SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V
SENTENZA 10 maggio 2016, n. 19470
Ritenuto in fatto
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale dei Riesame di Brescia ha annullato la misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal Gip in data 21.10.2015 per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale e per le correlate condotte di false comunicazioni sociali. 1.1 Avverso la detta ordinanza ricorre il Pm, affidando la sua impugnativa ad un unico motivo di doglianza variamente articolato.
1.2 Deduce la parte ricorrente l’erronea applicazione della legge penale e la contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato. Si lamenta più nel dettaglio il Pm impugnante della contraddittorietà della motivazione nella parte in cui, da un lato, aveva ricostruito in modo esaustivo le condotte distrattive ingeneranti la responsabilità penale degli amministratori e aveva altresì evidenziato correttamente il ruolo di controllo svolto dagli indagati, in qualità di sindaci, sia nella società fallita che nelle società Lindos spa e Profilo immobiliare srl beneficiarie quest’ultime delle contestate distrazioni) e, dall’altro, aveva poi considerato le condotte di omesso impedimento degli eventi distrattivi come la manifestazione di una mera negligenza da parte dei sindaci e non già come la dimostrazione di una compartecipazione di quest’ultimi, per lo meno nella forma dei dolo eventuale, alle condotte distrattive e alle altre ipotesi delittuose sopra ricordate, con ciò pervenendosi ad una conclusione illogica e contraddittoria rispetto alle premesse sopra evidenziate. Deduce la parte impugnante anche la mancata considerazione da parte del giudice del riesame che gli odierni indagati avevano rivestito per le sopra menzionate società anche il ruolo di revisori dei conti e di consulenti contabili, oltre che quello già sopra evidenziato di componenti del collegio sindacale ; si deduce altresì l’evidente anomalia del fittizio conferimento di beni immobili per un valore di euro 1.200.000 da parte della società Lindos spa, valore poi indicato come componente attiva nello stato patrimoniale della società fallita Samos Costruzioni spa, come episodio significativo e paradigmatico della conoscenza da parte dei sindaci degli intenti distrattivi da parte degli amministratori della società fallita e della mancata colpevole attivazione da parte dell’organo sindacale dei suoi poteri di controllo e di denunzia ; si lamenta altresì la contraddittorietà della motivazione anche nella parte in cui il giudice del riesame aveva evidenziato che la riconduzione di tutte le operazioni illecite alle iniziative dell’amministratore di fatto R. escludeva, sul piano causale, la rilevanza della sopra descritta omissione di controllo da parte dei sindaci, con ciò non valutando che proprio la commissione da parte dell’amministratore di fatto delle complesse operazioni negoziali – attraverso le quali si realizzarono le descritte distrazioni – era il sintomo più evidente della realizzazione di condotte illecite non contrastate in alcun modo ed anzi avallate dal collegio sindacale. Denunzia pertanto il ricorrente la violazione dei principi posti dall’art. 40, cpv, cp, per come affermati dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di reato omissivo improprio, così come applicabili in materia di reati fallimentari ai sindaci sotto il profilo della responsabilità nel controllo dell’attività gestionale. 1.3 Con memoria depositata in data 29.01.2015 gli indagati indicati in epigrafe denunziano, da un lato, l’inutilizzabilità del materiale probatorio raccolto nella fase delle indagini preliminare dopo la scadenza del termine semestrale ed in assenza di una proroga dei termine stesso eccezione già sollevata innanzi al Tribunale del riesame e da quest’ultimo respinta ), e, dall’altro, l’inammissibilità del ricorso presentato dal Pm o comunque la sua infondatezza in ragione del contenuto di merito delle doglianze prospettate dal Pm che aveva proposto una ricostruzione alternativa della vicenda cautelare e degli elementi indiziari già scrutinati nelle fasi precedenti del procedimento.
Considerato in diritto
II ricorso è fondato nei termini qui di seguito precisati.
