Corte di Cassazione, penale, Sentenza|2 aprile 2021| n. 12762.
In tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revoca “ex tunc” della misura, è sia quella preesistente e scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, sia quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, ma non anche quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento.
Sentenza|2 aprile 2021| n. 12762
Data udienza 16 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Procedimento penale – Misure di prevenzione – Confisca – Istanza di revoca – Presupposti – Legge 1423 del 1956 – Criteri – Legge 575 del 1965 – Preclusioni – Sentenza della corte di cassazione a sezioni unite 57 del 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIANI Vincenzo – Presidente
Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere
Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 21/09/2018 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROCCHI GIACOMO;
lette le conclusioni del PG SENATORE Vincenzo che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il decreto indicato in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria rigettava i ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso quello del Tribunale di Reggio Calabria che aveva dichiarato inammissibile, e comunque infondata, l’istanza di revoca della confisca di alcuni terreni con sovrastanti edifici intestati a (OMISSIS), disposta con decreto del 5/12/2002 definitivo il 25/1/2008.
L’istanza di revoca era stata avanzata da soggetti che affermavano di essere proprietari dei predetti immobili, sostenendo di avere acquistato il terreno con scrittura privata e di avere costruito abusivamente gli immobili, usufruendo successivamente del condono edilizio ed ottenendo sentenza di acquisto del bene per usucapione dal Tribunale civile.
Il Tribunale aveva rilevato che gli interessati avevano partecipato al procedimento di prevenzione in fase di appello; inoltre, l’occupazione degli immobili da parte loro era nota ai giudici ma cio’ non aveva impedito di ritenere i beni nella disponibilita’ della (OMISSIS) e dello (OMISSIS); gli elementi evidenziati avrebbero potuto essere fatti valere nel corso del giudizio di appello.
La Corte territoriale, ricordando che L. n. 1423 del 1956, articolo 7, comma 2, e’ un rimedio straordinario incompatibile con il mero riesame degli stessi elementi fattuali che hanno portato a disporre la confisca, aderiva all’orientamento restrittivo secondo cui deve considerarsi “prova nuova”, rilevante ai fini della revoca ex tunc della confisca di prevenzione, quella sopravvenuta al procedimento e non anche quella deducibile, ma non dedotta, nell’ambito dello stesso. Gli elementi addotti dagli appellanti non potevano, quindi, considerarsi “prove nuove” atteso che la materiale disponibilita’ dei terreni e dei fabbricati era stata riconosciuta dalla Corte d’appello, che aveva peraltro escluso la sussistenza di validi titoli definitivi ed opponibili di trasferimento del diritto di proprieta’, aggiungendo che l’utilizzo effettivo dei beni non escludeva il mantenimento della signoria sugli stessi da parte della formale intestataria.
Di conseguenza, le istanze istruttorie formulate da (OMISSIS), dirette a dimostrare l’abusiva edificazione dell’immobile nel 1994, erano irrilevanti, mentre le sentenze del Tribunale civile che avevano dichiarato l’acquisto per usucapione dei terreni posseduti da (OMISSIS) e (OMISSIS) erano state pronunciate e trascritte in epoca precedente al procedimento di prevenzione: quindi erano deducibili nel procedimento di appello in cui i soggetti erano intervenuti. Comunque, poiche’ l’intestataria del bene era figlia di un noto appartenente al clan di âEuroËœndrangheta, (OMISSIS) e (OMISSIS) erano consapevoli dell’illecita provenienza dei beni, con la conseguenza che la sentenza di usucapione era inidonea a “purgare” l’illiceita’ dell’acquisto.
(OMISSIS) aveva si’, ottenuto nel 2010 un permesso di costruire in sanatoria ma aveva avanzato l’istanza di concessione edilizia in sanatoria nel 1986.
2. Ricorrono per cassazione i difensori e procuratori speciali di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), deducendo violazione di legge e motivazione apparente.
I ricorrenti sostengono l’erroneita’ dell’orientamento restrittivo secondo cui costituisce “prova nuova” quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione.
La difesa aveva introdotto prove rilevanti per la modifica di un provvedimento assolutamente ingiusto: la sentenza che riconosceva l’acquisto per usucapione da parte di (OMISSIS), quella che riconosceva l’acquisto per usucapione da parte di (OMISSIS) nonche’ il rilascio nel 2010 di un permesso a costruire in sanatoria, l’acquisto negli anni âEuroËœ80 del terreno da parte di (OMISSIS) e la costruzione abusiva dell’immobile da parte sua.
I ricorrenti concludono per l’annullamento del provvedimento impugnato, ribadendo l’ingiustizia della disposta confisca, che colpiva soggetti in buona fede.
