che spettava a Vi.Da., della consistenza dei beni mobili e comunque del modesto valore degli stessi, trascura che la lesione di legittima è la naturale e matematica conseguenza dell’attribuzione testamentaria di tutti i beni mobili a So.Li., moglie del de cuius;

2.1. il motivo non è fondato;

2.2. innanzitutto, la doglianza si riferisce (non già alle disposizioni testamentarie relative agli immobili, ma) esclusivamente alla pretesa di riduzione delle disposizioni testamentarie che, attribuendo tutti quanti i mobili a So.Li., avrebbe leso la quota di legittima del ricorrente.

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Ciò precisato, rileva il Collegio che la Corte territoriale si è attenuta al costante indirizzo di legittimità (Sez. 2, Sentenza n. 18199 del 2/09/2020; conf., tra le altre, Sez. 2, Sentenza n. 20830 del 14/10/2016; Sez. 2, Sentenza n. 1357 del 19/01/2017), secondo cui, nel caso di esercizio dell’azione di riduzione, il legittimario ha l’onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, indicando gli elementi patrimoniali che contribuiscono a determinare il valore della massa ereditaria nonché, di conseguenza, quello della quota di legittima violata, senza che sia necessaria al riguardo l’indicazione in termini numerici del valore dei beni interessati dalla riunione fittizia e della conseguente lesione, e, a tal fine, può allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva.

A tal proposito, la Corte di appello ha stabilito che Vi.Da. non aveva provato quali fossero i beni mobili contesi e nemmeno il loro valore.

D’altra parte, alcun rilievo può essere attribuito, per difetto di autosufficienza, alla mera asserzione del ricorrente (pagg. 14 e 15 del ricorso per cassazione) di avere proposto uno specifico motivo di appello avverso il rigetto, da parte del Tribunale, dell’istanza di prova per testi che il convenuto aveva articolato sul tema dei beni mobili presenti negli appartamenti posti in Napoli e Ischia costituenti l’asse ereditario, non avendone riprodotto il contenuto;

3. il terzo motivo – “Violazione e falsa applicazione della legge 47/1985, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.” – censura la sentenza impugnata che, dando atto del carattere abusivo dell’immobile in Ischia assegnato a Vi.Da., ha escluso che la divisione ereditaria convenzionale di beni immobili (atto mortis causa) sia viziata dalla nullità comminata dalla legge n. 47 del 1985 in caso di atti di trasferimento di immobili privi della necessaria concessione edificatoria;

4. il quarto motivo – “Omesso esame circa un fatto decisivo in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c.” – censura la sentenza impugnata che ha omesso di esaminare la circostanza secondo cui la divisione aveva ad oggetto corpi di fabbrica e non lotti di terreno. Circostanza, quest’ultima, che, se fosse stata esaminata, avrebbe condotto all’applicazione del regime di nullità degli atti traslativi di beni immobili irregolari sul piano urbanistico ex lege 47 del 1985;

4.1. il terzo e il quarto motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono fondati;

4.2. la Corte d’appello ha rigettato la domanda di nullità della divisione ereditaria fondata sulla natura abusiva di uno dei due appartamenti in Ischia attributi al convenuto aderendo al precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità, che la sentenza impugnata richiama a pag. 10 (Cass. nn. 15133/2001, 2310/2010, 2041/2016), secondo cui la nullità comminata dagli artt. 17 e 40 della legge n. 47 del 1985 è limitata agli “atti tra vivi”, rimanendo esclusa la categoria degli “atti mortis causa”, che comprenderebbero anche la divisione ereditaria.

Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario

Senonché questo collegio intende aderire al recente arresto sopravvenuto sulla questione con la sentenza delle Sezioni Unite n. 25021 del 7/10/2019 (dalla quale non si ha ragione per discostarsi) con cui, superandosi il precedente orientamento, è stato enunciato il principio di diritto (vincolante ai sensi dell’art. 374, comma 3, c.p.c.) alla stregua del quale “(g)li atti di scioglimento della comunione ereditaria sono soggetti alla comminatoria della sanzione della nullità prevista dall’art. 46, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 (già art. 17 della legge n. 47 del 1985) e dall’art. 40, comma 2, della l. n. 47 del 1985, per gli atti tra vivi aventi ad oggetto diritti reali relativi ad edifici o a loro parti, ove da essi non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria”.

Sulla premessa che il giudice di merito ha accertato il carattere abusivo di uno degli appartamenti in Ischia attribuiti al ricorrente, dal principio di diritto sopra articolato consegue che colgono nel segno i rilievi critici in esame, sicché il giudice del rinvio dovrà riesaminare il profilo attinente alla validità o meno della divisione ereditaria del 12/07/2004, applicando tale principio giuridico;

5. il quinto motivo – “Violazione e falsa applicazione dell’art. 763 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.” – censura la sentenza impugnata che esclude la rescissione per lesione oltre il quarto in relazione alle quote dei condividenti sul rilievo che la lesione deve sussistere ed essersi verificata al momento della divisione, donde l’irrilevanza dell’ordinanza del Comune di Ischia di demolizione del fabbricato abusivo, emessa in data 6/9/2012, quale fatto sopravvenuto che non incide sulla stima dei cespiti attribuiti a Vi.Da. con l’atto di divisione in data 12/07/2004.

