Corte di Cassazione, civile, Sentenza 23 ottobre 2020, n. 23307.

Nessuna penale può essere richiesta per la ritardata consegna dell’immobile da parte del costruttore, se la relativa clausola presente nel contratto preliminare non è stata riportata anche nel contratto definitivo.

Sentenza 23 ottobre 2020, n. 23307

Data udienza 16 gennaio 2020

Tag/parola chiave: Vendita – Pattuizioni contenute nel contratto preliminare – Non riproduzione nel definitivo – Superamento – Penale per la tardiva consegna dell’immobile – Inclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 24047-2015 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 545/2014 del TRIBUNALE di TEMPIO PAUSANIA, depositata il 22/08/2014 nonche’ avverso l’ordinanza relativa al RG 415/2014 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI – SEZ. DISTACCATA SASSARI depositata il 2/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/2020 dal Consigliere ANTONIMO ORICCHIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE, Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, assorbiti i restanti motivi del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega depositata in udienza dall’avvocato (OMISSIS) difensore della ricorrente, che si e’ riportato agli atti depositati;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del resistente, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 545/2014 il Tribunale di Tempio Pausania condannava la convenuta (OMISSIS) s.r.l. al pagamento in favore della attrice (OMISSIS) s.a.s. della somma di Euro 21.300,00, nonche’ della somma di Euro 4.643,74 (entrambe con interessi), oltre spese di lite.
Il Tribunale cosi’ disponeva accogliendo, per quanto di ragione, la domanda risarcitoria proposta, nella misura di Euro 100 mila, dalla succitata societa’ attrice, la quale lamentava inadempimenti vari della parte convenuta – costruttrice e venditrice – rispetto ai contratti, preliminare del 30.6.2006 e definitivo del 21.12.2006 (con atto per notaio (OMISSIS)), di vendita di unita’ immobiliare sita in (OMISSIS) ed in atti specifica mente individuata.
La domanda era resistita dalla convenuta (OMISSIS) ed il Giudice di prime cure, all’esito della svolta istruttoria, accertava che “l’intero compendio immobiliare era stato consegnato contestualmente alla compravendita in data 21.12.2006” e non, come precedentemente pattuito col prelinare, entro il 31.7.2006 e, pertanto, andava applicata la prevista penale da ritardo pattuita in Euro 150,00 per ogni giorno di ritardo ed assommante alla suddetta cifra totale di Euro 21.300,00;
lo stesso Giudice determinava, quindi, nella somma di Euro 4.643,74 la somma dovuta a titolo di risarcimento per gli accertati vizi del massetto e del pavimento ed equivalente, secondo la valutazione del CTU, a quanto necessario per l’asportazione delle opere difettose e la realizzazione ex novo delle stesse.
La (OMISSIS) s.r.l. interponeva appello, resistito dalla parte attrice-appellata, avverso la suddetta sentenza del Tribunale di prima istanza.
L’adita Corte di Appello di Cagliari – Sezione Distaccata di Sassari, con ordinanza ex articolo 348-bis c.p.c., dichiarava inammissibile il gravame per mancanza di ragionevole probabilita’ di accoglimento.
La (OMISSIS) s.r.l., a seguito della detta ordinanza, ricorre avverso la citata sentenza del Tribunale con atto affidato a quattro ordini di motivi.
Il ricorso e’ resistito dalla societa’ intimata con controricorso. Il ricorso veniva destinato alla trattazione in sede camerale ai sensi della articolo 375 c.p.c..
Il P.G. rassegnava le proprie conclusioni per iscritto cosi’ come in atti.
Con ordinanza interlocutoria veniva, quindi, disposta la trattazione del ricorso in pubblica udienza.
Parte controricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione dell’articolo 1351 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Nella sostanza si contesta l’applicabilita’, nell’ipotesi, della clausola penale sul presupposto (erratamente ritenuto dai Giudici del merito) della sua sopravvivenza.
Parte ricorrente prospetta l’assorbimento della detta clausola dal contratto preliminare per effetto del sopravvenire del contratto definitivo.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di l’invalidita’ del provvedimento gravato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, per mancanza della sottoscrizione “anche da parte del relatore”.
3.- Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta (senza indicazione di norma) la violazione del ne bis in idem quanto al risarcimento (che asserisce esservi gia’ stato) e violazione dell’articolo 1384 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per “omesso utilizzo ufficioso dei poteri di riduzione della penale ad equita’”.
4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione degli articoli 1965 c.c. e segg., perche’ doveva “escludersi che l’applicazione di uno sconto ad opera di parte venditrice poteva essere ricondotto ad un accordo transattivo delle parti”.
5.- Il Collegio ritiene necessario procedere, attesa la sua priorita’ logica, allo scrutinio del secondo motivo.
Esso e del tutto infondato e va respinto.
Nella fattispecie non si e’, infatti, al cospetto di causa di inesistenza o nullita’ del provvedimento contestato (con le relative conseguenze in ordine all’intero procedimento svolto).
L’ordinanza andava firmata dal solo Presidente.
6.- L’esame della doglianza di cui al primo motivo implica, in sostanza, la risoluzione di una questione di diritto (ragion per cui la causa veniva rimessa all’odierna pubblica udienza).
Al di la’, della pur proposta rilettura delle risultanze istruttorie (testi (OMISSIS) e (OMISSIS) – (OMISSIS)) il problema fondante il motivo e’ – essenzialmente – di diritto.
