In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso e riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 febbraio 2024| n. 3901.

In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso e riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato

In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., laddove il ricorrente contesti l’erronea valutazione da parte del giudice di merito delle ragioni da lui poste a fondamento della domanda è necessario che riproduca il contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato in modo da evidenziare l’errore denunciato. Ciò a pena di inammissibilità e a prescindere dal potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo.

Ordinanza|13 febbraio 2024| n. 3901. In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso e riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato

Data udienza 21 novembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Specificità dei motivi ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. – Esplicitazione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato dal giudice di merito – Irrilevanza del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito – Inammissibile

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Magistrati:

Dott. D’ascola Pasquale – Presidente Aggiunto

Dott. De Chiara Carlo – Presidente di Sezione

Dott. Orilia Lorenzo – Consigliere

Dott. Napolitano Lucio – Consigliere

Dott. Bertuzzi Mario – Consigliere rel. est.

Dott. Scoditti Enrico – Consigliere

Dott. Giusti Alberto – Consigliere

Dott. Pagetta Antonella – Consigliere

Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli – Consigliere ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso n.26005/2022 proposto da:

Mo.An. e Ka.Sz., rappresentati e difesi dagli Avvocati Vi.Al., Al.Fe. e Pa.Mi., elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, (…)

Ricorrenti

contro

Comune di Maccagno con Pino e Veddasca, in persona del sindaco, rappresentato e difeso dagli Avvocati Ma.Mi., Cr.Ma. e Ma.Se., elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via (…)

Controricorrente

e

Autorità di Bacino Lacuale dei Laghi Maggiore, Comabbio, Monate e Varese, in persona del presidente, rappresentata e difesa dagli Avvocati

Al.Al. e Al.Tr., elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato Ra.Ch. in Roma, via (…)

Controricorrente

e

Provincia di Varese, in persona del presidente, rappresentata e difesa dall’Avvocato Da.Al., elettivamente domiciliata presso l’indirizzo pec del difensore.

Controricorrente

e

Regione Lombardia.

Commissario Italiano per la Convenzione Italo-svizzera per la pesca.

Intimati.

avverso la sentenza n. 144/2022 del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, depositata il 12/7/ 2022.

Viste le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale dott. Roberto Mucci, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21. 11. 2023 dal consigliere Mario Beruzzi.

In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso e riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato

Fatti di causa

Ka.Sz. e Mo.An., insieme ad altri residenti di immobili siti nel comune di Maccagno con Pino e Veddasca, prospicenti una porzione di spiaggia del lago Maggiore, su cui erano presenti campate in calcestruzzo a sostegno della sopraelevata v G, impugnarono davanti al Tar Lombardia la delibera della giunta comunale n. 203 del 30. 10. 2017, che aveva approvato il progetto di fattibilità tecnica dei lavori per la realizzazione di nuovi parcheggi in piazza R, sita sotto la menzionata Via G, comportanti un’ampia area asfaltata per la sosta degli autoveicoli, previsti in numero di due per volta tra una campata e l’altra, e la realizzazione, alle spalle dei parcheggi, di una strada con marcia alternata per l’ingresso e l’uscita dei veicoli e per le manovre di parcheggio, con conseguente modifica del profilo e del livello della spiaggia esistente.

Nel corso del giudizio i ricorrenti depositarono due atti contenenti motivi aggiunti. Con il primo, notificato l’8. 2. 2019, impugnarono la successiva delibera della giunta comunale n. 217 del 21. 11. 2018, che aveva approvato il progetto definitivo dei lavori; con il secondo atto, notificato il 9. 4. 2019, a seguito del deposito di documenti del Comune e dell’Autorità del Bacino Lacuale dei laghi Maggiore, Comabbio, Monate e Varese, estesero l’impugnazione anche al Protocollo d’intesa intervenuto tra le predette amministrazioni il 9. 2. 2018, al parere paesaggistico rilasciato dalla Provincia di Varese ed alla determinazione della Regione Lombardia che aveva, tra l’altro, approvato il piano degli interventi per lo sviluppo della navigazione turistica, comprensivo dell’opera in questione. Il giudice amministrativo accolse in parte il ricorso, ma la relativa decisione fu annullata dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 6359 del 2020, che dichiarò che la giurisdizione sulla controversia apparteneva al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso e riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato

