La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 maggio 2024| n. 13786.

La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore

La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, prevista dall’articolo 2054, comma 1, del Cc, non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e, dunque, non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l’indagine sull’imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fini del concorso di colpa, ai sensi dell’articolo 1227, comma 1, del Cc, ed integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione. In particolare, in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di un pedone, la lettura combinata dell’articolo 2054 del Cc – che pone una regola nella quale la prevenzione è prevalentemente a carico del conducente del veicolo investitore – e dell’articolo 1227 del Cc esige da parte del giudice di merito che si svolga uno specifico accertamento delle rispettive colpe in relazione alla particolarità del singolo caso in esame.

Ordinanza|17 maggio 2024| n. 13786. La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore

Data udienza 11 gennaio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: CIRCOLAZIONE STRADALE – Responsabilità e risarcimento – Presunzione di colpa del veicolo investitore – Operatività – In contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito fondata sul rapporto di causalità – Esclusione – Conseguenze – Investimento di un pedone. (Cc, articoli 1227, 2043 e 2054)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere – Rel.

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere

ha pronunciato la Seguente
ORDINANZA

sul ricorso 30364/2021 proposto da:

Si.Ma., rappresentata e difesa dall’avvocato MA.ME. e domiciliata presso il domicilio digitale del medesimo

Pec: …

– ricorrente –

contro

An.Fr., An.Ma., An.Na., An.Ra.;

– intimati –

nonché contro

(…) Spa nella qualità di Impresa designata per il (…) per la Regione E, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato FR.TA. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in Roma, (…) Pec: …

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2041/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/08/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024 dal Consigliere ANNA MOSCARINI;

La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore

RILEVATO CHE

Si.Ma., in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore An.Gi. convenne davanti al Tribunale di Rimini la compagnia (…) Spa, (di seguito (…)) quale impresa designata da (…) Spa Gestione Autonoma del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada per la Regione Emilia Romagna, affinché fosse condannata al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della morte di An.Ar., investito in data 16/4/2010 da una Audi rimasta non identificata mentre camminava lungo la banchina della strada S.S. (Omissis) insieme ad un collega per raggiungere il pullman parcheggiato più avanti sul quale i due prestavano servizio;

la (…) si costituì in giudizio ed eccepì l’assenza di marciapiedi e la responsabilità della vittima per aver violato l’art. 190 del Codice della Strada secondo cui, fuori dei centri abitati, i pedoni hanno l’obbligo di circolare in senso opposto a quello di marcia dei veicoli; il giudizio fu riunito ad altro pendente davanti il medesimo Tribunale proposto dai genitori e dai fratelli della vittima e deciso nel senso del parziale accoglimento della domanda: fu infatti accertata la presenza del veicolo investitore, rimasto non identificato, che aveva travolto il pedone da tergo cui era da attribuirsi la responsabilità del sinistro per il 70%; ma fu ritenuto altresì il concorso di colpa del pedone nella residua percentuale del 30% per aver camminato su una strada ad alto scorrimento, priva di illuminazione pubblica, senza percorrere, come avrebbe dovuto, il margine opposto a quello di marcia delle autovetture;

a seguito di appello della Si.Ma. e di appello incidentale degli altri congiunti della vittima entrambi volti a chiedere la riforma della sentenza di primo grado sulla corresponsabilità del congiunto e la liquidazione integrale del danno con adeguata personalizzazione, la Corte d’Appello di Bologna, con sentenza n. 2041 pubblicata in data 5/8/2021, ha, per quanto ancora di interesse, rigettato i gravami relativi al concorso di colpa della vittima, confermato la sentenza di primo grado circa la concorrente responsabilità del pedone nella causazione del sinistro, rigettato altresì il motivo di appello con cui si chiedeva un’autonoma liquidazione del danno esistenziale rispetto al danno da perdita del rapporto parentale;

avverso la sentenza Si.Ma., in proprio e anche nell’interesse della figlia An.Gi., propone ricorso per cassazione sulla base di sei motivi;

resiste con controricorso (…) Spa (già (…) Spa);

il ricorso è stato assegnato alla trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis. 1 c.p.c.

entrambe le parti hanno depositato memoria;

