La ripetizione d’indebito oggettivo è circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 febbraio 2024| n. 5268.

La ripetizione d’indebito oggettivo è circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento

La ripetizione d’indebito oggettivo, che rappresenta un’azione di natura restitutoria e non risarcitoria, a carattere personale, è circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento, sia che questi lo abbia incassato personalmente, sia che l’incasso sia avvenuto a mezzo di rappresentante. Ne consegue che deve essere esclusa la legittimazione passiva in proprio del rappresentante in un’azione promossa ai sensi dell’art. 2033 c.c., al fine di ottenere la restituzione di somme versate al medesimo in tale specifica qualità, spettando tale legittimazione esclusivamente al rappresentato.(Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso del condominio, condannato alla restituzione di somme, indebitamente transitate sul suo conto corrente, essendo stato accertato che le predette fossero provenienti dal conto corrente relativo ad altro condominio gestito dal medesimo amministratore).

 

Ordinanza|28 febbraio 2024| n. 5268. La ripetizione d’indebito oggettivo è circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento

Data udienza 15 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Obbligazioni in genere – Nascenti dalla legge – Ripetizione di indebito – Oggettivo somme versate al rappresentante – Azione ex art. 2033 c.c. – Legittimazione passiva del rappresentante in proprio – Esclusione – Fondamento – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta da:

Dott. CARRATO Aldo – Presidente
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere-Rel.

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35268/2018 R.G. proposto da:

CONDOMINIO VIA (Omissis) 26 M, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’avvocata CO.ME., rappresentato e difeso dagli avvocati TO.CO. AL., CO.EU.AN.

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO VIA (Omissis) 39 M, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’avvocato MA.GE., rappresentato e difeso dall’avvocata GA.GL.

– controricorrente –

avverso la SENTENZA di TRIBUNALE di MILANO n. 9906/2018 depositata il 05/10/2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/02/2024 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

La ripetizione d’indebito oggettivo è circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Condominio di via (Omissis) 26 di M ha proposto ricorso articolato in sei motivi avverso la sentenza n. 9906/2018 del Tribunale di Milano, pubblicata il 5 ottobre 2018.

Resiste con controricorso il Condominio di via (Omissis) 39 – M.

2. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4-quater, e 380-bis.1 c.p.c.

Il ricorrente ha depositato memoria in data 5 febbraio 2023.

3. Il Tribunale di Milano ha respinto l’appello avanzato dal Condominio di via (Omissis) 26 contro la sentenza resa in data 29 ottobre 2016 dal Giudice di pace di Milano, avente ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 47536/2015 che il Condominio di via (Omissis) 39 aveva intimato per conseguire la ripetizione della somma di Euro 4.464,05, oltre interessi. Il Giudice di pace aveva ravvisato la fondatezza della pretesa restitutoria avanzata dal Condominio di via (Omissis) 39, avendo questo dimostrato, attraverso la produzione degli estratti conto, che vi fosse stata una fuoriuscita di denaro a favore del Condominio di via (Omissis) 26, nell’importo rideterminato dal Giudice di Pace in Euro 4.461,40, dal conto corrente acceso dall’amministrazione Ma.-Va. proprio per la gestione del Condominio di via (Omissis) 39, conto su quale, a dire del Giudice di pace, “tutte le operazioni di entrata e uscita operate dall’amministrazione Ma.-Va. venivano effettuate in nome e per conto del Condominio di Via (Omissis) n. 39”.

