Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 22 aprile 2016, n. 17036
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VECCHIO Massimo – Presidente
Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere
Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano – rel. Consigliere
Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 3141/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA, del 09/04/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DI GIURO;
lette le conclusioni del PG Dott. Roberto Aniello, che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 09/04/14 il Tribunale di sorveglianza di Catania revocava la misura alternativa della detenzione domiciliare concessa a (OMISSIS) con ordinanza del 03/10/12 del medesimo Tribunale.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), tramite il proprio difensore, lamentando a) che nell’ordinanza impugnata non sia contenuta alcuna valutazione in ordine alla gravita’ del fatto che ha dato luogo alla revoca della detenzione domiciliare, b) che le condizioni di salute del detenuto siano state laconicamente giudicate non incompatibili con la detenzione in carcere, quando in effetti la misura alternativa era stata concessa non per incompatibilita’ col regime carcerario, ma in quanto la patologia da cui il suddetto era affetto non poteva essere adeguatamente curata all’interno della struttura carceraria. Sottolinea, infine, il difensore come detta misura alternativa sia stata legislativamente prevista per dare attuazione ai principi costituzionali sanciti dall’articolo 27 Cost., comma 3, e articolo 32 Cost. e quindi per evitare che l’infermita’ dia luogo in carcere ad un trattamento contrario al senso di umanita’ e ad una sostanziale elusione del diritto individuale costituzionalmente garantito alla tutela della salute.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Catania.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
Invero, come sottolineato, altresi’, dal Procuratore Generale presso questa Corte, nell’ordinanza impugnata non solo non e’ contenuta alcuna valutazione in ordine alla gravita’ del fatto che ha dato luogo alla revoca (peraltro individuato non nell’abuso edilizio, ma nell’inadempimento dell’ordine di demolizione) e all’incidenza dello stesso ai fini della pericolosita’ sociale del condannato, ma anche in ordine alle attuali condizioni di salute del detenuto (che non risultano in alcun modo approfondite od anche solo descritte, venendo lapidariamente giudicate come non incompatibili con la detenzione in carcere), e soprattutto in ordine alla comparazione tra detti elementi.
Per preciso dettato legislativo (L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 47 – ter, comma 6) la detenzione domiciliare e’ revocata “se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione della misura”. Detta incompatibilita’ non deriva, in modo automatico, dal comportamento summenzionato. Tale interpretazione e’ confortata da precisi dettati legislativi, laddove si prevede che la sospensione dell’esecuzione della misura, provvisoriamente disposta dal magistrato di sorveglianza, perda di efficacia, pur perdurandone la causa genetica, nella ipotesi che il tribunale di sorveglianza non intervenga entro il trentesimo giorno dalla ricezione degli atti (L. n. 354 del 1975, articolo 51 – ter ultimo periodo) e che la sua revoca automatica e’ prevista soltanto per la condanna per il delitto di evasione ex articolo 385 c.p. (L. n. 354 del 1975, articolo 47 – sexies, comma 3): norme significative della volonta’ del legislatore di escludere ogni automaticita’, al di fuori della ipotesi di condanna per evasione, per la revoca del beneficio. Il che significa che lo specifico comportamento realizzato dal condannato puo’ produrre tale effetto qualora il tribunale di sorveglianza ne accerti l’incompatibilita’ con la prosecuzione dell’esecuzione della misura alternativa, siccome non piu’ idonea a perseguire i fini ad essa connessi. Previo confronto, nel caso di detenzione domiciliare concessa per ragioni di salute, tra le condizioni di salute del condannato, da sottoporre a specifico e rigoroso esame, e la pericolosita’ sociale del medesimo, anche alla luce della violazione di legge commessa, al fine di operare un bilanciamento di interessi tra le esigenze di certezza ed indefettibilita’ della pena, da una parte, e la salvaguardia del diritto alla salute e ad un’esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanita’, dall’altra, e, quindi, di individuare la situazione cui dare la prevalenza (si vedano: Sez. Fer., n. 34286 del 21/08/08, Sposato, secondo cui la tutela della salute “puo’ essere sacrificata soltanto in presenza di condotte altamente negative e del tutto incompatibili con una situazione diversa dalla detenzione in carcere”, ed in senso conforme Sez. 1, n.44579 del 09/12/10, Villafranca).
2. L’ordinanza impugnata, non essendosi attenuta al principio di diritto sopra evidenziato e non avendo dato conto con motivazione compiuta del processo logico-decisionale seguito, deve essere annullata con rinvio degli atti allo stesso giudice, il quale, in diversa composizione soggettiva, provvedera’ ad esaminare, congruamente motivando sul punto, se nel caso concreto la condotta realizzata dall’odierno ricorrente, sia tale da comportare, anche a fronte delle sue condizioni di salute, la revoca della misura alternativa alla detenzione concessagli.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Catania.
Leave a Reply