Si tratta, quindi, di statuire se l’assorbimento o meno nel contratto definitivo del preliminare e delle sue previsioni (inclusa quella inerente la clausola penale).
Tale ultima clausola, nella concreta ipotesi per cui e’ controversia, non veniva in nulla ribadita nel contratto definitivo intervenuto dopo il preliminare far le stesse parti. Il Tribunale di prima istanza, con la propria sentenza (e, quindi la Corte di Appello con la sua declaratoria di inammissibilita’), ha ritenuto che non si era verificato l’assorbimento della detta clausole prevista nel preliminare, che veniva ritenuta ancora valida ancorche’ in assenza di ogni riferimento alla stessa da parte del contratto definitivo. Ad avviso del Tribunale la clausola penale non poteva ritenersi tacitamente rinunciata se della stessa non se parlava nel contratto definitivo, essendo necessaria una espressa dichiarazione in tal senso da parte di chi aveva diritto di avvalersene.
Veniva all’uopo invocato dal Tribunale stesso il noto precedente di cui a Cass., Sez. Seconda, Sent. 9 giugno 2009, n. 13262.
Secondo tale, invero isolato e non massimato, precedente “la clausola penale, pur avendo carattere accessorio, ha una sua autonoma identita’ e indipendenza, quale obbligazione pecuniaria in quanto persegue il fine di determinare preventivamente la prestazione dovuta nel caso che una parte si rende inadempiente della prestazione o ritardi l’adempimento della prestazione stessa”, cosi’ prospettando – in sostanza – una sorta di “fissita’” nel tempo del patto preliminare.
Senonche’ il precedente (unico) posto a base della decisione impugnata col ricorso in esame risulta, per la verita’, superato da molteplici, precedenti e successivi pronunce di questa Corte.
Di quest’ultime possono oggi rammentarsi quelle di cui a Cass. n.ri 7206/1999, 8515/2003, 15585/2007, 9063/2012 e 7064/2016).
Da tutte tali conformi pronunce emerge il costante e del tutto prevalente orientamento di questa Corte e di questa Sezione per cui l’unica fonte di diritti ed obblighi e’, di regola, il contratto definitivo, che supera i patti anteriori di cui al preliminare, richiedendosi – all’opposto – una espressa manifestazione di volonta’ volta alla sopravvivenza delle clausole contenute nel preliminare.
Piu’ in particolare va ricordato come, da ultimo, si e’ affermato che “qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del primo, in quanto il contratto preliminare resta superato da questo, la cui disciplina puo’ anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva. La presunzione di conformita’ del nuovo accordo alla volonta’ delle parti puo’, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova – la quale deve risultare da atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili – di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenute nel preliminare, sopravvivono, dovendo tale prova essere data da chi chieda l’adempimento di detto distinto accordo” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 5 giugno 2012, n. 9063); ed, ancora, che “in caso di costituzione progressiva di un rapporto giuridico attraverso la stipulazione di una pluralita’ di atti successivi (nella specie, relativa ad una compravendita di un terreno edificabile, un preliminare e una successiva transazione), tutti soggetti alla forma scritta “ad substantiam”, la fonte esclusiva dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto va comunque individuata nel contratto definitivo, restando i negozi precedenti superati dalla nuova manifestazione di volonta’, che puo’ anche non conformarsi del tutto agli impegni gia’ assunti (nella specie, la presenza di una clausola penale per il caso di mancato ottenimento della concessione edilizia, poi non piu’ prevista nel definitivo), senza che assuma rilievo un eventuale consenso formatosi fuori dell’atto scritto, trattandosi di atti vincolati” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 11 aprile 2016, n. 7064).
Alla stregua di quanto innanzi affermato appare necessario ribadire, confermandolo, l’esposto prevalente orientamento giurisprudenziale e, quindi, riaffermare che le pattuizioni di cui al contratto preliminare, inclusa la pattuizione di clausola penale, devono intendersi superate dalla nuova manifestazione di volonta’ delle parti contraenti di cui al contratto definitivo.
Ulteriore motivo logico e giuridico a sostegno del ribadire nell’odierna sede l’anzidetto prevalente orientamento giurisprudenziale, in punto, puo’ rinvenirsi nella seguente considerazione.
La possibilita’ di una riviviscenza tacita della clausola penale contenuta nel preliminare e non ribadita col contratto definitivo potrebbe, nei fatti, indurre ad un non consono atteggiamento negoziale per cui si conclude comunque un contratto definitivo (senza cenno alcuno alla detta clausola) con la riserva di agire successivamente al fine di perseguire l’ottenimento dell’importo pecuniario conseguente alla previsione della medesima clausola.
In conclusione il motivo qui in esame ed il ricorso, in punto, va accolto con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e la rimessione degli atti al Giudice del rinvio in dispositivo indicato, che provvedera’ a decidere uniformandosi al principio innanzi affermato.
7.- Stante l’anzidetto accoglimento i rimanenti motivi del ricorso devono intendersi assorbiti.

P.Q.M.

La Corte:
accoglie il primo motivo del ricorso, rigettato il secondo, assorbiti i rimanenti, cassa – in relazione al motivo accolto – l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Cagliari.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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