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Sulla base di tale principio e in una ipotesi di esercizio della giurisdizione contabile sul medesimo fatto per il quale era stata esercitata la giurisdizione penale, Cass., sez. un., 21 maggio 2014, n. 11229 ha ritenuto che la dedotta incoerenza tra l’avvenuto proscioglimento in sede penale e l’affermata sussistenza della responsabilita’ erariale in relazione alla medesima condotta non integra una questione esorbitante dai limiti interni alla giurisdizione del giudice contabile.
4.2. – Alla luce di tali sostanzialmente univoci orientamenti, deve dunque escludersi che nel caso di specie, la lamentata violazione del principio ne bis in idem possa dare luogo ad un “motivo inerente alla giurisdizione”, e cioe’ all’unico rimedio esperibile dinnanzi a queste Sezioni Unite avverso le decisioni della Corte dei conti.
In primo luogo, deve rilevarsi che sulla sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti nella presente controversia non puo’ dubitarsi dopo che queste Sezioni Unite, con la citata ordinanza n. 11 del 2012, hanno affermato, in sede di regolamento di giurisdizione, la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti n relazione alla pretesa azionata dalla Procura regionale del Piemonte. La domanda volta ad ottenere l’accertamento di un danno erariale e la condanna dei convenuti al pagamento del danno accertato non eccede certamente dall’ambito della giurisdizione contabile, una volta che sia stata accertata la sussistenza di un rapporto di servizio tra il consulente tecnico del pubblico ministero e l’amministrazione statale della giustizia.
Trova, infatti, applicazione il principio per cui “la giurisdizione contabile dichiarata in sede di regolamento preventivo sulla base della prospettazione di un rapporto di servizio non puo’ essere contestata con ricorso in Cassazione avverso la decisione di merito della Corte dei conti, neppure sull’assunto che questa non abbia accertato l’effettiva esistenza di quel rapporto, giacche’ la statuizione ex articolo 41 c.p.c. costituisce giudicato con efficacia vincolante nel processo all’interno del quale e’ domandata” (Cass., sez. un., 2 luglio 2015, n. 13657; Cass., sez. un., 29 marzo 2013, n. 7930).
4.3. – D’altra parte, e con specifico riferimento alle doglianze proposte da (OMISSIS), la questione del divieto di bis in idem, rispetto alla sentenza penale che aveva applicato la misura di sicurezza della confisca, passata in giudicato l’8 luglio 2011, quale limite esterno alla giurisdizione della Corte dei conti era gia’ stata dedotta in quel procedimento e questa Corte ha, appunto, affermato, con efficacia di giudicato nel presente giudizio, che “giurisdizione penale e civile, da un lato, e giurisdizione contabile dall’altro sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, e l’eventuale interferenza che puo’ determinarsi tra tali giudizi pone esclusivamente un problema di proponibilita’ dell’azione di responsabilita’ davanti alla Corte dei conti, senza dar luogo a questione di giurisdizione”.
Analogamente, al momento della decisione adottata da queste Sezioni Unite sul regolamento preventivo di giurisdizione, la posizione dei ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) era stata definita in sede penale con sentenza ai sensi dell’articolo 444 c.p.c. e con l’affermazione della intervenuta rinuncia alla costituzione di parte civile dell’amministrazione della giustizia (per effetto della intervenuta transazione con l’avvocatura distrettuale dello Stato di Milano). Correttamente, dunque, la sentenza impugnata ha fatto riferimento al principio affermato da queste Sezioni Unite nella ordinanza 31 maggio 1991, n. 369, secondo cui, “con riguardo a pronuncia della Corte dei Conti in materia di responsabilita’ contabile, il ricorso alle Sezioni Unite della Suprema Corte, che sia rivolto a denunciare, come ragione preclusiva dell’affermazione di detta responsabilita’, la circostanza che la Pubblica amministrazione, costituendosi parte civile in sede penale, abbia chiesto ed ottenuto sentenza definitiva di condanna al risarcimento dei danni per il medesimo fatto, deve essere dichiarato inammissibile, considerato che tale questione non attiene alla sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti, ma alla proponibilita’ dinanzi ad essa dell’azione di responsabilita’, e, quindi, si traduce nella deduzione di un errore in iudicando, esorbitante dalle previsioni degli articoli 111 Cost. e articolo 362 c.p.c.” (Cass., sez. un., 21 maggio 1991, n. 369). Principio, questo, sostanzialmente ribadito da Cass., sez. un., 23 novembre 1999, n. 8222, la quale ha affermato che “poiche’ le sentenze della Corte dei Conti sono impugnabili in Cassazione soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione, in relazione ai limiti esterni delle attribuzioni giurisdizionali di detto giudice, deve dichiararsi inammissibile un ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, il quale, con riferimento ad un giudizio in materia di responsabilita’ contabile pendente avanti alla Corte dei Conti, deduca – invocando la norma dell’articolo 539 c.p.p., comma 1, secondo la quale il giudice penale, nell’ipotesi di condanna generica ai danni “rimette le parti davanti al giudice civile” – che la giurisdizione di quel giudice sarebbe venuta meno, a seguito dell’intervento, contro i soggetti chiamati a rispondere del danno erariale, di sentenza definitiva di condanna generica al risarcimento dei danni, intervenuta (unitamente alla condanna penale) avanti al giudice penale in dipendenza della costituzione della Pubblica Amministrazione come parte civile nel processo penale intentato contro quei soggetti in relazione ad un reato loro ascritto relativamente ai fatti dedotti avanti al giudice contabile, poiche’ la suddetta deduzione evidenzia non una questione di giurisdizione ma una questione afferente ai limiti della proponibilita’ della domanda avanti al giudice contabile (e, quindi, concerne i limiti interni della sua giurisdizione), sotto il profilo dell’esercizio di analoga azione risarcitoria avanti al giudice penale e del conseguente pericolo di violazione del principio del ne bis in idem (che concerne un error in iudicando)”.
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