Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 maggio 2024| n. 13604.
La denuncia di nullità del lodo arbitrale per inosservanza delle regole di diritto “in iudicando”
La denuncia di nullità del lodo arbitrale per inosservanza delle regole di diritto “in iudicando” è ammissibile solo se circoscritta entro i medesimi confini della violazione di legge opponibile con il ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; ne consegue l’inammissibilità del motivo di ricorso con il quale per mezzo dell’impugnazione per nullità del lodo si contesti la valutazione dei fatti dedotti e delle prove acquisite nel corso del procedimento arbitrale perché tale valutazione è negozialmente rimessa alla competenza istituzionale degli arbitri.
Ordinanza|16 maggio 2024| n. 13604. La denuncia di nullità del lodo arbitrale per inosservanza delle regole di diritto “in iudicando”
Data udienza 8 maggio 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Arbitrato – Lodo (sentenza arbitrale) – Impugnazione – Per nullita’ – In genere giudizio di legittimità – Inosservanza di regole di diritto ‘in iudicando’ – Rilevanza – Limiti ex art. 360, comma 1 n.3, c.p.c. – Sussistenza – Conseguenze – Fondamento.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
composta da:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere Rel. Est.
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 38170/2019 R.G. proposto da:
Mo. Srl, p.i. (Omissis), in persona del legale rappresentante prò tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Ma.Pi. e dall’avv. An.Ma., elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. Ma., nel suo studio in via (…)
ricorrente
contro
Fa. Srl IN LIQUIDAZIONE, in persona del curatore autorizzato dal giudice delegato, rappresentato e difeso dall’avv. Ga.Sp. e dall’avv. Ca.Er., elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. De. nel suo studio in via (…)
controricorrente
avverso la sentenza n. 2563/2019 della Corte d’appello di Venezia depositata il 19-6-2019,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 8-5-2024 dal consigliere Linalisa Cavallino
La denuncia di nullità del lodo arbitrale per inosservanza delle regole di diritto “in iudicando”
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 17-3-2016 Mo. Srl ha convenuto avanti la Corte d’appello di Venezia il Fa. Srl in liquidazione, impugnando il lodo arbitrale reso il 29-10-2015, con il quale il Collegio arbitrale aveva dichiarato la risoluzione del contratto di appalto per la ristrutturazione di immobile ad uso albergo sito a Venezia concluso tra l’appaltatrice Vettore Costruzioni e Restauri Srl e la committente Mo. Srl per l’inadempimento della committente, ha condannato Mo. Srl a pagare il corrispettivo residuo di Euro 100.974,00 oltre iva per le opere eseguite, con gli interessi dalla domanda e a risarcire i danni per Euro 53.700,00 oltre eventuale iva e interessi, ponendo le spese di c.t.u. e a.t.p. a carico di Mo. Srl, nonché le spese per le competenze del collegio arbitrale a carico delle parti per la metà ciascuna, compensando le spese di difesa.
Con sentenza n. 2563 pubblicata il 19-6-2019 la Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’impugnazione, condannando Mo. Srl alla rifusione delle spese di lite.
Per quanto interessa in relazione ai motivi di ricorso proposti, la sentenza in primo luogo ha rigettato l’eccezione sollevata da Mo. Srl di improcedibilità del giudizio arbitrale e di nullità del lodo in quanto pronunciato il 29-10-2015, quando il fallimento della società appaltatrice era stato già dichiarato il 26-10-2015. Ha dichiarato che trovava applicazione l’art. 83-bis L.F., che faceva rinvio all’art. 81 L.F. relativo al contratto di appalto, per cui al momento della pronuncia del lodo il termine per consentire al curatore l’opzione di subentro nel contratto non era ancora scaduto, con la conseguenza che l’effetto di scioglimento del contratto contenente la clausola compromissoria non si era prodotto. Ha aggiunto che il fallimento era intervenuto a istruttoria ormai conclusa, quando mancava solo la pronuncia del collegio arbitrale, per cui non sussisteva alcuna violazione del diritto di difesa o del diritto al contraddittorio, considerando che il Fallimento non si doleva di alcunché sul punto. Ha escluso la violazione dell’art. 24 L.F., in quanto il Collegio arbitrale aveva pronunciato sulle domande di Vettore Costruzioni Srl in bonis nei confronti di Mo. Srl e non aveva esaminato le domande di Mo. Srl precluse ex art. 24 L.F.
