La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|6 marzo 2024| n. 6027.

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa consiste nel fatto che la prima, per la quale vale la garanzia di cui agli articoli 1483 e 1484 del codice civile, si sostanzia nella perdita, in tutto o in parte, della cosa venduta mentre la seconda, riconducibile all’articolo 1489 del codice civile, si sostanzia in una restrizione del godimento del bene, il quale resta, però, integro nella sua identità strutturale.

Sentenza|6 marzo 2024| n. 6027. La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

Data udienza 27 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: VENDITA – Garanzia – Vizi – Evizione parziale e limitativa – Differenze – Presupposti. (Cc, articoli 1483, 1484 e 1489)
Servitù coattiva di passaggio – Contratto di compravendita immobiliare – Domanda di risarcimento – Diritto di servitù in favore di un fondo vicino – Art. 1489 cc

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere-Rel.

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 936/2017 R.G. proposto da:

Ve.Ga., elettivamente domiciliato in Roma (…), presso lo studio dell’avvocato Pa. Si. (omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato La. Fr. (omissis)

– ricorrente –

Gi.An., Sa.Ri., elettivamente domiciliati in Roma (…), presso lo studio dell’avvocato Ge. Gi. (omissis) rappresentati e difesi dall’avvocato Gi.An. At. (omissis)

– ricorrente –

Ve.Ta., elettivamente domiciliato in Roma (…), presso lo studio dell’avvocato Lo. Ma. (omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato De. Co. Lu. (omissis)

– ricorrente –

contro

Ri.Al., elettivamente domiciliato in Roma Via (…), presso lo studio dell’avvocato Pr. Ma. St. (omissis) rappresentato e difeso dagli avvocati Bi. Di. (omissis), Bi. Be. (omissis)

– controricorrente –

nonché contro

Condominio (…), domiciliato ex lege in Roma, Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Ra. (omissis)

– controricorrente –

nonché contro

Sa.Br.

– controricorrente –

nonché contro

Condominio (…), Mo.Ba., Ro.El., più altri omessi

– intimati –

Ri.Al., elettivamente domiciliato in Roma (…), presso lo studio dell’avvocato Pr. Ma. St. (omissis) rappresentato e difeso dagli avvocati Bi. Be. (omissis), Bi. Di. (omissis)

– resistente –

sul controricorso incidentale proposto da Ve.Ta., elettivamente domiciliato in B (…), presso lo studio dell’avvocato De. Co. Lu. (omissis) che lo rappresenta e difende

– ricorrente incidentale –

avverso Sentenza di Corte d’appello Venezia n. 1188/2016 depositata il 26/05/2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/02/2024 dal Consigliere Antonio Mondini.

Udite le conclusioni della Procura Generale, nella persona del Dottor Roberto Mucci che ha chiesto accogliersi i ricorsi

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

FATTI DELLA CAUSA

1. La Corte di Appello di Venezia, con la sentenza in epigrafe, in causa proposta da Ve.Ta. e Gi.El. – cui sono succeduti Ve.Ta. e Br.Br. – e da Ro.El. per la costituzione di una servitù coattiva di passaggio pedonale e con veicoli in favore di fondi interclusi, in A, non edificati ma urbanisticamente edificabili, dopo che il giudice di primo grado aveva costituito la servitù con ampiezza di cinque metri a carico dei fondi del “Condominio (…)” e dei fondi di Mo.Ba., Mo.Ma., Mo.St. e Mo.Pa., ha disposto una nuova consulenza tecnica, riducendo l’ampiezza della servitù a tre metri, perché destinata al passaggio di mezzi agricoli di medie dimensioni, su un tracciato diverso rispetto a quello individuato dal primo giudice e a carico dei fondi di Ve.Ga. e di Ve.No.

La Corte di Appello ha precisato di avere recepito la conclusione del CTU, per il quale il percorso individuato appariva il migliore tra quelli possibili in considerazione del fatto che si trattava di percorso tale, per un verso, da non pregiudicare l’utilizzo dei fondi gravati e, per altro verso, sufficiente a garantire “le esigenze dei fondi dominanti, i quali, per la loro dimensione e vocazione, non potranno che essere interessati dal passaggio di mezzi agricoli di medie dimensioni”.