Riassunto a cura dei soli Karpati e Monteleone il giudizio, in cui si costituirono il Comune di Maccagno, l’Autorità del Bacino Lacuale dei laghi Maggiore, Comabbio, Monate e Varese, la Provincia di Varese, mentre rimasero contumaci la Regione Lombardia e il Commissario italiano per la Convenzione italo-svizzera per la pesca, con sentenza n. 144 del 12. 7. 2022 il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche rigettò il ricorso. In particolare il Tribunale Superiore dichiarò l’inammissibilità, per tardività e genericità, del secondo atto di motivi aggiunti e che l’impugnazione proposta con il ricorso introduttivo era superata dall’adozione dei provvedimenti successivi, mentre rigettò, ritenendola infondata, l’impugnazione avanzata con il primo atto di motivi aggiunti avverso la delibera della giunta comunale n. 217 del 21. 11. 2018, di approvazione del progetto definitivo dei lavori.

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Il Tribunale motivò la sua decisione affermando che:

– l’impugnazione proposta nei confronti del nulla osta paesaggistico della Provincia era tardiva, essendo stato tale provvedimento pubblicato nell’albo pretorio fino all’11. 7. 2018, ma impugnato soltanto con il secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 9. 5. 2019;

– identico epilogo meritavano gli altri atti amministrativi impugnati con i suddetti motivi aggiunti, sia quelli dell’Autorità del Bacino (approvazione dello studio di fattibilità, del Protocollo d’intesa con il Comune, del progetto definitivo e del progetto esecutivo, quest’ultimo pubblicato nell’Albo pretorio dell’Autorità il 3. 2. 2019), che quelli della Regione Lombardia;

– i ricorrenti avevano acquisito già in precedenza piena conoscenza di tali atti avendo impugnato, con il primo atto di motivi aggiunti notificato l’8. 2. 2019, la delibera della giunta comunale n. 217 del 21. 11. 2018 di approvazione del progetto esecutivo dei lavori, che menzionava il Protocollo d’intesa e richiamava e conteneva in allegato il verbale della conferenza dei servizi del 22. 8. 2018 e la citata determina dell’Autorità n. 134 del 2018;

– il secondo atto contenente motivi aggiunti era inoltre generico, limitandosi a richiamare in estensione i motivi formulati nel ricorso introduttivo, senza compararli col contenuto e le ragioni dei nuovi provvedimenti nel frattempo emanati;

– gli effetti dei provvedimenti gravati con il secondo atto di motivi aggiunti dovevano pertanto ritenersi consolidati, perché non espressamente censurati ovvero, come nel caso del Protocollo d’intesa tra l’Autorità del Bacino ed il Comune, in quanto censurati tardivamente;

– gli atti impugnati con il ricorso introduttivo davanti al Tar dovevano invece ritenersi superati dall’ulteriore iter procedimentale, essendo ad essi seguite l’approvazione del progetto esecutivo e la delibera a contrarre, con il conseguente venir meno, relativamente ad essi, dell’interesse alla loro rimozione;

– le altre eccezioni formulate dalle amministrazioni convenute erano prive di pregio, in particolare con riguardo alla eccepita carenza della legittimazione dei ricorrenti a proporre l’impugnativa, che invece andava riconosciuta;

– infondati erano invece i motivi di impugnazione residua, avanzati con il primo atto di motivi aggiunti nei confronti della delibera della giunta comunale n. 217 del 21. 11. 2018 di approvazione del progetto esecutivo del parcheggio e del suo cofinanziamento con la Regione, che avevano censurato la delibera per difformità dell’opera rispetto alle norme del PGT, ai vincoli paesaggistici generali ed ex lege ed alle norme di sicurezza idraulica anche a fronte del pericolo di esondazione del lago;

– la zona di intervento ricadeva, infatti, tra quelle destinate dal PRG a viabilità generale, sicché l’opera era congruente coi parametri urbanistici;

– la questione del rispetto dei vincolo paesaggistico era superata dalla concessione del relativo nulla osta, provvedimento divenuto ormai inoppugnabile;