2.1 Ritiene la Corte che la motivazione impugnata presenti i denunziati profili di contraddittorietà e di illogicità.
2.2 In termini generali e ricostruttivi, giova ricordare che, in tema di bancarotta, questa Corte di legittimità ha avuto modo di precisare che è configurabile il concorso dei componenti del collegio sindacale nei reati commessi dall’amministratore della società, anche a titolo di omesso controllo sull’operato di quest’ultimo o di omessa attivazione dei poteri loro riconosciuti dalla legge ( Cass., Sez. 5, n. 31163 del 01/07/2011 – dep. 05/08/2011, Checchi, Rv. 250555). Detto altrimenti, nei reati di bancarotta è ammissibile il concorso di un componente del collegio sindacale con l’amministratore di una società, che può realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo dei controllo sindacale, il quale non si esaurisce in una mera verifica formale, quasi a ridursi ad un riscontro contabile nell’ambito della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione ( Cass., Sez. 5, n. 8327 del 22/04/1998 – dep. 14/07/1998, Bagnasco e altri, Rv. 211368 ).
Pertanto, sussiste la responsabilità, a titolo di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, del componente dei collegio sindacale qualora sussistano puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, in forza dei quali l’omissione dei potere di controllo – e, pertanto l’inadempimento dei poteri-doveri di vigilanza il cui esercizio sarebbe valso ad impedire le condotte distrattíve degli amministratori – esorbiti dalla dimensione meramente colposa per assurgere al rango di elemento dimostrativo di dolosa partecipazione, sia pure nella forma del dolo eventuale, per consapevole accettazione del rischio che l’omesso controllo avrebbe potuto consentire la commissione di illiceità da parte degli amministratori Cass., Sez. 5, n. 26399 del 05/03/2014 – dep. 18/06/2014, Zandano, Rv. 260215 ). Ed invero, oltre alle ipotesi eccezionali – configurabili in linea astratta – di condotte positive o commissive in concorso con altri, tali da integrare gli estremi della bancarotta fraudolenta, la responsabilità a carico dei sindaci è, normalmente, ravvisabile a titolo di concorso omissivo, alla stregua dell’art. 40 c.p., comma 2, e cioè sotto il profilo della violazione del dovere giuridico di controllo che, ordinariamente, inerisce alla loro funzione, sub specie dell’equivalenza giuridica, sul piano della causalità, tra il non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire ed il cagionarlo. È noto che, nella disciplina codicistica sostanziale, sia nel previgente regime che nell’assetto novellato dalla riforma del diritto societario di cui al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, il collegio sindacale è tipico organo di controllo, chiamato a vigilare sull’amministrazione della società, con il compito di garantire l’osservanza della legge ed il rispetto dell’atto costitutivo nonché di accertare che la contabilità sia tenuta in modo regolare (cfr. Cass. Sez. 5, n. 45237 del 12/11/2001, rv 221014; e, per il nuovo regime, Sez. 1 civ, n. 22911 del 11/11/2010, rv 614607).
Ne consegue chef in quanto investiti di peculiari funzioni di controllo, da esercitare, peraltro, con la diligenza dei mandatario, secondo la vecchia formulazione dell’art. 2407 cod. civ. (oggi con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico), anche i sindaci, dunque, possono essere chiamati a rispondere dei reati di bancarotta fraudolenta per fatti propri degli amministratori.
Tuttavia, l’ipotesi dei coinvolgimento dei sindaci non può fondarsi, acriticamente, soltanto sulla loro posizione di garanzia e discendere, tout court, dal mancato esercizio dei doveri di controllo, ma postula – per indiscussa giurisprudenza di legittimità – l’esistenza di elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, della loro partecipazione, in qualsiasi modo, all’attività degli amministratori ovvero di valide ragioni che inducano a ritenere che l’omesso controllo abbia avuto effettiva incidenza causale nella commissione dei reato da parte degli amministratori ( Cass., Sez. 5, n. 15360 del 21/04/2010, rv. 246956).
Tutto ciò premesso, ritiene la Corte come il giudice a quo, pur partendo sul piano argomentativo da una premessa corretta in fatto ed in diritto, abbia, poi, da un lato, operato un erroneo utilizzo dei principi sopra richiamati in tema di responsabilità dei sindaci e, dall’altro, tratto comunque conseguenze illogiche e contraddittorie rispetto alle premesse correttamente argomentate.
