La massima
1. La sopraelevazione realizzata dal proprietario dell’ultimo piano di edificio condominiale, in violazione delle prescrizioni e cautele tecniche fissate dalle norme speciali antisismiche, è riconducibile nell’ambito della previsione dell’art. 1127, secondo comma, cod. civ. in tema di sopraelevazioni non consentite dalle condizioni statiche del fabbricato. A fronte di tale opera, pertanto, deve riconoscersi la facoltà del condominio di ottenere una condanna alla demolizione del manufatto.
2. Il divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127, secondo comma, cod. civ., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture siano tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica.
3. Qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, secondo comma, cod. civ., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico.
4. L’art. 1127 cod.civ., che vieta al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale sopraelevazioni precluse dalle condizioni statiche del fabbricato medesimo, e, quindi, consente all’altro condomino di agire per la demolizione delle opere realizzate in violazione di detto divieto, trova applicazione pure nel caso di sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II
SENTENZA 26 aprile 2013, n. 10082
Svolgimento del processo
Il Condominio di Via (omissis) convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli A..F. , deducendo che la stessa, proprietaria dell’appartamento con annesso terrazzo all’ottavo e ultimo piano del fabbricato condominiale, aveva costruito nuovi corpi di fabbrica in muratura sul predetto terrazzo aprendo balconi sul prospetto dell’edificio e realizzando altre trasformazioni strutturali della preesistente unità abitativa a danno delle parti comuni dell’edificio, e che la nuova costruzione era causa di pericolo imminente alla statica del fabbricato a causa del peso esercitato sulle strutture portanti, sicché, denunciata la nuova opera al Pretore, questi aveva disposto la sospensione dei lavori assegnando il termine per la riassunzione del giudizio di merito. Ciò posto, il Condominio attore chiese la condanna della F. alla demolizione delle opere realizzate sul terrazzo ed al risarcimento del danno.
2. – Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 5 marzo 2002, accolse la domanda quanto alla dichiarazione di illegittimità della costruzione e alla condanna della convenuta all’abbattimento della stessa, respingendo, invece, la domanda di risarcimento del danno.
La F. propose gravame avverso tale sentenza.
3. – La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata il 9 marzo 2006, respinse il gravame. Osservò il giudice di secondo grado che la disposizione dell’art. 1127 cod.civ. introduce un limite assoluto all’esercizio del diritto di sopraelevazione per l’ipotesi in cui le condizioni statiche dell’edificio non la consentano, sia perché le strutture dell’edificio non sopportino il peso, sia perché, una volta elevata la nuova fabbrica, esse non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, se le leggi speciali antisismiche prescrivono particolari cautele tecniche da adottare nella sopraelevazione di edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, secondo comma. Acquista, dunque, rilievo la disposizione di cui al punto C.1.1. del d.m. 16 gennaio 1996, che impone a chi sopraeleva l’adeguamento dell’intero edificio, in modo che sia in grado di resistere alle azioni sismiche proprie della zona di classificazione, e che richiede il consenso unanime dei condomini. Nella specie, la F. aveva realizzato sul terrazzo a livello dell’unità abitativa di sua proprietà, all’ultimo piano del condominio di Via (omissis) , quindi in un’area sismica, opere in sopraelevazione senza effettuare interventi di adeguamento di cui alle norme tecniche del richiamato d.m. 16 gennaio 1996. Il c.t.u. aveva accertato, indipendentemente dai calcoli statici, non effettuati in mancanza degli elementi tecnici, il mancato rispetto delle prescrizioni dettate dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, integrata dai successivi decreti ministeriali, riguardante le costruzioni in zone sismiche, concludendo nel senso che in caso di evento sismico la struttura avrebbe potuto arrecare danni, a nulla rilevando che la F. avesse ottenuto la concessione in sanatoria.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Signora F. affidandosi a quattro motivi. Il Condominio intimato non si è costituito.