Il provvedimento di inquadramento in ruolo dei pubblici dipendenti

Consiglio di Stato, Sentenza 2 novembre 2020, n. 6729.

Il provvedimento di inquadramento in ruolo dei pubblici dipendenti ha natura autoritativa e come tale va impugnato, ove lesivo, entro il prescritto termine decadenziale, con la conseguenza che non è ammissibile un’azione volta all’ottenimento di un diverso inquadramento, se non tempestivamente proposta avverso il provvedimento di attribuzione della qualifica, né è ammesso un autonomo giudizio di accertamento in funzione di disapplicazione di provvedimenti dell’Amministrazione, atteso che l’azione di accertamento è esperibile a tutela di un diritto soggettivo, laddove la posizione del pubblico dipendente, a fronte della potestà organizzatoria della pubblica amministrazione, ha consistenza di interesse legittimo.

Sentenza 2 novembre 2020, n. 6729

Data udienza 22 ottobre 2020

Tag – parola chiave: Pubblico impiego – Anzianità di servizio – Provvedimento di inquadramento in ruolo – Natura autoritativa – Impugnative

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 409 del 2019, proposto da
Pa. Ci., rappresentato e difeso dall’avvocato Be. Ci., con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via (…), è domiciliata ex lege;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma Sezione Terza n. 06843/2018, resa tra le parti, concernente la pretesa a ottenere il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata durante il rapporto di lavoro preruolo.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ARERA;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2020 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti l’avvocato Be. Ci. e l’avvocato dello Stato Fa. To.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il sig. Pa. Ci. è stato assunto dall’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA), con contratti a termine ai sensi dell’art. 2, comma 30, della L. 14/11/1995, n. 481.
Successivamente, a seguito di procedure di stabilizzazione attivate ai sensi degli artt. 1, comma 519, e ss., della L. 21/12/2006, n. 296, la medesima Autorità lo ha inquadrato in ruolo senza, però, riconoscergli l’anzianità di servizio maturata nel pregresso rapporto di lavoro a tempo determinato.
Ritenendo il disposto inquadramento illegittimo, il sig. Ci. lo ha impugnato con ricorso al T.A.R. Lazio – Roma, al quale ha anche domandato l’accertamento del diritto al riconoscimento della detta anzianità e il risarcimento dei danni.
Con sentenza 19/6/2018, n. 6843, l’adito Tribunale, ha dichiarato irricevibile il ricorso.
Avverso la sentenza ha proposto appello il sig. Ci..
Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio l’ARERA.
Con successiva memoria la parte appellante ha meglio illustrato le proprie tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 22/10/2020 la causa è passata in decisione
Col primo motivo si denuncia l’errore commesso dal giudice di prime cure nel dichiarare tardivo il ricorso.
Difatti, contrariamente a quanto affermato dal giudice di prime cure:
a) la posizione soggettiva azionata non avrebbe natura di interesse legittimo, bensì di diritto soggettivo, con conseguente possibilità di esperire la relativa tutela entro il termine prescrizionale;
b) non sarebbero applicabili ai dipendenti dell’ARERA i principi del c.d. “pubblico impiego storico”;
c) il diritto dell’Unione non consentirebbe di onerare il dipendente precario appena stabilizzato in ruolo di impugnare il proprio inquadramento in ruolo;
d) il ricorso sarebbe comunque tempestivo rispetto ai provvedimenti adottati nella riunione del 2/7/2015 atteso che solo in quella sede l’Autorità avrebbe definitivamente deliberato di non estendere a tutto il personale i benefici derivanti dall’applicazione del diritto europeo.
La doglianza è infondata.
Con sentenza 15/1/2020, n. 380, che il Collegio condivide, questa Sezione, occupandosi di una vicenda analoga a quella per cui è causa, ha già affrontato la tematica posta col motivo in esame, risolvendola in senso contrario alla tesi dell’odierno appellante.
Non resta, pertanto, che riprendere le motivazioni della citata pronuncia. “E invero, per consolidata giurisprudenza, il provvedimento di inquadramento in ruolo dei pubblici dipendenti ha natura autoritativa e come tale va impugnato, ove lesivo, entro il prescritto termine decadenziale, con la conseguenza che non è ammissibile un’azione volta all’ottenimento di un diverso inquadramento, se non tempestivamente proposta avverso il provvedimento di attribuzione della qualifica, né è ammesso un autonomo giudizio di accertamento in funzione di disapplicazione di provvedimenti dell’Amministrazione, atteso che l’azione di accertamento è esperibile a tutela di un diritto soggettivo, laddove la posizione del pubblico dipendente, a fronte della potestà organizzatoria della pubblica amministrazione, ha consistenza di interesse legittimo (Cons. Stato, Sez. II, 15/10/2019, n. 7038; Sez. V, 24/1/2019, n. 608; 4/9/2017, n. 4177; 31/1/2012, n. 449; 28/2/2011, n. 1251; 3/2/2011, n. 793; 24/9/2010, n. 7104; 10/6/2002, n. 3198; Sez. VI, 5/3/2013, n. 1314; Sez. III, 23/11/2016, n. 4922; 11/8/2015, n. 3912; C.Si., 18/10/2012, n. 968)” (in termini anche Cons. Stato, Sez. VI, 13/1/2020, n. 294).
Nel caso di specie, col ricorso di primo grado, l’odierno appellante ha, tra l’altro, impugnato l’atto di assunzione in servizio con la connessa attribuzione, ai fini giuridici ed economici, della relativa posizione di ruolo.
Ma, giusta quanto sopra rilevato, l’anzidetto provvedimento avrebbe dovuto essere tempestivamente impugnato.
Sul punto giova osservare che l’eventuale violazione di una disposizione euro unitaria (nella specie clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE) si risolve in un vizio di legittimità dell’atto amministrativo da far valere negli ordinari termini impugnatori (Cons. Stato, Sez. V, 19/5/2009, n. 3072).
Peraltro, per pacifico insegnamento della Corte di Giustizia UE, spetta agli Stati membri disciplinare le modalità di accesso alla tutela delle pretese di rilievo euro unitario con l’unico limite (nella specie non superato) che le stesse non devono “essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi previsti per la tutela dei diritti derivanti dall’ordinamento interno (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività )” (cfr Corte di Giustizia UE 26/11/2015, in C-166/14, Med Eval e precedenti ivi citati).
L’irretrattabilità dell’atto di inquadramento conseguente alla sua tardiva impugnazione, rende inconferente ogni riferimento al fatto che sarebbe stata tempestivamente gravata la determinazione assunta nella riunione del 2/7/2015 con cui l’Autorità avrebbe “definitivamente deliberato di non estendere a tutto il personale i benefici derivanti dall’applicazione del diritto europeo, eccezion fatta per quanti vantassero pronunce giurisdizionali favorevoli”.
La reiezione del primo motivo, da cui discende la conferma della sentenza gravata, preclude l’esame dell’ulteriore doglianza con cui sono state riproposte le censure non trattate in primo grado.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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