Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 18824.
Il principio di autosufficienza che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda
In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata «localizzazione» del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Ordinanza|| n. 18824. Il principio di autosufficienza che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda
Data udienza 5 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Ricorso per cassazione – Indicazione espressa dell’individuazione del documento – Mancata localizzazione – Effetti – Inammissibilità del ricorso. (cpc, articolo 369)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. VALENTINO Daniela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2038/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA IN LCA;
– intimato –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1758/2018 depositata il 25/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/05/2023 dal Consigliere MAURO DI MARZIO.
Il principio di autosufficienza che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda
RILEVATO
CHE:
1. – (OMISSIS) ricorre per quattro mezzi, nei confronti di (OMISSIS) S.p.A., contro la sentenza del 25 settembre 2018 con cui la Corte d’appello dell’Aquila ha respinto il suo appello avverso sentenza del Tribunale di Chieti che aveva respinto per difetto di interesse ad agire la sua querela di falso avverso “il modulo sottoscritto da (OMISSIS) datato 12.3.2001 con il quale appariva esso (OMISSIS) richiedente un mutuo agrario per consolidamento passivita’ pregresse”.
2. – (OMISSIS) S.p.A. resiste con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
3. – Il primo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 100 e 221 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 100 e 345 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Il terzo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 161 c.p.c..
Il quarto mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 161 c.p.c. in riferimento alla mancata applicazione dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
RITENUTO CHE:
4. – Il ricorso e’ inammissibile.
4.1. – La vicenda in esame si puo’ brevemente riassumere come segue:
-) il (OMISSIS) ha agito dinanzi al Tribunale di Chieti nei confronti della (OMISSIS) S.p.A. Chiedendone condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, in tesi subiti a causa del mancato tempestivo pagamento di alcuni assegni bancari nonostante l’esistenza sul proprio conto di provvista sufficiente, derivante dall’erogazione, da parte della stessa banca, di un mutuo agrario, il cui ricavo netto era stato accreditato e reso disponibile su detto conto prima dell’emissione degli assegni;
-) la banca ha replicato che il mutuo era destinato a ripianare passivita’ pregresse e, dunque, non era mai entrato nella disponibilita’ del (OMISSIS);
-) questi e’ stato dichiarato fallito e nel giudizio risarcitorio e’ intervenuto il curatore chiedendo riconoscersi al Fallimento quanto dovuto al (OMISSIS) per danno patrimoniale;
-) il giudice adito, dopo aver rilevato che, per effetto dell’intervento del curatore, il (OMISSIS) aveva perduto la legittimazione rispetto alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale riconducibile alla sua attivita’ imprenditoriale, conservando la legittimazione in ordine al risarcimento del danno non patrimoniale, ha respinto la domanda;
-) la Corte d’appello dell’Aquila ha respinto l’appello rilevando che sul difetto di legittimazione attiva del fallito relativamente ai danni patrimoniali era sceso il giudicato e che, quanto ai danni non patrimoniali, la domanda era sfornita di prova, neppure essendo stato dimostrato che il mutuo, oltre che concesso, fosse stato effettivamente erogato;
-) la sentenza della Corte d’appello e’ stata impugnata per revocazione e per cassazione, ed entrambe le impugnazioni sono state disattese, in particolare quella per cassazione e’ stata dichiarata inammissibile con ordinanza numero 2995 del 2012;
-) la decisione di rigetto dell’impugnazione per revocazione e’ stata impugnata per cassazione ed il ricorso e’ stato dichiarato inammissibile con sentenza n. 8526 del 2018;
-) contro quest’ultima sentenza e’ stata proposta impugnazione per revocazione respinta con ordinanza n. 11853 del 2021 di questa Corte.
Nel mentre, nel 2010, il (OMISSIS) ha proposto querela di falso in via principale avverso il modulo di richiesta della concessione di mutuo agrario quinquennale di lire 480 milioni, datato 12 marzo 2001, e che a suo dire sarebbe stato redatto il successivo 28 marzo 2001.
Il giudice di primo grado ha ritenuto l’inammissibilita’ della domanda per difetto di interesse del (OMISSIS), basandosi sull’ordinanza di questa Corte del 2012 ed osservando che essa “da’ contezza del fatto che correttamente e’ stata esclusa dalla Corte territoriale la legittimazione attiva del (OMISSIS) in riferimento alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale: cio’ che esclude l’interesse ad agire del (OMISSIS) nella presente causa, a cagione del fatto che una (futura revocazione) non avrebbe esito con riferimento al gia’ affermato difetto di legittimazione attiva in ordine al danno patrimoniale. Del pari, con riferimento al danno non patrimoniale, la Suprema Corte non coglie vizi logici nella valutazione di merito resa dalla corte territoriale, che ha escluso la configurabilita’ stessa del danno: cio’ che esclude parimenti l’interesse ad agire del (OMISSIS) nella presente causa anche sotto il profilo del danno non patrimoniale”.