Il Tribunale ha, a sua volta, sostenuto che “è documentale che le somme che il condominio appellato ha reclamato con il ricorso per decreto ingiuntivo a titolo di ripetizione dell’indebito sono uscite dal conto corrente che l’amministrazione Va. utilizzava per la gestione del Condominio di via (Omissis) n. 39, come risulta anche dall’intestazione degli estratti conto prodotti nella fase monitoria dove si legge “Amm.ne Va. Cond. Via (Omissis) n. 39″ e a prescindere dalla formale intestazione del conto medesimo. È altresì documentale e non contestato che tali somme siano entrate nel conto corrente del Condominio appellante. Sarebbe stato, dunque, onere di quest’ultimo allegare a dimostrare il titolo che giustificasse lo spostamento patrimoniale in suo favore … . Dunque, poiché è riconosciuto che il soggetto che si è beneficiato del pagamento non dovuto (ossia il passaggio di denaro privo di giustificazione dall’un conto corrente all’altro) è il condominio di Via (Omissis) n. 26, quest’ultimo è tenuto alla restituzione dei pagamenti indebiti, non avendo fornito allegazione o prova di una diversa fonte di debito che giustificasse i passaggi di denaro dall’uno all’altro”. Il giudice d’appello ha pure precisato che non minava la fondatezza della azionata pretesa ex art. 2033 c.c. “la eventuale violazione da parte dell’amministratore dei doveri derivanti dal contratto di mandato”. Infine, il Tribunale di Milano ha definito “inammissibile … la censura relativa alla originaria carenza dei presupposti per la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, trattandosi di profilo sul quale il giudice di prime cure ha omesso di pronunciarsi in sentenza e che avrebbe dovuto essere fatto valere come vizio di omessa pronuncia”.

4. Il primo motivo del ricorso del Condominio di via (Omissis) 26 – M denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere il Tribunale di Milano omesso di pronunciare sulla “precisa doglianza” spiegata dall’appellante, lamentando che il Giudice di pace non aveva delibato in ordine alla illegittima emissione del decreto ingiuntivo ed all’altrettanto illegittima concessione della immediata esecutività dello stesso.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 112, 633 e 642 c.p.c., per non avere il Tribunale di Milano risposto alla doglianza di parte e per non avere rilevato che il decreto ingiuntivo era stato emesso al di fuori del disposto dell’art. 633 c.p.c. e che l’immediata esecutività era stata concessa in palese violazione dell’art. 642 c.p.c.

4.1. Primo e secondo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono volti a denunciare un error in procedendo in cui sarebbe incorso il Tribunale, avendo ritenuto “inammissibile … la censura relativa alla originaria carenza dei presupposti per la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto”, trattandosi di punto sul quale il Giudice di pace non aveva pronunciato in sentenza e che, perciò, “avrebbe dovuto essere fatto valere come vizio di omessa pronuncia”. Il ravvisato error in procedendo è comunque rilevante ai fini della cassazione della sentenza, in quanto la questione di diritto ad esso sottostante risulta prima facie infondata e può essere perciò decisa in questa sede, non richiedendo ulteriori accertamenti in fatto (arg. da Cass. Sez. Unite n. 2731 del 2017).

La manifesta infondatezza della questione che è alla base del primo e del secondo motivo di ricorso discende dal pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui in sede di opposizione a decreto ingiuntivo non assumono rilievo decisivo le eventuali ragioni di legittimità, validità ed efficacia del decreto ingiuntivo attinenti alla carenza dei presupposti della sussistenza della prova scritta ex art. 633 c.p.c. o la carenza delle condizioni per la concessione della esecuzione provvisoria ex art. 642 c.p.c., operando, piuttosto, il potere-dovere del giudice dell’opposizione di decidere sulla pretesa dedotta in giudizio attraverso il procedimento ingiuntivo, nonché sulle eccezioni di merito dell’opponente. L’opposizione al decreto ingiuntivo non è, infatti, un’impugnazione del decreto, volta a farne valere vizi ovvero originarie ragioni di invalidità, ma dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione di merito, teso all’accertamento dell’esistenza del diritto di credito azionato dal creditore con il ricorso monitorio, di tal che la sentenza che decide il giudizio deve accogliere la domanda del creditore istante, rigettando conseguentemente l’opposizione, quante volte abbia a riscontrare che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non sussistenti al momento della proposizione del ricorso o della emissione del decreto, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione, mentre l’opponente è privo di adeguato interesse a dolersi del fatto che la sentenza impugnata, nel rigettare l’opposizione, non abbia tenuto conto che difettava una delle condizioni originarie di ammissibilità o di esecutività del decreto ingiuntivo, se non al fine di invocare la caducazione della condanna al pagamento delle spese del procedimento monitorio (ex multis, Cass. n. 3123 del 1955; n. 11613 del 1992; n. 6421 del 2003; n. 15037 del 2005; n. 419 del 2006; n. 5754 del 2009; n. 19560 del 2009; n. 16199 del 2011; n. 15224 del 2020).

