Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 febbraio 2024| n. 3760.
La natura perentoria di un termine fissato per l’esercizio di un diritto può desumersi anche in via interpretativa
La natura perentoria di un termine fissato per l’esercizio di un diritto, non espressamente prevista dalla legge, può desumersi anche in via interpretativa, purché la legge stessa autorizzi tale interpretazione, comminando, sia pure implicitamente, ma in modo univoco, la perdita del diritto in caso di mancata osservanza del termine di cui si tratta. (In applicazione del principio, le Sezioni Unite hanno confermato la decisione del TSAP che aveva escluso la natura perentoria del termine di tre mesi decorrente dalla data di entrata in vigore della legge della regione Lombardia, per la denuncia delle opere esistenti non autorizzate, in materia di costruzione ed esercizio degli sbarramenti di ritenuta e dei bacini di accumulo).
Ordinanza|12 febbraio 2024| n. 3760. La natura perentoria di un termine fissato per l’esercizio di un diritto può desumersi anche in via interpretativa
Data udienza 21 novembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Acque pubbliche – TSAP – Concessione di derivazione acque – Impianto idroelettrico – Traversa – Sanatoria – Termine – Decorrenza – Art. 21 co 1 L. Reg. Lombardia n. 2/2006 – Disciplinare del 20 giugno 2014 – Novazione termine
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE UNITE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente Aggiunto
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. Lucio APOLITANON – Consigliere
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto -Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere – Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27299/2022 R.G. proposto da:
COMUNE di GORLE e COMUNE di PEDRENGO, elettivamente domiciliati in Roma Via Ennio Quirino Visconti n. 103, presso lo studio dell’Avv. Go.Lu. (Omissis) pec …@ordineavvocatiroma.org, che li rappresenta e difende unitamente all’Avv. Me.Y. (Omissis), pec …@bergamo.pecavvocati.it, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
CONSORZIO di BONIFICA della MEDIA PIANURA BERGAMASCA,
elettivamente domiciliato in Roma Via Cicerone, 44, presso lo studio dall’Avv. Co.Gi. (Omissis) pec …@ordineavvocatiroma.org, che lo rappresenta e difende unitamente all’Avv. D.An. (Omissis) pec …@cnfpec.it, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché contro
REGIONE LOMBARDIA, elettivamente domiciliata in Roma Via Antonio Bertoloni, 35, presso lo studio dell’Avv. Qu.Em. (Omissis) pec …@ordineavvocatiroma.org, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Gi.Al. (…), pec ..@milano.pecavvocati.it, e Ta. (Omissis), pec …@milano.pecavvocati.it;
avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche n. 160/2022 depositata il 02/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2023 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.
La natura perentoria di un termine fissato per l’esercizio di un diritto può desumersi anche in via interpretativa
FATTI DI CAUSA
1. Il Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca (di seguito anche il Consorzio) nel 2016 presentava alla Regione Lombardia istanza di sanatoria della traversa (denominata Brusaporto Patera) sul fiume Serio nel tratto compreso nei Comuni di Gorle e Pedrengo; chiedeva, inoltre, la verifica, ex art. 6 della l. Reg. Lombardia n. 5 del 2010, di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale (VIA) del progetto di costruzione e messa in esercizio di un impianto idroelettrico a rilascio istantaneo, con scarico ai piedi dell’anzidetta traversa, da realizzarsi sul fiume Serio, nei medesimi Comuni.
2. La Regione Lombardia, con il decreto dirigenziale n. 11584 del 25 settembre 2017, dato atto che il Consorzio era titolare della concessione di derivazione di acque superficiali dal fiume Serio (decreto n. 5414 del 23 giugno 2014, integrato dai decreti n. 4916 del 15 giugno 2015 e n. 6122 del 29 giugno 2016), concedeva la richiesta sanatoria approvando il progetto dello stato di fatto e lo schema di disciplinare relativo alla suddetta traversa.
2.1. Inoltre, con decreto n. 10198 del 22 agosto 2017, escludeva dalla procedura di VIA l’impianto idroelettrico da realizzare sul fiume Serio avvalendosi della traversa Brusaporto Patera.
La natura perentoria di un termine fissato per l’esercizio di un diritto può desumersi anche in via interpretativa
3. I Comuni di Gorle e Pedrengo impugnavano innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP) i decreti n. 11584 e n. 10198 del 2017: quanto al primo, assumevano l’avvenuta decorrenza dei termini per poter procedere alla sanatoria e l’illegittimità dell’esclusione dalla procedura di VIA, decisa in violazione dalla l. Reg. Lombardia n. 5 del 2010 e degli obblighi di comunicazione dell’avvio del procedimento e di contraddittorio; quanto al secondo, ne deducevano l’illegittimità per l’omessa convocazione della conferenza di servizi, l’inosservanza dell’obbligo di contraddittorio, nonché per l’intervenuta decadenza dalla concessione.