Nel merito, la sentenza ha considerato che Mo. Srl aveva dedotto che il primo SAL non era stato vistato, contrariamente a quanto affermato nel lodo, che il terzo SAL non era esigibile, contrariamente a quanto ritenuto dal Collegio arbitrale, e aveva lamentato la contraddittorietà del lodo che aveva affermato la risoluzione consensuale del contratto e aveva dichiarato la risoluzione per inadempimento. Ha dichiarato che l’impugnazione era inammissibile, in quanto non sussisteva né vizio di motivazione riconducibile all’art. 829 n.5 cod. proc. civ. né contraddittorietà rilevante ex art. 829 co. 1 n. 11 cod. proc. civ.; ciò in quanto Mo. Srl si riferiva alla valutazione del materiale probatorio, che era demandata esclusivamente agli arbitri, non vi era contraddizione neppure in ordine alla risoluzione del contratto, in quanto il lodo ricostruiva i fatti, dando atto che il 5-8-2008 le parti avevano convenuto la cessazione del rapporto “riservate le reciproche posizioni” e poi aveva dichiarato la risoluzione per inadempimento rispondendo al quesito arbitrale.
2. Mo. Srl ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Ha resistito con controricorso il Fa. Srl in liquidazione, dichiarato con sentenza n. 159/2015 del Tribunale di Venezia, in persona del curatore autorizzato dal giudice delegato con decreto di data 15-12-2019.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del giorno 8-5-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
La denuncia di nullità del lodo arbitrale per inosservanza delle regole di diritto “in iudicando”
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente Mo. Srl deduce “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 43 L. fall. e 816-sexies c.p.c., anche in relazione all’art. 24 L. fall. (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) e rileva come non si possano fare valere in sede arbitrale ragioni di credito verso il fallito, dovendosi applicare l’art. 24 L.F.; evidenziando come in sede arbitrale Mo. Srl avesse proposto nei confronti della società appaltatrice proprie domande, sostiene che il Collegio arbitrale non potesse più occuparsi della vicenda; aggiunge che il curatore non era subentrato nel contratto di appalto e neppure nel giudizio, per cui non vi era alcuna vincolatività del lodo nei confronti del curatore e lamenta che sia stato disatteso anche il disposto dell’art. 816-sexies cod. proc. civ. e quello dell’art. 43 L.F.
1.1. Il motivo è infondato, in quanto non sussiste nessuna violazione delle disposizioni indicate dal ricorrente.
Cass. Sez. U 23-2-2023 n. 5694 Rv. 667323-01 ha posto il principio secondo il quale il giudizio arbitrale promosso sulla base di clausola compromissoria accessoria a un appalto e per l’accertamento di un credito da esso dipendente diviene improcedibile al sopraggiungere della liquidazione coatta amministrativa – ma lo stesso principio vale per il fallimento – della parte debitrice, stante l’esclusività dell’accertamento del passivo nella sede concorsuale a cui è tenuta ai sensi degli artt. 52 e 93 L.F. la parte creditrice, se il rapporto è ancora pendente e cioè non esaurito ai sensi dell’art. 72 L.F. Diversamente da quanto sostiene la ricorrente, lo stesso principio non vale nel caso in
cui il fallimento colpisca, come nella fattispecie, la parte creditrice, in quanto non sussiste regola di attrazione di accertamento anche dell’attivo in sede concorsuale (cfr. Cass. Sez. U 12-11-2004 n. 21499 Rv. 578019-01). Per altro verso, non sussistono nella fattispecie neppure i presupposti per applicare l’ulteriore principio posto da Cass. Sez. U 5694/2023 Rv. 667323-02, secondo cui è nullo il lodo emesso prima della scadenza del termine di sessanta giorni assegnato dall’art. 81 L.F. all’organo concorsuale per dichiarare il proprio eventuale subentro nel contratto di appalto a cui accede la clausola compromissoria, perché il principio è stato posto con riferimento all’ipotesi del lodo che avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile in ragione del fallimento della parte debitrice. Non rileva per giungere ad altra conclusione quanto deduce la ricorrente in ordine al fatto che essa aveva vantato nel procedimento arbitrale un proprio credito nei confronti della società poi fallita, perché costituisce dato di fatto che il lodo non ha accertato tale credito; quindi in concreto non si pone la questione che comunque, applicando i principi posti da Cass. Sez. U. 5694/2023, si sarebbe potuta risolvere attraverso la dichiarazione di improcedibilità limitata alla domanda proposta nei confronti del debitore fallito o, in mancanza, in una nullità parziale del lodo, fermo il diritto del soggetto di fare valere in via concorsuale i suoi diritti di credito nei confronti del fallito. Infatti è chiaro che la dichiarazione di improcedibilità e di nullità del lodo nell’impianto dogmatico della pronuncia di Sez. U 5694/2023 è finalizzato a tutelare esclusivamente il concorso dei creditori del fallito e perciò non ha ragione di essere prevista a favore del debitore del fallito, con l’effetto di porre nel nulla l’accertamento del credito del fallito, che non deve essere accertato in sede concorsuale.