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1127, secondo comma, cod.civ.; del d.m. 16 gennaio 1996 del Ministro dei Lavori Pubblici di concerto con quello dell’Interno, contenente Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche, e segnatamente degli artt. C.9.1.1., C.9.5.3., C.9.6.3. e C.9.7.3., e delle allegate norme tecniche; del d.m. 24 gennaio 1986 del Ministro dei Lavori Pubblici, contenente Norme tecniche relative alle costruzioni antisismiche, e segnatamente degli artt. C.9.1.1., C.9.2.I., C.9.5.3., C.9.6.3., C.9.7.3.; degli artt. 1, 3 e 14 della legge 2 febbraio 1974, n. 64. La Corte di merito avrebbe confuso l’ambito operativo del secondo comma dell’art. 1127 cod.civ. con quello delle norme antisismiche, non riferibili alla statica dell’edificio, ma ai materiali da utilizzare, all’assemblaggio degli stessi, alle dimensioni delle opere. Secondo la Corte partenopea, il manufatto in questione sarebbe stato da demolire perché, indipendentemente dai calcoli statici, non effettuati, e prescindendosi dalla verifica relativa alla capacità delle strutture dell’edificio di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica, esso, non essendo stato realizzato secondo le tecniche di costruzione prescritte per le zone antisismiche, costituirebbe una struttura potenzialmente idonea a cagionare danni a terzi. Inoltre, essendo stata la sopraelevazione realizzata nel 1993, la Corte di merito avrebbe errato nel richiamare la normativa tecnica di cui al d.m. 16 gennaio 1996, entrata in vigore il 6 marzo 1996, anziché quelle di cui al precedente d.m. 24 gennaio 1986, contenente prescrizioni diverse da quelle di cui al decreto successivo. In ogni caso la ricorrente precisa che l’interpretazione corretta del secondo comma dell’art. 1127 cod.civ., con riferimento alla normativa tecnica che prevede interventi di adeguamento in caso di sopraelevazioni ed ampliamenti al fine di rendere l’edificio atto a resistere alle azioni sismiche definite ai punti C.9.5.3, C.9.6.3. e C.9.6.4. di entrambi i citati decreti, deve essere intesa nel seguente modo, ed in tal senso formula il quesito di diritto a norma dell’art. 366 bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis: “L’art. 1127, secondo comma, c.c. va interpretato estensivamente nel senso che la sopraelevazione (o l’ampliamento) è vietata nel caso in cui si accerti, una volta elevata la nuova fabbrica, ed esaminate le caratteristiche strutturali dell’edificio, la necessitò concreta e non teorica di dover effettuare l’intervento di adeguamento previsto dalla normativa antisismica (ed in particolare dai dd.mm. del 1986 e del 1996) al fine di consentire alle strutture dell’edificio di sopportare l’urto di forze sismiche in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica definite ai punti C.9.5.3., C.9.6.3 e C.9.7.3 dei dd.mm. in parola, e si sia altresì accertato che tale adeguamento non è stato realizzate.
2. – La censura è immeritevole di accoglimento.
2.1. – La sopraelevazione realizzata dal proprietario dell’ultimo piano di edificio condominiale, in violazione delle prescrizioni e cautele tecniche fissate dalle norme speciali antisismiche, è riconducibile – come chiarito da questa Corte a sezioni unite con la sentenza n. 1552 del 1986 – nell’ambito della previsione dell’art. 1127, secondo comma, cod. civ. in tema di sopraelevazioni non consentite dalle condizioni statiche del fabbricato. A fronte di tale opera, pertanto, deve riconoscersi la facoltà del condominio di ottenere una condanna alla demolizione del manufatto.
Correttamente, al riguardo, la Corte di merito ha richiamato l’orientamento di questa Corte secondo il quale il divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127, secondo comma, cod. civ., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture siano tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, secondo comma, cod. civ., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico (v. Cass., sent. n. 3196 del 2008).
Dunque, l’art. 1127 cod.civ., che vieta al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale sopraelevazioni precluse dalle condizioni statiche del fabbricato medesimo, e, quindi, consente all’altro condomino di agire per la demolizione delle opere realizzate in violazione di detto divieto trova applicazione pure nel caso di sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche.
Ne consegue che la necessità di adeguamento alla normativa tecnica antisismica prescinde dall’accertamento della necessità concreta dello stesso, attesa la richiamata presunzione di pericolosità.
2.2. – Né assume rilievo, nella specie, a sostegno della tesi della ricorrente, il denunciato errore della Corte di merito nella individuazione del decreto ministeriale applicabile ratione temporis, posto che essa ha preso atto dei rilievi contenuti nella c.t.u. in ordine alla inosservanza delle disposizioni vigenti in materia.
In particolare, poi, quanto alla norma tecnica invocata dalla ricorrente, la quale dispone che “si definisce intervento di adeguamento l’esecuzione di un complesso di opere che risultino necessarie per rendere l’edificio atto a resistere alle azioni sismiche….”, e della quale si sostiene da parte della ricorrente medesima una interpretazione che richieda l’accertamento in concreto di tale necessità, essa, al contrario, corrobora la tesi qui ribadita, richiedendo la realizzazione di quelle opere che, ex ante, escludano ogni possibile pregiudizio per la stabilità dell’edificio.
