Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 2 maggio 2019, n. 18316.
La massima estrapolata:
L’obbligatorietà della motivazione del decreto di sequestro ai fini probatori, ricavabile dallo stesso dettato della norma di cui all’art. 253, c. 1, c.p.p., ha carattere assoluto e non ammette differenziazioni di sorta tra corpo del reato da una parte e cose pertinenti al reato dall’altra, e dunque opera indipendentemente dalla natura delle cose da apprendere ai fini di prova.
Sentenza 2 maggio 2019, n. 18316
Data udienza 25 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CATENA Rossella – Presidente
Dott. TUDINO A. – rel. Consigliere
Dott. MOROSINI Elisabetta Mar – Consigliere
Dott. BORRELLI Paola – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 16/01/2019 del Tribunale della liberta’ di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Alessandrina Tudino;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. BIRRITTERI Luigi, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 16 gennaio 2019, il Tribunale della liberta’ di Venezia ha rigettato la richiesta di riesame proposta da (OMISSIS) avverso il decreto di perquisizione e sequestro emesso dal Pubblico Ministero in data 13 novembre 2018, con il quale era stato sottoposto a vincolo all’esito di perquisizioni eseguite presso i luoghi di pertinenza dell’indagato un disco fisso ed un pc portatile in riferimento ai reati di accesso abusivo ad un sistema informatico, rivelazione di segreto industriale e corruzione tra privati, oggetto di provvisoria incolpazione nei confronti dell’indagato, nella qualita’ di ex dipendente di (OMISSIS) s.p.a..
Il Tribunale ha rigettato l’istanza, ritenendo – alla stregua del tenore testuale del decreto, secondo cui la perquisizione era finalizzata a rinvenire “dispositivi informatici e telefonici attualmente in uso al medesimo ed utilizzati per commettere il reato, nonche’ supporti (informatici e non) atti a conservare cose costituenti corpo di reato e/o pertinenti ai reati per cui si procede” evidenti le ragioni probatorie sottese alla perquisizione ed al sequestro, ben potendosi ritenere che dall’analisi dei supporti informatici in uso al (OMISSIS) possano emergere elementi dai quali potra’ essere confermata o sconfessata l’ipotesi accusatoria.
La deduzione di illegittimita’ del sequestro per essere stato emesso oltre il termine di durata delle indagini preliminari e’ stata, inoltre, ritenuta irrilevante “essendo di chiara evidenza la sussistenza di esigenze probatorie connesse all’apprensione del materiale informatico sequestrato”.
2. Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso l’indagato, per mezzo del difensore, Avv. (OMISSIS), affidando le censure a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione falsa applicazione della legge processuale sub specie di difetto assoluto di motivazione, non risultando esplicitata la finalita’ probatoria del disposto sequestro, contenendo il decreto del pubblico ministero il mero richiamo alle norme violate, senza alcuna descrizione dei fatti, avendo al riguardo il Tribunale respinto la relativa eccezione senza alcuna argomentazione, in violazione dei principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte.
2.2. Con il secondo motivo, deduce nullita’ della misura, essendo stata disposta ed eseguita oltre il termine di scadenza delle indagini preliminari.
CONDIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
2.Coglie nel segno l’assorbente censura articolata nel primo motivo di ricorso.
2.1. Secondo l’autorevole insegnamento di legittimita’, espresso da Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, PM in proc. Botticelli, Rv. 273548, il decreto di sequestro probatorio – cosi’ come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalita’ perseguita per l’accertamento dei fatti.
Muovendosi nel solco ermeneutico tracciato dalle pronunce che, con diverse accentuazioni (Sez. U, n. 10 del 18/06/1991, Raccah, Rv. 187861, Sez. U, n. 2 del 11/02/1994, Carella, Rv. 196261, Sez. U., n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua), avevano gia’ declinato l’obbligo di motivazione del provvedimento di sequestro, anche ove ricadente sul corpo del reato, ripudiando inammissibili meccanismi di auto evidenza giustificativa, questa Corte ha ribadito come, ai fini dell’onere motivazionale riguardo la finalita’ probatoria, non siano ammissibili differenziazioni di sorta tra corpo del reato da una parte e cose pertinenti al reato dall’altra, secondo una corretta lettura dell’articolo 253 c.p.p., comma 1.
