Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 9 agosto 2018, n. 20696.
La massima estrapolata:
L’estensione e le modalità di esercizio della servitù vanno dedotte principalmente dal titolo, tenuto conto della comune intenzione dei contraenti, da ricavarsi non solo dal tenore letterale delle espressioni usate, ma anche dallo stato dei luoghi, dall’ubicazione reciproca dei fondi e dalla loro naturale destinazione.
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Le servitù prediali
Ordinanza 9 agosto 2018, n. 20696
Data udienza 19 dicembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13614-2013 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente ai ricorsi incidentali –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 207/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 04/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;
lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO GIANFRANCO, conclude per il rigetto di entrambi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Bassano del Grappa (OMISSIS) e (OMISSIS), in qualita’ di proprietari titolari del fondo servente, gravato di servitu’ di passaggio in favore del fondo di cui era proprietaria, e (OMISSIS) per chiedere la chiusura del cancello dal medesimo aperto sulla stradina privata di proprieta’ dei (OMISSIS) per raggiungere la via pubblica. Deduceva la (OMISSIS) che la costituzione della servitu’ di passaggio tra i convenuti ed il (OMISSIS) violava i patti assunti con atto per notar (OMISSIS) del 7.4.1977 tra il suo dante causa (OMISSIS) ed i (OMISSIS), che, quali proprietari del fondo servente si erano impegnati a non concedere ad altri la servitu’. Lamentava che la concessione al (OMISSIS) del passaggio limitava l’esercizio del suo transito, regolarmente costituito con atto per notar (OMISSIS) del 27.5.1993; chiedeva oltre alla chiusura del cancello, il risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa.
Si costituivano (OMISSIS) ed (OMISSIS) e formulavano domanda riconvenzionale per la declaratoria di nullita’ della clausola prevista nell’atto costitutivo della servitu’ del 7.4.1977 e, in ogni caso, la sua natura obbligatoria; resisteva alla domanda anche il (OMISSIS), che, in via riconvenzionale, chiedeva accertarsi l’interclusione del suo fondo e la costituzione coattiva della servitu’ di passaggio.
Il Tribunale respingeva la domanda e, proposto appello da parte della (OMISSIS) ed appello incidentale da parte del (OMISSIS), la Corte d’Appello di Venezia accoglieva il ricorso principale.
Ricorre in Cassazione il (OMISSIS) con quattro motivi di ricorso; propongono ricorso incidentale (OMISSIS) ed (OMISSIS); resiste con controricorso (OMISSIS). In prossimita’ dell’udienza (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memorie illustrative.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale viene censurata la decisione impugnata per violazione dell’articolo 1030 c.c. per avere la corte territoriale attribuito natura reale e non obbligatoria all’atto di permuta e donazione del 7.4.1977 intercorso tra i danti causa delle parti, con cui i proprietari del fondo servente si impegnavano a non concedere ad altri la servitu’. Secondo i ricorrenti, il carattere obbligatorio della clausola si evincerebbe dal dato testuale, ovvero dalla circostanza che la servitu’ venne costituita solo ed esclusivamente per i “permutanti”, nelle more del giudizio deceduti, creando un vincolo personale estraneo alla natura delle obbligazioni propter rem, con la conseguenza che il vincolo non poteva avere efficacia nei confronti dei terzi e non poteva essere trasferito.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione dell’articolo 1063 c.c. poiche’ il titolo di proprieta’ della (OMISSIS) del 27.5.1993 non contiene alcun riferimento alla clausola prevista nell’atto costitutivo della servitu’ del 1977 con la quale i proprietari del fondo servente si impegnavano a non concedere ad altri la servitu’.
I motivi, che vanno esaminati congiuntamente, in quanto relativi al titolo costitutivo della servitu’, sono infondati.
Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, (Cassazione civile, sez. 2, 05/03/2010, n. 5434, Cass.25.3.1986 n. 2893) l’articolo 1063 c.c. stabilisce una graduatoria delle fonti regolatrici dell’estensione e dell’esercizio delle servitu’, ponendo a fonte primaria il titolo costitutivo del diritto, mentre i precetti dettati dai successivi articolo 1064 e 1065 c.c. rivestono carattere meramente sussidiario. Tali precetti, pertanto, possono trovare applicazione soltanto quando il titolo manifesti al riguardo lacune o imprecisioni non superabili mediante l’impiego di adeguati criteri ermeneutici: ove, invece, il contenuto e le modalita’ di esercizio risultino puntualmente e inequivocabilmente determinati dal titolo, a questo soltanto deve farsi riferimento.