5. Il terzo motivo del ricorso del Condominio di via (Omissis) 26 – M censura l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) per la “mancata considerazione di circostanze di fatto sostenute hic et inde” (i “comportamenti appropriativi, affermati da entrambi i contendenti e addirittura ormai scolpiti da sentenza del Tribunale penale di Milano”).

La ripetizione d’indebito oggettivo è circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento

Così anche il quarto motivo del ricorso del Condominio di via (Omissis) 26 – M si riconduce al vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) per la “omessa considerazione della precisa e ripetuta contestazione con la quale il deducente ha eccepito il difetto di prova che le somme reclamate ex adverso siano affluite sul conto corrente di via (Omissis) 26 e l’attore ha finito per ammettere la circostanza”.

5.1. Terzo e quarto motivo di ricorso possono esaminarsi congiuntamente, giacché affetti da una comune ragione di inammissibilità: opera, infatti, la previsione di cui all’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. (applicabile ratione temporis), che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme). Né, del resto, il ricorrente adempie all’onere, impostogli dall’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse erano tra loro diverse (Cass. n. 5947 del 2023).

L’esame del sesto motivo di ricorso dimostrerà, peraltro, che i fatti storici cui alludono il terzo ed il quarto motivo sono stati, in realtà, comunque presi in considerazione dal Tribunale (e quindi, semmai, piuttosto apprezzati dai giudici del merito in modo difforme alle aspettative del Condominio di via (Omissis)), ovvero che essi non rivelano un carattere “decisivo” (vale a dire, idonei a determinare un esito diverso della controversia).

6. Il quinto motivo del ricorso del Condominio di via (Omissis) 26 – M deduce la violazione e mancata applicazione dell’art. 24 del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, in tema di “identificativi unici inesatti”.

6.1. Questo motivo introduce il tema del D.Lgs. n. 11 del 2010, che ha attuato la direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, quanto alla responsabilità del prestatore di servizi di pagamento del pagatore o del beneficiario ove un ordine di pagamento sia eseguito conformemente all’identificativo unico fornito dall’utente dei servizi di pagamento, che non corrisponde al nome del beneficiario specificato dall’utente stesso.

La sentenza impugnata non contiene alcun riferimento a tale questione giuridica. Il motivo è, quindi, inammissibile giacché non risulta adempiuto l’onere, gravante sul ricorrente che proponga una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito e di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto (art. 366, comma 1, n. 3, n. 4 e n. 6, c.p.c.), onde dar modo alla Corte di controllare la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa, che altrimenti deve presumersi “nuova” (tra le tante, Cass. n. 27568 del 2017).

La ripetizione d’indebito oggettivo è circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento

Può anche osservarsi incidentalmente che il D.Lgs. n. 11 del 27 gennaio 2010, nel recepire la direttiva 2007/64/CE, ha fornito regole vincolanti di comportamento per i prestatori e per gli utilizzatori di servizi di pagamento, la cui inosservanza può essere fonte di responsabilità per le parti di un’operazione di pagamento, senza perciò rivelare alcuna incidenza su una fattispecie, quale quella in esame, ove si prospetta un’ipotesi di indebito oggettivo correlata all’esecuzione della disposizione bancaria.

7. Il sesto motivo di ricorso, infine, allega la violazione dell’art. 2033 c.c. Secondo il ricorrente, non vi era spazio per dare applicazione alla ripetizione di indebito in presenza di una “appropriazione indebita” di somma imputabile all’ex amministratore del Condominio di via (Omissis) n. 39.

Questo motivo rievoca le vicende delittuose attribuite al signor Ma., il quale avrebbe sottratto somme ingenti, condotte per le quali è stato condannato in sede penale; si assume, inoltre, che il Condominio di via (Omissis) n. 39 “non ha effettuato alcun pagamento e semplicemente lamenta di aver subito appropriazione indebita da parte del suo ex amministratore”, e che il conto corrente su cui si era prelevato “non è del condominio appellato”.