– non era configurabile la violazione dell’art. 96 lett. f) r.d. n. 523 del 1994, che vieta l’esecuzione di scavi ad una distanza inferiore di 10 metri dalle sponde delle acque pubbliche, non trovando tale disposizione applicazione per le opere idrauliche di cui al precedente art. 7, comma 1, lett. a) e c), inerenti alle opere stradali e ferroviarie, in Lombardia realizzabili anche sul demanio idrico e lacuale, ed essendo l’opera, in relazione a quanto previsto dal Piano di governo del territorio (PGT) del comune, a basso impatto visivo per la fruizione del paesaggio lacuale;

– il parcheggio da realizzare si presentava preordinato alla fruizione regolata della sponda del lago ed era volto a recuperare un’area degradata o usata impropriamente;

– la relazione geologica inerente al progetto di fattibilità aveva definito la compatibilità idraulica dell’opera;

– la presenza di uno sbarramento all’innalzamento del lago pari a quella raggiunta dalle piene negli anni precedenti rendeva altamente improbabili esondazioni significative ed improvvise;

– il quinto motivo del ricorso originario, che lamentava la violazione degli artt. 49 e 52 delle norme del PGT, era improcedibile, non essendo stato riproposto nei motivi aggiunti ed investendo un atto preliminare superato dalla definitiva conclusione della progettazione e dalla delibera a contrarre;

– il sesto motivo, che denunciava il mancato rispetto delle misure minime stabilite per i parcheggi obbliqui dal decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 5. 11. 2001, era infondato, risultando la rampa di uscita superiore a metri 3,50, come l’area di manovra, mentre la strada ad unica corsia appariva di per sé sufficiente ad agevolare il deflusso in entrata e in uscita dei pochi veicoli in transito.

Per la cassazione di questa sentenza, comunicata il 15. 9. 2022, con atto notificato il 28. 10. 2022, hanno proposto ricorso Ka.Sz. e Mo.An., affidandosi a sette motivi.

Il Comune di Maccagno con Pino e Veddasca, l’Autorità del Bacino Lacuale dei laghi Maggiore, Comabbio, Monate e Varese e la Provincia di Varese hanno notificato distinti controricorsi.

La Regione Lombardia e il Commissario italiano per la Convenzione italo-svizzera per la pesca non hanno svolto attività difensiva.

Il Comune di Maccagno con Pino e Veddasca e l’Autorità del bacino lacuale dei laghi Maggiore, Comabbio, Monate e Varese hanno depositato memoria. Il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale dott. Roberto Mucci, ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso e riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato

Ragioni della decisione

1.Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 40 D.Lgs. n. 104 del 2010 e 163 cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione degli artt. 143 r.d. n. 1775 del 1933 e 29 D.Lgs. n. 104 del 2010, nonché degli artt. 24, 111 e 113 Cost.; eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza ai sensi dell’art. 201 r.d. n. 1775 del 1933.

Il mezzo censura, in primo luogo, l’affermazione della sentenza impugnata che ha considerato generici i motivi aggiunti proposti dai ricorrenti, per non avere ” comparato i motivi del gravame introduttivo, via ribaditi in entrambi gli atti per m.a., col contenuto e le ragioni dei provvedimenti nel frattempo emanati “. Si sostiene, in contrario, che i due atti contenevano censure espresse e specifiche nei confronti degli atti gravati, indicando puntualmente i fatti e le ragioni di diritto sui quali si fondavano.

