L’accoglimento della domanda di nullità del legato non determina l’accrescimento delle altre quote di legati

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|27 marzo 2024| n. 8319.

L’accoglimento della domanda di nullità del legato non determina l’accrescimento delle altre quote di legati

L’accoglimento della domanda di nullità del legato non determina l’accrescimento delle altre quote di legati ai sensi dell’art. 675 c.c., dal momento che la previsione da parte del de cuius di attribuire i beni oggetto di legato secondo precise e predeterminate quote esclude l’applicazione di tale istituto, ma realizza una fattispecie assimilabile a quella della sopravvenienza di beni da assegnarsi a colui che è istituito erede ex re certa, secondo la previsione dell’art. 588 c.c.

Sentenza|27 marzo 2024| n. 8319. L’accoglimento della domanda di nullità del legato non determina l’accrescimento delle altre quote di legati

Data udienza 21 marzo 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Successioni ‘mortis causa’ – Successione testamentaria – In genere domanda di nullità del legato – Accoglimento – Conseguenze – Accrescimento delle altre quote di legati – Esclusione – Fondamento – Beni sopravvenuti – Assegnazione all’erede.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso 1960-2019 proposto da:

Za.Sk., elettivamente domiciliata in ROMA, (…), presso lo studio dell’avvocato FR. PI., che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati LU. SA. e GI. SB.’ giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

De.Pi., Fi.Fu., domiciliati in ROMA presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato MA. VA. giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 609/2018 della CORTE d’APPELLO di TRIESTE, depositata il 31/10/2018;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona della Sostituta Procuratrice Generale, dott. ROSA MARIA DELL’ERBA, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/03/2024 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. ROSA MARIA DEL’ERBA, che ha concluso in conformità delle conclusioni scritte;

L’accoglimento della domanda di nullità del legato non determina l’accrescimento delle altre quote di legati

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Za.SK. in data 03/02/2015 conveniva in giudizio dinnanzi al Tribunale di Trieste, De.Pi. e Fi.Fu., chiedendo che venisse accertata la nullità dei legati a loro favore contenuti nel testamento di Ne.Za., deceduta a Trieste il 22/02/2014, con conseguente subentro nella quota di costoro, quale erede in successione legittima, essendo figlia del fratello della De.. L’attrice invocava l’incapacità a ricevere per testamento dei convenuti, nella loro qualità, rispettivamente, di amministratore di sostegno della De. e moglie del primo. I convenuti si costituivano sostenendo la piena validità delle disposizioni testamentarie, non essendovi alcuna disposizione di legge contraria, anche in considerazione della piena capacità

di intendere e di volere della De. e dell’inapplicabilità degli artt. 596 e 411 secondo comma c.c.

Nelle more del giudizio, Ma.To., beneficiario a sua volta di una disposizione testamentaria della De., conveniva in giudizio Za.SK. chiedendo che lo stesso Tribunale accertasse il suo status di erede universale della De., avendo ricevuto per testamento porzioni immobiliari ed i mobili relitti.

Sebbene la causa fosse assegnata allo stesso giudice, questi non ne disponeva la riunione per esigenze di economia processuale, ritenendo che si trattasse di procedimenti con diversi petitum e causa petendi.

Il Tribunale di Trieste, con la sentenza n. 313/2017, rigettava la domanda di nullità della disposizione testamentaria, argomentando che l’amministrazione di sostegno con funzione meramente assistenziale non priva l’amministrato della capacità di testare, escludendo altresì l’applicabilità delle norme in materia di interdizione.

L’accoglimento della domanda di nullità del legato non determina l’accrescimento delle altre quote di legati

Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello Za.SK., sostenendo che l’art. 411 c.c. rendesse applicabili all’amministratore di sostegno le disposizioni dettate in tema di interdizione, che prevedono la nullità delle disposizioni testamentarie a favore del tutore, e quindi anche dell’amministratore di sostegno. L’appellante si doleva anche della parte della sentenza che aveva ritenuto validi i legati, nonostante fosse necessaria l’autorizzazione dell’amministratore per rendere valido il testamento e nonostante il decreto di nomina conferisse all’amministratore il potere di esaminare e approvare le disposizioni testamentarie. Si costituivano gli appellati reiterando le argomentazioni sostenute in primo grado ai fini del rigetto dell’appello, nonché la sua inammissibilità ex art. 342 c.p.c.

La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 609/2018 pubblicata il 31/10/2018, rigettava l’appello e compensava le spese di lite.

Facendo leva sul fatto che la nomina dell’amministratore di sostegno non fosse un evento necessariamente incapacitante per il beneficiario, la Corte riteneva di dover esaminare il decreto di nomina ai fini di valutare l’applicabilità dell’art. 596 c.c. al caso di specie. Dall’esame del decreto rilevava che gli atti di disposizione del patrimonio inter vivos o mortis causa dell’amministrata erano subordinati al consenso scritto dell’amministratore (consenso che veniva effettivamente prestato il 21 luglio 2013). La Corte, pertanto, escludeva l’applicabilità della norma suddetta, anche alla luce della piena capacità di intendere e di volere dell’amministrata e dell’effettiva prestazione del consenso dell’amministratore all’atto di ultima volontà.