La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore

CONSIDERATO CHE

con il primo motivo – falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 1227 c.c. in relazione all’art. 132 n. 4 c.p.c. – la ricorrente lamenta la falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. e la motivazione apparente sul punto dell’accerto concorso di colpa del pedone nella causazione del sinistro; secondo la ricorrente la presenza dell’uomo sulla banchina non avrebbe potuto sostenere l’applicazione dell’art. 1227 c.c. in quanto non annullava il rapporto causale esistente tra l’avvenuta invasione della banchina da parte dell’autovettura e l’evento morte; ne consegue che, non trovando la ritenuta “concorrente responsabilità” del pedone una automatica corrispondenza nella sua condotta, la sentenza è afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e dunque viola l’art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c.;

il motivo è inammissibile, risolvendosi in una affermazione del tutto assertoria e priva di spiegazione sia sul perché l’art. 1227 primo comma, c.c. non avrebbe dovuto essere applicato, sia sul perché sarebbe violato l’art. 132, secondo comma n. 4, c.p.c.; la corte del merito ha motivato in modo adeguato al minimo costituzionale richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte nella parte in cui ha ritenuto (pp. 3 e 4) che il pedone, avendo camminato fuori del centro abitato, lungo una strada a due sensi di marcia, nella medesima direzione di marcia dei veicoli e non, invece, come prescritto dall’art. 190 comma 1 del Codice della Strada, in quella opposta, che gli avrebbe consentito di avvistare i veicoli sopraggiungenti, ha tenuto una condotta rilevante ai sensi dell’art. 1227 c.c., specie alla luce dell’orario notturno, della mancanza di pubblica illuminazione, del traffico intenso su una strada a scorrimento veloce con limite di 90 km/h e della larghezza della banchina di soli 50 cm;

La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore

con il secondo motivo – nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. per irriducibile contraddittorietà e illogicità del concorso di colpa del pedone -la ricorrente lamenta che il ritenuto concorso di colpa del pedone è afflitto da contraddittorietà insanabile perché, da un lato, la corte ha accertato che l’An.Ar. stava camminando lungo la banchina, dall’altro, invece, che il medesimo veniva investito dalla vettura non identificata che, provenendo da tergo ad una velocità assai sostenuta e senz’altro non adeguata considerati l’ora notturna, la mancanza di illuminazione pubblica, il traffico intenso e la vicinanza di esercizi commerciali, aveva invaso la banchina percorsa dalla vittima: sussisterebbe un contrasto insanabile tra le due affermazioni;

il motivo è infondato: non v’è alcuna contraddittorietà fra l’affermazione che l’automobilista ignoto invase la banchina e l’addebito di parziale corresponsabilità al pedone per trovarsi dal lato della strada opposto a quello in cui, secondo il precetto dell’art. 190 CdS avrebbe dovuto trovarsi. La corte ha, del resto, spiegato correttamente che la prescrizione per le strade extraurbane dell’impegnare la banchina opposta a quella del senso di marcia dei veicoli, assolve alla garanzia al pedone di avvedersi di altrui condotte imprudenti e di sottrarsi alla loro incidenza;

con il terzo motivo – violazione dell’art. 2043 c.c. e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 132 n. 4 c.p.c. – si lamenta la nullità della sentenza per vizio logico derivante dall’aver accertato la colpa di una vittima incolpevole con ingiusto vantaggio per la compagnia di assicurazioni, la violazione dell’art. 2043 c.c. per assenza dell’elemento soggettivo della colpa in capo al pedone e la violazione dell’art. 2054 c.c. per non aver privilegiato la responsabilità del conducente dell’autovettura, cui è affidata in grande prevalenza la funzione di prevenzione dei sinistri, potendo essere ritenuto esente da responsabilità solo davanti a comportamenti imprevedibili del pedone, non solo colposi ma per l’appunto imprevedibili ed inevitabili;

con il quarto motivo di ricorso – nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione degli artt. 40 e 41 c.p., dell’art. 1227 e dell’art. 190 CdS in relazione all’art. 116 c.p.c. Vizio di apprezzamento delle prove e dell’incidenza causale del comportamento della vittima per difetto di efficienza tra la violazione dell’art. 190 CdS ed il decesso – la ricorrente lamenta il vizio di sussunzione operato dalla impugnata sentenza che, anziché valutare la fattispecie alla luce dell’art. 2043 c.c. ha fatto riferimento all’art. 2054, 1 comma c.c. attribuendo alla condotta del pedone – che non aveva osservato l’art. 190 del Codice della Strada – un’erronea ed inesistente efficacia causale nella produzione del sinistro; la corte del merito, sulla base delle risultanze istruttorie, avrebbe dovuto accertare che il rapporto causale si poneva soltanto tra la condotta dell’automobilista che aveva invaso la banchina investendo il pedone e la morte del medesimo;