In secondo luogo il motivo investe la statuizione di tardività dei motivi aggiunti. Si evidenza che il primo atto dei motivi aggiunti, proposto l’8. 2. 2019, che ha investito la delibera della giunta comunale n. 217 del 2018, di approvazione del progetto definito dei lavori, era tempestivo, risultando la delibera pubblicata nell’Albo pretorio a partire dal 28. 11. 2018 per i prescritti 15 giorni. Quanto ai provvedimenti assunti dall’Autorità per il bacino, dalla Regione Lombardia e dalla Provincia di Varese, l’impugnazione non era invece necessaria e la sua eventuale mancanza non avrebbe potuto comportare l’inammissibilità dei gravami. I ricorrenti non avevano infatti interesse e non erano tenuti alla impugnazione autonoma di tali atti, posto che essi avevano contestato la collocazione, la consistenza e le caratteristiche dell’intervento e non i profili riguardanti la concreta realizzazione delle opere. Quanto all’autorizzazione paesaggistica della Provincia di Varese, è invece pacifico che in caso di annullamento dei progetti di parcheggio e degli atti comunali di approvazione l’opera non avrebbe potuto essere realizzata a prescindere o meno dal nulla osta paesaggistico. In terzo luogo i ricorrenti assumono che l’impugnazione avanzata con i motivi aggiunti era tempestiva, in quanto, da un lato, la delibera della giunta comunale n. 217 del 2018 non conteneva alcun richiamo alle determinazioni dell’Autorità per il bacino, dall’altro la sola pubblicazione telematica degli atti della suddetta Autorità nel sito istituzionale della stessa non valeva, in difetto di specifica prescrizione normativa, a far decorrere il termine di impugnazione. 2. Il motivo è inammissibile.

Quanto alla prima censura, va precisato che il Tribunale superiore ha ravvisato la genericità e conseguente inammissibilità unicamente del secondo atto di motivi aggiunti, con cui i ricorrenti avevano esteso l’impugnativa agli atti dell’Autorità del bacino, al nulla osta paesaggistico della Provincia di Varese e al DGR della Regione Lombardia, non anche del primo atto di motivi aggiunti, che investiva la delibera della giunta comunale n. 217 del 2019 di approvazione del progetto esecutivo del parcheggio. La censura va quindi riferita solo al secondo dei predetti atti.

In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso e riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato

La statuizione impugnata poggia sul rilievo che con tale atto i ricorrenti avevano omesso ” di comparare il motivi del gravame introduttivo, via via ribaditi in entrambi gli atti per m.a., col contenuto e le ragioni dei provvedimenti nel frattempo emanati “, ossia per l’assenza di motivi specifici. La ragione addotta appare corretta in via generale, costituendo jus receptum nella giurisprudenza amministrativa, che l’impugnazione dell’atto amministrativo richiede, ai sensi dell’art. 40, comma 1 lett. d), cod. proc. amm., la specifica indicazione delle ragioni di illegittimità dello stesso.

Ciò posto, la censura sollevata dal ricorso, per come formulata, è generica, come dedotto dai controricorrenti. Il ricorso si limita a dedurre di avere proposto, avverso tali atti, contestazioni specifiche, ma senza riprodurne il contenuto, con ciò tralasciando un elemento decisivo della critica, vale a dire l’allegazione del modo in cui si sarebbe consumato l’errore ascritto al giudice a quo. Questa Corte ha precisato che il rinvio operato dall’art. 202 r.d. n. 1775 del 1933 alle norme del codice di procedura civile che disciplinano il ricorso per cassazione non ha natura recettizia ma formale, sicché il ricorso è regolato dalle norme processuali in vigore e non da quelle vigenti al momento della sua approvazione (Cass. Sez. un. n. 22430 del 2018). Ne discende l’onere per il ricorrente di proporre motivi specifici, ai sensi dell’art. 366, comma 1 n. 4, cod. proc. civ.. Secondo la giurisprudenza di questa Corte questo onere, laddove il ricorrente contesti l’erronea valutazione da parte del giudice di merito delle ragioni da lui poste a fondamento della domanda, richiede la riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato, nella misura necessaria per evidenziarne l’errore denunciato. L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando puntualmente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d’inammissibilità, nello stesso ricorso (ex multis: Cass. n. 16028 del 2023; Cass. 3612 del 2022; Cass. n. 2408 del 2021). Le altre censure si dichiarano assorbite, essendo quella relativa alla tardività dell’impugnazione degli atti dell’Autorità di bacino lacuale superata dalla dichiarazione della sua inammissibilità per mancata esposizione di motivi specifici.