7.1. Il sesto motivo di ricorso rivela, innanzitutto, profili di inammissibilità, in quanto, benché prospettato come violazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in realtà invoca una rivalutazione complessiva delle risultanze istruttorie, contesta che il Tribunale, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, e chiede a questa Corte una rilettura complessiva delle allegazioni difensive svolte nei gradi di merito, per inferirne l’erronea attribuzione delle qualità di solvens e di accipiens alle parti di causa.

Tale operazione è estranea alle regole del giudizio di legittimità, in quanto suppone un accesso diretto agli atti e una delibazione degli stessi in via inferenziale.

7.2. L’essenziale motivazione del Tribunale di Milano può essere così riassunta: a) “è documentale che le somme che il condominio appellato ha reclamato con il ricorso per decreto ingiuntivo a titolo di ripetizione dell’indebito sono uscite dal conto corrente che l’amministrazione Va. utilizzava per la gestione del Condominio di via (Omissis) n. 39, come risulta anche dall’intestazione degli estratti conto prodotti nella fase monitoria dove si legge “Amm.ne Va. Cond. Via (Omissis) n. 39″ e a prescindere dalla formale intestazione del conto medesimo”; b) (è) altresì documentale e non contestato che tali somme siano entrate nel conto corrente del Condominio appellante; c) non è stato dimostrato il titolo che giustificasse lo spostamento patrimoniale in favore del Condominio di via (Omissis) 26; d) il Condominio di via (Omissis) 26 è perciò obbligato a ripetere quanto indebitamente conseguito.

7.3. Il pagamento dell’indebito fa sorgere l’obbligo di restituzione, ex art. 2033 c.c., in capo a colui che di fatto si avvalga di quel pagamento, essendo solo quest’ultimo il soggetto che, con la materiale apprensione del pagamento, acquista la qualità di accipiens e, con essa, l’obbligo di restituire quanto acquisito.

La ripetizione d’indebito oggettivo è circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento

Dimostrata la qualità di accipiens del Condominio di via (Omissis) 26 in base all’apprezzamento delle risultanze documentali, ed esclusa l’esistenza del vincolo, il Tribunale ha poi accertato in fatto (con valutazione che non è sindacabile in sede di legittimità per violazione di norma di diritto) che per l’azione di ripetizione di indebito avesse la legittimazione in qualità di solvens il Condominio di via (Omissis) n. 39, in quanto tali somme erano riferibili al patrimonio di quest’ultimo, giacché prelevate da un conto corrente di gestione intestato all’amministratore (cfr. Cass. n. 1186 del 2019). Che l’amministratore erogasse per conto del Condominio di via (Omissis) n. 39 somme che faceva transitare su un conto corrente non intestato a detto condominio, ma che erano comunque di pertinenza dello stesso, in violazione dell’art. 1129, comma 7, c.c., è cosa che rileva ai fini delle gravi irregolarità perseguibili nell’ambito dell’inadempimento del contratto di amministrazione, ma non esclude che il condominio acquisisse la qualità di solvens ove, come accertato nella specie, l’amministratore, tradendo il vincolo fiduciario in ordine alla gestione del conto, procedesse ad indebiti pagamenti in favore di terzi.

La ripetizione d’indebito oggettivo, che configura un’azione di natura restitutoria a carattere personale, è circoscritta tra il destinatario del pagamento e il solvens, sia che questi lo abbia effettuato personalmente, sia che il pagamento sia avvenuto a mezzo di rappresentante. Ne consegue che deve essere esclusa la legittimazione attiva in proprio del rappresentante in un’azione promossa ai sensi dell’art. 2033 c.c. al fine di ottenere la restituzione di somme versate dal medesimo in tale specifica qualità, spettando detta legittimazione esclusivamente al rappresentato (arg. da Cass. n. 13829 del 2004 e Cass. n. 7871 del 2011).

8. Il ricorso va perciò rigettato, con condanna del ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

La ripetizione d’indebito oggettivo è circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2024.

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