La Corte di Appello ha poi rigettato la domanda di risarcimento dei danni proposta da Gi.An. e Sa.Ri. contro Ri.Al. – una delle parti contro cui era stata avanzata domanda di costituzione della servitù – dalla quale erano stati chiamati in causa a rispondere ex art. 1485 c.c., per l’ipotesi – poi non concretizzatasi – in cui il fondo venduto alla Ri.Al. dai chiamati fosse stato gravato dalla servitù. La Corte di Appello ha ritenuto che la chiamata in garanzia non avrebbe potuto dirsi ab origine assolutamente “ingiustificata”.

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

2. Contro la sentenza in epigrafe hanno proposto distinti ricorsi, Gi.An. e Sa.Ri., con due motivi e Ve.Ga., con quattro motivi, e, in via incidentale, Ve.Ta. con cinque motivi.

3. La causa, inizialmente destinata alla trattazione nella camera di consiglio, è stata dalla Corte, a seguito di adunanza in data 11 maggio 2023, rimessa alla pubblica udienza con ordinanza n. 18285 del 27 giugno 2023, in ragione del fatto che alcune questioni poste dai vari motivi dei ricorsi apparivano di particolare rilevanza.

4. Con la stessa ordinanza la Corte ha rilevato che la costituzione di nuovo difensore dei ricorrenti Gi.An. e Sa.Ri. non poteva ritenersi valida in quanto la procura era stata conferita senza la necessaria forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata. In data 11 settembre 2023 è stato depositato nuovo atto di costituzione recante procura per atto pubblico notarile.

5. Ve.Ga. ha depositato controricorso rispetto al ricorso di Ve.Ta.

6. Il Condominio (…) e Ri.Al. e Sa.Br. hanno depositato controricorso.

7. Le parti hanno depositato memorie.

8. La Procura Generale ha chiesto accogliersi i ricorsi.

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti Ve.Ga. e Ve.Ta. denunciano violazioni di leggi sostanziali (artt. 1027, 1028, 1051 c.c.) e processuali (segnatamente dell’art. 112 e dell’art. 132 c.p.c.) nonché omesso esame di fatti decisivi (ex art. 360, primo comma, n.5, c.p.c.).

1.1. Più in dettaglio, Ve.Ga. lamenta:

con il primo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c.) violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di Appello definito un tracciato della servitù diverso da quello specificamente richiesto dagli originari attori;

con il secondo motivo, ai sensi del n. 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., che la Corte di Appello ha fatto propri gli errori del consulente tecnico d’ufficio costituendo una servitù agricola benché i fondi dominanti fossero destinati all’edificazione;

con il terzo motivo violazione o falsa applicazione degli artt. 1027, 1028 c.c. e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., per avere la Corte di appello errato nella individuazione del tracciato della servitù basandosi sul falso presupposto che i fondi dominanti fossero agricoli e per avere così scelto un percorso che, a detta dello stesso consulente tecnico, altrimenti non sarebbe stato il migliore e, in particolare, non era il più breve;

con il quarto motivo nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., in quanto motivata in modo apparente e contraddittorio perché, da un lato, in riferimento alla riconosciuta destinazione edificatoria dei fondi dominanti secondo il vigente piano regolatore e, dall’altro, in riferimento invece alla dichiarata vocazione agricola desunta dal solo fatto che all’epoca della consulenza tecnica i fondi erano “incolti”.