In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso e riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato

3. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 23 D.Lgs. n. 50 del 2016 e 17 d.p.r. n. 207 del 2010, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il primo motivo di impugnazione per la ragione che l’area di intervento dei lavori ricadrebbe in zona destinata dal P.G.T. a viabilità generale, ricavandone la conseguenza che il parcheggio da realizzare sarebbe congruente con i parametri urbanistici. Si sostiene, invece, che il progetto definitivo dell’opera risultava viziato per illegittimità del progetto di fattibilità, che non si era adeguato alle prescrizioni di cui alle disposizioni citate, non essendo stato accompagnato da indagini geologiche e idrauliche e relative all’impatto ambientale e paesaggistico.

4. Il mezzo è inammissibile.

La valutazione operata dal Tribunale superiore delle acque di conformità dell’opera per cui è causa ai parametri urbanistici si fonda sul rilievo che la zona in cui essa ricade risulta destinata dal PGT a viabilità generale; questo accertamento integra un giudizio di fatto, non sindacabile in sede di legittimità né censurato in modo specifico in relazione ai suoi presupposti. Per il resto la censura non si confronta con la motivazione della decisione, laddove ha osservato, con riferimento alla tutela paesaggistica, che la relativa questione appariva superata dal provvedimento di nulla osta divenuto inoppugnabile, aggiungendo da un lato, con riguardo al profilo dell’impatto ambientale, che il difetto di istruttoria denunciato, attenendo al progetto di fattibilità, risultava in concreto superato dall’approfondimento istruttorio svolto in sede sia di rilascio del nulla osta paesaggistico che di approvazione del progetto definitivo e esecutivo dell’opera e dall’altro, con riferimento ai profili geologico e idraulico, che la relazione geologica allegata al progetto di fattibilità aveva provveduto a definire la compatibilità idraulica del parcheggio.

5. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 96 r.d. n. 523 del 1904 ed eccesso di potere per travisamento ed errore essenziale, ai sensi dell’art. 201 d.d. n. 1775 del 1933, censurando la decisione impugnata per avere ritenuto non applicabile alla fattispecie l’art. 96 lett. f) r.d. n. 523 del 1904, che vieta l’esecuzione di scavi ad una distanza inferiore di 10 metri dalle sponde delle acque pubbliche, in virtù della esclusione prevista dal precedente art. 7, comma 1, lett. a) e c), per le opere stradali e ferroviarie. Il mezzo sostiene l’erroneità della statuizione per non avere considerato, in primo luogo, che la porzione territoriale sulla quale dovrebbe essere eseguita l’opera è costituita da una spiaggia e per avere qualificato la stessa nell’ambito delle opere menzionate dall’art. 7, comma 1 lett. a) e c), laddove l’intervento non è certo finalizzato a ” difendere ” ferrovie, strade ed altre opere di grande interesse pubblico o beni demaniali. La relazione dei consulenti tecnici dei ricorrenti aveva invece escluso che il parcheggio in cemento armato potesse assolvere alla funzione di tutela delle sponde o di difesa dell’impalcato della strada statale. Si assume, infine, che l’affermazione secondo cui l’opera sarebbe volta al recupero di un’area degradata è viziata da travisamento dei fatti, non essendo il luogo in questione affatto degradato. 6. Il motivo è inammissibile.

In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso e riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato

La sentenza impugnata ha escluso la denunciata violazione dell’art. 96 lett. f) r.d. citato osservando, da un lato, che la parte strutturale del parcheggio è l’esistente impalcato della piastra di piazza R, tra le campate che sorreggono Via G, e, dall’altro, che l’opera comporta la riprofilatura della sponda lacuale e che il divieto posto dalla disposizione citata, ai sensi del precedente art. 7, comma 1 lett. a) e c), non vale per le opere idrauliche inerenti alle opere pubbliche stradali e ferroviarie, in Lombardia realizzabili pure sul demanio idrico e lacuale e, per quanto attiene al Piano delle regole (art. 39 bis) del PGT di Maccagno, sotto forma di aree di sosta a basso impatto visivo per la fruizione del paesaggio lacuale.

Ciò posto, il motivo è inammissibile perché veicola il vizio denunziato di violazione di legge attraverso la contestazione dei presupposti di fatto posti a base della decisione, con particolare riguardo alla circostanza che la parte strutturale del parcheggio ricade sull’impalcato della piazza ed alla sua destinazione a servizio di opere stradali, aspetto quest’ultimo inerente alla natura dell’opera, senza fornire indicazioni contrarie sulla base delle emergenze istruttorie.

