Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 febbraio 2024| n. 3922.
In tema di responsabilità dei componenti dell’organo di controllo delle società
In tema di responsabilità dei componenti dell’organo di controllo delle società, non è sufficiente, al fine di escludere l’inadempimento dei sindaci, il fatto di avere assunto la carica dopo la realizzazione dei fatti dannosi, ove i soggetti nominati abbiano mantenuto un comportamento inerte, non vigilando adeguatamente sulla condotta degli amministratori, sebbene fosse da essi esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio, di modo che l’attivazione dei poteri sindacali, conformemente ai doveri della carica, avrebbe potuto permettere di scoprire le condotte illecite e reagire ad esse, prevenendo danni ulteriori.
Ordinanza|13 febbraio 2024| n. 3922. In tema di responsabilità dei componenti dell’organo di controllo delle società
Data udienza 16 gennaio 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Societa’ – Di capitali – Societa’ per azioni (nozione, caratteri, distinzioni) – Organi sociali – Collegio sindacale – Doveri – In genere assunzione della carica di sindaco dopo alcuni fatti dannosi – Responsabilità – Inerzia – Condizioni.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. Crolla Cosmo -rel. Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti di cui al procedimento nr 9686/2021 proposti dal Fallimento (…) Spa in liquidazione, domiciliato ex lege in Roma Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. St.Fa.
ricorrente
CONTRO
Ri.Ma., elettivamente domiciliata in Roma piazza (…) presso lo Studio dell’avv. Lu.Lo., rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dagli avv.ti An. Ma. e Ma.Fr.
ha pronunciato la seguente
da Ri.Ma., elettivamente domiciliata in Roma, piazza (…) presso lo Studio dell’avv. Lu.Lo., rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dagli avv.ti An. Ma. e Ma.Fr.
– ricorrente –
CONTRO
Fallimento (…) Spa in liquidazione , domiciliato ex lege in Roma Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. St.Fa.
– contro ricorrente –
avverso il decreto nr. 3352/2021 pronunciato in data 1/3/2021 dal Tribunale di Como;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2024 dal cons. Cosmo Crolla.
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FATTI DI CAUSA
1 Con decreto, ex art. 99 l. fall. del 1/3/2021, il Tribunale di Como, in parziale accoglimento dell’opposizione allo stato passivo proposta da Ri.Ma. ha ammesso il credito professionale, sorto in capo al suo dante causa rag. En.Ca., quale presidente del Collegio Sindacale della fallita, per la minor somma, rispetto a quella indicata nella domanda di ammissione al passivo, di Euro 11.249,18, in prededuzione, al lordo della ritenuta d’acconto, pari ai compensi maturati negli anni 2018-2019.
1.1 Il giudici lariani ritenevano fondata l’eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela con riferimento alle condotte antidoverose tenute dall’organo sindacale che aveva omesso di vigilare sui finanziamenti erogati dai soci per Euro 369.446,75 in una condizione di marcato squilibrio economico e finanziario della (…) Spa, sulla parziale restituzione dei prestiti, in violazione dell’art. 2467 c.c., e sull’indebito rimborso agli amministratori Mo.En. e Monti Rodolfo della somma di Euro 123.500.
1.2 Affermava il Tribunale che non vi era traccia del versamento di una caparra di euro 100.000,00, in aggiunta a quella dello stesso importo già espunta dal Curatore dal conto dei finanziamenti restituiti ai soci, né era logicamente plausibile ricollegare tale somma a un credito derivante da una cessione effettuata a favore di Mo.En. da parte di un terzo, poiché il predetto credito, nel 2014, non era ancora venuto ad esistenza
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1.3 Evidenziavano, infine, i giudici dell’opposizione che, avendo il mandato dell’organo di controllo durata triennale, l’eccezione di inadempimento per omessa vigilanza sui fatti di mala gestio degli amministratori evincibili dai bilanci 2013 e 2014 copriva il periodo 2011-2013 e 2014-2016, con la conseguenza che erano dovuti i compensi maturati dal Collegio sindacale di nuova nomina nel successivo lasso temporale triennale 2017-2019.
2 Il Fallimento e Ri.Ma. hanno proposto ricorso per Cassazione con distinti atti riuniti sotto lo stesso numero di R.G. 9686/2021, il ricorso di Ri.Ma., notificato ed iscritto a ruolo successivamente essendo da considerare, quindi, ricorso incidentale tempestivo. Entrambe le parti hanno depositato memoria finale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo di ricorso proposto dal Fallimento prospetta “Nullità della sentenza ex art. 360 comma 1 n. 4) c.p.c. per manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione e conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c.”; il decreto sarebbe affetto da vizio di manifesta e irriducibile contraddittorietà della motivazione, laddove da un lato riconosce che la curatela ha contestato l’operato dei Sindaci non solo per gli anni di cui al mandato 2013 -2014, ma anche relativamente agli esercizi del periodo 2015 -2018 e, dall’altro, in contrasto irriducibile con detta premessa, sostiene che non siano state mosse specifiche doglianze rispetto al triennio 2017 -2019.
