Corte di Cassazione, penale, Sentenza|13 aprile 2021| n. 13741.
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, le ipotesi rispettivamente previste all’art. 570, comma primo e comma secondo, n.2 cod. pen., configurano due reati autonomi che non sono in rapporto di progressione criminosa, avendo ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità così da richiedere, sul piano processuale, l’apprezzamento di strategie difensive diverse. (In applicazione del principio la Corte ha annullato la sentenza di condanna emessa per violazione degli obblighi di assistenza morale del padre nei confronti del figlio, ritenendo che quest’ultima condotta costituisse un fatto nuovo rispetto alla sola contestazione di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza).
Sentenza|13 aprile 2021| n. 13741
Data udienza 4 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Violazione degli obblighi di assistenza familiare – Giudizio abbreviato – Configurabilità del “fatto nuovo” della fattispecie di sottrazione dagli obblighi di assistenza morale rispetto all’imputazione originaria – Annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente al reato di cui all’art. 570 co. 1 c.p.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISCUOLO Anna – Presidente
Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere
Dott. CALVANESE E. – rel. Consigliere
Dott. GIORGI Maria – Consigliere
Dott. PATERNO’ RADDUSA Benedett – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 09/10/2017 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ersilia Calvanese;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Perelli Simone, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata per il reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 1, per violazione dell’articolo 521 c.p.p., con rinvio per la rideterminazione della pena sul residuo reato e con la trasmissione degli atti al P.M. per i fatti di cui all’articolo 570 c.p., comma 1.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Brescia confermava la sentenza del Tribunale di Bergamo che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia l’imputato (OMISSIS) per il reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 1 e comma 2, n. 2 commesso nei confronti del figlio minore (OMISSIS).
All’imputato era stato contestato il delitto di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, per essere venuto meno, con attuale permanenza, agli obblighi di assistenza familiare inerenti alla sua qualita’ di coniuge, non ottemperando a quanto stabilito dal Tribunale per i minorenni con sentenza n. 1716/13, omettendo di versare a (OMISSIS) la somma mensile di Euro 400 da rivalutare annualmente, nonche’ il 50% delle spese mediche straordinarie ed odontoiatriche, le spese scolastiche, parascolastiche, nonche’ la somma bimestrale di 350 Euro (ratei arretrati del suddetto contributo) a titolo di mantenimento del figlio minore (OMISSIS), facendo cosi’ mancare loro i mezzi di sussistenza.
In primo grado, il Tribunale aveva dato atto in sentenza che l’imputazione aveva ad oggetto due diverse condotte omissive: la prima relativa agli obblighi di assistenza “inerenti la qualita’ di coniuge” e la seconda relativa gli obblighi di assistenza inerenti la responsabilita’ genitoriale, consistenti nel versamento delle somme indicate dal decreto del Tribunale per i minorenni a favore del figlio minorenne.
Il Tribunale aveva ritenuto che le prove raccolte consentissero di pervenire all’affermazione di responsabilita’ dell’imputato per il delitto di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, con riferimento al figlio minore, mentre per l’imputazione relativa alla (OMISSIS), con la quale non esisteva il rapporto di coniugio, dovesse essere pronunciata sentenza di assoluzione.
Nel valutare la condotta dell’imputato nei confronti del figlio, il Tribunale aveva poi affermato come nella specie ricorresse anche il delitto ex articolo 570 c.p., comma 1, avendo l’imputato abbandonato il figlio minore sottraendosi agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilita’ genitoriale. Pertanto, il primo giudice, ritenuto il concorso tra i due reati, aveva determinato la pena base in mesi otto di reclusione ed Euro 800 di multa alla quale aveva aggiunto l’aumento per il secondo reato di un mese di reclusione ed Euro 100 di multa, riducendo infine la pena per il rito speciale.
Con l’appello, l’imputato aveva dedotto, tra le altre censure, anche la assenza della contestazione del reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 1. Vizio che la Corte di appello ha escluso, sul rilievo che la imputazione contenesse “l’ampia descrizione della condotta” che veniva ad abbracciare anche gli obblighi di assistenza familiare sotto il profilo della responsabilita’ genitoriale. Secondo la Corte di appello, andava preso atto di come le parti avessero dato per assodato l’assunto del primo giudice, tanto da consentire all’acquisizione del decreto con il quale in data 11 dicembre 2016 l’imputato era stato dichiarato decaduto dalla potesta’ genitoriale nei confronti del figlio per il disinteresse non solo alle necessita’ affettive ma anche a quelle affettive ed educative.
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Violazione di legge, in relazione agli articoli 516, 521 e 522 c.p.p., per mancanza di correlazione tra accusa e sentenza e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 1.
L’imputazione aveva ad oggetto soltanto il reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 2 e gli obblighi di natura economica nei confronti del figlio minore, ma non anche gli altri obblighi di cui al comma 1 della stessa disposizione.
Quindi i Giudici di merito hanno non solo diversamente qualificato il fatto, ma hanno accertato un fatto diverso, ulteriore e autonomo, rispetto a quello contestato.
Ne’ appare corretta la impostazione seguita dalla Corte di appello, secondo cui tale diversa condotta risulterebbe ricompresa comunque nell’ampia descrizione della condotta.
Va inoltre considerato che il primo Giudice aveva ritenuto in motivazione provata la penale responsabilita’ dell’imputato per il solo delitto previsto dall’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2 nei confronti del figlio, per poi in modo illogico ritenere sussistente anche l’altro delitto previsto dal comma 1 della medesima disposizione.
2.2. Violazione di legge in ordine al principio dell’onere della prova e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2.