Tale decisione e’ stata impugnata in appello e la decisione in appello che ha rigettato l’impugnazione e’ oggetto dell’odierno ricorso per cassazione.
4.2. – L’inammissibilita’ del ricorso discende anzitutto da una basilare ragione, che va considerata in sede di integrazione-correzione della motivazione della decisione che ha confermato la pronuncia di inammissibilita’ della querela.
E’ centrale, al riguardo, la circostanza narrata a pagina 8 del ricorso per cassazione, ove il (OMISSIS) riferisce: “Apponeva (esso (OMISSIS): n. d.e.) poi, su richiesta del Direttore della filiale, (OMISSIS), la propria firma su di un modulo in bianco dietro assicurazione, da parte del Direttore medesimo che avrebbe personalmente e direttamente provveduto a riempirlo con l’indicazione delle colture in atto sui terreni oggetto del mutuo agrario ovvero di dati tecnici gia’ in possesso della banca”. La tesi del ricorrente e’ cioe’ la seguente: gli sarebbe stato concesso ed erogato un mutuo agrario, accreditato sul suo conto, di guisa che egli, con parte dell’importo accreditato, avrebbe emesso alcuni assegni bancari, che la banca non aveva pagato, adducendo successivamente che il mutuo fosse stato concesso per ripianamento di pregresse passivita’ del mutuatario e, dunque, non fosse mai pervenuto nella sua disponibilita’. Per il che sarebbe stato impiegato il foglio firmato in bianco, che, invece di essere riempito “con l’indicazione delle colture in atto sui terreni oggetto del mutuo agrario ovvero di dati tecnici gia’ in possesso della banca”, sarebbe stato riempito con il riferimento al ripianamento del preesistente passivo. Insomma, le parti avrebbero concordato il riempimento del foglio gia’ sottoscritto con un determinato contenuto, mentre la banca, a mezzo del direttore, vi avrebbe apposto un diverso contenuto.
Ma, cosi’ stando le cose, e trattandosi cioe’, secondo la stessa prospettazione, dell’abusivo riempimento di un foglio firmato in bianco, non gia’ absque pactis, ma contra pacta, la proposizione della querela di falso in via principale non aveva e non ha spazio alcuno, per la considerazione che la querela di falso occorre al fine di privare il documento della efficacia fidefacente che esso altrimenti possiederebbe, e che non e’ possibile rimuovere altrimenti: sicche’ la querela di falso proposta nei riguardi di una scrittura privata, quale quella in discorso, e’ limitata alla provenienza materiale dell’atto dal soggetto che ne abbia effettuato la sottoscrizione (Cass. 11 gennaio 1988, n. 47; Cass. 14 maggio 2019, n. 12707, ma l’indirizzo giurisprudenziale che richiede la querela di falso nel caso di abusivo riempimento absque o sine pactis e non in quello di abusivo riempimento contra pacta, e’ granitico, almeno a partire da Cass., Sez. Un., 13 ottobre 1980, n. 5459). Difatti, nel caso di sottoscrizione di documento in bianco, solo il riempimento absque pactis consiste in una falsita’ materiale realizzata trasformando il documento in qualcosa di diverso da quel che era in precedenza, mentre il riempimento contra pacta (o abuso di biancosegno) consiste in un inadempimento derivante dalla violazione del mandatum ad scribendum, la cui dimostrazione non onera la parte che lo deduca alla proposizione di querela di falso (Cass. 17 gennaio 2018, n. 899), ma neppure gli consente di proporla.
E’ cioe’ da ritenere che in caso di abusivo riempimento di un foglio firmato in bianco la querela di falso sia proponibile solo se il riempimento sia avvenuto senza che vi fosse l’autorizzazione del sottoscrivente (absque pactis), e non anche nel caso in cui il riempimento sia avvenuto in modo difforme ai patti (contra pacta) (Cass. 27 maggio 2016, n. 11028; Cass. 7 marzo 2014, n. 5417; Cass. 16 dicembre 2010, n. 25445; Cass. 1 settembre 2010, n. 18989; Cass. 27 agosto 2007, n. 18059; Cass. 10 marzo 2006, n. 5245; Cass. 7 febbraio 2006, n. 2524; Cass. 18 febbraio 2004, n. 3155; Cass. 24 ottobre 2003, n. 16007; Cass. 8 aprile 2002, n. 15699) o quando vi sia incertezza sui termini dell’accordo (Cass. 30 dicembre 2011, n. 30226).