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La ricorrente non può neppure porre questione di violazione dell’art. 816-sexies cod. proc. civ. per il fatto che il lodo è stato pronunciato il 29-10-2015 a fronte di fallimento della società appaltatrice dichiarato il 26-10-2015, perché l’art. 816-sexies cod. proc. civ. prevede esclusivamente, per il caso di morte, estinzione, perdita di capacità della parte, che gli arbitri assumano le misure idonee a garantire il contraddittorio, e perciò evidentemente a garanzia della parte colpita dall’evento; quindi, come esattamente già evidenziato dalla sentenza impugnata, era soltanto il Fallimento che avrebbe eventualmente potuto lamentarsi della violazione dell’art. 816-sexies cod. proc. civ. impugnando il lodo sul punto, mentre la società ricorrente neppure indica quale lesione del suo diritto al contraddittorio avrebbe subito (cfr. Cass. Sez. 1 7-9-2020 n. 18600 Rv. 658811-01, secondo cui la questione della violazione del contraddittorio nel giudizio arbitrale deve essere esaminata se vi sia indicazione dello specifico pregiudizio arrecato al diritto di difesa).
2. Con il secondo motivo, “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1454 c.c. (art. 360 n.3 c.p.c.)”, la ricorrente dichiara che la diffida del 16-6-2008 contemplava crediti non ancora esigibili, in quanto aveva a oggetto il pagamento del terzo SAL per opere strutturali nell’importo di Euro 129.580,00 di cui alla fattura n. 25/2008 di data 9 giugno 2008, che ai sensi dell’art. 18 del contratto avrebbe dovuto essere pagata entro trenta giorni. Quindi evidenzia che alla data della diffida del 166-2008 il credito non era esigibile, diversamente da quanto ritenuto dalla società appaltatrice e dalla Corte d’appello, con conseguente violazione dell’art. 1454 cod. civ.
3. Con il terzo motivo, “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 n. 5 c.p.c.)”, la ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia considerato che con la diffida del 16-6-2008 l’appaltatrice aveva chiesto non solo il pagamento di fattura non esigibile, ma anche il pagamento del primo SAL per opere architettoniche mai vistato e il pagamento del terzo SAL per opere architettoniche mai vistato né liquidato. Quindi lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto erroneamente liquidi ed esigibili i crediti di cui alle fatture n. 49/2007 e 25/2008 e assorbenti tali ragioni, non esaminando gli ulteriori motivi addotti dall’appaltatrice e così dimenticando di considerare che la stessa aveva preteso il pagamento del terzo SAL architettonico non vistato né liquidato.
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4. Con il quarto motivo, “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 829 n. 5 c.p.c. e/o dell’art. n. 111 c.p.c. e/o dell’art. 829 n. 7 c.p.c. (ex art. 360 n. 3 c.p.c.)”, la ricorrente sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, le doglianze di cui ai suoi motivi secondo e terzo rientravano nell’ambito dell’art. 829 n.5, n.11 e n. 7 cod. proc. civ., in quanto nella nozione di nullità verificatasi nel corso del giudizio arbitrale deve comprendersi l’errore risultante dagli atti e dai documenti e sul quale si è fondato il lodo impugnato. Lamenta che la Corte d’appello, senza chiarirne le ragioni, abbia ritenuto accettabile che il lodo avesse ritenuto esigibile un credito che per tabulas non lo era e abbia ritenuto risolto il contratto per inadempimento di Mo. Srl sulla base di una diffida avente a oggetto crediti non ancora scaduti. Sostiene che il Collegio arbitrale aveva confuso il Certificato di pagamento con lo Stato di Avanzamento Lavori e che la Corte territoriale a sua volta ha aderito a tale gravissimo errore, per di più dichiarando che il Collegio arbitrale aveva fatto proprie le risultanze della c.t.u., nonostante Mo. Srl avesse affermato che il Collegio si era discostato dalle risultanze della c.t.u.