4. Il TSAP, disattesa con sentenza parziale n. 108 del 2021 l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Consorzio con la comparsa di costituzione, rigettava nel merito il ricorso, affermando la regolarità della sanatoria, l’irrilevanza delle irregolarità procedurali e l’insindacabilità delle scelte operate dall’Amministrazione.
Escludeva inoltre, quanto al decreto n. 10198 del 2017, che fosse intervenuta decadenza atteso il nuovo termine per la presentazione dei progetti previsto con il disciplinare integrativo del 2015.
5. Avverso detta sentenza i Comuni di Gorle e Pedrengo propongono ricorso per cassazione, con cinque motivi, cui resistono, con separati controricorsi, il Consorzio e la Regione Lombardia.
6. Il Procuratore generale ha presentato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso.
7. In prossimità dell’udienza il Consorzio e i Comuni di Gorle e Pedrengo hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va disattesa, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360 bis, primo comma, n. 1, cod. proc. civ., sollevata dal Consorzio con la memoria, attesa l’assoluta genericità della contestazione, priva di ogni riferimento agli asseriti consolidati orientamenti di questa Corte cui la decisione impugnata si sarebbe conformata, e, comunque, destituita di fondamento.
2. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 11 e 12 l. Reg. Lombardia 23 marzo 1998, n. 8 per aver il TSAP, quanto alla sanatoria operata con il decreto n. 11584/2017, escluso la natura perentoria del termine di tre mesi, decorrente dalla data di entrata in vigore della legge, per la denuncia delle opere esistenti non autorizzate e per la presentazione della perizia giurata.
3. Il motivo è infondato.
3.1. In via generale un termine è considerato perentorio quando la legge, od una autorità che ne sia autorizzata, prevede una decadenza al suo spirare, sicché la successiva attività eventualmente posta in essere deve ritenersi inutiliter data, mentre in tutte le altre ipotesi il termine è solo ordinatorio (v. Cons. Stato, Sez. VI, 13 novembre 2007, n. 5794; v. tra le varie Cass. n. 4752 del 23/02/2021; Cass. n. 14840 del 07/06/2018; Cass. n. 24250 del 30/11/2010) Va, sul punto, ribadito il principio per cui “la natura perentoria di un termine fissato per l’esercizio di un diritto, non espressamente prevista dalla legge, può desumersi anche in via interpreta purché la legge stessa autorizzi tale interpretazione, comminando, sia pure implicitamente, ma in modo univoco, la perdita del diritto in caso di mancata osservanza del termine di cui si tratta” (Cass. n. 8680 del 26/06/2000).
La natura perentoria di un termine fissato per l’esercizio di un diritto può desumersi anche in via interpretativa
3.2. Nella specie, assumono rilievo gli artt. 11 e 12 della l. Reg. Lombardia n. 8/1998 che prevedono:
“Art. 11. Denuncia delle opere esistenti.
1. I proprietari delle opere di cui all’art. 1, comma 1, in esercizio all’entrata in vigore della presente legge e non denunciate ai sensi della legge regionale 28 novembre 1986, n. 57 (Costruzione, esercizio e vigilanza degli sbarramenti di ritenuta e dei bacini di accumulo di competenza regionale), ovvero realizzate in difformità ai progetti approvati, sono tenuti a denunciarne l’esistenza al genio civile entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge.
2. Nelle more del procedimento di regolarizzazione e senza pregiudizio per le determinazioni delle autorità competenti, il proprietario può proseguire l’esercizio delle opere, ferma la sua responsabilità per eventuali sinistri, qualora alleghi alla denuncia di cui al comma 1 anche una perizia giurata, rilasciata da tecnici iscritti ai relativi albi e sottoscritta anche dal richiedente, che attesti:
a) l’idoneità statica delle opere;
b) l’assenza nelle attuali condizioni di esercizio di situazioni di pericolo per la pubblica incolumità, in particolare delle popolazioni e dei territori a valle delle opere.
3. …
4. Qualora la perizia giurata non venga presentata nei termini di cui al comma 1, ovvero non attesti condizioni di sicurezza, il dirigente del genio civile ordina al proprietario di effettuare, a proprie spese e con le prescritte cautele, la limitazione o lo svuotamento dell’invaso e, se del caso, la demolizione dello sbarramento.
