Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 28126.
Ipotesi di revocazione ed il documento preesistente alla decisione impugnata
L’ipotesi di revocazione di cui al n. 3 dell’articolo 395 cod. proc. civ. presuppone che un documento preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto produrre a suo tempo per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione, sicché essa non può essere utilmente invocata con riferimento ad un documento formato dopo la decisione. Infatti, la necessità di intendere in termini strettamente letterali la nozione di “documento preesistente” cui fa riferimento la disposizione citata risale a ragioni di elementare certezza processuale, avendo il legislatore inteso riservare la possibilità di un’impugnazione straordinaria come quella in esame alla sola parte che, senza alcuna colpa propria, non abbia potuto produrre in giudizio una “prova già esistente”, evidentemente intendendola come precostituita alla decisione assunta come viziata, con la conseguenza che la parte che sia venuta in possesso di una prova formata successivamente al giudizio non potrà evitare gli effetti di un giudicato precedentemente consolidatosi (Nel caso di specie, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto incensurabile la sentenza con la quale la corte territoriale aveva rigettato il ricorso per revocazione proposto avverso la sentenza con la quale la medesima corte aveva rigettato l’appello proposto nei confronti della sentenza di primo grado, che aveva, a sua volta, disatteso la domanda proposta dai ricorrenti per la condanna della compagnia assicuratrice, in qualità di impresa designata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada, al risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale: nella circostanza, infatti, osserva la decisione in epigrafe, del tutto correttamente, il giudice “a quo” aveva escluso la fondatezza della revocazione proposta dagli odierni ricorrenti, negando ingresso alla valutazione di una dichiarazione scritta resa da un testimone oculare del sinistro stradale dedotto in giudizio materialmente venuta in essere solo successivamente alla formazione del giudicato impugnato). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, sentenza 10 febbraio 2017, n. 3591; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 13 ottobre 2015, n. 20587).
Ordinanza|| n. 28126. Ipotesi di revocazione ed il documento preesistente alla decisione impugnata
Data udienza 12 settembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Sinistro stradale – Risarcimento danni – Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada – Giudizio di revocazione – Art. 395, n. 3, cpc – Testimonianza scritta Documenti preesistenti non prodotti tempestivamente – Ritrovamento – Interpretazione restrittiva della norma
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STFANO Franco – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26962/2022 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS), che, unitamente all’avv.to (OMISSIS), li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2963/2022 della CORTE D’APPELLO DI ROMA depositata il 4/05/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2023 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.
Ipotesi di revocazione ed il documento preesistente alla decisione impugnata
RILEVATO
che,
con sentenza resa in data 4/5/2022, la Corte d’appello di Roma ha rigettato il ricorso per revocazione proposto da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso la sentenza (del 25 gennaio 2017), con la quale la medesima corte d’appello aveva rigettato l’appello proposto nei confronti della sentenza di primo grado, che aveva, a sua volta, disatteso la domanda proposta dagli istanti per la condanna della (OMISSIS) s.p.a. (in qualita’ di impresa designata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada) al risarcimento dei danni subiti dagli attori a seguito di un sinistro stradale verificatosi nel febbraio del (OMISSIS);
a fondamento della decisione assunta, per quel che ancora rileva in questa sede, la corte territoriale ha evidenziato come l’impugnazione per revocazione straordinaria proposta dai ricorrenti ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 3 era stata dagli stessi correlata al preteso ritrovamento (nel gennaio del 2021 e, dunque, successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata per revocazione) di un documento contenente una dichiarazione scritta resa da un soggetto che aveva riconosciuto (a seguito di un annuncio di ricerca testimoni pubblicata su un quotidiano del (OMISSIS)) di aver assistito al sinistro stradale dedotto in giudizio e di essersi avveduto, in tale circostanza, dell’ascrivibilita’ della responsabilita’ relativa a tale sinistro alla condotta di guida di un soggetto che si era dileguato immediatamente dopo il fatto;
tanto premesso, l’impugnazione degli odierni istanti doveva ritenersi del tutto infondata, non potendo tale dichiarazione scritta ricondursi in alcun modo alla previsione dell’articolo 395 c.p.c., n. 3, nella parte attribuisce rilievo decisivo, ai fini della revocazione, ai soli documenti preesistenti alla decisione impugnata, non potuti produrre tempestivamente per cause di forza maggiore o per fatto dell’avversario;
avverso la sentenza della corte d’appello romana, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;
la (OMISSIS) s.p.a. resiste con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memoria;
il Collegio si e’ riservato il deposito nei sessanta giorni successivi.
