Nell’ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 febbraio 2024| n. 4762.

Nell’ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate

Nell’ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate, quanto alla loro efficacia, al verificarsi di un determinato evento futuro ed incerto, alla scadenza di un termine prestabilito o ad una controprestazione specifica, sempre che la circostanza tenuta presente sia tale per cui il suo verificarsi non richieda ulteriori accertamenti di merito da compiersi in un nuovo giudizio di cognizione (Nel caso di specie, relativo ad un’azione di risarcimento danni derivanti da responsabilità medica, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata, con la quale la corte territoriale, nell’accogliere l’appello proposto avverso la pronuncia di rigetto della domanda di manleva resa dal giudice di prime cure, aveva accertato l’obbligo della struttura sanitaria ricorrente a tenere indenne l’appellante da quanto tenuto a pagare alla danneggiata per effetto del passaggio in giudicato della relativa sentenza di condanna: infatti, la circostanza del passaggio in cosa giudicata di tale sentenza, non richiedendo ulteriori accertamenti di merito, non era di ostacolo a subordinare la gravata pronuncia sulla rivalsa alla formazione del giudicato). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 19 luglio 2018, n. 19320; Cassazione, sezione civile III, sentenza 12 ottobre 2010, n. 21013; Cassazione, sezione civile III, sentenza 25 agosto 2003, n. 12444).

 

Ordinanza|22 febbraio 2024| n. 4762. Nell’ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate

Data udienza 9 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Sentenza – Contenuto – Sentenze di condanna condizionate – Configurabilità – Presupposti – Fattispecie relativa ad azione di risarcimento danni da responsabilità medico-sanitaria. (Cc, articolo 2909; Cpc, articoli 100 e 132)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere-Rel.

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo – Consigliere

Ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1063/2020 R.G. proposto da:

Azienda Policlinico Umberto I di Roma, elettivamente domiciliato in Roma Viale Del Policlinico 155, presso l’Avvocatura Azienda Policlinico Affari Legali e Contenziosi (-) rappresentato e difeso dall’avvocato Na.An. (omissis)

– ricorrente –

contro

Ga.Fr., elettivamente domiciliato in Roma Via (…), presso lo studio dell’avvocato Ca.An. (omissis) che lo rappresenta e difende

– controricorrente –

nonché contro

Ba.Fr., elettivamente domiciliato in Roma Via F. di (…), presso lo studio dell’avvocato GA.Ma. (omissis) che lo rappresenta e difende

– controricorrente –

avverso Sentenza di Corte d’appello Roma n. 6329/2019 depositata il 21/10/2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 febbraio 2024 dal consigliere Enrico Scoditti.

Nell’ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate

RILEVATO CHE:

Ga.Fr., condannato dal Tribunale di Roma al pagamento della somma di Euro 804.159,59 oltre accessori in solido con Nu.Fr. ed in favore di Ba.Fr. per responsabilità sanitaria, e costituitosi tardivamente in quel giudizio con decadenza dalla facoltà di chiamare terzi in causa, convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Roma l’Azienda Policlinico Umberto I di Roma chiedendo che la convenuta fosse tenuta a manlevare e garantire l’attore di quanto avrebbe dovuto corrispondere alla Ba.Fr. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello l’attore. Con sentenza di data 21 ottobre 2019 la Corte d’appello di Roma accolse l’appello, accertando l’obbligo dell’Azienda Policlinico Umberto I di Roma a tenere indenne l’appellante da quanto tenuto a pagare alla Ba.Fr. per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, sulla scorta di Cass. Sez. U. n. 24707 del 2015, che la qualificazione della manleva in termini di garanzia impropria, in quanto ricollegabile ad un titolo diverso da quello invocato dalla danneggiata nel giudizio presupposto, consentiva al soggetto l’esperimento di una autonoma azione allo scopo di essere tenuto indenne per il caso di condanna.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Policlinico Umberto I di Roma sulla base di un motivo e resistono con distinti controricorsi Ga.Fr. e Ba.Fr. È stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ. È stata presentata memoria.

