Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 20 luglio 2018, n. 34132.
La massima estrapolata:
In tema di stupefacenti, qualora gli indizi a carico di un soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione senza che sia operato il sequestro della sostanza stupefacente (la c.d. droga parlata), la loro valutazione, ai sensi dell’articolo 192 c.p.p., comma 2, deve essere compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore e, ove siano prospettate piu’ ipotesi ricostruttive del fatto, la scelta che conduce alla condanna dell’imputato deve essere fondata in ogni caso su un dato probatorio “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”, caratterizzato da un alto grado di credibilita’ razionale, con esclusione soltanto delle eventualita’ piu’ remote
Sentenza 20 luglio 2018, n. 34132
Data udienza 4 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – rel. Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni Filippo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 30/01/2017 della CORTE APPELLO di L’AQUILA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SEMERARO LUCA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BALDI FULVIO;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ per entrambi i ricorsi.
udito il difensore, avv. (OMISSIS).
Il difensore presente si riporta ai motivi.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila del 30 gennaio 2017 con la quale, in parziale riforma della sentenza del 28 aprile 2015 del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Avezzano, sono state revocate la misura di sicurezza della espulsione dal territorio dello Stato applicata a (OMISSIS) e la confisca del denaro in sequestro. La Corte di appello di L’Aquila ha invece confermato nel resto la sentenza di condanna.
1.1. (OMISSIS) e’ stato condannato per i reati a lui ascritti ai capi c), d), e), qualificati i reati nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, concesse le circostanze attenuanti generiche, con la continuazione, alla pena finale di mesi 8 di reclusione ed Euro 600,00 di multa.
1.2. (OMISSIS) e’ stato condannato per i reati a lui ascritti ai capi m), r), t), qualificati i reati nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, concesse le circostanze attenuanti generiche, con la continuazione, alla pena finale di mesi 6 di reclusione e Euro 600,00 di multa, con la sospensione condizionale della pena ed il beneficio della non menzione.
2. Con il primo motivo, la difesa ha dedotto, con riferimento al capo a) dell’imputazione, i vizi di violazione di legge e difetto di motivazione ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), in riferimento alla violazione dei criteri e dei principi concernenti la valutazione della prova nel processo penale. La difesa ha contestato che la sentenza impugnata ha posto a fondamento delle proprie conclusioni i risultati di intercettazioni telefoniche ritenute dalla difesa dal contenuto ambiguo, non suffragate da esiti di sequestri, pedinamenti e senza nemmeno raggiungere la certezza che fossero riferibili ai ricorrenti tutte le conversazioni loro attribuite dai giudici di merito.
Dopo aver riportato la motivazione della sentenza della Corte di appello di L’Aquila, per la difesa non vi sarebbe stata risposta alle argomentazioni difensive dedotte con l’appello. Rileva la difesa che gli unici elementi di prova sono costituiti dalle conversazioni intercettate. Rileva pero’ la difesa che la complessa attivita’ d’indagine non ha consentito di individuare le fonti di approvvigionamento della sostanza che si assume acquistata; non sono stati individuati eventuali acquirenti; non sono state rinvenute sostanze stupefacenti sulla persona di (OMISSIS) o nella sua abitazione.
Rappresenta la difesa che (OMISSIS) ha dichiarato che all’epoca dei fatti era un assuntore abituale ed ha fornito una spiegazione plausibile nel corso degli interrogatori delle conversazioni.
Per la difesa, non sono stati individuati i luoghi ove la sostanza sarebbe stata custodita, ne’ movimenti o disponibilita’ di denaro compatibili con gli importi indicati nelle conversazioni intercettate. Rileva la difesa che (OMISSIS) ha prodotto le sue buste paga e l’ (OMISSIS) ha dato giustificazione documentale alle somme rinvenute in suo possesso.
Per la difesa, le intercettazioni telefoniche non sono suffragate da riscontri esterni. La difesa ha quindi richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimita’ sul valore probatorio delle intercettazioni telefoniche e sui limiti del giudizio di legittimita’.