E’ infatti il dato normativo ad indicare che il decreto di sequestro debba essere “motivato”, essendo tale connotato, la cui necessita’ si collega alla previsione generale di cui all’articolo 125 c.p.p., comma 1, espresso in termini assoluti nell’incipit della disposizione e, dunque, indipendentemente dalla natura delle cose da apprendere a fini di prova, solo successivamente indicate dalla stessa disposizione.
2.2. Un secondo criterio di ragione e’ stato, poi, significativamente rinvenuto nella ineludibile necessita’ di un’interpretazione della norma che tenga conto del requisito della proporzionalita’ della misura adottata rispetto all’esigenza perseguita, in un corretto bilanciamento dei diversi interessi coinvolti.
In tal senso, gia’ Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, cit., avevano sottolineato come la soluzione nel senso dell’onere motivazionale del sequestro del corpo di reato sarebbe “l’unica compatibile con i limiti dettati all’intervento penale sul terreno delle liberta’ fondamentali e dei diritti costituzionalmente garantiti dell’individuo”, tra cui certamente il diritto alla “protezione della proprieta’”riconosciuto dall’articolo 42 Cost. e dall’articolo 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, aggiungendo che il giusto equilibrio tra i motivi di interesse generale e il sacrificio del diritto del singolo al rispetto e dei suoi beni, richiesto dal canone costituzionale e da quello convenzionale, sarebbe altrimenti messo in crisi dall’opposta regola, di legittimita’ tout court del sequestro probatorio del corpo di reato indipendentemente da ogni riferimento alla concreta finalita’ probatoria perseguita. Si autorizzerebbe cosi’ un vincolo di temporanea indisponibilita’ della cosa che, al di fuori dell’indicazione dei motivi di interesse pubblico collegati all’accertamento dei fatti di reato, sarebbe arbitrariamente e irragionevolmente ancorato alla circostanza, del tutto accidentale, di essere questa cosa oggetto sul quale o mediante il quale il reato e’ stato commesso o prodotto profitto o prezzo dello stesso.
Siffatte ragioni, limpidamente tratte dai parametri normativi specificamente evocati, sono stati ribaditi nel senso che la portata precettiva dell’articolo 42 Cost. e articolo 1 del primo Protocollo addizionale della Convenzione Edu richiede che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilita’ della cosa, anche quando la stessa si identifichi nel corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, allo scopo di garantire che la misura, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legalita’ – anche sotto il profilo procedimentale – e di concreta idoneita’ in ordine all’an e alla sua durata, in particolare per l’aspetto del giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalita’ tra il mezzo impiegato, ovvero lo spossessamento del bene, e il fine endoprocessuale perseguito, ovvero l’accertamento del fatto di reato (Corte Edu, 24 ottobre 1986, Agosi c. U.K.). Ed ogni misura, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco (Corte Edu 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi SaN. Ve TIC. A. S. c. Bulgaria).
Di guisa che e’ stato sottolineato come “solo valorizzando l’onere motivazionale sia possibile tenere “sotto controllo” l’intervento penale quanto al rapporto con le liberta’ fondamentali ed i beni costituzionalmente protetti quali la proprieta’ e la libera iniziativa economica privata, riconosciuti dall’articolo 42 Cost. e dall’articolo 1 del Primo protocollo addizionale alla Convenzione Edu, come interpretato dalla Corte Edu; in tale ottica, la motivazione in ordine alla strumentalita’ della res rispetto all’accertamento penale diventa, allora, requisito indispensabile affinche’ il decreto di sequestro, per sua vocazione inteso a comprimere il diritto della persona a disporre liberamente dei propri beni, si mantenga appunto nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalita’” (Sez. U. Botticelli, ibidem).