1.1 Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 360 1° comma nr. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto storico oggetto di discussione e decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia; si sostiene che il Tribunale abbia omesso di prendere in considerazione la dedotta protrazione della condotta omissiva sugli atti di mala gestio degli amministratori, le cui conseguenze dannose, in termini di lesione della par condicio creditorum, si sarebbero riversate anche negli anni 2015-2018 senza che i sindaci, che rivestivano anche la funzione di revisori dei conti, le avessero segnalato con conseguente permanenza dell’inadempimento sino alla dichiarazione di fallimento.
2 I due motivi, da scrutinarsi congiuntamente stante la loro intima connessione, sono fondati.
2.1 Il Fallimento, in ossequio al principio di specificità del motivo del ricorso, ha documentato, mediante riproduzione nel corpo del ricorso dei passi degli atti difensivi dimessi nel giudizio di opposizione, di aver dedotto che le conseguenza lesive della par condicio creditorum correlate alle condotte degli amministratori, consistite nei rimborsi dei finanziamenti soci in violazione dell’art. 2467 c.c. nei prelevamenti privi di causa o titolo, si siano protratte anche negli anni successivi alla realizzazione degli atti.
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2.2 Si tratta di un elemento fattuale dagli effetti potenzialmente decisivi per il riconoscimento al Fallimento della possibilità di proporre l’exeptio non adimpleti contractus anche nel triennio 2017-2019, successivo all’approvazione del bilancio 2016, in quanto l’asserita permanenza degli effetti dannosi della condotta di rimborso di finanziamenti soci postergati ex lege e dei prelevamenti anomali degli amministratori determina l’insorgere anche in capo al collegio sindacale di nuova costituzione dell’obbligo di vigilanza e segnalazione degli illeciti atti compiuti dagli amministratori.
2.3 Al riguardo sovviene l’insegnamento di questa Corte secondo il quale non è sufficiente, per escludere l’inadempimento dei sindaci, il fatto di avere assunto la carica dopo l’effettiva realizzazione di alcuni dei fatti dannosi ove gli stessi abbiano mantenuto un comportamento inerte, non vigilando adeguatamente sulla condotta degli amministratori, sebbene fosse da essi esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio, di modo che l’attivazione dei poteri sindacali, conformemente ai doveri della carica, avrebbe potuto permettere di scoprire le condotte illecite e reagire ad esse, prevenendo danni ulteriori; nello stesso modo in cui le dimissioni presentate, ove non fossero accompagnate anche da concreti atti volti a contrastare, porre rimedio o impedire il protrarsi degli illeciti gestori, non escludono l’inadempimento del sindaco posto che, per la pregnanza degli obblighi assunti proprio nell’ambito della vigilanza sull’operato, la diligenza richiesta al sindaco impone, piuttosto, un comportamento alternativo e le dimissioni diventano, anzi, sotto questo profilo, esemplari della condotta colposa tenuta dal sindaco, rimasto indifferente ed inerte nel rilevare una situazione di reiterata illegalità (cfr. Cass. 18770/2091 e, più recentemente 2400/2024).
2.4 Il Tribunale ha omesso ogni esame del fatto storico introdotto dalla ricorrente (costituito dalla permanenza degli effetti dannosi delle condotte degli amministratori anche nei periodi successivi sino al fallimento), oggetto di discussione e decisivo ai fini della decisione, limitandosi ad escludere la possibilità per il fallimento di avvalersi del rimedio ex art. 1460 c.c., sulla base del mero dato temporale della richiesta dei compensi da parte del professionista per un periodo in cui si era insediato il nuovo collegio sindacale.
3 Il terzo motivo denuncia violazione o comunque falsa applicazione degli artt. 1460, 1230 e 1231 c.c. per aver il Tribunale (i) ignorato che l’eccezione di inadempimento non richiede la necessaria contestualità temporale tra l’insorgere del credito e l’inadempimento e (ii) negato l’unicità del mandato del Collegio Sindacale, ritenendo sussistere un nuovo contratto di mandato per l’esercizio 2017 -2019.
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3.1 Il motivo è infondato per le considerazioni che saranno esposte con l’esame del primo motivo del ricorso proposto da Ri.Ma..