Art. 12. Regolarizzazione delle opere esistenti.
1. Ai fini della regolarizzazione delle opere esistenti, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il proprietario deve presentare il progetto esecutivo completo dello stato di fatto e comprensivo della certificazione di idoneità statica delle opere, redatto secondo quanto indicato all’art. 4.
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2. I progetti delle opere di cui al comma 1 sono verificati dagli organi ed approvati secondo le procedure di cui agli artt. 5 e 6, fatte salve comunque le autorizzazioni comunali in ordine all’ammissibilità delle opere.
3. Le opere esistenti, qualora non approvate, devono cessare dall’esercizio entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento di diniego e nello stesso termine di tempo il proprietario ha l’obbligo di svuotare l’invaso e di mantenere permanentemente aperti gli scarichi di fondo; ove detti organi di scarico o sistemi alternativi siano assenti o non siano efficienti a smaltire la piena con idoneo tempo di ritorno, il proprietario ha l’obbligo di demolire l’opera di sbarramento.
4. In caso di ulteriori inadempienze a quanto previsto dal comma 3 e dall’art. 11, comma 4, provvede d’ufficio lo stesso genio civile, con addebito dei relativi oneri al proprietario. Per il recupero delle spese anticipate relativamente all’esecuzione d’ufficio, la regione si avvale del procedimento del r.d. 639/1910.”
Orbene, come osservato dal TSAP, né con riguardo alla procedura di regolarizzazione, né in ordine alle conseguenze derivanti dall’inosservanza dei termini si rinvengono indicazioni circa la natura perentoria del termine, limitandosi tali disposizioni a regolare il corso della procedura stessa, senza, tuttavia, far derivare dall’inosservanza del termine la caducazione della possibilità di procedere ad una tardiva regolarizzazione.
Le suddette norme, infatti, si limitano a stabilire dei termini -peraltro neppure oggetto di particolare qualificazione con locuzioni del tipo “entro e non oltre” – per la presentazione delle istanze di regolarizzazione ma non fornisce alcuna indicazione, neppure implicita, sulle conseguenze in caso di inosservanza.
Del resto, il successivo art. 14, comma 4, l. Reg. Lombardia n. 8/1998, si limita a prevedere la comminatoria di una sanzione pecuniaria per l’inosservanza degli obblighi di cui agli artt. 11, comma 1, e 12, comma 1, sì da far concludere che l’attenzione del legislatore regionale si era soffermata su conseguenze di natura sanzionatoria piuttosto che sulla perdita del diritto di procedere alla regolarizzazione.
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4. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 6 e allegato B, par. 7, lett. o) della l. Reg. Lombardia 2 febbraio 2010, n. 5.
4.1. I ricorrenti lamentano che il TSAP abbia ritenuto legittimo il decreto n. 11584/2017 relativo alla sanatoria della traversa Brusaporto Patera nonostante non fosse stata operata la verifica preliminare di assoggettabilità alla VIA.
5. Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
5.1. Il TSAP, infatti, non ha escluso che per la traversa fluviale non fosse stata operata la verifica preliminare di assoggettabilità alla VIA; ha, invece, ritenuto, attesa la qualificazione della traversa stessa come “antica” e la sua specifica indicazione nel più ampio progetto di impianto “riferito alla grande derivazione d’acqua del fiume Serio”, che “la pronuncia positiva di compatibilità ambientale” ivi espressa, ricomprendesse “anche la traversa”, rilevando che tale conclusione “appare tanto più ragionevole se si pone attenzione alla circostanza che il progetto di impianto idroelettrico presentato dal Consorzio e che viene in discussione prevede valori di portata massima e di potenza dell’impianto in diminuzione rispetto a quanto valutato nel 2012-2014, oltre al fatto che gli interventi richiesti non prevedono opere di presa in alveo né nuove opere trasversali rispetto a quelle esistenti”.
Da ciò, dunque, la conclusione della non necessità di valutazioni ulteriori in ordine all’assoggettabilità a VIA della traversa fluviale
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5.2. La doglianza, dunque, è inammissibile nella parte che mira a contestare la motivazione e l’interpretazione degli atti procedimentali da parte del TSAP, mentre è infondata quanto al dedotto vizio di violazione di legge.
6. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 7, l. 7 agosto 1990, n. 241 per aver la CTR ritenuto legittimo il decreto n. 11584/2017 nonostante fosse stato adottato in mancanza della preventiva comunicazione di avvio del procedimento ai Comuni ricorrenti.