3.1 Sotto quest’ultimo profilo, risulta circostanza in fatto acquisita e non contestata ( e peraltro, come sopra accennato, correttamente riportata come premessa dei ragionamento dei giudice impugnato ) quella secondo cui il R., il M. ed il G. erano stati nominati componenti del collegio sindacale della società fallita Samos Costruzioni già nel dicembre 2007. Inoltre, il R. è stato presidente dei collegio sindacale sia della società Lindos spa dal 2005 al 2014 sia della società Profilo Immobiliare ( che rappresentano, invero, proprio le società attraverso le quali sono stati commessi i fatti distrattivi pur riconosciuti ed accertati dallo stesso Tribunale del Riesame ), mentre il M. è stato componente effettivo del collegio sindacale nelle medesime società Lindos e Profilo, e G. è stato componente supplente della sola Profilo.
Ne discende che, per stessa ammissione del giudice impugnato, la contemporanea presenza per lo meno degli indagati R. e M., in qualità di sindaci, sia nella società fallita che nelle due società beneficiate non può essere sottovalutata, sul piano logico argomentativo, per una corretta valutazione della responsabilità penale dei sindaci, per lo meno per le vicende della contestata bancarotta preferenziale in favore della società Profilo e del conferimento dei cantieri da Lindos spa e delle indebite caparRe.
Ebbene, come correttamente rilevato, sempre in premessa del ragionamento, da parte del giudice del riesame) il ruolo concomitante nelle diverse società ( sia di quella fallita che di quelle beneficiarie delle contestate condotte di bancarotta ) consentiva ai sindaci di comprendere appieno i risvolti problematici di quelle iniziative che anche il giudice del riesame ha definito come ‘operazioni assai anomale’, mentre non risultano in alcun modo essere stati attivati eventuali poteri di controllo e di denunzia da parte degli indagati.
Peraltro, la valutazione in ordine alla natura di tale omissione di controllo da parte dei sindaci non può essere disgiunta anche dall’esame delle stesse modalità di articolazione delle condotte contestate all’amministratore della fallita, giacché le dette condotte si sono articolate attraverso cessioni ed acquisti di quote, compensazioni di debiti, conferimenti di cantieri deprivati di immobili e come tali evidenziavano una modalità così eclatante ed evidente di irregolarità che non può ritenersi che nel caso di specie l’omesso controllo non abbia avuto effettiva incidenza causale nella commissione dei reato da parte degli amministratori e dunque che la omissione di controllo non rilevi, sub specie dell’equivalenza giuridica, sul piano della causalità, tra il non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire ed il cagionarlo. 3.2 Ciò posto, affermare, come sì legge nell’ordinanza impugnata, che per i sindaci R., M. e G. possa rintracciarsi solo una mera negligenza nell’esercizio delle loro funzioni in ragione della spregiudicatezza delle condotte di bancarotta poste in essere dal R. risulta, sul piano logico-argomentativo, contraddittorio e non condivisibile, e ciò in ragione del fatto che proprio l’evidenza delle spregiudicate condotte finanziarie poste in essere dall’amministratore avrebbe dovuto allertare maggiormente i sindaci nel controllo di gestione dell’amministrazione societaria della fallita, con la conseguenza di un loro possibile coinvolgimento nelle condotte contestate per lo meno ai sensi dell’art. 40, cpv, cp e nell’accettazione dei rischio del verificarsi degli eventi distrattivi, per come poi avvenuti. 3.3 Non è poi spiegata, nella motivazione impugnata, neanche la ragione della mancanza di un apporto causale alla verificazione degli eventi, atteso che la ‘stringente intraneità’ del R. in tutte le operazioni oggetto di contestazione non esclude, ma anzi avvalora il ruolo omissivo dei sindaci che rivestivano le funzioni di controllo nella fallita e nelle due società beneficiarie delle operazioni.
3.3 Si impone pertanto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata per un nuovo esame del quadro indiziario dei sindaci in relazione al profilo della loro eventuale responsabilità nei fatti in corso di accertamento in ragione di quanto disposto dall’art. 40, cpv, cp.
Ritiene infine il Collegio che la questione dell’utilizzabilità degli atti d’indagine, per come sollevata dagli indagati anche nella memoria da ultimo versata in atti, rimanga assorbita dal pronunciamento di annullamento del provvedimento impugnato così disposto.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Brescia per nuovo esame. Così deciso in Roma, il 9.2.2016
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