E’ rimasto inesplorato il tema dello stato di bisogno del minore a seguito dell’omesso versamento dell’assegno di mantenimento.
La Corte di appello ha finito per accedere ad una tesi presuntiva, che e’ contraria ai principi sulla prova degli elementi costitutivi del reato.
Andava invece considerato che la madre del minore ha uno stabile lavoro e stipendio, con il quale la stessa ha potuto far fronte all’esigenze del figlio.
Parimenti, non e’ stata accertata la capacita’ economica dell’imputato, essendo al contrario acclarata la sua mancanza di redditi e risultando ipotetiche le sue possidenze e le spese sostenute. L’imputato aveva assolto all’onere di allegare il suo stato di disoccupazione (tanto da essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato) e la pubblica accusa non ha invece provato la sua concreta possibilita’ di adempiere.
3. Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato nei termini di seguito indicati.
2. E’ inammissibile il secondo motivo, che declina vizi cumulativi, con riferimento all’accertamento della penale responsabilita’ per il reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, meramente ripetitivi di questioni devolute con l’appello e correttamente risolte dalla Corte di appello.
Va rammentato infatti che, secondo un pacifico principio in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore eta’ del figlio, a favore del quale e’ previsto l’obbligo di contribuzione al mantenimento, rappresenta “in re ipsa” una condizione soggettiva di stato di bisogno, che obbliga i genitori ad assicurare i mezzi di sussistenza, indipendentemente dal fatto che al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l’altro genitore o terzi (tra le tante, Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014, S., Rv. 261871).
Quanto poi alla incapacita’ economica dell’imputato a far fronte all’obbligo su di lui gravante, e’ insegnamento costante del giudice di legittimita’ in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare che incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilita’ di adempiere alla relativa obbligazione (per tutte, Sez. 6, n. 7372 del 29/01/2013, S., Rv. 254515), che tuttavia, per rilevare con effetto scriminante deve avere i caratteri di una situazione di assoluta, persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilita’ di introiti (ex multis, Sez. 6, n. 49979 del 09/10/2019, G., Rv. 277626). Come osservato dalla Corte di appello, le allegazioni dell’imputato non avevano assolto l’onere nei termini sopra indicati, rappresentando soltanto la mancanza di fonti di reddito, e viepiu’ dagli atti era emerso che disponesse di una abitazione, evidentemente i cui costi era in grado di sostenere.
3. E’ invece fondato il primo motivo.
Va rammentato che per “fatto nuovo” deve intendersi un fatto ulteriore ed autonomo rispetto a quello contestato, ossia un episodio storico che non si sostituisce ad esso, ma che eventualmente vi si aggiunge, affiancandolo quale autonomo “thema decidendum” (tra le tante, Sez. 3, n. 8965 del 16/01/2019, Mattaboni, Rv. 275928).
Ebbene, le fattispecie previste all’articolo 570 c.p., commi 1 e 2 configurano due reati autonomi e non una progressione criminosa, avendo ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicita’ e nella loro considerazione sociale, cosi’ da richiedere, sul piano processuale, l’apprestamento di strategie difensive completamente diverse (tra le tante, Sez. 6, n. 12307 del 13/03/2012, Rv. 252604).
Cio’ vuol dire che l’accusa di sottrazione dagli obblighi di assistenza morale costituisce un fatto nuovo rispetto a quella di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza.
Effettivamente come esposto in premessa, con riferimento al figlio minore, il capo di imputazione contestava non soltanto formalmente (con la indicazione della precisa norma violata) ma anche in fatto la sola condotta omissiva, consistita nel non ottemperare a quanto stabilito nel decreto del Tribunale per i minorenni di Brescia, che aveva obbligato l’imputato a versare a titolo di mantenimento del figlio minorenne una serie di somme.
Il riferimento agli obblighi di assistenza familiare aveva ad oggetto soltanto i rapporti di coniugio dell’imputato – per i quali il Tribunale lo aveva assolto – ma non quelli derivanti dalla responsabilita’ genitoriale, diversi da quelli di tipo economico.
La risposta fornita dalla Corte di appello alla questione sollevata dalla difesa non appare quindi corretta, posto che nella imputazione non si rinviene alcuna “ampia descrizione della condotta” che abbracci anche gli obblighi di assistenza familiare sotto il profilo della responsabilita’ genitoriale e non era sufficiente, a fronte dell’architettura dell’imputazione, postulare la prevedibilita’ della condanna per il diverso reato per il solo fatto di aver acquisito il provvedimento) che dichiarava l’imputato decaduto dalla responsabilita’ genitoriale per il disinteresse rispetto alle necessita’ del figlio non solo economiche.
4. Ne consegue pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 1, trattandosi di fatto nuovo, con conseguente comunicazione al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo.
Per il resto il ricorso va dichiarato inammissibile.
Alla determinazione della pena per il residuo reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2 puo’ provvedere direttamente questa Corte, ai sensi dell’articolo 620 c.p.p., lettera l), eliminando dal computo della pena l’aumento per il reato oggetto di annullamento.
La pena base era stata infatti determinata avuto riguardo al reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2 (reato piu’ grave punito con pena congiunta) nella misura di mesi otto di reclusione e Euro 800 di multa, alla quale deve essere applicata la riduzione del rito, cosi’ da pervenire alla pena finale di cinque mesi e dieci giorni di reclusione ed Euro 533 di multa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 1, per violazione dell’articolo 522 c.p.p. in relazione a fatto nuovo e dispone darsi comunicazione al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e ridetermina la pena in mesi 5 e giorni 10 di reclusione e 533,00 Euro di multa.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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