4.2.2. – L’inammissibilita’ discende altresi’ dal rilievo che l’autenticita’ e la genuinita’ del documento in discorso e’ gia’ stata accertata con sentenza passata in giudicato.
E’ difatti lo stesso ricorrente, a pagina 12 del ricorso, a riferire che il Tribunale di Chieti, nella sentenza del 13 settembre 2004 di rigetto dell’originaria domanda risarcitoria, aveva affermato che: “Il (OMISSIS) in data 12 marzo 2001 ha presentato una domanda di prestito agrario di lire 480.000.000 per il consolidamento delle passivita’ pregresse”, e che, dunque: “In sostanza il Tribunale ha fondato la propria decisione sulla autenticita’ e genuinita’ del “modulo” di richiesta di mutuo”.
Detta sentenza e’ passata in giudicato: essa, difatti, e’ stata oggetto di impugnazione in appello che e’ stata disattesa ed il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello e’ stato dichiarato inammissibile con ordinanza numero 2995 del 2012 della Corte di cassazione. A latere, la sentenza d’appello e’ stata impugnata per revocazione e l’impugnazione e’ stata disattesa con sentenza contro cui e’ stato proposto ricorso per cassazione che e’ stato dichiarato inammissibile, a mezzo di ordinanza numero 8526 del 2018, ordinanza anch’essa impugnata per revocazione, infine respinta con ordinanza numero 11853 del 2021.
Poiche’ il giudice di primo grado ha rigettato la domanda risarcitoria del danno non patrimoniale fondando, tra l’altro, come riferisce il ricorrente, “la propria decisione sulla autenticita’ e genuinita’ del “modulo “di richiesta del mutuo”, ossia del medesimo documento impugnato di falso nel procedimento oggi pendente in sede di legittimita’, non v’e’ dubbio, poiche’ e’ lo stesso (OMISSIS) a prospettare in tal modo la propria ricostruzione della vicenda, che l’affermazione di “autenticita’ e genuinita’ del “modulo” di richiesta di mutuo” abbia costituito antecedente logico della decisione adottata.
Ed e’ ovvio che la querela di falso non possa avere ingresso se la verita’ del documento e’ gia’ stata accertata con sentenza civile o penale passata in giudicato (a questo riguardo Cass. 5 dicembre 1988, n. 6579).
4.2.3. – Cio’ esime dall’osservare che il ricorso e’ inammissibile perche’ non autosufficiente.
Oggetto del contendere, difatti, e’ il modulo, sottoscritto dal (OMISSIS), che sarebbe stato riempito in violazione dell’accordo concluso: sicche’ basta osservare che dal ricorso non emerge dove detto documento sia “localizzato”.
Stabilisce l’articolo 366 c.p.c., comma 2, n. 6, che il ricorso per cassazione deve contenere a pena di inammissibilita’ la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda.
Questa Corte ha in piu’ occasioni avuto modo di chiarire che detta disposizione, oltre a richiedere l’indicazione degli atti e dei documenti, nonche’ dei contratti o accordi collettivi, posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale tali fatti o documenti risultino prodotti, prescrizione, questa, che va correlata all’ulteriore requisito di procedibilita’ di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Il precetto di cui al combinato disposto delle richiamate norme deve allora ritenersi soddisfatto: a) qualora l’atto o il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purche’ nel ricorso si specifichi che il fascicolo e’ stato prodotto e la sede in cui il documento e’ rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento e’ prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non partecipi al giudizio di legittimita’ o non depositi il fascicolo o lo depositi senza quell’atto o documento (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 20 novembre 2017, n. 27475). In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiche’ indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso e’ rintracciabile, sicche’ la mancata “localizzazione” del documento basta per la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso (Cass. 10 dicembre 2020, n. 28184).
Nel caso in esame in ricorso si fa generico riferimento, alla pagina 34, al deposito dei fascicoli di parte della fase di merito nonche’ ad un “fascicolo ex articolo 369, n. 4 con gli atti e documenti indicati nel ricorso come da indice”: ma e’ cosa nota che l’adempimento dell’obbligo di specifica indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, previsto a pena d’inammissibilita’, impone quanto meno che gli stessi risultino da un’elencazione contenuta nell’atto, non essendo a tal fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte (Cass. 6 ottobre 2017, n. 23452).
5. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente delle spese sostenute per questo giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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