il terzo e il quarto motivo, peraltro ripetitivi di censure in precedenza svolte, sono infondati perché non c’è alcun vizio di sussunzione, essendo corretta la riconducibilità della fattispecie sia all’art. 2054, 1 comma c.c. sia all’art. 1227 c.c., né sussiste alcuna violazione dell’art. 2043 c.c. per avere la sentenza correttamente ritenuto che la condotta del pedone fosse colposa; la sentenza è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui “La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, prevista dall’art. 2054, comma 1, c.c., non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e, dunque, non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l’indagine sull’imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fini del concorso di colpa, ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., ed integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione (Cass., 3, n. 842 del 17/1/2020); la pronuncia è altresì conforme a Cass., 3, n. 2433 del 25/1/2024 secondo cui “In materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di un pedone, la lettura combinata dell’art. 2054 c.c.- che pone una regola nella quale la prevenzione è prevalentemente a carico del conducente del veicolo investitore – e dell’art. 1227 c.c. esige da parte del giudice di merito che si svolga uno specifico accertamento delle rispettive colpe in relazione alla particolarità del singolo caso in esame” e a Cass. 3, n. 20137 del 13/7/2023 secondo cui “In materia di responsabilità civile da sinistri stradali, stante la presunzione del 100% di colpa in capo al conducente del veicolo di cui all’art. 2054, comma 1, c.c., ai fini della valutazione e quantificazione di un concorso del pedone investito occorre accertare, in concreto, la sua percentuale di colpa e ridurre progressivamente quella presunta a carico del conducente”;

La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore

con il quinto motivo – violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 2059 c.c. e degli artt. 2, 29 e 30 Cost. Esclusione del risarcimento del danno esistenziale e/o preterizione di adeguata liquidazione mediante personalizzazione – la ricorrente impugna il capo di sentenza che ha escluso il risarcimento del danno esistenziale in quanto già compreso nel risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, assumendo che tale statuizione si pone in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte che distingue il danno morale inteso quale sofferenza interiore e lo sconvolgimento della sfera dinamico-relazionale della persona, inteso quale danno esistenziale; la corte del gravame, seguendo correttamente il principio della omnicomprensivi e della integralità del risarcimento, avrebbe dovuto tenere conto ai fini risarcitori di tutte le conseguenze modificative in peius della precedente situazione del danneggiato;

il motivo è inammissibile in quanto esso si articola in considerazioni del tutto generiche ed astratte e non confronta la realtà processuale con i precedenti evocati dalla corte territoriale, cioè Cass. nn. 30997-18 e 28989-19, secondo cui, in virtù del principio di unitarietà e onnicomprensività del risarcimento del danno non patrimoniale, deve escludersi che al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza del fatto illecito di un terzo possano essere liquidati sia il danno da perdita del rapporto parentale che il danno esistenziale, poiché il primo già comprende lo sconvolgimento dell’esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca (Cass., 3, n. 30997 del 30/11/2018; Cass. 3, n. 28989 del 2019);

con il sesto motivo – violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 244 c.p.c. in relazione all’art. 116 c.p.c. Ritenuta superfluità ed inidoneità dei capitoli di prova testimoniale -impugna il capo di sentenza che ha ritenuto i capitoli di prova non ammessi del tutto superflui ed inidonei a rappresentare i rapporti della vittima con la moglie e con la figlia in termini diversi da quelli rispondenti alla realtà del nucleo familiare;

il motivo, una volta consolidatasi la motivazione criticata con il quinto, ne soffre la sorte, atteso che sarebbe stato assorbente il principio di diritto ivi richiamato secondo cui non è possibile duplicare il risarcimento del danno esistenziale ove la violazione della sfera dinamico-relazionale della persona sia, come nel caso di specie, stata assorbita dalla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale comprensivo di tutti i pregiudizi sofferti dalla ricorrente;

alle suesposte ragioni di inammissibilità o infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;

si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuta;

La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione in favore della parte controricorrente, che liquida in Euro 3.827,00 (oltre Euro 200,00 per esborsi), accessori e spese generali al 15%.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile dell’11 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2024.

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