1.2. Ve.Ta., a sua volta, lamenta:

con il primo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 1027, 1028 e 1051 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte di appello costituito una servitù per passaggio con mezzi agricoli e secondo un tracciato più lungo dell’alternativo individuato dal CTU, pur dopo aver dato atto della destinazione edificatoria dei fondi dominanti e senza tener conto del fatto che i danti causa di esso Ve.Ta., originari attori, avevano specificamente chiesto la costituzione di una servitù che consentisse l’accesso più breve dalla via pubblica al fondo dominante “al fine di potervi edificare un edificio di civile abitazione”;

con il secondo motivo, ai sensi del n. 3 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., violazione degli artt. 1027, 1028 e 1051 c.c. e dell’art. 132 c.p.c., per avere la Corte di Appello contraddittoriamente prima affermato e poi negato la destinazione edificatoria dei fondi dominanti;

con il terzo motivo, ai sensi del n. 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., che la Corte di Appello ha omesso di “tenere in debita considerazione la destinazione edificatoria dei fondi interclusi che non sono agricoli” laddove se tale destinazione fosse stata adeguatamente tenuta in considerazione la servitù sarebbe stata definita secondo un tracciato diverso e in modo da essere utile al passaggio di mezzi non agricoli ma per l’ordinario trasporto di persone in coerenza con la domanda originaria;

con il quarto motivo, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al n. 3 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. per avere la Corte di Appello costituito una servitù diversa da quella specificamente richiesta dagli originari attori e sostanzialmente inutile perché idonea a consentire solo il passaggio di mezzi agricoli di medie dimensione verso i fondi dominanti solo al momento “incolti” ma destinati all’edificazione;

con il quinto motivo, ai sensi del n. 3 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., violazione degli artt. 1027, 1028 e 1051 c.c. per aver la Corte di Appello costituito una servitù con tracciato più lungo rispetto a quello della servitù individuata dal giudice di primo grado.

2. A fondamento dei riportati motivi i ricorrenti Ve.Ga. e Ve.Ta. evidenziano quanto segue.

2.1. La domanda originaria era stata proposta in vista della costituzione di “un collegamento viario” per i fondi interclusi “onde urbanizzare” i medesimi fondi “in vista di una futura edificazione”. Gli attori avevano individuato i fondi su cui costituire la servitù e il relativo tracciato.

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

La servitù creata dal giudice di primo grado, senza gravare il fondo di Ve.Ga., era utile perché, con larghezza di cinque metri, risultava idonea rispetto all’utilità individuata dagli originari attori.

La sentenza di primo grado era stata appellata dai proprietari dei fondi individuati come passivi dal giudice adito, i quali avevano chiesto il rigetto della domanda originaria. La parte appellata aveva concluso per la conferma della sentenza di primo grado. Nessuno aveva chiesto che la servitù fosse prevista così come poi era stata costituita dalla Corte di Appello.

La servitù creata dal giudice di appello era affatto diversa da quella disposta dal primo giudice e, segnatamente, era inutile perché limitata al passaggio di mezzi agricoli di medie dimensioni e perché, quindi, “non costituiva opera di urbanizzazione idonea ai fini del rilascio del permesso di costruire sicché il peso imposto sul fondo servente è obiettivamente indifferente per il fondo dominante” (il virgolettato è ripreso dal ricorso di Ve.Ta.).

Il consulente tecnico del giudice d’appello (della cui relazione entrambi i ricorrenti riportano ampi stralci), da un lato, aveva dato conto del fatto che, in base alle disposizioni del piano regolatore e alle norme di attuazione, i fondi interclusi erano destinati all’edificazione e, dall’altro lato, aveva evidenziato che per l’individuazione del percorso valutato come migliore era stata “fondamentale la natura agricola del passaggio” laddove invece “l’altra” soluzione pure individuata come possibile era stata scartata, perché utile “esclusivamente ad autoveicoli per il trasporto di persone”.

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

Lo stesso ausiliario nella relazione integrativa aveva specificato che il passaggio proposto avrebbe dovuto “essere considerato solo provvisorio. Di qui la scelta di considerare la mera servitù di carattere agricolo in considerazione del fatto che anche la destinazione a prato definisce lo stato coltivato del terreno e di qui l’uso attuale del fondo”.

Dalle relazioni del CTU emergeva che il percorso definito come migliore era più lungo del percorso alternativo.

