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L’introduzione, ad opera del citato articolo 311, comma 5 bis, di termini perentori anche per la definizione del giudizio di rinvio risponde all’esigenza di definire con la massima celerita’ la posizione di chi, pur essendosi visto riconoscere la fondatezza delle proprie ragioni dinanzi alla Suprema Corte, si trovi tuttavia ancora soggetto alla misura cautelare e la diversa disciplina dei termini (quanto alla loro non prorogabilita’) riflette altresi’ una valutazione di non particolare complessita’ di un nuovo giudizio scaturito dall’annullamento con rinvio.
Nella motivazione della seconda sentenza, n. 23583 del 2016, si evidenzia come l’articolo 311, comma 5 bis, ha la funzione di disciplinare in termini piu’ stringenti la sequenza procedimentale che si determina in seguito all’annullamento con rinvio dell’ordinanza del tribunale del riesame, atteso che in tal caso permane la limitazione della liberta’ personale dell’interessato. Tale disciplina, piu’ restrittiva, e’ percio’ coerente con le esigenze di tutelare nella sua massima estensione la liberta’ personale, protetta come bene primario dall’articolo 13 Cost., e dalle norme delle convenzioni internazionali che sanciscono il diritto di ogni persona sottoposta ad arresto o detenzione a ricorrere al giudice per ottenere, “entro brevi termini” (articolo 5, comma 4, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) o “senza indugio” (articolo 9, comma 4, del Patto internazionale sui diritti civili e politici), una decisione sulla legalita’ della misura e sulla liberazione.
2. Le Sezioni Unite ritengono debba essere condiviso il secondo e piu’ restrittivo orientamento interpretativo. Una pluralita’ di ragioni additano tale soluzione.
La L. n. 47 del 2015, ha esteso al giudizio di rinvio la sanzione della caducazione della misura cautelare nel caso in cui la decisione non intervenga nel termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti e nel caso in cui l’ordinanza non sia depositata in cancelleria nei successivi trenta giorni.
La norma e’ circoscritta, dal punto di vista oggettivo, ai soli casi di annullamento con rinvio, su ricorso dell’imputato, di un’ordinanza che ha disposto o confermato una misura coercitiva.
La questione di diritto posta all’attenzione delle Sezioni Unite e’ se la seconda parte dell’articolo 311, comma 5 bis, di nuovo conio richiami o meno implicitamente il disposto dell’articolo 309, comma 10, laddove e’ prevista la proroga del termine di deposito dell’ordinanza.
La previsione di un termine breve per la decisione della richiesta di riesame in passato e’ gia’ stata ritenuta dalla Corte costituzionale rispondere al canone di ragionevolezza, per la sua correlazione con il diritto di difesa.
Con le ordinanze n. 126 del 1993 e n. 201 del 1996 la Corte ha infatti dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 309 c.p.p., commi 8, 9 e 10, e articolo 324 c.p.p., comma 7, in relazione agli articoli 3, 24 e 97 Cost..
La previsione di termini certi e brevi dei giudizi cautelari trova riscontro anche nell’articolo articolo 5, par. 4, CEDU.
Secondo la giurisprudenza della Corte EDU la celerita’ (speediness) in materia cautelare ha lo scopo di tutelare la persona da detenzioni arbitrarie, assicurandogli un celere riesame (review), con riferimento all’esistenza di fondati indizi (reasonable suspicion) contro il detenuto e alla legalita’ della sua detenzione (Corte EDU, 15/11/2005, Reimprecht c. Austria, § 39 e § 31).
Il requisito della celerita’, secondo quanto emerge dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, connota tutti i procedimenti de libertate, compreso il giudizio di cassazione (Corte EDU, 09/06/2005, Picaro c. Italia), pur mancando per i procedimenti de libertate una definizione univoca del concetto di “breve termine”.