Quanto alla possibilità di testare a favore dello stesso amministratore di sostegno che l’aveva autorizzata a testare, la Corte analizzava il contenuto degli artt. 596 e 599 c.c., applicabili all’amministratore di sostegno in quanto compatibili, in virtù del richiamo effettuato dall’art. 411 c.c.

Argomentando a contrariis dal disposto del comma terzo dell’art. 411 c.c., che ammette che l’amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado, coniuge o persona stabilmente convivente con l’amministrato possa ricevere per testamento, evidenziava l’inesistenza di un’incapacità assoluta di ricevere per testamento dell’amministratore di sostegno; tuttavia, l’incompatibilità e diversità ontologica tra interdizione e amministrazione di sostegno avrebbero dovuto far ritenere inapplicabile alla seconda il divieto di essere destinatario di atti di ultima volontà da parte del beneficiario della tutela. Ciò sarebbe confortato anche dal dettato del comma terzo dell’art. 411 c.c., il cui incipit, che recita “sono in ogni caso valide”, dovrebbe essere interpretato nel senso di ammettere implicitamente che anche l’amministratore di sostegno che non sia parente possa essere beneficiario di lasciti, a determinate condizioni e fatte salve eventuali limitazioni contenute nel decreto di nomina rispetto alla facoltà di compiere atti dispositivi. Nel caso di specie, a parere della Corte, ricorrevano le particolari condizioni che legittimavano la capacità di ricevere per testamento dell’amministratore di sostegno e di sua moglie, trattandosi di amministrazione puramente assistenziale e non sostitutiva.

L’accoglimento della domanda di nullità del legato non determina l’accrescimento delle altre quote di legati

In sintesi, la Corte riteneva che il rinvio contenuto nell’art. 411 c.c. dovesse essere inteso in senso restrittivo, da un lato, limitandolo alle sole amministrazioni puramente sostitutive, per analogia rispetto all’interdizione, dall’altro ponendo quale criterio di valutazione della compatibilità, oltre che la ratio dell’istituto, anche il contenuto del decreto di nomina e le restrizioni ivi previste alle facoltà dell’amministrato (considerata l’eventualità che si pongano problemi di conflitto di interessi anche meramente potenziali).

Avverso la suddetta sentenza della Corte d’Appello di Trieste propone ricorso Za.SK., sulla base di un motivo. De.Pi. e Fi.Fu. hanno resistito con controricorso.

2. Con ordinanza n. 7194 del 15 marzo 2021, la Sesta Sezione civile ha rimesso la causa alla pubblica udienza, in quanto non riteneva ricorressero i presupposti per la decisione della controversia ai sensi dell’art. 375, co. 1, nn. 1) e 5), c.p.c.

Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.

3. Con l’unico motivo, la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 404, 405 e 411 c.c. in relazione agli artt. 414, 596 e 599 c.c. ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. La ricorrente denuncia la nullità delle disposizioni testamentarie a favore dei coniugi De.Pi. ex art. 596 c.c. (applicabile in virtù del rinvio disposto dall’art. 411 c.c.).

Il De.Pi. sarebbe stato istituito erede dopo la sua nomina ad amministratore di sostegno, in violazione della norma che ne prevede l’incapacità a succedere. Conseguentemente detta incapacità si estenderebbe anche alla moglie del De.Pi., in forza dell’art. 599 c.c., che reputa interposto, rispetto all’incapace, il di lui coniuge. Nel testamento, in quanto atto personalissimo, non sarebbe ipotizzabile l’esercizio di una funzione sostitutiva da parte dell’amministratore di sostegno, pertanto, sarebbe sempre applicabile l’art. 596 c.c.

Il fatto che il decreto di nomina richiedesse ai fini della validità del testamento l’integrazione dell’autorizzazione scritta dell’amministratore (con la precisazione che l’autorizzazione non serviva per l’esercizio in sé del potere di testare, ma rispetto alla materiale stesura delle singole disposizioni di ultima volontà) denota che quest’ultimo era chiamato a svolgere funzioni integrative negoziali della volontà dell’amministrata – all’evidenza ritenuta non perfettamente capace di intendere sul piano psichico – così confermando l’assunto secondo cui si tratterebbe di fattispecie analoga a quella dell’interdizione, con la conseguente necessità dell’applicazione dell’art. 596 c.c.

L’accoglimento della domanda di nullità del legato non determina l’accrescimento delle altre quote di legati

4. Il ricorso è inammissibile.

Le disposizioni testamentarie di Ne.Za. prevedevano la devoluzione dei suoi beni immobili nella percentuale del 25% ai coniugi De.Pi. e Fi.Fu.; nella percentuale del 25% alla nipote Za.SK.; nella percentuale del 50% a Ma.To. .