5. Con il quinto motivo, “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 c.p.c.)”, la ricorrente evidenzia che il Collegio arbitrale non solo aveva erroneamente ritenuto che i crediti oggetto di diffida fossero tutti portati da SAL vistati, ma si era anche immotivatamente discostato dagli esiti della c.t.u., che aveva accertato la non debenza degli importi richiesti per i SAL architettonici posti a fondamento della sospensione e della diffida ad adempiere. Rileva che il consulente aveva censurato la sospensione dei lavori e la diffida ad adempiere, per cui le stesse erano illegittime, e sostiene che tali doglianze rientrino nell’ambito dell’art. 829 n.5 cod. proc. civ. Quindi aggiunge che il lodo reca disposizioni contraddittorie, sia a pag. 38 laddove dichiara di avere recepito il contenuto della c.t.u., mentre l’ha disattesa nei termini esposti, sia laddove ha dichiarato la risoluzione del contratto per inadempimento di Mo. Srl, dopo avere ritenuto la risoluzione consensuale intervenuta il 5-8-2008 con la restituzione del cantiere.
Lamenta che la sentenza impugnata abbia escluso la contraddittorietà del lodo affermando erroneamente che Mo. Srl avrebbe dedotto le divergenze della decisione rispetto alle risultanze della consulenza, in modo erroneo, in quanto nel secondo motivo di impugnazione non vi era alcun riferimento al contenuto della consulenza d’ufficio, ma solo ai documenti, con riferimento ai SAL non vistati e ai crediti non scaduti al momento della diffida; aggiunge che con il terzo motivo aveva lamentato la divergenza della decisione rispetto alle risultanze della consulenza e sostiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto procedere a un nuovo accertamento, essendo denunciato errore nel procedimento.
Inoltre la ricorrente lamenta non sia stato considerato anche il terzo credito posto a base della diffida, quello relativo al terzo SAL architettonico mai liquidato e nonostante ciò posto a base della diffida; sostiene perciò la contraddittorietà del lodo, che avrebbe dovuto considerare quello che era il credito più cospicuo ai fini di una corretta valutazione, e lamenta che la Corte d’appello nulla abbia detto in ordine all’omissione in cui è incorso il Collegio arbitrale, così come sostanzialmente nulla abbia detto sul fatto che il Collegio arbitrale prima ha dato atto della risoluzione del rapporto alla data del 5-8-2008 e poi ha ricondotto la risoluzione del rapporto alla diffida.
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6. La disamina dei motivi di ricorso dal secondo al quinto deve essere eseguita tenendo presente che il giudizio di impugnazione del lodo arbitrale si compone in due fasi, la prima rescindente, finalizzata all’accertamento di eventuali nullità del lodo e che si può concludere con l’annullamento del medesimo e la seconda rescissoria, che fa seguito all’annullamento e nel corso della quale il giudice procede alla ricostruzione del fatto sulla base delle prove dedotte; nella prima fase non è consentito alla Corte d’appello procedere ad accertamenti di fatto, dovendo limitarsi all’accertamento delle eventuali nullità in cui siano incorsi gli arbitri, pronunciabili solo per determinati errori in procedendo, nonché per inosservanza delle regole di diritto nei limiti previsti dal medesimo art. 829 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 6-1 16-42018 n. 9387 Rv. 649142-01, Cass. Sez. 1 8-10-2010 n. 20880 Rv. 614361-01).