Ipotesi di revocazione ed il documento preesistente alla decisione impugnata
CONSIDERATO
che,
con l’unico motivo di impugnazione proposto, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale adita in sede di revocazione fornito un’interpretazione eccessivamente restrittiva, e dunque erronea, dell’articolo 395 c.p.c., n. 3, confondendo il profilo della formazione del documento prodotto (nella specie della materiale stesura della dichiarazione scritta resa dal testimone oculare del sinistro stradale dedotto in giudizio) con quella del suo ritrovamento (o recupero), dovendo ritenersi che la prova attestata da quella dichiarazione scritta fosse gia’ esistente al momento del fatto illecito (in quanto oggetto di percezione da parte del testimone) e non potuta produrre per fatto non imputabile agli odierni ricorrenti, nella specie del tutto ignari della presenza di tale testimone sul teatro dell’il-lecito per essere venuti a conoscenza di tale presenza (e dalla dichiarazione resa da tale testimone) solo successivamente alla pubblicazione della sentenza d’appello impugnata per revocazione;
cio’ posto, dovendo intendersi la nozione di documento preesistente menzionata nell’articolo 395 c.p.c., n. 3 come comprensiva dei dati informativi percepiti dal testimone al momento del fatto illecito del quale lo stesso era stato spettatore, indipendentemente dalla relativa formalizzazione materiale in epoca successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata per revocazione, la sentenza impugnata in questa sede doveva ritenersi emessa in palese violazione delle norme di legge richiamate in ricorso;
il motivo e’ infondato;
osserva il Collegio come, secondo l’insegnamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte, l’ipotesi di revocazione di cui all’articolo 395 c.p.c., n. 3 presuppone che un documento preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto produrre a suo tempo per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione, sicche’ essa non puo’ essere utilmente invocata con riferimento a un documento formato dopo la decisione (v. Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 20587 del 13/10/2015, Rv. 637376 – 01; cfr. altresi’, ex plurimis, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3591 del 10/02/2017, Rv. 643102 – 01, secondo cui l’ipotesi di revocazione di cui al n. 3) dell’articolo 395 c.p.c. presuppone che un documento decisivo preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto a suo tempo produrre per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione, sicche’ non puo’ essere utilmente invocata facendo riferimento ad un documento “rivelatosi’ decisivo dopo la decisione);
tale orientamento (che il Collegio condivide integralmente e fa proprio al fine di assicurarne continuita’) dev’essere confermato in questa sede, dovendo ribadirsi come la necessita’ di intendere in termini strettamente letterali la nozione di documento preesistente (cui fa riferimento l’articolo 395 c.p.c., n. 3) risalga a ragioni di elementare certezza processuale, avendo il legislatore inteso riservare la possibilita’ di un’impugnazione straordinaria come quella in esame alla sola parte che, senza alcuna colpa propria, non abbia potuto produrre in giudizio una “prova gia’ esistente’, evidentemente intendendola come precostituita alla decisione assunta come viziata, con la conseguenza che la parte che sia venuta in possesso di una prova formata successivamente al giudizio non potra’ evitare gli effetti di un giudicato precedentemente consolidatosi;
diversamente da quanto suggestivamente argomentato dagli odierni ricorrenti, il dato informativo che rimane semplicemente impresso nella memoria dello spettatore di un fatto, senza estrinsecarsi in alcuna forma esteriormente percepibile, non potra’ mai intendersi, ne’ alla stregua di un documento, ne’ piu’ in generale, alla stregua di una prova (da ritenersi, in ipotesi, preesistente alla formazione del giudicato sui fatti che tale memoria soggettiva dovrebbe attestare), dovendo viceversa valorizzarsi, al fine di aggredire la stabilita’ del giudicato, il piu’ elevato grado di certezza processuale di regola attribuita alle rappresentazioni assicurate da una prova documentale materialmente gia’ formata e quindi tecnicamente precostituita rispetto alla decisione che si pretende invalidamente assunta, rispetto a un mero interno psichico la cui obiettiva entita’ e il cui effettivo valore rappresentativo risultano (si ripete, in assenza di alcuna precedente ed obiettiva estrinsecazione in forme esteriormente percepibili) di impossibile apprezzamento;
del tutto correttamente, pertanto, il giudice a quo ha escluso la fondatezza della revocazione proposta dagli odierni ricorrenti, negando ingresso alla valutazione di una dichiarazione testimoniale materialmente venuta in essere solo successivamente alla formazione del giudicato impugnato in questa sede;
le considerazioni che precedono, in ordine all’obiettiva rilevanza costituzionale dell’interesse alla certezza e alla stabilita’ delle decisioni processuali (univocamente conferita dalla normale intangibilita’ del giudicato), come pure alla relativa revocabilita’ unicamente a fronte del successivo rinvenimento di prove preesistenti dotate della ragionevole attendibilita’ di un documento (come traccia materiale e percepibile dotata di valenza rappresentativa), valgono a giustificare la manifesta infondatezza delle eccezioni di legittimita’ costituzionale sollevate dalla parte ricorrente nella memoria da ultimo depositata: essendo evidente la prevalenza di essenziali esigenze di certezza del diritto a presidio del giudicato sul diritto di difesa della parte, legittimamente riconosciuto soltanto in relazione agli strumenti di prova gia’ esistenti, incolpevolmente ignorati, di cui quindi e’ mancata la sottoposizione al giudicante al momento di assumere la decisione che si pretende viziata;
sulla base di tali premesse, rilevata l’infondatezza della censura esaminata, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;
le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 10.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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