La censura che denunzia vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti ed errore essenziale non può trovare ingresso, atteso che l’art. 201 r.d. n. 1775 del 1933 nel consentire avverso le decisioni del Tribunale superiore delle acque in unico grado il ricorso per cassazione per eccesso di potere a termini dell’art. 3 legge n. 3761 del 1877, fa riferimento non al significato che tale formula assume nell’ambito della categoria dei vizi di illegittimità del provvedimento amministrativo, evidentemente non estensibili alla sentenza, ma all’eccesso di potere giurisdizionale (Cass. Sez. un. n. 24773 del 2008). Sotto altro profilo va evidenziato che non risulta investito da censura il riferimento fatto dalla sentenza alla lett. c) del citato art. 7, che ha riguardo alle opere aventi lo scopo di impedire inondazioni e straripamenti, che trae il suo fondamento dal rilievo, in fatto, che l’opera comporta una riprofilatura della sponda del lago, con uno sbarramento, come precisato più avanti, all’innalzamento dello stesso, che costituisce una ratio decidendi autonoma in ordine alla esclusione dell’applicabilità del limite posto dall’art. 96 r.d. n. .523 del 1904.

Si osserva, infine, che, come dedotto dalla controricorrente Autorità del bacino, il successivo art. 97, lett. n), del citato decreto consente, previa autorizzazione delle autorità competenti, l’occupazione di spiagge lacuali con opere stabili.

7. Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 22 legge Regione Lombardia n. 12 del 2005 e 17 e 19 P.T.R. Lombardia; violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 14 legge Regione Lombardia n. 12 del 2005 e 39 bis e 39 ter delle norme del P.G.T. del comune di Maccagno; eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento ed errore essenziale. Il mezzo investe l’affermazione della sentenza impugnata che ha ritenuto l’intervento di cui si discute compatibile con il Piano delle Regole (art. 39 bis) del P.G.T. del Comune, che consente la realizzazione ” di aree di sosta a basso impatto visivo per la fruizione del paesaggio lacuale “.

Il mezzo sostiene l’erroneità di questo giudizio, atteso che le disposizioni indicate in rubrica prescrivono la tutela delle sponde nelle loro connotazioni morfologiche e naturalistiche e valorizzano la fruizione pubblica del paesaggio e degli accesi al lago, mentre l’opera contestata introduce una modifica significativa del tratto morfologico della sponda e del perimetro del lago, elimina un accesso allo stesso e sarà realizzata non solo in corrispondenza del lungolago, ma nel lago stesso.

8. Il mezzo è inammissibile.

Il Tribunale superiore ha affermato che il realizzando parcheggio è preordinato alla fruizione regolata della sponda lacuale ed al recupero di un’area degradata o usata impropriamente e che viene conservato alla fruizione collettiva l’accesso libero al lago; ha quindi aggiunto che esso non si pone in contrasto con l’art. 39 bis delle norme del PGT, che nel caso specifico declina la tutela dell’interesse ambientale anche attraverso la realizzazione di opere di fruizione collettiva, anche a traffico limitato e con la previsione di idonee strutture di sosta a basso impatto visivo.

Le censure svolte investono giudizi ed apprezzamenti di merito, cui il ricorso contrappone proprie valutazioni contrarie, senza nemmeno richiamare a sostegno risultanze istruttorie, che in tale misura sono inammissibili. Né risulta contestato che l’art. 39 bis del PGT del Comune consenta di realizzare aree di sosta di veicoli a basso impatto visivo sul paesaggio lacuale. Va pertanto esclusa la violazione di legge denunziata, risolvendosi le critiche in giudizi di merito alternativi a quelli fatti propri dal giudice a quo, che non possono trovare ingresso, perché non scrutinabili, nel giudizio di legittimità. 9. Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7 D.Lgs. n. 49 del 2010, nonché delle previsioni riportate nella delibera della Giunta regionale della Lombardia n. x/6738 del 19. 6. 2017, che ha approvato il Piano gestione rischi alluvionali (PRGA); eccesso di potere per travisamento ed errore essenziale; eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza. Si censura l’affermazione del Tribunale che ha dichiarato non applicabili le disposizioni regionali indicate in rubrica perché entrate in vigore dopo l’adozione dei provvedimenti impugnati ed ha rilevato che il Comune le avrebbe comunque osservate, tenuto conto che la relazione idrogeologica predisposta per il progetto di fattibilità aveva provveduto ” a definire la compatibilità idraulica del parcheggio “.