6.1. Il motivo è inammissibile.
7. Il TSAP, invero, ha escluso che il procedimento di sanatoria di cui all’art. 12 l. Reg. n. 8/1998 imponga, o preveda, il coinvolgimento dei Comuni interessati e che la richiesta di regolarizzazione e l’avvio del procedimento debba agli stessi essere comunicata.
7.1. In effetti, l’art. 12 si limita a prevedere, al comma 1, che il progetto deve essere redatto secondo le specifiche previste dall’art. 4 della legge n. 8/1998 – e dunque con riguardo ad una fase successiva all’avvio del procedimento – mentre il secondo comma dispone che “i progetti delle opere di cui al comma 1 sono verificati dagli organi ed approvati secondo le procedure di cui agli artt. 5 e 6”, anche qui a prescindere dal coinvolgimento dei Comuni eventualmente interessati.
7.2. Ne deriva che la speciale disciplina per il procedimento di sanatoria di cui all’art. 12 l. Reg. Lombardia n. 8/1998 non contempla il necessario preventivo coinvolgimento dei Comuni interessati.
8. I ricorrenti, a fronte di tale dato normativo, peraltro, invocano la generale previsione di cui all’art. 7 l. n. 241 del 1990 a sostegno del loro necessario coinvolgimento.
8.1. La citata disposizione, invero, prevede che “… l’avvio del procedimento è comunicato … ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento”.
8.2. La norma, dunque, individua tre categorie di destinatari della comunicazione di avvio del procedimento: i diretti destinatari del provvedimento da adottare; coloro che, per legge, devono intervenire nel procedimento; “altri” soggetti (“facilmente individuabili”) cui può derivare un pregiudizio dal provvedimento (cd. controinteressati).
La prima categoria è costituita da coloro (privati) nella cui sfera giuridica l’atto è destinato ad incidere direttamente.
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La seconda individua i soggetti – pubbliche amministrazioni diverse da quella procedente – che, in forza di specifica previsione di legge, svolgono un ruolo nel procedimento (e, dunque, debbono essere avvisate).
La terza, infine, è costituita da coloro che possano subire un pregiudizio dal provvedimento.
8.3. Orbene, va innanzitutto escluso che i Comuni ricorrenti siano riconducibili alla prima (non sono diretti destinatari) e alla seconda categoria (non è normativamente prevista la loro partecipazione).
Quanto alla possibile riconducibilità alla terza categoria, invece, la doglianza è inammissibilmente generica e carente di specificità.
Il fondamento di una tale pretesa, infatti, viene ancorato al disposto – contenuto nella l. Reg. Lombardia n. 5 del 2010 – della partecipazione dei “comuni… nel cui territorio è prevista la realizzazione dei progetti per i quali si chiede l’espletamento della procedura di VIA e di assoggettabilità a VIA”, che, pur riferito ad altre tipologie di opere, porterebbe a ritenere “il diritto di coinvolgimento e di partecipazione … dei Comuni di Gorle e Pedrengo, il cui territorio è interessato dall’opera di regolarizzazione” (pag. 9 ricorso).
In realtà, tale prospettazione – che in sé realizza una impropria commistione di normative diverse – non è idonea ad integrare l’ipotesi qui in esame posto che neppure si deduce un possibile pregiudizio, unico elemento suscettibile di elevare la posizione a giuridicamente rilevante.
Né, del resto, la mera qualità di amministrazione, pur portatrice di un interesse pubblico, consente di ritenere integrata la fattispecie: ciò emerge anche dal raffronto con il successivo art. 9 della l. n. 241 del 1990 che legittima l’intervento nel procedimento di “qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, ., cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento”, che dunque richiede – anche per tale meno incisiva ipotesi – quantomeno l’allegazione di un pregiudizio.
9. Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 4 e 6 l. Reg. Lombardia n. 5 del 2010, nonché dell’art. 3 del regolamento regionale della Lombardia n. 5 del 2011 per aver il TSAP ritenuto legittimo il decreto n. 10198/2017, nonostante l’eccepita violazione dell’obbligo di contraddittorio e degli obblighi di informazione e di confronto, nonché di esame congiunto mediante la convocazione della conferenza di servizi.
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9.1. Il motivo è infondato.