La Corte di Appello aveva anch’essa dato conto della edificabilità dei fondi interclusi secondo la normativa urbanistica locale ed aveva poi dichiarato di recepire la conclusione del CTU per cui il percorso individuato appariva il migliore tra quelli possibili, in considerazione del fatto che si trattava di percorso tale, per un verso, da non pregiudicare l’utilizzo dei fondi gravati e, per altro verso, sufficiente a garantire “le esigenze dei fondi dominanti, i quali, per la loro dimensione e vocazione, non potranno che essere interessati dal passaggio di mezzi agricoli di medie dimensioni”.

3. Il primo motivo del ricorso di Ve.Ga. e il quarto motivo del ricorso di Ve.Ta. sono fondati e assorbono gli altri motivi sia dell’uno che dell’altro ricorso.

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

I due motivi convergono veicolando denunce di violazione dell’art. 112 c.p.c.

In effetti, a fronte di una domanda per la costituzione coattiva di una servitù di passaggio (art. 1051 c.c.) necessaria allo sfruttamento del fondo intercluso secondo le relative potenzialità edificatorie, necessaria cioè per assicurare al fondo intercluso un vantaggio futuro determinato (art. 1029, primo comma, c.c.), a fronte dell’accoglimento della domanda con determinazione della servitù secondo un certo tracciato e secondo una data ampiezza (cinque metri), idonea al passaggio di persone e veicoli, nonostante che nessuno dei titolari dei fondi gravati dalla servitù così costituita avesse domandato, in appello, se non il rigetto della domanda originaria e che la parte appellata avesse invece chiesto specificamente la conferma della sentenza appellata con riferimento al tracciato e all’ampiezza individuata dal giudice di primo grado, la Corte di Appello ha deciso per la costituzione di una diversa servitù avendo riguardo non all’utilità futura specificata dagli attori originari ma alla destinazione del momento dei fondi interclusi (al fatto cioè che i fondi erano “attualmente incolti”).

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

4. Resta da valutare il ricorso di Gi.An. e Sa.Ri.

I ricorrenti, che erano stati chiamati in causa da Ri.Al. ai sensi dell’art. 1485 c.c. per il caso in cui la servitù richiesta dagli attori fosse stata costituita sul fondo venduto dai ricorrenti alla chiamante, e che avevano fatto istanza di essere estromessi dal giudizio con condanna della Ri.Al. al risarcimento dei danni, denunciano, con un primo motivo, l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c. e, con un secondo motivo, la violazione o falsa applicazione degli artt. 1480, 1484 e 1485 c.c. per avere la Corte di Appello rigettato la domanda di risarcimento danni con la motivazione per cui la chiamata in causa non poteva dirsi “ingiustificata”.

4.1. Il primo motivo è inammissibile.

I ricorrenti, al di la della rubrica, non denunciano l’omesso esame di circostanze di fatto. Formulano in termini di domanda un’argomentazione volta a criticare la sentenza impugnata (“…come potevano mai (i ricorrenti) essere chiamati in giudizio per un fatto (l’azione volta alla costituzione della servitù) verificatosi allorquando non erano più proprietari ?”).

“L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla L. n. 143 del 2012, prevede T’omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate” (Cass. n. 2268 del 26/01/2022).

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

4.2. Il secondo motivo di ricorso è fondato.

L’evizione consiste nel vittorioso intervento espropriativo o rivendicativo di un terzo. Si distingue tra evizione totale (art.1483 c.c.) e parziale (art. 1484 c.c.).

L’evizione limitativa (art. 1489 c.c.) ricorre quando il compratore sia limitato nella facoltà di godimento del bene acquistato, per effetto di confliggenti situazioni di cui i terzi sono titolari.

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa consiste nel fatto che la prima, per la quale vale la garanzia di cui agli artt. 1483 e 1484 cod. civ., si sostanzia nella perdita, in tutto o in parte, della cosa venduta mentre la seconda, riconducibile all’art. 1489 c.c., si sostanzia in una restrizione del godimento del bene, il quale resta, però, integro nella sua identità strutturale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23818 del 21/12/2012).