L’estensione e le modalita’ di esercizio della servitu’ debbono, pertanto, essere dedotte dal titolo, tenendo conto della comune intenzione dei contraenti, da ricavarsi, peraltro, non soltanto dal tenore letterale delle espressioni usate, ma anche dallo stato dei luoghi, dall’ubicazione reciproca dei fondi e dalla loro naturale destinazione, elementi tutti formativi e caratterizzanti rutilitas” legittima la costituzione della servitu’.(Cassazione civile, sez. II, 20/05/1981, n. 3306)
Ne consegue che l’indagine sulla sussistenza, ad opera del proprietario del fondo servente, di atti di violazione o turbativa della servitu’ va condotta con riferimento all’estensione ed alle modalita’ di esercizio della servitu’ medesima, come fissate dal titolo costitutivo, e, pertanto, deve tenere conto anche delle specificazioni che tale titolo contenga in ordine alla “utilitas”, ove le stesse non abbiano mero valore indicativo, ma valgano a qualificare e delimitare il diritto (Cassazione civile, sez. 2, 13/04/1991, n. 3942)
Tanto premesso, la corte territoriale ha correttamente ritenuto che le modalita’ di esercizio della servitu’ fossero determinate dall’atto costitutivo del 7.4.1997, interpretato tenendo conto dell’intenzione delle parti e dello stato dei luoghi, per come accertato dal CTU. La limitazione per il proprietario del fondo servente di non concedere ad altri la servitu’ di passaggio, secondo il giudice d’appello trova fondamento non solo nel dato letterale dell’atto costitutivo (“i proprietari del fondo servente si impegnano a non concedere la servitu’ ad altri”) ma anche dalla conformazione dei luoghi, in quanto l’ampiezza della strada che porta all’abitazione della (OMISSIS), dopo il primo tratto si riduce a soli tre metri rendendo piu’ incomodo l’esercizio della servitu’ in caso di contemporaneo passaggio di altri mezzi.
A nulla rileva la circostanza che nell’atto di acquisto della (OMISSIS) del 27.5.1993 si dia atto della servitu’ di passaggio ma non dell’obbligo del fondo servente di non concedere la servitu’ a terzi, perche’, in virtu’ del c.d. principio di ambulatorieta’ delle servitu’, l’alienazione dei fondi comporta il trasferimento delle servitu’ attive ad esso inerenti.
La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione di tale principio, ritenendo che il diritto reale parziario sia opponibile erga omnes e che, con il trasferimento del fondo dominante, siano state trasferite le servitu’ che ineriscono a tale fondo anche se nulla e’ stabilito nell’atto di trasferimento.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente censura l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti per avere la corte territoriale omesso di accertare le conclusioni del CTU, secondo cui la concessione di un nuovo passaggio su servitu’ preesistente, non ha impedito ne’ limitato l’esercizio della servitu’ da parte della (OMISSIS).
Il motivo non e’ fondato.
L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (come introdotto dal Decreto Legge n. 83 del 2012 convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012) ha limitato le ipotesi di ricorso in Cassazione nei ben piu’ ristretti limiti dell'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”. La volonta’ del legislatore e’ stata quella di ridurre al minimo costituzionale il sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimita’, configurandola quando la motivazione “manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioe’ di riconoscerla come giustificazione del decisum” (Cass. N. 20112 del 2009).
Nella fattispecie in esame, non puo’ configurarsi il vizio di omesso esame, in quanto la Corte d’Appello ha esaminato questo aspetto ma ha fondato la ratio decidendi sulle limitazioni imposte dal titolo costitutivo della servitu’ e non sulla possibilita’ che l’apposizione del cancello da parte del (OMISSIS) limiti o renda meno comodo l’esercizio della servitu’ da parte della (OMISSIS).
Con il quarto motivo di ricorso viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio poiche’ la corte territoriale ha escluso che il fondo del (OMISSIS) fosse intercluso, perche’ circondato da altri terreni che avevano accesso dalla via pubblica. Lamenta il ricorrente che, anche sulla base delle risultanze della CTU, per raggiungere il fondo del (OMISSIS) era necessario accedere dal giardino e passare dall’interno dell’abitazione ed inoltre il passaggio non poteva essere esercitato con i mezzi meccanici, necessari per la coltivazione del fondo.
Il motivo non e’ fondato.
La corte territoriale, con accertamenti di fatto non censurabili in questa sede, ha ritenuto che non sussista interclusione assoluta, ne’ relativa, del fondo del (OMISSIS), in quanto tra il fondo oggetto di causa e la pubblica via vi sono altri fondi di sua proprieta’ che consentono di raggiungere a piedi il terreno oggetto di causa. Ha infine escluso di poter fare applicazione dell’articolo 1052 c.c. in quanto non espressamente invocato dalle parti.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Va altresi’ rigettato il ricorso incidentale proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno dedotto gli stessi motivi proposti dal ricorrente principale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente principale ed il ricorrente incidentale, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore di (OMISSIS), che liquida in Euro 5200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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