Osserva la difesa di riproporre le censure dell’appello perche’ non prese in esame dalla Corte di appello, la quale, con motivazione incongrua e poco esaustiva, non ha minimamente offerto una corretta lettura del contenuto delle intercettazioni.
Per la difesa, le espressioni utilizzate dagli interlocutori in molte conversazioni lasciano dubbi sulla loro interpretazione, trattandosi di soggetti extracomunitari che non parlano la lingua italiana. La difesa ha ribadito che non vi sono stati sequestri conseguenti all’ascolto delle conversazioni; non si evince se l’oggetto delle conversazioni siano le sostanze stupefacenti o il loro tipo.
La difesa ha quindi riportato, integralmente quanto alla posizione di (OMISSIS), i motivi di appello, con i quali ha contestato, in estrema sintesi, per (OMISSIS) il ruolo di intermediario ed ha affermato la destinazione al suo uso esclusivamente personale, come indicato dal ricorrente nell’interrogatorio di garanzia, tenuto conto dello svolgimento dell’attivita’ lavorativa e la sussistenza delle disponibilita’ economiche. Quanto a (OMISSIS), le contestazioni concernono l’individuazione del ricorrente quale autore delle conversazioni, tenuto conto che le intercettazioni sono avvenute sull’utenza del fratello, l’interpretazione delle conversazioni, e l’assenza di riscontri esterni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
1.1. Da quel che e’ dato comprendere dalla lettura delle sentenze di merito gli elementi di prova a carico dei ricorrenti sono costituiti dagli esiti delle intercettazioni telefoniche, che vedrebbero coinvolti anche i ricorrenti.
Nelle sentenze non si fa rifermento in alcun modo al rinvenimento o sequestro di sostanza stupefacente, al passaggio di denaro, alla detenzione di materiali indice di un’attivita’ di cessione. Solo con riferimento alla posizione di (OMISSIS) si fa riferimento a dichiarazioni di clienti del fratello (OMISSIS), senza pero’ che siano state riportate le dichiarazioni e senza neanche indicare in che modo coinvolgano (OMISSIS).
1.2. Occorre ribadire che (cfr. Cass. Sez. 3, n. 16792 del 25/03/2015, Rv. 263356, Di Bello), in tema di stupefacenti, qualora gli elementi a carico di un soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione ma prive di riscontri oggettivi, la loro valutazione deve essere compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore, in considerazione del limitato compendio probatorio; l’assenza di altri elementi di prova impone al giudice un rigoroso onere motivazionale; vi e’ un obbligo di motivazione rafforzata nei casi di cd. droga parlata.
Si veda anche la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 6, n. 27434 del 14/02/2017, Rv. 270299, Albano, che ha affermato che in tema di stupefacenti, qualora gli indizi a carico di un soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione senza che sia operato il sequestro della sostanza stupefacente (la c.d. droga parlata), la loro valutazione, ai sensi dell’articolo 192 c.p.p., comma 2, deve essere compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore e, ove siano prospettate piu’ ipotesi ricostruttive del fatto, la scelta che conduce alla condanna dell’imputato deve essere fondata in ogni caso su un dato probatorio “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”, caratterizzato da un alto grado di credibilita’ razionale, con esclusione soltanto delle eventualita’ piu’ remote.
Cfr. ancora Cass. Sez. 6, n. 5073 del 19/12/2013, Rv. 258523, Attanasio, sulla rilevanza del confronto con le altre fonti di prova dichiarative e documentali.
1.3. L’obbligo di motivazione rafforzata deve essere ribadito, con le seguenti ulteriori precisazioni volte proprio a chiarire il contenuto di tale obbligo.
1.3.1. In presenza infatti di episodi di cd. droga parlata, l’obbligo di motivazione riguarda in primo luogo l’attribuzione delle conversazioni all’imputato; non vi devono essere dubbi che l’utenza telefonica sottoposta ad intercettazione sia stata in uso all’imputato e che lo stesso sia l’autore delle conversazioni.