3. Il Procuratore generale, SENATORE Vincenzo, nella requisitoria scritta conclude per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato e deve essere rigettato.
Le Sezioni Unite avevano affrontato nel 2006 il tema dei presupposti per la revoca ex tunc della confisca di prevenzione ai sensi del L. n. 1423 del 1956, articolo 7, comma 2, affermando che il provvedimento di confisca deliberato ai sensi della L. 31 maggio 1975, n. 575, articolo 2 ter, comma 3, (disposizioni contro la mafia) e’ suscettibile di revoca ex tunc a norma della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 7, comma 2, allorche’ sia affetto da invalidita’ genetica e debba, conseguentemente, essere rimosso per rendere effettivo il diritto, costituzionalmente garantito, alla riparazione dell’errore giudiziario, non ostando al relativo riconoscimento l’irreversibilita’ dell’ablazione determinatasi, che non esclude la possibilita’ della restituzione del bene confiscato all’avente diritto o forme comunque riparatorie della perdita patrimoniale da lui ingiustificatamente subita. (Sez. U, Sentenza n. 57 del 19/12/2006 Cc. (dep. 08/01/2007) Rv. 234955 – 01). Si osservava che la revoca “si riferisce ad un provvedimento definitivo. Carattere, questo, che preclude di rimettere in discussione con l’istanza atti o elementi gia’ considerati nel procedimento di prevenzione o in esso deducibili. Come correttamente rileva Cass. sez. VI, 17 settembre 2004, n. 46449, Cerchia e altro, la richiesta di rimozione del provvedimento definitivo deve muoversi nello stesso ambito della rivedibilita’ del giudicato di cui agli articoli 630 e ss. c.p.p., con postulazione dunque di prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento”.
Piu’ recentemente, la Corte ha ripetutamente affermato che la prova nuova, rilevante ai fini della revoca ex tunc della misura, e’ sia quella preesistente e scoperta dopo che la misura e’ divenuta definitiva, sia quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, ma non anche quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento (Sez. 6, Sentenza n. 17854 del 27/05/2020 Cc. (dep. 10/06/2020) Rv. 279283 – 02). E’ in primo luogo incontrovertibile che la revoca ex tunc del provvedimento di confisca resta un rimedio straordinario, incompatibile con il mero riesame degli stessi elementi fattuali che hanno portato a disporre la confisca; valutazione che non muta anche dopo l’introduzione del citato Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 28, che prevede ora casi e modalita’ tassativi di revocazione della misura (Sez. 2, n. 4312 del 13/01/2012, dep. 01/02/2012, Rv. 251811). Occorre, dunque, che la prova utile a scardinare la definitivita’ della confisca non sia stata gia’ valutata nel giudizio di prevenzione. E, sotto questo versante, secondo l’orientamento prevalente espresso da questa Corte sul tema, assumera’ rilevanza solo la prova scoperta (anche se preesistente) dopo che la misura e’ divenuta definitiva, o quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa: non lo e’ invece quella, preesistente, deducibile, ma non dedotta, nell’ambito del suddetto procedimento (cosi’, tra le altre, Sez. 5, Sentenza n. 3031 del 30/11/2017 dep. 2018, Rv. 272104 Sez. 6, Sentenza n. 31937 del 06/06/2019 Cc., Rv. 276472).
Nel caso di specie, la motivazione del decreto impugnato da’ ampiamente conto del fatto che le prove dell’acquisto della proprieta’ degli immobili da parte dei ricorrenti erano preesistenti al giudizio di appello nel quale gli stessi erano intervenuti al fine di far valere tale diritto di fronte alla confisca dei terreni e degli immobili disposto dal Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di (OMISSIS).
Non solo: la motivazione dimostra che lo stato di fatto posto a base delle rivendicazioni da pare dei ricorrenti – in particolare, la costruzione abusiva degli immobili e la loro occupazione – era conosciuto dalla Corte territoriale e considerato pacifico.
Di conseguenza, le sentenze di trasferimento della proprieta’ per usucapione e la restante documentazione concernente i contratti stipulati con la (OMISSIS) e i relativi pagamenti, nonche’ gli atti che accertavano gli abusi edilizi, avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio ed essere posti a sostegno delle domande proposte.
Ad abundantiam, si deve inoltre ribadire che – come correttamente sottolineato dal decreto impugnato – la sentenza civile che ha dichiarato l’usucapione di un bene di proprieta’ del destinatario della misura non e’ sufficiente a “purgare” l’illiceita’ dell’acquisto in difetto di prova dell’ignoranza, da parte di chi ha usucapito il bene, della matrice illecita di quest’ultimo (Sez. 2, Sentenza n. 23128 del 15/03/2018 Cc. (dep. 23/05/2018) Rv. 272881 – 01).
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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