Nella fattispecie la sentenza della Corte d’appello, avendo escluso qualsiasi nullità del lodo, ha limitato il giudizio alla fase rescindente e quindi il sindacato di legittimità è evidentemente limitato ai vizi della pronuncia per avere escluso la nullità del lodo. Nell’esercizio di tale sindacato la Cassazione non può neppure esaminare direttamente il provvedimento degli arbitri, ma deve esaminare solo la pronuncia emessa nel giudizio di impugnazione, allo scopo di verificare se essa sia corretta in relazione ai profili di censura del lodo (Cass. Sez. 6-1 24-10-2017 n. 25189 Rv. 647014-01, Cass. Sez. 2 26-5-2015 n. 10809 Rv. 635440-01, Cass. Sez. 1 4-6-2004 n. 10641 Rv. 573383-01).
Quindi, bisogna tenere presente che la denuncia di nullità del lodo arbitrale postula, in quanto ancorata agli elementi accertati dagli arbitri, l’esplicita allegazione dell’erroneità del canone di diritto applicato rispetto a detti elementi e non è proponibile in collegamento con la mera deduzione di lacune di indagine e di motivazione, che potrebbero evidenziare l’inosservanza di legge solo all’esito del riscontro dell’omesso o inadeguato esame di circostanza di carattere decisivo (Cass. Sez. 1 12-11-2018 n. 28997 Rv. 651474-01, Cass. Sez. 1 12-9-2014 n. 19324 Rv. 632214-01); in altri termini, l’ammissibilità della denuncia di nullità del lodo ai sensi dell’art. 829 co.2 cod. proc. civ. per inosservanza di regole di diritto in iudicando è ammissibile solo se circoscritta entro i medesimi confini della violazione di Legge opponibile con il ricorso per cassazione ex art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 1 31-7-2020 n. 16559 Rv. 658604-01, Cass. Sez. 1 11-10-2006 n. 21802 Rv. 594366-01).
Ne consegue altresì che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione formulato avverso la sentenza della Corte territoriale ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., con il quale il ricorrente riproponga questioni di fatto già oggetto della decisione arbitrale, in quanto il controllo della Suprema Corte non può mai consistere nella rivalutazione dei fatti, neppure in via di verifica dell’adeguatezza e congruenza dell’iter argomentativo seguito dagli arbitri (Cass. Sez. 61 7-2-2018 n. 2985 Rv. 647336-01, Cass. Sez. 1 26-7-2013 n. 18136 Rv. 627400-01). La valutazione dei fatti dedotti e delle prove acquisite nel corso del procedimento arbitrale non può essere contestata a mezzo dell’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, perché tale valutazione è negozialmente rimessa alla competenza istituzionale degli arbitri (Cass. Sez. 1 24-6-2011 n. 13968 Rv. 618515-01); la valutazione dei mezzi di prova acquisiti al processo da parte degli arbitri non può essere denunciata quale vizio di nullità del lodo neppure sotto il profilo del difetto di motivazione ai sensi dell’art. 829 n. 5 cod. proc. civ., essendo tale vizio ravvisabile nelle sole ipotesi in cui la motivazione manchi del tutto, o sia a tal punto carente da non consentire di comprendere l’iter del ragionamento eseguito dagli arbitri e di individuare la ratio della decisione adottata (Cass. Sez. U 8-102008 n. 24785 Rv. 604881-01).
6.1. Facendo applicazione dei principi esposti, deve essere dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso per la ragione, assorbente rispetto a tutte le altre, che la ricorrente, nonostante prospetti la violazione dell’art. 1454 cod. civ., in sostanza lamenta che la Corte territoriale non abbia considerato che in fatto non sussistevano i presupposti per eseguire la diffida ad adempiere; quindi l’inosservanza di legge potrebbe risultare soltanto all’esito del riscontro dell’erroneo esame delle circostanze di fatto da parte degli arbitri.
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6.2. Devono essere dichiarati inammissibili anche il terzo motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. e il quinto motivo nella parte in cui è formulato ai sensi dell’art. 360 co.1 n.5 cod. proc. civ., in quanto i motivi sono finalizzati a ottenere una diversa ricostruzione dei fatti già oggetto della decisione arbitrale, non potendosi procedere in questa sede a una rivalutazione dei fatti, neppure in termini di verifica dell’adeguatezza e congruenza dell’iter argomentativo seguito dagli arbitri.
7. Il quarto motivo e il quinto motivo, in quanto prospettano la nullità del lodo ex artt. 829 co.1 n. 5 e n. 11 cod. proc. civ. per mancanza di motivazione e per contenere disposizioni contraddittorie e perciò lamentano che siano stati rigettati i relativi motivi di impugnazione del lodo, sono infondati.