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Il ricorrente evidenzia che la lesione deriva dal fatto obiettivo del carattere abusivo dell’immobile, da cui scaturisce la necessità della sua demolizione, rispetto al quale è irrilevante che l’autorità amministrativa abbia scoperto l’illiceità successivamente alla divisione ereditaria;

5.1. il motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento del quarto e del quinto mezzo di impugnazione.

Ed infatti, costituendosi nel giudizio in primo grado (cfr. punto 2. del “Rilevato che”), Vi.Da. aveva svolto domanda di rescissione della divisione ex art. 763 cod. civ., in via gradata, per il solo caso di mancato accoglimento della domanda di nullità della divisione, il cui esame, con l’accoglimento del terzo e del quarto motivo, è nuovamente devoluto al giudice di merito in sede di rinvio;

6. il sesto ed ultimo motivo – “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.” – premette che, in primo grado, gli attori avevano chiesto una sentenza ex art. 2932 cod. civ. e l’accertamento dell’inadempimento del convenuto e che la Corte d’appello, in accoglimento di un motivo di gravame, aveva annullato per ultrapetizione il capo della decisione di primo grado – che ordinava al convenuto di prestare il consenso dinanzi al notaio – dato che gli attori non avevano proposto alcuna domanda sul punto. Per il resto la sentenza d’appello aveva confermato la decisione di primo grado.

In tale statuizione, ad avviso del ricorrente, starebbe il vizio della sentenza impugnata che, in sostanza, avrebbe confermato un presunto inadempimento del convenuto, in realtà del tutto insussistente una volta venuto meno l’obbligo dell’appellante di comparire dinanzi al notaio.

Sotto altro profilo, la sentenza sarebbe viziata da “irrisolvibile contraddittorietà” nella parte in cui ha confermato la decisione di prime cure che, a sua volta, ha accolto le domande degli attori in relazione ai punti F (richiesta di sentenza sostitutiva dell’atto pubblico nel quale doveva essere trasfusa la scrittura privata di divisione del 12/07/2004) e G (ordinare, quanto agli immobili, la trascrizione della sentenza nei registri immobiliari), quali domande che, per effetto della conferma, da parte del giudice d’appello, del rigetto della domanda ex art. 2932 cod. civ., avrebbero dovuto seguire la stessa sorte essendo inscindibilmente connesse con la domanda principale;

6.1. il motivo, che si compone di due distinti rilievi critici, è in parte assorbito e in parte infondato;

6.2. dal primo punto di vista (assorbimento del motivo), è ovvio che, in conseguenza dell’accoglimento del terzo e del quarto motivo, è rimesso al giudice del rinvio verificare, prima, la nullità o meno della scrittura privata di divisione, per il carattere abusivo degli immobili assegnati a uno dei coeredi e, successivamente, per il caso di ravvisata validità della scrittura divisionale, valutare le censure mosse da Vi.Da. alla statuizione del primo giudice sulla domanda degli attori ex art. 2932 cod. civ.;

6.3. la seconda censura del complesso motivo è, invece, infondata;

in primo luogo, quanto all’asserita “irrisolvibile contraddittorietà della decisione”, in disparte la prospettabile inammissibilità della doglianza, che non è stata sussunta entro il parametro normativo di cui al n. 4 dell’articolo 360 cod. proc. civ., ritiene la Corte che la motivazione della sentenza d’appello (sintetizzata, negli snodi argomentativi essenziali, al precedente punto 5 del “Rilevato che”) soddisfi senz’altro il requisito del “minimo costituzionale”, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte (ex multis, Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) per la quale “nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione”.

Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario

In secondo luogo, è conforme a diritto la statuizione della Corte d’appello che, pur annullando il capo della sentenza di primo grado di condanna del convenuto a comparire dinanzi al notaio per riprodurre in forma di atto pubblico la scrittura privata di divisione ereditaria (e, pertanto, implicitamente, ponendo nel nulla anche i menzionati punti F e G della domanda degli attori), ha rigettato, nel resto, l’appello e, conseguentemente, ha confermato – sempre in maniera implicita – il capo della pronuncia di primo grado che, sul presupposto dell’inadempimento del convenuto, lo condannava a “portare via da casa degli attori le cose sue”;

7. in definitiva, accolti il terzo e il quarto motivo, assorbiti il quinto e – nei termini sopra precisati – parzialmente il sesto motivo, rigettati il primo, il secondo e – sempre nei termini sopra precisati -parzialmente il sesto motivo, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la quota di riserva da parte del legittimario

P.Q.M.

accoglie il terzo e il quarto motivo, assorbiti il quinto e, nei termini di cui in motivazione, parzialmente il sesto motivo, rigetta il primo, il secondo e, nei termini di cui in motivazione, parzialmente il sesto motivo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte di cassazione, in data 27 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria l’8 marzo 2024.

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