9.2. L’omessa comunicazione non determina, ineludibilmente, la nullità del procedimento e dell’atto così adottato posto che, come ripetutamente affermato da questa Corte, “L’annullabilità di un provvedimento amministrativo per la violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, prescritto dall’art. 7 della l. n. 241 del 1990, è esclusa: a) quanto ai provvedimenti di natura vincolata, al pari che per la violazione delle altre norme del procedimento, nel caso di evidenza della inidoneità dell’intervento dei soggetti ai quali è riconosciuto un interesse ad interferire sul loro contenuto; b) quanto ai provvedimenti di natura non vincolata, subordinatamente alla prova da parte della P.A. che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso anche in caso di intervento di detti interessati.” (v. Sez. U, n. 20680 del 09/08/2018; v. anche, in termini analoghi, con riguardo al caso di ritardato invio della comunicazione, Sez. U, n. 11296 del 29/04/2021; in precedenza Sez. U, n. 5445 del 05/04/2012 e n. 14878 del 25/06/2009).
9.3. Nella specie, il TSAP ha rilevato che “dalla relazione istruttoria (che, tra l’altro, prende posizione anche in ordine alle osservazioni delle ricorrenti, il che toglie rilievo a profili ulteriori di doglianza imperniati sulla violazione del principio del contraddittorio o comunque sulla inosservanza di regole procedimentali) e dallo studio preliminare ambientale … emerge con ampiezza di argomentazioni che l’area non è classificata come bosco,… non si distingue per un pregio naturalistico particolare, . le alterazioni naturalistiche sono poco percepibili . il corpo idrico non subisce alcun deterioramento . “.
In altri termini, pur a fronte delle asserite violazioni, il giudice di merito ha ritenuto provato che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso e che l’Amministrazione aveva comunque tenuto in specifica considerazione le indicazioni e osservazioni provenienti dai Comuni ricorrenti.
Ne deriva che, correttamente, il TSAP ha escluso, pur a fronte delle contestate violazioni, la sussistenza dei presupposti per l’annullamento dell’atto dirigenziale finale.
10. Il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 21 del regolamento regionale della Lombardia 24 marzo 2006, n. 2, per aver il TSAP escluso che il Consorzio fosse decaduto dalla concessione di derivazione di acque superficiali dal fiume Serio a fondamento decreto n. 10198 del 2017, da cui l’illegittimità del decreto stesso.
10.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
10.2. L’art. 21, comma 1, l. Reg. Lombardia n. 2/2006 prevede che:
“Ottenuta la concessione il titolare presenta all’autorità concedente, entro i termini e secondo le modalità previste dal disciplinare di concessione, il progetto esecutivo delle opere relative alla concessione da realizzare, compilato secondo le indicazioni tecniche stabilite dalla Direzione regionale competente.”
Il disciplinare del 20 giugno 2014, di attuazione della norma regolamentare, all’art. 13 (Termine per la presentazione degli impianti per l’inizio e l’ultimazione dei lavori) ha previsto che “Sotto pena di decadenza della concessione, il Concessionario dovrà: 1) presentare all’Autorità concedente entro 12 (dodici) mesi dalla data del decreto di concessione i progetti esecutivi delle opere. …”.
Il disciplinare integrativo del 19 maggio 2015 ha modificato detti termini, prevedendo pur sempre, tuttavia, un nuovo termine, a pena di decadenza, di dodici mesi dalla data del decreto di concessione.
10.3. Orbene, il TSAP ha ritenuto che non si fosse verificata alcuna decadenza “perché il disciplinare del 2014 è stato integrato nel 2015 con un altro atto il quale ha previsto un nuovo termine di decadenza di presentazione dei progetti delle opere”.
10.4. Tuttavia, considerato che lo stesso decreto impugnato (n. 10198/2017) indica espressamente che il decreto di concessione è stato emesso in data 15 giugno 2015, mentre, come deducono i Comuni ricorrenti e risulta dallo stesso decreto, la richiesta di verifica di assoggettabilità alla procedura di VIA, e, dunque, la presentazione del progetto di impianto, sarebbe avvenuta in data 10 ottobre 2016, il TSAP non ha verificato se tale adempimento fosse avvenuto o meno nel rispetto anche del nuovo termine decadenziale.
In altri termini, è ben vero che il termine è stato novato; il TSAP, tuttavia, si è limitato a tale riscontro senza accertare se l’attività richiesta sia stata o meno compiuta all’interno del diverso lasso temporale imposto.
11. In conclusione, in accoglimento del quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri, la sentenza va cassata con rinvio, anche per la liquidazione delle spese di legittimità, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, che deciderà in diversa composizione.
La natura perentoria di un termine fissato per l’esercizio di un diritto può desumersi anche in via interpretativa
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il quinto motivo nei termini di cui in motivazione, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di legittimità, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, che deciderà in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2024.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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