Questa stessa sezione, con ordinanza n. 6125 del 5 marzo 2020 ha rigettato il ricorso proposto dalla stessa Za.SK. avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste n. 678/2018, che ha riconosciuto a Ma.To. la qualità di erede universale della De. Ne.Za., per istituzione ex re certa, ed alla ricorrente la qualità di legataria, determinandone quindi il passaggio in giudicato.

Occorre a questo punto interrogarsi su quali siano le conseguenze dell’accoglimento della domanda di nullità dei legati rispetto all’accrescimento delle altre quote o dei legati, e se queste possano effettivamente giovare alla odierna ricorrente.

In primo luogo, deve escludersi che, una volta dichiarata la nullità del legato in favore dei controricorrenti, possa verificarsi un’ipotesi di accrescimento tra collegatari ex art. 675 c.c., dal momento che la previsione da parte della De. di attribuire i beni oggetto di legato secondo precise e predeterminate quote esclude l’applicazione di tale istituto.

Depone in tal senso la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’articolo 675 c.c. consente l’accrescimento tra collegatari solo quando sia stato legato un medesimo oggetto e solo quando dal testamento non risulti una contraria volontà del testatore. Pertanto, l’accrescimento poggia su di una volontà, anche presunta, del testatore presa in considerazione dalla legge e da questa desunta da determinati elementi obiettivi, quali: a) che la disposizione abbia uno stesso oggetto; b) che vi sia una pluralità di soggetti chiamati all’intero, in guisa che la chiamata dell’uno costituisca limitazione per l’altro, il quale altrimenti conseguirebbe l’intero; c) che la coniunctio re et verbis di tali chiamati sia fatta solidalmente, con una sola disposizione nello stesso testamento; d) che non vi sia distribuzione di parti fra gli onorati (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1318 del 23/04/1969; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 442 del 19/01/1981).

Una volta escluso l’accrescimento tra collegatari, al più l’accoglimento della domanda di nullità, con la vanificazione del programma dispositivo del testatore in parte qua, potrebbe dar vita ad una fattispecie assimilabile a quella di sopravvenienza di beni, rispetto al quadro tenuto presente al momento della redazione della scheda testamentaria, per la quale si è ritenuto che i beni sopravvenuti vadano ricompresi nella quota attribuita a colui che è stato istituito come erede ex art. 588 c.c., avuto riguardo alla c.d. forza espansiva della istituzione ex re certa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti (cfr.; Cass. n. 9787/2021; conf. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 17868 del 03/07/2019; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 17122 del 28/06/2018; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12158 del 11/06/2015), e senza che quindi possa invocarsi una diversa attribuzione in base alle regole della successione legittima. Ciò però implica che l’unico soggetto che potrebbe giovarsi dell’accoglimento della domanda di nullità dei legati è il Tosi, nella sua accertata qualità di erede a titolo universale per istituzione ex re certa.

In altri termini, il ricorso della Za.SK. deve essere dichiarato inammissibile, dal momento che non risulta alcun interesse ad agire da parte sua, posto che l’accoglimento del ricorso non le offrirebbe alcun vantaggio, dovendosi a tal fine richiamare il costante orientamento di questa Corte per il quale (cfr. Cass. n. 5420/2002) la legittimazione generale all’azione di nullità prevista dall’art. 1421 c.c., in virtù della quale la nullità del negozio può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, non esime l’attore dal dimostrare la sussistenza di un proprio concreto interesse ad agire, per cui l’azione stessa non è proponibile in mancanza della prova, da parte dell’attore, della necessità di ricorrere al giudice per evitare una lesione attuale del proprio diritto e il conseguente danno alla propria sfera giuridica.

Nel caso in esame, e relativamente alla posizione della ricorrente, una volta esclusa la possibilità che la stessa possa trarre un diretto beneficio in termini giuridici dalla privazione di efficacia dei legati disposti a vantaggio dei coniugi De.Pi., deve reputarsi che la stessa sia evidentemente carente di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., con la conseguente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. con specifico riferimento alle azioni di impugnativa testamentaria, Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2489 del 29/01/2019; Cass. n. 25077/2020, in relazione all’impugnativa proposta da un chiamato in subordine in caso di presenza effettiva di un chiamato che lo preceda nell’ordine successorio).

Né può sostenersi che un valido interesse scaturisca dall’interesse della ricorrente a non essere in comunione con i De.Pi., trattandosi in realtà di una posizione priva di pregio giuridico, come confermato dal fatto che solo in casi eccezionali, che non si riscontrano nella fattispecie, l’ordinamento appresta una particolare tutela anche all’individuazione soggettiva del comunista, preoccupandosi però di corredare tale interesse di uno specifico rimedio quale quello della prelazione legale.

L’accoglimento della domanda di nullità del legato non determina l’accrescimento delle altre quote di legati

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

6. Poiché il ricorso è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al rimborso delle spese che liquida in complessivi Euro 7.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi ed accessori di legge;

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso nella camera di consiglio del 21 marzo 2024.

Depositato in cancelleria il 27 marzo 2024.

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