Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 gennaio 2023| n. 891.
L’appellante può limitarsi a porre a fondamento del gravame la mancata sospensione del giudizio di primo grado
In tema di impugnazioni, l’appellante può limitarsi a porre a fondamento del gravame la mancata sospensione del giudizio di primo grado, senza alcuna deduzione sulle questioni di merito, sempre che specifichi che l’arresto del procedimento è funzionale all’attesa di una pronuncia che influirà sull’esito della lite.
Ordinanza|13 gennaio 2023| n. 891. L’appellante può limitarsi a porre a fondamento del gravame la mancata sospensione del giudizio di primo grado
Data udienza 5 dicembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Impugnazioni – Vizio – deduzione della sola mancata sospensione del giudizio di primo grado – Ammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente
Dott. MELONI Marina – Consigliere
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso RG n. 7380 anno 2020 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7734/2019 della Corte di appello di Roma, depositata il giorno 12 dicembre 2019;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 5 dicembre 2022 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Falabella.
L’appellante può limitarsi a porre a fondamento del gravame la mancata sospensione del giudizio di primo grado
FATTI DI CAUSA
1. – Con sentenza del 29 dicembre 2014 il Tribunale di Roma ha accolto la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e per l’effetto ha dichiarato quest’ultima occupante senza titolo degli immobili siti in (OMISSIS), condannandola al rilascio dei medesimi. Nel costituirsi in giudizio la convenuta, vedova del fratello del nominato (OMISSIS), aveva sostenuto che la madre di questo le aveva attribuito, con testamento olografo del 23 novembre 1995, l’usufrutto vita natural durante dell’immobile da lei occupato, identificato con l’interno (OMISSIS), e di aver successivamente appreso che l’attore aveva fatto pubblicare altra scheda testamentaria del 1 luglio 2004 con cui l’ex suocera aveva revocato le precedenti disposizioni testamentarie nominando erede universale il figlio (OMISSIS); aveva inoltre dedotto di aver introdotto nei confronti di costui un giudizio volto all’accertamento dell’invalidita’ e dell’inefficacia di quest’ultima scheda testamentaria allegando, a sostegno della domanda, la sopravvenuta incapacita’ naturale della disponente. La stessa (OMISSIS) aveva quindi concluso domandando, in via pregiudiziale, la sospensione del procedimento ex articolo 295 c.p.c., attesa la pendenza del giudizio avente ad oggetto l’impugnativa del testamento e, nel merito, per il rigetto della pretesa attrice, stante il diritto di usufrutto da essa vantato sul bene in contesa.
2. – (OMISSIS) ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado.
Nella resistenza di (OMISSIS), la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile il gravame. Ha osservato che l’appellante aveva incentrato la propria difesa sull’eccezione fondata sulla pendenza del giudizio da essa promosso nei confronti dell’appellato e sulla conseguente necessita’ di sospendere ex articolo 295 c.p.c. il procedimento vertente sulla domanda di rilascio per occupazione senza titolo. La Corte di merito ha in proposito rilevato che la censura proposta a tale riguardo doveva ritenersi inammissibile, avendo la doglianza natura processuale ed avendo l’appellante l’onere di impugnare del merito la sentenza di primo grado. Ha aggiunto che l’atto d’appello non rispondeva alle condizioni prescritte dall’articolo 342 c.p.c.; ha richiamato, in proposito, il principio per cui l’atto di gravame deve “contenere anche le argomentazioni dirette a confutare la validita’ delle ragioni poste dal primo giudice a fondamento della soluzione delle singole questioni su cui si regge la decisione”, dovendo i motivi di appello “tradursi sempre della prospettazione di argomentazioni contrapposte a quelle svolte nella sentenza impugnata e dirette ad incrinarne il fondamento logico-giuridico”: sicche’ – ha spiegato – l’onere della specificazione dei motivi di appello non potrebbe dirsi assolto “mediante la mera riproposizione della domanda (o dell’eccezione decisa in senso sfavorevole dal giudice di primo grado) o con una generica denuncia di errori di fatto e di diritto nella sentenza impugnata”, o ancora attraverso “l’enunciazione dell’ingiustizia di tutta la sentenza di primo grado senza l’indicazione delle ragioni della dedotta ingiustizia”.