3. – La richiamata interpretazione dell’art. 1127, secondo comma, cod.civ. esclude anche la fondatezza della seconda censura, con la quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 cod.proc.civ., e il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ex art. 112 cod.proc.civ., ritenendosi, ed in tal senso formulando il quesito di diritto, che “il giudice non può porre a fondamento della decisione quei fatti accertati dal ctu oltre i limiti del mandato conferitogli, non dedotti negli atti di causa e non oggetto di contraddittorio tra le parti”, quale era, secondo la doglianza, la eventuale inosservanza della normativa antisismica.
Infatti, posto che il giudizio promosso dal Condominio di Via (omissis) ex art. 1171 cod.civ. aveva ad oggetto la realizzazione da parte dell’attuale ricorrente di nuovi corpi di fabbrica sul terrazzo del fabbricato condominiale, asseritamente causa di pericolo per la statica dell’edificio, la Corte di merito ha inquadrato le questioni poste al suo esame come rientranti nella disciplina normativa di cui all’art. 1127 cod.civ..
Ebbene, se, come chiarito sub 2.1., la disposizione del secondo comma dell’art. 1127 cod.civ. trova applicazione pure nel caso di sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche, risulta evidente come nessuna extrapetizione, né nessuna violazione del principio del contraddittorio si sia verificata, in quanto la verifica del pregiudizio per la stabilità dell’edificio, in una zona a rischio sismico, non poteva prescindere dall’accertamento del rispetto della normativa antisismica. E dunque correttamente la Corte di merito ha preso atto dei rilievi in tal senso svolti dal c.t.u..
4. – Con il terzo motivo, si denuncia omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativo all’accertamento del pregiudizio della nuova costruzione realizzata dalla F. rispetto alla statica dell’intero edificio ed all’accertamento del rispetto della normativa antisismica. La Corte di merito avrebbe omesso di riferire, o non avrebbe adeguatamente riferito, le ragioni per le quali la costruzione realizzata dalla F. sarebbe stata pregiudizievole alla statica del fabbricato di cui si tratta, nonché le ragioni per le quali la stessa F. avrebbe dovuto eseguire le opere di adeguamento e quali opere in particolare. Infine, la Corte partenopea non avrebbe chiarito le prescrizioni antisismiche che sarebbero state violate.
5. – La censura è destituita di fondamento.
Il giudice di secondo grado ha adeguatamente e in modo articolato dato conto delle ragioni del proprio convincimento, richiamando dettagliatamente l’elaborato peritale (si vedano i rilievi in ordine alla orditura delle travi principali del solaio ed agli incastri e appoggi non eseguiti a regola d’arte, nonché alla incoerenza dei materiali assemblati) e le conclusioni cui il c.t.u. era pervenuto circa la fattura delle opere in questione non conforme ai criteri tecnici di realizzazione né a quelli prescritti dalle norme antisismiche, condividendole.
6. – Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, per avere la Corte di merito ritenuto irrilevante l’avvenuta concessione in sanatoria in relazione alle realizzazioni edilizie di cui si tratta. Secondo la ricorrente, il rilascio della concessione in sanatoria, avendo comportato la valutazione, da parte dell’autorità amministrativa, della conformità delle opere abusive agli strumenti urbanistici in vigore anche con riferimento alle zone sismiche, avrebbe dovuto incidere sulla decisione di secondo grado.
La illustrazione della censura si conclude con la enunciazione del seguente quesito di diritto: “Si chiede che la Corte avalli il principio secondo cui il rilascio di concessione in sanatoria a termini dell’art. 39 della legge n. 724/1994 presuppone un giudizio positivo di legittimità da parte dell’Autorità pubblica amministrativa alla normativa urbanistica vigente”.
7. – Anche tale censura è priva di pregio.
L’art. 39 della legge n. 724 del 1994 ha dichiarato applicabili alle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (c.d. condono edilizio).
La Corte di merito ha correttamente ritenuto che il conseguimento, da parte dell’attuale ricorrente, della concessione in sanatoria in relazione ai corpi di fabbrica realizzati sul terrazzo dell’edificio condominiale di cui si tratta non rileva ai fini della valutazione di illegittimità delle costruzioni sotto il profilo del pregiudizio per la statica dell’edificio, in quanto la concessione in sanatoria non ha riguardo ad un giudizio tecnico di conformità alle regole di costruzione. Né nella specie, come rilevato dalla Corte partenopea, l’atto concessivo faceva alcun riferimento ad un siffatto giudizio.
8. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non v’è luogo a provvedimenti sulle spese del presente giudizio, non essendo stata svolta dal condominio intimato alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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