Prevale nelle decisioni della Corte EDU un criterio di “flessibilita’”, non ancorato a rigidi parametri. Il tempo della decisione viene valutato non solo in termini di giorni e mesi, ma considerando anche le circostanze del caso concreto, quali la diligenza mostrata dalle autorita’ giudiziaria, la misura in cui il ritardo e’ attribuibile alla condotta del ricorrente o dei suoi difensori, e gli altri fattori, non imputabili allo Stato, che eventualmente hanno dato causa al ritardo.
Dalla richiamata giurisprudenza costituzionale e della Corte di Strasburgo si puo’ pertanto desumere il principio che una scansione temporale celere del procedimento di impugnazione cautelare e’ la regola e che ogni disposizione che ne rallenti l’iter debba essere considerata un’eccezione.
3. Questa premessa consente di affrontare la questione di diritto posta all’attenzione delle Sezioni Unite e la corretta interpretazione delle norme in materia.
Va in primo luogo rimarcato che l’articolo 12 preleggi, stabilisce che il principale canone di interpretazione delle disposizioni normative e’ quello letterale, unitamente all’intenzione del legislatore.
Ebbene l’articolo 311 c.p.p., comma 5 bis, nel disciplinare il termine di deposito dell’ordinanza in sede di rinvio, prevede il massimo di trenta giorni, senza richiamare in alcun modo la possibilita’ di proroga prevista invece dall’articolo 309, comma 10.
Entrambe le disposizioni sono state introdotte dalla stessa legge, la n. 47 del 2015. Tenuto conto del carattere sincronico delle interpolazioni operate, se il legislatore avesse avuto l’intenzione di equiparare la disciplina dei due termini, lo avrebbe fatto esplicitamente. L’assenza di tale previsione consente pertanto di interpretare in modo restrittivo la disposizione in oggetto, convergendo in tal senso univocamente sia la lettera della legge che l’intentio legis.
Va considerato infatti che, se la detenzione dell’imputato giustifica l’esigenza di una decisione in tempi rapidi sullo status libertatis, in ossequio al principio costituzionale del minimo sacrificio necessario per la liberta’ personale e, quindi, la serrata scansione temporale della procedura di riesame, ancor piu’ una decisione celere si impone quando, a seguito di annullamento con rinvio, l’imputato, pur rimanendo in vinculis, matura una maggiore aspettativa di liberazione.
4. Ne’ puo’ ritenersi che in sede di rinvio possa applicarsi in via analogica la disposizione della proroga del termine per il deposito dell’ordinanza di riesame.
L’analogia, ai sensi dell’articolo 12 preleggi, comma 2, e’ un procedimento mediante il quale, qualora vi sia una lacuna nell’ordinamento, vengono applicate alla situazione da disciplinare le norme previste per casi simili o materie analoghe (analogia legis).
Presupposti per l’utilizzo di tale mezzo di integrazione dell’ordinamento giuridico sono la presenza di una lacuna dell’ordinamento e che le norme da applicare disciplinino un caso simile.
Nella materia oggetto di scrutinio, a ben vedere, non ricorrono tali presupposti. Il codice di rito disciplina con una specifica norma in modo esplicito (l’articolo 311, comma 5 bis) il termine di deposito, sicche’ non vi e’ alcun “vuoto” da colmare.
Inoltre l’articolo 311, comma 5 bis, disciplina una situazione che non puo’ considerarsi “simile” a quella presa in considerazione dall’articolo 309, comma 10. Mentre quest’ultima disposizione disciplina la sola ipotesi del deposito della decisione del riesame, la disposizione di cui all’articolo 311, comma 5 bis, ha una portata piu’ ampia. L’inciso “Se e’ stata annullata con rinvio (…) un’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell’articolo 309, comma 9”, lascia intendere che la disposizione opera non solo quando oggetto di annullamento e’ un’ordinanza emessa nel procedimento incidentale di riesame, ma anche quando l’annullamento riconsegna gli atti al giudice che ha disposto la misura coercitiva.
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