3. – La sentenza della Corte di Roma, pubblicata il 12 dicembre 2019, e’ impugnata per cassazione da (OMISSIS) con un ricorso articolato in tre motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – I motivi di ricorso si riassumono come segue.
Il primo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e la falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c., e, conseguentemente, la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’articolo 111 Cost., comma 6. Si lamenta che la Corte di appello non abbia preso in considerazione le specifiche eccezioni che l’appellante aveva contrapposto alle ragioni poste a fondamento della decisione di primo grado: eccezioni dirette a contestare che il testamento olografo del 1 luglio 2004 validamente attribuisse alla controparte il diritto di piena proprieta’ sull’immobile occupato dall’istante e a dar conseguentemente ragione di come dovessero considerarsi efficaci le disposizioni contenute nella scheda testamentaria del 23 novembre 1995, istitutiva del diritto di usufrutto in favore della medesima (OMISSIS).
Il secondo motivo oppone la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2, oltre che la violazione e falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., commi 1, 2 e 6. Si deduce, in sintesi, che la ricorrente aveva contestato nel merito l’avversa domanda contrapponendole il proprio diritto di usufrutto sull’immobile oggetto di controversia.
Il terzo mezzo censura la sentenza impugnata per violazione degli articoli 295 e 342 c.p.c., oltre che dell’articolo 111 Cost., commi 1 e 2, e, in subordine, per violazione degli articoli 112, dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2. Si lamenta che la Corte di merito abbia disatteso la richiesta reiterata di provvedere alla sospensione necessaria del procedimento imposta dall’articolo 295 c.p.c. onde evitare il potenziale conflitto tra la sentenza di primo grado, con la quale era stata accertata la piena proprieta’ in capo a (OMISSIS) delle unita’ immobiliari oggetto di lite, in considerazione del fatto che, a detta del Tribunale, “non (erano) emerse prove rigorose e certe dell’incapacita’ naturale della testatrice al momento della redazione del suo ultimo testamento”, e quanto potesse essere deciso in esito al giudizio di impugnativa del testamento olografo del 1 luglio 2004. In via subordinata, ci si duole dell’omessa pronuncia sull’eccezione relativa alla pendenza di altro giudizio e sulla conseguente istanza di sospensione necessaria ex articolo 295 c.p.c..
2. – E’ anzitutto da disattendere l’eccezione di inammissibilita’ proposta dal controricorrente, che e’ incentrata su di una censura ex articolo 360 c.p.c., n. 5 che la ricorrente preannuncia nella sintesi del secondo mezzo, a pag. 2 del ricorso, ma che, di fatto, non svolge, come si desume dalla stessa rubrica del motivo in questione (pag. 22 del ricorso). Del resto, il motivo in questione prospetta un error in procedendo, incentrato sul contestato apprezzamento del contenuto delle difese spiegate dall’odierna ricorrente e sull’asserita articolazione di proprie difese che avrebbero reso ammissibile il mezzo di gravame: e bene ha fatto l’odierna istante a non dolersi dell’omesso esame di fatti decisivi, in quanto la mancata considerazione di fatti rilevanti ai fini dell’applicazione delle norme regolatrici del processo non e’ riconducibile al vizio ex articolo 360 c.p.c., n. 5 quanto, piuttosto, a quello ex articolo 360 c.p.c., n. 4, ovvero a quelli di cui ai precedenti numeri 1 e 2, ove si tratti, in quest’ultimo caso, di fatti concernenti l’applicazione delle disposizioni in tema di giurisdizione o competenza (Cass. 8 marzo 2017, n. 5785).