È stato in particolare affermato che “La domanda di risarcimento del danno, proposta dal compratore che lamenti la presenza sul bene acquistato di un diritto di servitù in favore di un fondo vicino, deve essere inquadrata nell’ambito della fattispecie prevista dall’art. 1489 cod. civ., la quale disciplina il caso in cui la cosa venduta risulti gravata da diritti, reali o personali, altrui, non essendo, invece, applicabile l’art. 1494 cod. civ., che ammette il medesimo compratore a chiedere il risarcimento per i vizi della cosa, diversamente consistenti in un difetto materiale o funzionale del bene” (Cass. Sez. 2, Sentenza n.29367 del 28/12/2011).

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

L’evizione limitativa presuppone che la causa dell’evizione preesista alla vendita. La legge parla di oneri o diritti reali o personali “non apparenti” e “che non siano stati dichiarati” e di cui il compratore non abbia avuto conoscenza”.

L’art. 1489 c.c. non è invocabile in relazione a servitù coattiva non costituita e neppure in corso di costituzione al tempo della vendita. La norma, più precisamente, non è invocabile in relazione a servitù coattiva che possa essere costituita successivamente alla vendita, ancorché in base a situazione di fatto pregressa (quale quella della interclusione di un fondo adiacente al fondo venduto rispetto alla possibilità del relativo proprietario di agire ex art. 1051 c.c.).

L’evizione limitativa presuppone, come l’evizione totale o parziale, l’inadempimento traslativo del venditore (sull’evizione totale, v. Cass.26 gennaio 1995, n.945; Cass. 18 maggio 1971, n.1494).

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

Non è ravvisabile alcuno squilibrio del congegno causale della vendita, siccome cristallizzato nel contratto, che sia imputabile al venditore, nel caso in cui il fatto evizionale sopravvenga alla conclusione del contratto.

In tema di evizione totale è stato evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte che la causa dell’evizione deve preesistere alla vendita (Cass. 10 ottobre 2011, n.20877; Cass. 24 aprile 1993, n. 4853; Cass. 1494/71, cit.; Cass. n. 26627del 18/10/2019).

Solo in apparenza difformi sono le pronunce che hanno ritenuto applicabili le disposizioni sull’evizione in caso di titoli di terzi costituiti dopo la vendita, trattandosi di titoli pur sempre costituiti a causa di violazione dell’impegno traslativo del venditore. Così in particolare le norme sull’evizione sono state ritenute applicabili nei confronti del venditore che – in violazione della buona fede oggettiva (art. 2 Cost. e artt. 1175 e 1375 c.c.) che impone al venditore di non compiere atti che possano pregiudicare l’effetto dell’atto dispositivo in precedenza concluso – abbia di nuovo venduto lo stesso bene già trasferito, prima che il primo atto dispositivo sia stato trascritto. Così, ancora, le norme sull’evizione sono state ritenute applicabili nel caso in cui il fatto evizionale – solo apparentemente successivo alla vendita – è stato integrato dallo svolgimento, da parte del curatore fallimentare della società venditrice, dell’azione di inefficacia ex art. 45 legge fall. (allora vigente) della formalità – successiva al fallimento – del trasferimento di proprietà di autoveicolo, trascritto nel pubblico registro in modo, quindi, ormai inopponibile alla massa, con conseguente obbligo di restituzione del bene anche da parte del terzo sub-acquirente dall’avente causa dalla società fallita (Cass. 14 aprile 2011, n. 8536).

La differenza tra evizione parziale e evizione limitativa

La Corte di Appello ha quindi errato nel ritenere che Gi.An. e Sa.Ri. potessero esser chiamati in causa ai sensi dell’art. 1489 e 1485 c.c.

5. In conclusione devono essere accolti il primo motivo di ricorso di Ve.Ga., il quarto motivo di ricorso di Ve.Ta., devono essere dichiarati assorbiti gli altri motivi dei due ricorsi; deve essere accolto il secondo motivo di ricorso di Gi.An. e Sa.Ri. e dichiarato inammissibile il primo.

In relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso di Ve.Ga. e il quarto motivo di ricorso di Ve.Ta., dichiara assorbiti gli altri motivi dei due ricorsi; accoglie il secondo motivo di ricorso di Gi.An. e Sa.Ri. e dichiara inammissibile il primo motivo; in relazione ai motivi accolti, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso, Roma 27 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2024.

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