1.3.2. In secondo luogo, occorre adeguata motivazione quanto alla prova che le conversazioni telefoniche abbiano ad oggetto le sostanze stupefacenti, e rivelino la qualita’ e la quantita’ di sostanza stupefacente trattata, al fine della corretta qualificazione giuridica del fatto, anche mediante il collegamento fra loro di piu’ conversazioni.
1.3.3. Ancora, tenuto conto che la contestazione ha ad oggetto la vendita della sostanza stupefacente, la conversazione intercettata deve rivelare che tra il cedente e l’acquirente si sia concluso il contratto relativo alla cessione della sostanza stupefacente.
Il delitto di cessione, come quello di vendita, di sostanze stupefacenti ha natura istantanea: si consuma nel momento in cui si raggiunge il consenso tra venditore e acquirente delle sostanze stesse; deve essersi formato il consenso delle parti contraenti.
La cessione delle sostanze stupefacenti concretizza un reato contratto, per il quale la legge non richiede che la droga venga materialmente consegnata al compratore, perfezionandosi tale reato attraverso la formazione del consenso sulla quantita’ e qualita’ della sostanza e sul prezzo, senza che occorra la concreta traditio della cosa o il pagamento del corrispettivo (cfr. Cass. Sez. 5, n. 39644 del 29/09/2010, Rv. 248508, Alleanza e altri; Cass. Sez. 1, n. 20020 del 04/04/2013, Rv. 256030, Nettuno).
Dunque, quando nelle conversazioni vi sia la formazione del consenso, mediante lo scambio di proposta ed accettazione, si concretizza il reato di cessione.
1.3.4. Quando invece le conversazioni hanno ad oggetto solo i meri contatti preliminari o ancora quando le conversazioni rivelano che tra l’imputato e la persona con cui conversa si fissano appuntamenti o incontri, in mancanza di altri elementi di prova sulla detenzione delle sostanze stupefacenti o sulla natura consuetudinaria degli incontri per la cessione, gli elementi acquisiti non sono sufficienti per dichiarare la penale responsabilita’ dell’imputato, perche’ non e’ certo l’oggetto delle conversazioni o degli incontri.
Infatti, ove oggetto della conversazione sia solo l’appuntamento tra imputato e l’interlocutore si e’ in una fase anticipata e preliminare delle trattative; non conoscendosi l’esito di tali incontri o trattative, non sussistono elementi di prova sufficienti per ritenere consumato il reato di cessione.
Si vuol dire che la conversazione deve rivelare senza dubbio l’esistenza dell’accordo per la cessione o l’effettiva disponibilita’ dello stupefacente, ove sia contestata la condotta di detenzione.
2. Con l’atto di appello la difesa ha contestato in primo luogo la motivazione della sentenza di condanna, denunciando fra l’altro il “vuoto probatorio” rispetto alla declaratoria di responsabilita’, con riferimento ad ogni singola imputazione.
2.1. In relazione alla posizione di (OMISSIS), aveva rappresentato che di fatto non erano state correttamente esaminate e riportate le intercettazioni del 17, 18, 26 marzo e del 10 maggio 2011.
Quanto al capo d) la difesa aveva contestato che le intercettazioni riportate nella sentenza di primo grado erano relative al 18 aprile 2011, cioe’ ad un fatto non contestato.
Quanto al capo e), la difesa con l’atto di appello aveva contestato sia che dalle intercettazioni telefoniche non emergeva la successiva vendita dello stupefacente – oggetto del capo di imputazione – sia il ruolo di intermediario.
2.2. Quanto a (OMISSIS), a cui sono ascritti i capi m, r, s, e t, la difesa aveva specificamente contestato in primo luogo che nulla era stato indicato sul fatto che il ricorrente fosse l’autore delle conversazioni, tenuto conto che le conversazioni erano avvenute sull’utenza intestata al fratello (OMISSIS), per altro coimputato nello stesso processo.