3. – I tre mezzi si prestano a una trattazione congiunta e meritano accoglimento nei termini che si vengono a chiarire.
La mancata sospensione del giudizio, nei casi in cui se ne assume la necessarieta’, integra un vizio della decisione, astrattamente idoneo ad inficiare la successiva pronuncia di merito; essa, traducendosi nella violazione di una norma processuale, ricade nella previsione dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, ed e’ quindi deducibile con il ricorso per cassazione avverso la sentenza che contenga eventuali provvedimenti sulla sospensione, ovvero ribadisca o modifichi precedenti ordinanze adottate in materia nella fase dell’istruzione della causa (Cass. 22 aprile 2013, n. 9714; Cass. 1 agosto 2007, n. 16992).
Ora, e’ ben vero che e’ ammissibile l’impugnazione con cui l’appellante deduca esclusivamente vizi di rito, avverso una pronuncia che abbia deciso in senso a lui sfavorevole anche nel merito, solo qualora detti vizi comportino, se fondati, la rimessione al primo giudice ex articoli 353 e 354 c.p.c., mentre, al di fuori di tali casi, l’appellante, a pena di inammissibilita’ del gravame per carenza di interesse nonche’ per difformita’ rispetto al modello legale di impugnazione, e’ tenuto a dedurre, contestualmente a quelle di rito, anche le questioni di merito (tra le tante: Cass. 10 gennaio 2019, n. 402; Cass. 31 gennaio 2017, n. 2566; Cass. 3 dicembre 2015, n. 24612). Il principio, come spiegato dalle Sezioni Unite di questa Corte, e’ di agevole comprensione. Nelle ipotesi, diverse da quelle di cui agli articoli 353 e 354 c.p.c., in cui l’appello cumula in se’ iudicium rescindens e iudicium rescissorium, e cioe’ e’ diretto non alla mera eliminazione di un atto illegittimo, ma alla rinnovazione del giudizio di merito, le censure con le quali si deducono vizi di mera attivita’ del primo giudice hanno carattere strumentale e meramente subordinato, perche’ esse non sono di per se’ idonee ad assicurare alla parte appellante la tutela sostanziale invocata, che e’ connessa non alla mera rimozione della sentenza di primo grado, ma al riesame delle questioni di merito gia’ dibattute in prime cure, con la conseguenza che, in quest’ultima ipotesi, l’appello e’ inammissibile per difetto d’interesse in quanto l’eventuale fondatezza della censura relativa al vizio di attivita’ del giudice di primo grado non comporta, in difetto di rituale e tempestiva deduzione delle questioni di merito, il potere del giudice di appello di pronunciare sul merito della controversia, con l’ulteriore conseguenza che la sentenza non impugnata per il merito resta intangibile, mentre l’ammettere, in queste ipotesi, una pronuncia in solo rito, in difetto di rimessione al primo giudice, comporterebbe una vanificazione del sistema introdotto dagli articolo 353 e 354 c.p.c. (Cass. Sez. U. 14 dicembre 1998, n. 12541).
E’ altrettanto vero, pero’, che ove si faccia questione della mancata sospensione del giudizio, il vizio denunciato assume una particolare dimensione, dal momento che l’arresto del procedimento e’ funzionale all’attesa di una pronuncia che influira’ sull’esito della lite. In tale prospettiva, l’appellante puo’ limitarsi a invocare la sospensione spiegando, nel proprio atto di impugnazione, che l’esito favorevole della causa pregiudicante determinera’ l’accoglimento della pretesa fatta valere nella causa pregiudicata, che andrebbe proprio per tale ragione sospesa.
L’appello di (OMISSIS) soddisfa tale condizione.
Ma la sentenza impugnata merita censura anche nella parte in cui evidenzia che il gravame proposto sarebbe mancante di una parte argomentativa: l’assunto trova smentita nel contenuto dell’atto di appello, cui la Corte ha accesso, venendo in questione un error in procedendo.
4. – La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, che giudichera’ in diversa composizione anche con riguardo alle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
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