4 Il primo motivo di ricorso di Ri.Ma. denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1458, 1450, 2400, 2401, 2402, 2403 e 2751bis c.c., in relazione all’art. 360 1° comma nr. 3 c.p.c.; sostiene la ricorrente che il decreto impugnato abbia errato nell’affermare, ai fini della determinazione dell’ambito di operatività dell’eccezione di inadempimento, la natura unitaria del compenso su base triennale anziché annuale, sicché, essendo l’unità di misura del compenso del sindaco l’annualità, il Tribunale avrebbe dovuto escludere il corrispettivo pattuito per l’attività di sindaco solo con riferimento alle annualità 2013 e 2014, periodi nei quali sarebbero state realizzate le asserite condotte antigiuridiche del sindaco.
4.1 Il motivo è fondato.
4.2 I giudici circondariali hanno accertato che i rilievi relativi alla carente vigilanza dei sindaci si riferiscono agli esercizi 2013 e 2014; ciò nondimeno, secondo Tribunale, l’eccezione di inadempimento del collegio sindacale paralizzerebbe il diritto al compenso per l’intero triennio della durata del mandato atteso che, secondo quanto previsto dall’art 2402 c.c., il corrispettivo per l’opera prestata dal sindaco, seppur corrisposto annualmente, deve essere determinato all’atto di nomina per l’intero periodo di durata dell’ufficio.
4.3 Le conclusioni raggiunte dal Tribunale non sono in linea con l’orientamento di questa Corte che ha affermato il principio secondo il quale “in tema di società di capitali, l’adempimento dei doveri di controllo, gravanti sui sindaci per l’intera durata del loro ufficio, può essere valutato non solo in modo globale e unitario ma anche per periodi distinti e separati, come si desume dalla disciplina generale, contenuta nell’art. 1458, comma 1, c.c., riferita a tutti i contratti ad esecuzione continuata, pertanto, poiché l’art. 2402 c.c. prevede una retribuzione annuale in favore dei sindaci, è in base a questa unità di misura che l’inadempimento degli obblighi di controllo deve essere confrontato con il diritto al compenso” (cfr. Cass. 6027/2021). Ciò in quanto il testo della norma dell’art. 2402 c.c. risulta univoco nell’indicare che quella spettante ai sindaci è, propriamente, una “retribuzione annuale”, secondo quanto è coerente, del resto, con la durata che connota, come scansione dell’attività di impresa, l'”esercizio sociale” (così, sulla base di questa constatazione, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che il credito del sindaco goda del privilegio ex art. 2751-bis c.c. non già in relazione agli ultimi due mandati, ma unicamente per le due ultime annualità del più recente incarico: cfr. Cass., 4 dicembre 1972, n. 3496; Cass., 9 aprile 2019, n. 15828, che appunto discorrono di “distinti crediti annuali”). Ne segue, allora, che è con questa unità di misura (della singola annualità) che l’inadempimento degli obblighi di controllo deve venire a confrontarsi in relazione al riconoscimento del diritto al compenso del sindaco.
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4.4 Hanno, quindi, errato i giudici lariani nel non aver riconosciuto il carattere sinallagmatico delle prestazioni sull’unità temporale dell’annualità, ferme restando le considerazioni sopra svolte in ordine alla configurazione delle condotte inerti antidoverose dei sindaci anche per i periodi successivi agli atti di mala gestio degli amministratori sino al Fallimento, nell’ipotesi di permanenza dei loro effetti dannosi, che sarà accertata in sede di giudizio di rinvio per effetto dunque dell’accoglimento dei primi due motivi del Fallimento.
5. Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt.98,99 l.fall., 1460 e 2697 c.c. e 112, 115 e 116, in relazione all’art 360 1° comma nr 3 c.p.c.: si censura il decreto del Tribunale nella parte in cui ha erroneamente affermato che, a fronte dell’eccezione di inesatto inadempimento sollevata dal Fallimento, la ricorrente avrebbe dovuto fornire la prova di aver correttamente adempiuto. Viene richiamato un precedente di questa Corte (cfr. Cass. nr 24794/2018) che avrebbe affermato il principio secondo il quale spetta all’eccipiente fornire la prova dell’inadempimento della controparte.
5.1 La doglianza è inammissibile, in primo luogo perché non si confronta con la ratio decidendi atteso che il decreto del Tribunale non si è limitato a dare atto della contestazione da parte del curatore dell’inadempimento del Collegio sindacale ma ha esaminato e ritenute provate, con accertamento non contestato, le specifiche condotte antigiuridiche imputate all’organo di controllo.
5.2 In ogni caso la censura è inammissibile ex art. 360 bis nr 1 c.p.c. in quanto, per consolidata giurisprudenza, il curatore che solleva nel giudizio di verifica l’eccezione d’inadempimento, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale, ha (solo) l’onere di allegare e provare l’esistenza del titolo negoziale, contestando, in relazione alle circostanze del singolo caso, la non corretta (e cioè negligente) esecuzione della prestazione o l’incompleto adempimento, restando, per contro , a carico del professionista (al di fuori di una obbligazione di risultato, pari al successo pieno della procedura) l’onere di dimostrare l’esattezza del suo adempimento per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ovvero l’imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili, dell’evoluzione negativa della procedura, culminata nella sua cessazione (anticipata o non approvata giudizialmente) e nel conseguente fallimento (Cass. 18705/2016, 25584/2018 con riferimento alle prestazioni professionali del sindaco; Cass- SU n. 42093 del 2021, in motiv. e 35489/2023).