La difesa aveva contestato la mancanza di vaglio del contenuto complessivo delle intercettazioni telefoniche anche per l’assenza di riscontri esterni alle stesse e la lettura solo accusatoria delle conversazioni di cui al capo r; quanto ai capi m, s e t, aveva contestato l’assenza di motivazione, non essendo state citate le conversazioni poste a fondamento della penale responsabilita’ dell’imputato.
3. La Corte di appello di L’Aquila non ha risposto ai motivi di appello ma ha confermato la sentenza di primo grado che gia’ aveva una motivazione del tutto carente e che non risponde all’obbligo di motivazione prima delineato.
3.1. Deve rilevarsi che nella motivazione della sentenza di primo grado, con riferimento al capo c), sono stati riportati solo alcuni riferimenti alle conversazioni intercettate il 18 ed il 26 marzo 2011, mentre alcuna motivazione si rinviene quanto ai fatti ascritti all’imputato (OMISSIS) il 17 marzo 2011 ed il 10 maggio 2011. Il vizio della motivazione, denunciato con l’atto di appello, e’ stato di fatto riproposto: manca del tutto la motivazione sulla penale responsabilita’ dell’imputato quanto ai fatti a lui ascritti che sarebbero avvenuti il 17 marzo 2011 ed il 10 maggio 2011.
3.2. Per altro, anche con riferimento alle conversazioni intercettate il 18 ed il 26 marzo 2011, il motivo di appello sui quantitativi che sarebbero stati acquistati, compatibili per la difesa con l’uso esclusivamente personale, non sono stati affrontati.
3.3. Anche il motivo di appello relativo al capo d) non e’ stato affrontato, anzi e’ stato ribadito l’errore gia’ commesso dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Avezzano, con evidente vizio della motivazione. La difesa aveva correttamente dedotto con l’appello che le intercettazioni riportate nella sentenza di primo grado erano relative al 18 aprile 2011, cioe’ ad un fatto non contestato. Il motivo di appello, riproposto con il ricorso per cassazione, e’ assolutamente fondato, perche’ il capo d) ha ad oggetto fatti accaduti il (OMISSIS).
In sostanza, la motivazione si riferisce ad un fatto diverso e non contestato, mentre manca del tutto la motivazione sulla penale responsabilita’ dell’imputato quanto al fatto contestato, che risulta dall’imputazione commesso il (OMISSIS).
3.4. Quanto al capo e), la Corte di appello di L’Aquila non ha risposto al motivo di appello. La difesa aveva contestato in particolare che dalle intercettazioni telefoniche non emergeva la successiva vendita dello stupefacente: si tratta di una deduzione decisiva, perche’ la condotta oggetto del capo di imputazione e’ la vendita delle sostanze stupefacenti.
4. Il vizio della mancanza della motivazione sussiste anche quanto alla posizione di (OMISSIS).
4.1. Va rilevato che nella sentenza di primo grado nessuna motivazione sussiste quanto alla identificazione di (OMISSIS) quale autore delle conversazioni.
La Corte di appello di L’Aquila ha ribadito la motivazione della sentenza di primo grado senza minimamente rispondere allo specifico motivo di appello e senza indicare perche’ (OMISSIS) sia l’autore delle conversazioni.
4.2. Ne’ la Corte di appello di L’Aquila ha sanato la mancanza totale della motivazione, specificamente dedotta con i motivi di appello, quanto ai capi m), s) e t): di fatto la Corte di appello di L’Aquila, nel confermare la sentenza di primo grado senza nulla aggiungere, ha motivato in maniera apodittica sulla responsabilita’ dell’imputato, posto che nella sentenza di primo grado, senza neanche riportare il contenuto delle conversazioni per intero o per sintesi, ci si limita ad affermare che le stesse provano il ruolo di collaboratore del fratello.
Non e’ dato sapere quale sia il contenuto delle intercettazioni telefoniche ne’ cosa abbiano riferito i clienti di (OMISSIS) sul ruolo del ricorrente.
La motivazione della sentenza non spiega minimamente se il ricorrente sia stato l’autore della condotta tipica o un concorrente morale o materiale nel reato.
5. I ricorsi devono quindi essere accolti; la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.
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