La Corte territoriale, escludendo nel lodo l’esistenza del vizio di cui all’art. 829 n. 5 cod. proc. civ., ha fatto corretta applicazione del principio secondo il quale, in tema di impugnazione del lodo arbitrale, il difetto di motivazione, quale vizio riconducibile all’art. 829 n. 5 cod. proc. civ., in relazione all’art. 823 n. 3 cod. proc. civ., è ravvisabile solo nel caso in cui la motivazione del lodo manchi del tutto o sia a tal punto carente da non consentire l’individuazione della ratio della decisione adottata o, in altre parole, da denotare un iter argomentativo assolutamente inaccettabile sul piano dialettico, così da risolversi in una non motivazione (Cass. Sez. 6-1 18-5-2018 n. 12321 Rv. 64906501, Cass. Sez. 1 22-3-2007 n. 6986 Rv. 597703-01). Nella fattispecie nessuno degli elementi dei quali si lamenta la ricorrente è utile a ritenere che il giudizio espresso dalla Corte d’appello sull’inesistenza del vizio dell’art. 829 n. 5 cod. proc. civ. sia stato erroneo, perché tutta la costruzione della ricorrente è fondata sugli errori di giudizio del Collegio arbitrale, che in quanto tali non presuppongono né mancanza né assoluta carenza della motivazione.
Esattamente la Corte d’appello ha escluso anche il vizio ex art. 829 n.11 cod. proc. civ., in quanto il vizio relativo alla contraddittorietà tra le disposizioni del lodo sussiste allorché la presenza di affermazioni contraddittorie determini l’impossibilità di ricostruire il percorso logico e giuridico sottostante alla decisione (Cass. Sez. 1 24-1-2023 n. 2166, non massimata, Cass. Sez. 1 5-2-2021 n. 2747 Rv. 660561-02 con riguardo all’attuale formulazione della disposizione e Cass. Sez. 1 25 -1-2016 n. 1258 Rv. 638501-01 e Cass. Sez. 1 28-5-2014 n. 11895 Rv. 631478-01 con riguardo alla formulazione precedente).
La ricorrente insiste sulla contraddizione presente nel lodo con riguardo alla risoluzione del contratto e, al contrario, la sentenza impugnata ha espressamente preso in esame il contenuto del lodo sul punto escludendo qualsiasi contraddizione, con motivazione che si sottrae a tutte le critiche svolte; infatti, la sentenza ha evidenziato che la cessazione del rapporto il 5-8-2008 era stata concordata dalle parti “riservate le reciproche ragioni”, per cui il Collegio arbitrale aveva risposto al quesito arbitrale dichiarando la risoluzione per l’inadempimento della parte che aveva individuato come inadempiente.
Neppure le ulteriori contraddizioni del lodo delle quali si lamenta la ricorrente hanno i requisiti richiesti dall’art. 829 n.11 cod. proc. civ.
In ordine alla doglianza riferita al fatto che il lodo abbia considerato giustificata la diffida ad adempiere nonostante avesse a oggetto anche crediti non scaduti, con tale argomento la stessa ricorrente riconosce che la diffida aveva a oggetto anche crediti scaduti, per cui si rimane nell’ambito della valutazione dei fatti e dell’inadempimento delle parti che spettava al Collegio arbitrale. In ordine al fatto che il lodo abbia dichiarato di aderire alle conclusioni del consulente d’ufficio, nonostante non avesse recepito le sue valutazioni sulla sospensione dei lavori e sulla diffida ad adempiere, la ricorrente non riesce a individuare una contraddizione con riguardo alla quale si possa ritenere che la Corte d’appello avrebbe dovuto svolgere specifica disamina; ciò in quanto la ricorrente non specifica in quale punto del lodo sia stata svolta questa affermazione di adesione alle conclusioni del c.t.u., che ben può avere riguardato questione diversa da quella della sospensione dei lavori e della diffida ad adempiere, che in effetti non era di pertinenza del c.t.u. valutare.
8. In conclusione il ricorso è interamente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la società ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore del Fallimento controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
La denuncia di nullità del lodo arbitrale per inosservanza delle regole di diritto “in iudicando”
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 8.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege. Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il giorno 8 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2024.
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