In tema di necessaria specificità dei motivi di ricorso e riproduzione del contenuto dell’atto che si assume malamente interpretato

Si assume al riguardo che la delibera regionale del 19. 6. 2017, che prevede indagini e valutazioni rigorose e stringenti in ordine all’impatto ambientale delle opere al fine di salvaguardare la capacità ricettiva del sistema idrogeologico e la difesa idraulica del territorio, era già entrata in vigore. Il Tribunale non ha poi adeguatamente valutato il pericolo di esondazione del lago, non considerando che i livelli raggiunti dalle acque, come evidenziato dalle relazioni tecniche depositate, sono quasi tutti maggiori della quota di progetto del parapetto e che l’intervento è destinato a peggiorare le condizioni idrauliche del territorio.

10. Anche questo motivo è infondato, avendo il Tribunale superiore affermato che il progetto definitivo dell’opera approvato dal Comune aveva comunque tenuto conto delle prescrizione del PRGA della Regione Lombardia, in quanto la relazione geologica inerente al progetto di fattibilità dell’opera aveva provveduto a definire la compatibilità idraulica del parcheggio.

Per il resto le censure sollevate investono il giudizio reso dal giudice a quo, laddove ha ritento che le autorità amministrative interessate avessero preso in considerazione l’impatto del parcheggio sul rischio di esondazione, mediante la previsione in progetto di uno sbarramento all’innalzamento del lago pari alla quota massima delle piene raggiunta negli ultimi 22 anni, idoneo a rendere a ritenere altamente improbabili esondazioni improvvise significative. Anche in questo caso il ricorso contrappone all’apprezzamento della sentenza impugnata un proprio giudizio alternativo, con conseguente inammissibilità della censura.

11. Il sesto motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 49 e 52 delle norme del P.G.T. del comune di Maccagno, censurando la sentenza impugnata per avere respinto il motivo di impugnazione che lamentava la violazione delle norme suindicate sulla base dell’errato rilievo che esso, avanzato con il ricorso introduttivo, non era stato riproposto nei due atti di motivi aggiunti.

12. La censura è inammissibile per genericità, non indicando in quale dei due atti di motivi aggiunti ed in qual modo il motivo, avanzato nel ricorso originario, sia stato poi riproposto avverso la delibera comunale n. 217 del 2018, né contesta la premessa da cui il Tribunale superiore ha tratto la propria conclusione, che vale a dire, essendo il ricorso introduttivo stato avanzato avverso il progetto di fattibilità dell’opera, di fatto superato a seguito della approvazione del progetto definitivo, esso aveva perso efficacia ed attualità.

13. Il settimo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione delle disposizioni del d.m. 5. 11. 2001, con particolare riguardo al comma 3 dell’art. 3.4.7., ed eccesso di potere per illogicità, per avere il Tribunale respinto il sesto motivo di impugnazione che aveva lamentato la violazione delle prescrizioni imposte dal d.m. citato, che impongono la larghezza di m. 3,50 per la sosta longitudinale e m. 6,00 per la sosta perpendicolare per le corsie di manovra a servizio delle fasce di sosta.

14. Il Tribunale superiore ha respinto il motivo che contestava la violazione del d.m. 5. 11. 2001, affermando che, diversamente da quanto dedotto dai ricorrenti, la rampa d’uscita del parcheggio era superiore a m. 3,50, come le dimensioni dell’area di manovra, e che la strada era sufficiente ad agevolare il deflusso in entrata e in uscita dei veicoli.

Il motivo contesta tale capo della decisione perché basato su criteri di misurazione sbagliati, ma è evidente che, in tal modo, esso critica un accertamento di fatto e non si sottrae pertanto alla pronuncia di inammissibilità.

15. Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali, per ciascuna delle Amministrazioni controricorrenti. Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite il 21 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2024.

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