Nella delineata prospettiva, e’ stato ribadito come il requisito della proporzionalita’ della misura, che, nell’ambito dei valori costituzionali, e’ espressione del principio di ragionevolezza, contiene in se’, inoltre, quello della “residualita’”; principi applicabili anche alle misure cautelari reali, oggetto di valutazione preventiva e non eludibile da parte del giudice nell’applicazione delle cautele reali, al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprieta’ e di libera iniziativa economica privata (Sez. 5, n. 8152 del 21/10/2010, Magnano, Rv. 246103; Sez. 5, n. 8382 del 16/01/2013, Caruso, 254712; Sez. 3, n. 21271 del 07/05/2014, Konovalov, Rv. 261509); e, su tale linea, si e’ dunque affermata la necessita’ di evitare che il sequestro preventivo assuma le caratteristiche di misura inutilmente vessatoria.
Ed anche nella giurisprudenza Europea si e’ affermato che il bilanciamento tra i diversi interessi in gioco non potrebbe dirsi soddisfatto se la persona interessata abbia subito un sacrificio “eccessivo” nel suo diritto di proprieta’ (Corte Edu, 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi, cit.; Corte Edu 13 dicembre 2016, S.C. Fiercolect Impex S.R.L. c. Romania).
Donde non vi e’ ragione per cui analoga affermazione, formulata con riferimento alle “misure” cautelari reali “non possa valere anche con riguardo al sequestro probatorio quale mezzo, invece, di ricerca della prova: infatti, la ragione posta a fondamento di un tale principio (essenzialmente rapportabile alla necessita’ di evitare limitazioni alla proprieta’ privata che non siano strettamente conseguenti alla finalita’ istituzionalmente perseguita dalla misura) deve valere indipendentemente dai fini cui il sequestro e’ diretto (se cioe’ impeditivi, come da tali pronunce o, invece, come nella specie, probatori) essendo strettamente collegato all’elemento, comune a tutte tali ipotesi, della componente invasiva nell’altrui sfera personale attinente al diritto di disporre liberamente dei propri beni. Da cio’, dunque, deriva la particolare connotazione della motivazione del provvedimento che dovra’ essere funzionale a garantire che le esigenze di accertamento del fatto non possano essere perseguite in altro modo, non limitativo del diritto di disporre del bene ed eventualmente idoneo financo ad esonerare dalla necessita’ di procedere al sequestro” (Sez. U. Botticelli, ibidem).
3. Nel caso in esame, dove il sequestro non ha peraltro investito il corpo del reato (informazioni riservate), bensi’ cose al medesimo pertinenti (supporti informatici di cui si ipotizza l’impiego per l’acquisizione dei dati), non solo non risulta descritto, con la necessaria specificita’ il fatto contestato, affidato ad una generica ed indeterminata elencazione di norme incriminatrici, ma difetta qualsivoglia esplicitazione tanto delle finalita’ probatorie sottese all’apprensione dei reperti, che riguardo all’impossibilita’ di pervenire alla dimostrazione del fatto attraverso altri e diversi strumenti, tanto da giustificare la misura.
Il Tribunale distrettuale ha, invece, esplicitamente invocato – a fronte della carenza assoluta di motivazione del decreto di perquisizione e sequestro – un’autoevidenza probatoria che, per le ragioni richiamate, si risolve a sua volta in un insuperabile difetto di giustificazione della misura.
4.Sono, pertanto, fondate le censure fondate sul deficit motivazionale dell’ordinanza impugnata che deve essere, pertanto, annullata senza rinvio, unitamente al decreto di sequestro.
Invero, in caso di radicale mancanza della motivazione, in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalita’ probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti, del decreto di sequestro di cose qualificate come corpo di reato o ad esso pertinenti, che, sebbene non integrato sul punto dal p.m. neppure all’udienza di riesame, sia stato confermato dall’ordinanza emessa all’esito di questa procedura, la Corte di cassazione deve pronunziare sentenza di annullamento senza rinvio di entrambi i provvedimenti (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, cit., Rv. 226713).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, nonche’ il decreto di perquisizione e sequestro in data 5 novembre 2018.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.
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