4.2 In verità tale orientamento va specificato con riferimento alla ipotesi, prevista dall’art 2407 2 ° comma c.c., di responsabilità concorrente e solidale dei sindaci con quella degli amministratori, per omessa vigilanza sui comportamenti di questi.
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4.3 In tale evenienza, secondo il recente insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. 2343/2024), l’eccipiente deve fornire “la prova di quei fatti storici, attinenti alla gestione ovvero al concreto assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, sui quali si innesta la deviazione della condotta di vigilanza esigibile dal sindaco; quella condotta, cioè, che il sindaco, che poi agisce in sede concorsuale per l’adempimento del proprio credito stante il pregresso inadempimento del corrispettivo, avrebbe dovuto tenere – e non ha tenuto – in relazione al suo mandato. Solo, dunque, per essa appare sufficiente, nella ripartizione dell’onere della prova, che il creditore della prestazione di vigilanza (nella fattispecie, e per la società, il curatore fallimentare) possa anche limitarsi a eccepire, nei segnalati termini di specificità, l’inesatto adempimento, allegato come difetto di vigilanza rispetto a fatti specifici invece non solo descritti ma anche provati”.
4.2 il Tribunale di Como ha fatto buon governo dei suindicati principi giurisprudenziali, avendo il decreto ritenuto provati i fatti di mala gestio ascritti agli amministratori sui quali si è sovrapposta l’allegata condotta di omesso controllo dei sindaci anch’essa ritenuta provata.
5 Il terzo motivo oppone violazione e falsa applicazione degli artt. 98, 99 l.fall. 1450, 2697 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 1° comma c.p.c. nr. 3 per avere il Tribunale negato alla ricorrente il diritto di provare il fatto, rilevante ai fini del giudizio, costituito dall’esecuzione del pagamento da parte di un terzo -sotto forma della rinuncia alla restituzione di somme dovute dalla società -,che avrebbe ridotto il credito vantato da questa nei confronti del socio Mo.En..
5.1 Il motivo è all’evidenza inammissibile in quanto, sotto l’egida del vizio di violazione di plurime norme in punto di oneri probatori e diritto di difesa, la ricorrente chiede in sostanza alla Suprema Corte di riesaminare il merito della controversia su di un punto che il Tribunale ha esaminato e deciso con adeguata motivazione. Invero, è principio consolidato quello secondo il quale, “in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevava di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni” (ex multis, Cass. 13485/2017).
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5 Il quarto motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2467 e 2697 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c. (art. 360 1 comma nr 3 c.p.c. ) – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1° nr. 5 c.p.c.); il Tribunale avrebbe, a dire della ricorrente, malamente applicato la disciplina dell’art. 2467 c.c. ad una fattispecie caratterizzata da “rimesse bilanciate”, ossia da versamenti da parte di soci effettuati sotto forma di pagamenti ai fornitori subito restituiti attraverso “microversamenti”. Il decreto non avrebbe, inoltre, tenuto conto del fatto che,negli anni 2013 e 2014, era dubbia l’applicazione del regime dell’art. 2467 c.c. anche alle società per azioni.
5.1 Anche tale motivo è inammissibile.
5.2 La prima articolazione della censura ancora una volta si riversa nel merito per chiedere alla Corte di legittimità di rinnovare l’accertamento del fatto e la valutazione compiuta, avendo il Tribunale di Como accertato che, nel conto dello stato patrimoniale passivo denominato “altri debiti 20202124”, si individuano plurimi versamenti dei soci per l’ammontare complessivo di euro 369.446.74, parzialmente rimborsati per la somma totale di euro 260.446.75.
5.3 Quanto al secondo profilo della doglianza la giurisprudenza di questa Corte si è consolidata nel ritenere che la postergazione sancita dall’art. 2467 c.c. è applicabile anche alle società per azioni (cfr. Cass. 16921/2018 e 14056/2015).
6 In conclusione, in accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso proposto dal Fallimento e del primo motivo del ricorso proposto da Ri.Ma., il decreto impugnato va cassato, con rinvio della causa al Tribunale di Como in diversa composizione per un nuovo esame e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
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P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso proposto del Fallimento (…) Spa in liquidazione, rigetta il terzo motivo; accoglie il primo motivo del ricorso di Ri.Ma., dichiara inammissibili tutti altri motivi; cassa l’impugnato decreto, in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Como, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso, in Roma, nella Camera di Consiglio del 16 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2024.
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