Nell’ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate

CONSIDERATO CHE:

con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. Osserva la parte ricorrente che nel caso di azione di garanzia proposta in un giudizio distinto da quello in cui sia stata proposta la domanda principale è necessario che sussista in capo all’attore l’interesse attuale ad agire, il quale sorge solo in presenza del passaggio in cosa giudicata della sentenza di condanna e che difettando al momento della proposizione dell’azione di garanzia il detto presupposto non vi era l’interesse ad agire al momento della domanda.

Il motivo è infondato. Va premesso che la carenza dell’interesse ad agire, in quanto condizione dell’azione, è rilevabile in ogni stato e grado, salvo il limite del giudicato (fra le tante, da ultimo, Cass. n. 19268 del 2016). A quest’ultimo proposito, va rammentato che l’accertamento in ordine alla sussistenza dell’interesse ad agire non può essere compiuto nel giudizio di legittimità qualora esso comporti, in base alla prospettazione del ricorrente, una valutazione degli elementi di fatto in precedenza non effettuata, perché non richiesta, dal giudice di merito, essendo la relativa questione ormai coperta dal giudicato implicito per non avere il giudice ravvisato alcun ostacolo processuale all’esame della domanda proposta (Cass. n. 26632 del 2006). La censura proposta non comporta un accertamento di fatto che il giudice del merito non abbia svolto ed implica esclusivamente lo scrutinio di una questione di diritto. Non si ravvisa pertanto, nel caso di specie, né un giudicato esplicito, né un giudicato implicito nei termini appena evidenziati.

Nell’ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate

La censura proposta, secondo cui all’epoca della proposizione della domanda non sussisteva un giudicato di condanna, sarebbe infondata già sulla base del semplice rilievo che, costituendo l’interesse ad agire una condizione dell’azione, esso può sopravvenire nel corso del giudizio, sicché è sufficiente che esso sussista al momento della decisione, poiché la sua sopravvenienza rende proponibile l’azione ab origine, indipendentemente dal momento in cui si verifichi. Poiché però la censura può essere intesa anche quale denuncia dell’incompatibilità fra azione di rivalsa proposta in via autonoma ed assenza di giudicato, quale ipotesi tipica di carenza dell’interesse ad agire a prescindere dalla non sussistenza di quest’ultimo all’epoca della domanda, il motivo va ulteriormente scrutinato.

Il dispositivo della decisione impugnata subordina l’efficacia della rivalsa al giudicato e non alla mera condanna. Ciò che però la ricorrente denuncia è l’inconfigurabilità di un interesse ad agire in relazione ad un pregiudizio soltanto ipotetico. È giurisprudenza costante il principio di diritto secondo cui nell’ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate, quanto alla loro efficacia, al verificarsi di un determinato evento futuro e incerto, alla scadenza di un termine prestabilito o ad una controprestazione specifica, sempre che la circostanza tenuta presente sia tale per cui il suo verificarsi non richieda ulteriori accertamenti di merito da compiersi in un nuovo giudizio di cognizione (fra le tante Cass. n. 19320 del 2018, n. 21013 del 2010, n. 12444 del 2003). La circostanza del passaggio in cosa giudicata della sentenza di condanna non richiede ulteriori accertamenti di merito, dunque nulla osta alla subordinazione della pronuncia sulla rivalsa alla formazione del giudicato.

In realtà, l’interesse ad agire sarebbe configurabile anche in presenza di una pronuncia non costituente giudicato posto che, come si evince da Cass. Sez. U. n. 24707 del 2015, l’unica differenza fra l’azione di rivalsa proposta nel giudizio sulla domanda principale e quella proposta separatamente è che solo nel primo caso il giudicato (di condanna) sul rapporto principale è opponibile al garante, mentre nel secondo caso l’accertamento sul rapporto principale si svolgerà senza il vincolo del giudicato.

Nell’ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di Ga.Fr., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di Ba.Fr., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma il giorno 9 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *