Il trasferimento per spirito di liberalita’ di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta; ne deriva che la stabilita’ dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore
Per un maggior approfondimento sulle donazioni indirette e non aprire il seguente collegamento on-line cliccando sull’immagine seguente
Sezioni Unite civile
sentenza 27 luglio 2017, n. 18725
Data udienza 18 luglio 2017
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f.
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sezione
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente di Sezione
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere
Dott. MANNA Felice – Consigliere
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 11494 del 2012 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), con domicilio eletto nello studio dell’Avvocato (OMISSIS) in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 816/11 della Corte d’appello di Trieste, depositata il 20 dicembre 2011;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 18 luglio 2017 dal Consigliere Alberto Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. – La vicenda riguarda una fattispecie attributiva triangolare a mezzo banca compiuta a titolo di liberalita’: piu’ precisamente, concerne un trasferimento di valori mobiliari, di cospicuo valore, depositati su un conto bancario, eseguito in favore di un terzo in virtu’ di un ordine in tal senso impartito alla banca dal titolare del conto, deceduto pochi giorni dopo l’operazione.
Apertasi la successione ab intestato dell’ordinante (OMISSIS), la figlia del de cuius, (OMISSIS), ha agito in giudizio davanti al Tribunale di Trieste nei confronti della beneficiaria del trasferimento, (OMISSIS), chiedendo, per la quota di un terzo spettante all’attrice sul patrimonio ereditario, la restituzione del valore degli strumenti finanziari, ammontanti complessivamente, alla data dell’esecuzione dell’operazione, a Euro 241.040,60.
Premesso che gli strumenti finanziari (quote di (OMISSIS) e di (OMISSIS) e titoli di (OMISSIS)) appartenevano al di lei padre ed erano custoditi in un apposito conto di deposito titoli in amministrazione presso (OMISSIS) s.p.a. e che la convenuta, nella qualita’ di delegata, aveva dato ordine alla banca di trasferirli sul proprio conto, l’attrice ha dedotto la nullita’ del negozio attributivo, in quanto privo della forma solenne richiesta per la validita’ della donazione.
La (OMISSIS) si e’ difesa rilevando che il trasferimento era stato chiesto direttamente dal titolare dei titoli e solo reiterato da essa delegata. Ha sostenuto che l’attribuzione doveva essere considerata, in parte, adempimento di obbligazione naturale, giustificata dal legame affettivo che ella aveva instaurato con il de cuius e dalla cura e dall’assistenza prestate nei suoi confronti durante il corso della malattia che lo aveva portato alla morte; in parte, donazione indiretta.
2. – Il Tribunale di Trieste ha accolto la domanda, dichiarando la nullita’ della liberalita’. Accertato che l’ordine alla banca proveniva dal (OMISSIS), il Tribunale ha distinto tra negozio sottostante (attribuzione patrimoniale alla (OMISSIS)) e ordine alla banca. Secondo il primo giudice, l’ordine alla banca e’ negozio astratto, autonomo rispetto ai rapporti inter partes; il negozio tra le parti e’ quello che rileva e deve essere qualificato come donazione vera e propria; il trasferimento non puo’ essere ritenuto adempimento di obbligazione naturale (“in quanto i titoli sono stati attribuiti alla (OMISSIS) non con l’intento di adempiere ad un dovere morale e sociale, ma in considerazione dell’assistenza prestata al de cuius durante la sua malattia”), ma piuttosto donazione remuneratoria. Di qui la nullita’ per difetto di forma.
3. – A diversa conclusione e’ pervenuta la Corte d’appello di Trieste, la quale, con sentenza in data 20 dicembre 2011, ha accolto il gravame proposto in via principale dalla (OMISSIS) e rigettato la domanda.
La Corte territoriale ha osservato, innanzitutto, che “i fatti non sono contestati e che l’istruttoria ha confermato il “doppio” ordine, necessario perche’ la banca aveva smarrito il primo ordine, sottoscritto direttamente dal (OMISSIS)”. Sempre in punto di fatto, la Corte di Trieste, valorizzando la deposizione testimoniale del direttore della banca, ha ritenuto provato che la (OMISSIS) aveva assistito il (OMISSIS), precisando che la convivenza tra le parti era cominciata prima che questi scoprisse di essere affetto da un male incurabile.
La Corte d’appello ha ricondotto la fattispecie nell’ambito della donazione indiretta, per la cui validita’ non e’ richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza della forma prescritta per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalita’. I giudici del gravame hanno considerato che, per integrare la liberalita’ di cui all’articolo 809 c.c., non e’ indispensabile il collegamento “di due negozi, uno fra donante e donatario, e l’altro fra donante e terzo che realizza lo scopo-donazione”, ma basta un solo negozio, con il rispetto delle forme per esso previste. Secondo la Corte di Trieste, l’ordine dato dal beneficiante all’istituto di credito e’ idoneo a veicolare lo spirito di liberalita’.
La Corte d’appello ha dichiarato assorbito il motivo di appello con cui l’appellante (OMISSIS) ha sostenuto che l’atto compiuto andava ricondotto all’adempimento di un’obbligazione naturale; e ha altresi’ dichiarato assorbito l’appello incidentale della (OMISSIS).
4. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la (OMISSIS) ha proposto ricorso, sulla base di due motivi.
4.1. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli articoli 769, 782 e 809 c.c., in relazione agli articoli 1852 e 1834 c.c.) la ricorrente censura che la Corte di Trieste abbia ritenuto che il mero trasferimento di valori mobiliari, non avente fondamento in alcun negozio causale sottostante, sia ad ogni effetto una donazione indiretta e, come tale, sottratta al vincolo della forma. Ad avviso della ricorrente, la liberalita’ attuata a mezzo bonifico non e’ una donazione indiretta, ma una donazione diretta, la quale richiede la forma dell’atto pubblico a pena di nullita’. L’esclusione dell’onere della forma – implicitamente prevista, per le donazioni indirette, dall’articolo 809 cod. civ. – sarebbe riferibile alle sole fattispecie negoziali causali, laddove nella specie ci si troverebbe di fronte ad una semplice operazione bancaria.
Il secondo motivo lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Nel ragionamento della Corte d’appello non vi sarebbe traccia di spiegazioni circa la ragione per la quale l’articolo 809 c.c., debba trovare applicazione non solo ai contratti bancari di deposito cointestati, ma anche alle mere esecuzioni di disposizioni di trasferimento titoli dal conto del donante a quello del donatario.
5. – La (OMISSIS) ha resistito con controricorso, in particolare sottolineando che la vicenda del trasferimento dei titoli attraverso l’ordine impartito alla banca dal beneficiante e’ assimilabile all’ipotesi – che la giurisprudenza riconduce alla donazione indiretta – della cointestazione del conto corrente con successivo transito sullo stesso di somme appartenenti ad uno solo dei cointestatari.
6. – Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative delle rispettive posizioni in prossimita’ dell’udienza fissata dinanzi alla Sezione semplice.
7. – Con ordinanza interlocutoria n. 106 del 4 gennaio 2017, la 2 Sezione civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, segnalando la presenza di orientamenti giurisprudenziali non uniformi e di un quadro interpretativo “frammentato” in ordine alla questione se, per aversi donazione indiretta, sia necessaria la presenza di almeno due negozi, o se sia sufficiente un solo negozio o, persino, un mero atto non negoziale, ed evidenziando, altresi’, la particolare rilevanza della stessa, stante il frequente ricorso a operazioni del tipo di quelle compiute nella specie in funzione trans o post mortem.
8. – Il Primo Presidente ha disposto l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
9. – In prossimita’ dell’udienza pubblica entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – La questione sottoposta all’esame delle Sezioni Unite solleva un problema di rapporti tra il contratto tipico di donazione e le liberalita’ diverse dalla donazione (dette anche donazioni indirette o liberalita’ atipiche): l’uno, definito dall’articolo 769 c.c., come l’atto con il quale, per spirito di liberalita’, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione; le altre, contemplate dall’articolo 809 c.c., come liberalita’ risultanti da atti diversi dalla donazione stessa, le quali hanno in comune con l’archetipo l’arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito liberale da un soggetto a favore dell’altro, ma se ne distinguono perche’ l’arricchimento del beneficiario non si realizza con l’attribuzione di un diritto o con l’assunzione di un obbligo da parte del disponente, ma in modo diverso.
Si tratta, in particolare, di stabilire se l’operazione attributiva di strumenti finanziari dal patrimonio del beneficiante in favore di un altro soggetto, compiuta a titolo liberale attraverso una banca chiamata a dare esecuzione all’ordine di trasferimento dei titoli impartito dal titolare con operazioni contabili di addebitamento e di accreditamento, costituisca una donazione tipica, identificata dalla definizione offerta dall’articolo 769 c.c., o sia inquadrabile tra le liberalita’ non donative, ai sensi dell’articolo 809 c.c., ossia tra gli atti, molti dei quali aventi una propria disciplina, che, secondo una accreditata definizione dottrinale, possono essere impiegati per attuare in via mediata effetti economici equivalenti a quelli prodotti dal contratto di donazione.
Piu’ precisamente, occorre domandarsi se la stabilita’ del trasferimento di ricchezza attuato donandi causa a mezzo banca sia subordinata all’adozione dello schema formale – causale della donazione; o se l’attribuzione liberale a favore del beneficiario rappresenti una conseguenza indiretta giustificata dal ricorso ad un’operazione trilaterale di movimentazione finanziaria con l’intermediazione dell’ente creditizio.
1.1. – La riconduzione all’uno o all’altro ambito ha conseguenze sul piano della disciplina applicabile.
Infatti, il codice civile estende alle liberalita’ diverse dalla donazione tipica le disposizioni riguardanti la revocazione per causa di ingratitudine e per sopravvenienza di figli e quelle sulla riduzione per integrare la quota dovuta ai legittimari (articolo 809), e le assoggetta alla disciplina della collazione (articolo 737), ma al contempo prevede l’applicabilita’ delle norme riguardanti l’atto per mezzo del quale la liberalita’ e’ compiuta, senza che occorra l’assolvimento dell’onere della forma di cui all’articolo 782.
Il regime formale della forma solenne (fuori dai casi di donazione di modico valore di cosa mobile, dove, ai sensi dell’articolo 783 c.c., la forma e’ sostituita dalla traditio) e’ esclusivamente proprio della donazione tipica, e risponde a finalita’ preventive a tutela del donante, per evitargli scelte affrettate e poco ponderate, volendosi circondare di particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo, dei suoi beni.
Per la validita’ delle donazioni indirette, invece, non e’ richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalita’, dato che l’articolo 809 cod. civ., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalita’ realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’articolo 769 c.c., non richiama l’articolo 782 c.c., che prescrive l’atto pubblico per la donazione (Cass., Sez. 3, 11 ottobre 1978, n. 4550; Cass., Sez. 2, 16 marzo 2004, n. 5333; Cass., Sez. 1, 5 giugno 2013, n. 14197).
2. – Per rispondere al quesito, occorre preliminarmente procedere ad una ricognizione delle ipotesi piu’ significative che l’esperienza giurisprudenziale ha ricondotto all’ambito della donazione indiretta e di quelle per le quali si e’ ritenuta invece necessaria l’adozione del contratto di donazione per la manifestazione della volonta’ e per la realizzazione dell’interesse liberale.
3. – La liberalita’ non donativa puo’ essere realizzata con un contratto a favore di terzo, ossia in virtu’ di un accordo tra disponente – stipulante e promittente con il quale al terzo beneficiario e’ attribuito un diritto, senza che quest’ultimo paghi alcun corrispettivo e senza prospettiva di vantaggio economico per lo stipulante. Il contratto a favore di terzo puo’ bensi’ importare una liberalita’ a favore del medesimo, ma costituendo detta liberalita’ solo la conseguenza non diretta ne’ principale del negozio giuridico avente una causa diversa, si tratta di una donazione indiretta, la quale, se pure e’ sottoposta alle norme di carattere sostanziale che regolano le donazioni, non sottosta’ invece alle norme riguardanti la forma di queste (Cass., Sez. 1, 29 luglio 1968, n. 2727).
Seguendo quest’ordine di idee, si e’ ricondotta alla donazione indiretta la cointestazione, con firma e disponibilita’ disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora detta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, rilevandosi che, in tal caso, con il mezzo del contratto di deposito bancario, si realizza l’arricchimento senza corrispettivo dell’altro cointestatario (Cass., Sez. 2, 10 aprile 1999, n. 3499; Cass., Sez. 1, 22 settembre 2000, n. 12552; Cass., Sez. 2, 12 novembre 2008, n. 26983). Anche la cointestazione di buoni postali fruttiferi, ad esempio operata da un genitore per ripartire fra i figli anticipatamente le proprie sostanze, puo’ configurare, ove sia accertata l’esistenza dell’animus donandi, una donazione indiretta, in quanto, attraverso il negozio direttamente concluso con il terzo depositario, la parte che deposita il proprio denaro consegue l’effetto ulteriore di attuare un’attribuzione patrimoniale in favore di colui che ne diventa beneficiario per la corrispondente quota, essendo questi, quale contitolare del titolo nominativo a firma disgiunta, legittimato a fare valere i relativi diritti (Cass., Sez. 2, 9 maggio 2013, n. 10991).
3.1. – Costituisce del pari donazione indiretta il pagamento di un’obbligazione altrui compiuto dal terzo per spirito di liberalita’ verso il debitore (Cass., Sez. 1, 3 maggio 1969, n. 1465). Anche qui si assiste ad un’operazione che vede il coinvolgimento delle sfere giuridiche di tre soggetti: il solvens, estraneo al rapporto obbligatorio ma autore dell’adempimento, il quale dispone della propria sfera nel senso della liberalita’ verso il debitore, liberandolo da un’obbligazione; il creditore; ed il debitore, beneficiario della liberalita’.
3.2. – Il risultato liberale puo’ essere conseguito anche attraverso la combinazione di piu’ atti e negozi. A seguito di una pronuncia di queste Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 5 agosto 1992, n. 9282), la giurisprudenza qualifica l’intestazione di beni a nome altrui come una donazione indiretta del bene: una liberalita’ nascente da un complesso procedimento, rivolto a fare acquistare al beneficiario la proprieta’ di un bene, nel quale la dazione del denaro, anche quando fatta dal beneficiante al beneficiario, assume un valore semplicemente strumentale rispetto al conseguimento di quel risultato (Cass., Sez. 3, 14 maggio 1997, n. 4231; Cass., Sez. 2, 29 maggio 1998, n. 5310; Cass., Sez. 2, 24 febbraio 2004, n. 3642; Cass., Sez. 6-2, 2 settembre 2014, n. 18541; Cass., Sez. 2, 4 settembre 2015, n. 17604; Cass., Sez. 2, 30 maggio 2017, n. 13619).
3.3. – Donazione indiretta puo’ aversi anche quando le parti di un contratto oneroso fissino un corrispettivo molto inferiore al valore reale del bene trasferito ovvero un prezzo eccessivamente alto, a beneficio, rispettivamente, dell’acquirente o dell’alienante (Cass., Sez. 2, 7 giugno 2006, n. 13337; Cass., Sez. 2, 30 gennaio 2007, n. 1955; Cass., Sez. 2, 3 gennaio 2009, n. 23297; Cass., Sez. 2, 23 maggio 2016, n. 10614). In tal caso, infatti, il contratto di compravendita e’ stipulato dalle parti soltanto per conseguire – appunto, in via indiretta, attraverso il voluto sbilanciamento tra le prestazioni corrispettive – la finalita’, diversa ed ulteriore rispetto a quella di scambio, consistente nell’arricchimento, per mero spirito di liberalita’, del contraente che beneficia dell’attribuzione di maggior valore.
3.4. – Anche la rinuncia abdicativa puo’ atteggiarsi a liberalita’ (Cass., Sez. 2, 3 marzo 1967, n. 507; Cass., Sez. 2, 29 maggio 1974, n. 1545; Cass., Sez. 2, 10 gennaio 2013, n. 482; Cass., Sez. 2, 25 febbraio 2015, n. 3819).
4. – Passando alle ipotesi che sono state ricondotte, attraverso un’opera di perimetrazione, nell’ambito del contratto di donazione, la giurisprudenza (Cass., Sez. 1, 23 febbraio 1973, n. 527) ha considerato donazione diretta il trasferimento del libretto di deposito a risparmio al portatore, effettuato dal depositante al terzo possessore al fine di compiere una liberalita’; e cio’ sul rilievo che, quando trasferisce detto libretto, il depositante non utilizza la causa tipica del rapporto con la banca per conseguire un diverso risultato economico, ma pone in essere con un diverso soggetto un altro negozio, quello di trasferimento, realizzabile per una delle tante cause possibili, le quali non sono conseguite come effetto indiretto della trasmissione, ma ne costituiscono direttamente lo scopo.
4.1. – Analogamente, le liberalita’ attuate a mezzo di titoli di credito non sono donazioni indirette, ma donazioni dirette. Il fatto che l’obbligazione del donante sia incorporata in un titolo formale e astratto non muta la natura dell’obbligazione stessa, trasformando cosi’ la donazione diretta in indiretta. L’astrattezza del titolo nei rapporti tra le parti ha, infatti, funzione processuale, non anche sostanziale, restando il titolo formale pur sempre collegato al negozio sottostante.
Si e’ infatti affermato (Cass., Sez. 2, 30 marzo 1950, n. 870) che, poiche’ si rientra nell’ambito dell’articolo 809 cod. civ. quando per raggiungere l’intento di liberalita’ le parti, anziche’ utilizzare lo schema negoziale, all’uopo apprestato dalla legge, ne abbiano adottato un altro, caratterizzato da causa diversa, la donazione indiretta non e’ configurabile allorche’ la donazione sia rivestita sotto la forma cambiaria: in tale ipotesi, restando, nei rapporti tra gli originari negoziatori, l’efficacia del titolo formale condizionata alla esistenza ed alla validita’ del rapporto sottostante, la donazione e’ impugnabile per la mancanza del requisito della forma dell’atto pubblico.
E piu’ di recente (Cass., Sez. 2, 30 maggio 1990, n. 7647; Cass., Sez. 1, 6 marzo 1997, n. 1983) – nel ribadire che qualora un assegno bancario venga emesso a titolo di donazione, l’opponibilita’, nel rapporto diretto con il prenditore, di tale contratto sottostante implica anche la possibilita’ di dedurre la nullita’ della donazione medesima, per carenza della prescritta forma – si e’ sottolineato che l’esclusione dell’onere di forma deve intendersi riferita alle sole fattispecie negoziali causali, tali cioe’ che abbiano in se’ la causa giustificativa del relativo effetto, ma non anche ai negozi astratti come quelli di emissione o di girata di titoli di credito o di assegni, i quali trovano necessario fondamento in un rapporto sottostante, e quindi in un negozio del quale ricorrano i requisiti di sostanza e di forma, con conseguente opponibilita’ del difetto nei rapporti diretti tra emittente e prenditore e tra girante e rispettivo giratario.
4.2. – E’ stata ricondotta alla donazione diretta (da Cass., Sez. 2, 6 novembre 2008, n. 26746) l’elargizione come tale di somme di danaro di importo non modico mediante assegni circolari, in fattispecie nella quale il beneficiante aveva chiesto alla banca presso la quale intratteneva un rapporto di conto corrente, su cui era autorizzata ad operare anche la beneficiata, la formazione di un certo numero di assegni circolari intestati a quest’ultima disponendo che il relativo importo fosse addebitato a quel conto (assegni poi utilizzati dalla donataria, con autonoma determinazione, per il pagamento del prezzo relativo all’acquisto di un fondo).
4.3. – La giurisprudenza (Cass., Sez. 2, 30 marzo 2006, n. 7507) ha inoltre ravvisato una donazione diretta nell’accollo interno con cui l’accollante, allo scopo di arricchire un familiare con proprio impoverimento, si sia impegnato nei confronti di quest’ultimo a pagare all’istituto di credito le rate del mutuo bancario dal medesimo contratto, rilevandosi che la liberalita’ non e’ un effetto indiretto ma la causa dell’accollo.
5. – In questa sede non occorre approfondire il profilo teorico dell’inquadramento delle liberalita’ risultanti da atti diversi da quelli previsti dall’articolo 769 c.c.. E’ un aspetto, questo, sul quale, alla ricerca del dato unificante delle liberalita’ non donative, si e’ soffermata a lungo la dottrina, delineando un panorama articolato: alcuni autori costruendo gli atti di liberalita’ diversi dalla donazione come un negozio indiretto ed altri muovendo nella direzione di un allontanamento da questa figura; ora cogliendosi l’elemento unificatore e qualificatore nel risultato o effetto dell’atto, riconducibile all’arricchimento del beneficiario, definito nel suo aspetto giuridico o in quello economico; ora mettendosi in luce l’incidenza causale della liberalita’ nel senso dell’arricchimento dello schema causale minimo eventualmente predisposto dal legislatore (arricchimento inteso non come giustapposizione di un “pezzo”, ma come possibilita’ di emersione di un nuovo profilo di una causa comunque unitaria).
Interessa, piuttosto, considerare gli aspetti di distinzione delle liberalita’ non donative rispetto al contratto di donazione.
Sotto questo profilo, proprio muovendo dalla lettura dei dati offerti dall’esperienza giurisprudenziale, la dottrina ha evidenziato che la donazione indiretta non si identifica totalmente con la donazione, cioe’ con il contratto rivolto a realizzare la specifica funzione dell’arricchimento diretto di un soggetto a carico di un altro soggetto, il donante, che nulla ottiene in cambio, in quanto agisce per spirito di liberalita’. Si tratta – e’ stato sottolineato – di liberalita’ che si realizzano: (a) con atti diversi dal contratto (ad esempio, con negozi unilaterali come l’adempimento del terzo o le rinunce abdicative); (b) con contratti (non tra donante e donatario) rispetto ai quali il beneficiario e’ terzo; (c) con contratti caratterizzati dalla presenza di un nesso di corrispettivita’ tra attribuzioni patrimoniali; (d) con la combinazione di piu’ negozi (come nel caso dell’intestazione di beni a nome altrui).
Va inoltre tenuto conto del significato che la dottrina ha ricondotto alla tipizzazione del contratto di donazione. La configurazione della donazione come un contratto tipico a forma vincolata e sottoposto a regole inderogabili obbliga infatti a fare ricorso a questo contratto per realizzare il passaggio immediato per spirito di liberalita’ di ingenti valori patrimoniali da un soggetto ad un altro, non essendo ragionevolmente ipotizzabile che il legislatore consenta il compimento in forme differenti di uno stesso atto, imponendo, pero’, l’onere della forma solenne soltanto quando le parti abbiano optato per il contratto di donazione.
6. – L’inquadramento nella donazione indiretta del trasferimento per spirito di liberalita’, a mezzo banca, di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli in amministrazione del beneficiante a quello del beneficiario, muove dalla considerazione che l’accreditamento nel conto del beneficiario si presenta come il frutto di un’operazione, sostanzialmente trilaterale, eseguita da un soggetto diverso dall’autore della liberalita’ sulla base di un rapporto di mandato sussistente tra beneficiante e banca, obbligata in forza di siffatto rapporto a dar corso al bancogiro e ad effettuare la prestazione in favore del beneficiario. Non vi sarebbe nessun atto diretto di liberalita’ tra soggetto disponente e beneficiario, ma si sarebbe di fronte ad un’attribuzione liberale a favore del beneficiario attraverso un mezzo, il bancogiro, diverso dal contratto di donazione.
E’ una soluzione che le Sezioni Unite non condividono, perche’ l’operazione bancaria in adempimento dello iussum svolge in realta’ una funzione esecutiva di un atto negoziale ad esso esterno, intercorrente tra il beneficiante e il beneficiario, il quale soltanto e’ in grado di giustificare gli effetti del trasferimento di valori da un patrimonio all’altro. Si e’ di fronte, cioe’, non ad una donazione attuata indirettamente in ragione della realizzazione indiretta della causa donandi, ma ad una donazione tipica ad esecuzione indiretta.
Come infatti si e’ sottolineato in dottrina, da una parte gli strumenti finanziari che vengono trasferiti al beneficiario attraverso il virement provengono dalla sfera patrimoniale del beneficiante; dall’altra il trasferimento si realizza, non attraverso un’operazione triangolare di intermediazione giuridica, ma, piu’ semplicemente, mediante un’attivita’ di intermediazione gestoria dell’ente creditizio, rappresentando il bancogiro una mera modalita’ di trasferimento di valori del patrimonio di un soggetto in favore del patrimonio di altro soggetto.
Milita in questa direzione anche l’osservazione secondo cui nel bancogiro, pur inquadrato nello schema della delegazione che si innesta nel rapporto di mandato sotteso a quello di conto corrente (Cass., Sez. 1, 3 gennaio 2017, n. 25), la banca non puo’ rifiutarsi di eseguire l’ordine impartitole, in considerazione del rapporto contrattuale che la vincola al delegante, sempre che esista la disponibilita’ di conto; e cio’ a differenza di quanto avviene nella delegazione, dove l’articolo 1269 c.c., comma 2, consente al delegato, ancorche’ debitore del delegante, di non accettare l’incarico.
Pertanto, il trasferimento scaturente dall’operazione di bancogiro e’ destinato a rinvenire la propria giustificazione causale nel rapporto intercorrente tra l’ordinante-disponente e il beneficiario, dal quale dovra’ desumersi se l’accreditamento (atto neutro) e’ sorretto da una fusta causa: di talche’, ove questa si atteggi come causa donandi, occorre, ad evitare la ripetibilita’ dell’attribuzione patrimoniale da parte del donante, l’atto pubblico di donazione tra il beneficiante e il beneficiario, a meno che si tratti di donazione di modico valore.
6.1. – In particolare, il passaggio di valori patrimoniali a titolo di liberalita’ dal beneficiante al beneficiario eseguito a mezzo banca non ricade nell’ambito del contratto a favore di terzo, schema attraverso il quale – come si e’ visto – lo stipulante puo’ realizzare un’attribuzione patrimoniale indiretta a favore del terzo avente i connotati della spontaneita’ e del disinteresse.
Nel contratto a favore di terzo, infatti, il patrimonio del promittente e’ direttamente coinvolto nel processo attributivo e non si configura – e’ stato affermato – come mera “zona di transito” tra lo stipulante e il terzo: l’oggetto dell’attribuzione donandi causa in favore del terzo si identifica con la prestazione del promittente e non con quanto prestato dallo stipulante al promittente medesimo.
A cio’ deve aggiungersi che, mentre nel contratto a favore di terzo nasce immediatamente un diritto azionabile del terzo verso il promittente, il terzo beneficiario che sia destinatario di un ordine di giro non acquista alcun diritto nei confronti della banca proveniente dal contratto che intercorre tra la banca medesima e l’ordinante. Difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. 3, 1 dicembre 2004, n. 22596; Cass., Sez. 1, 19 settembre 2008, n. 23864; Cass., Sez. 1, 3 gennaio 2017, n. 25, cit.), l’ordine di bonifico ha natura di negozio giuridico unilaterale, la cui efficacia vincolante scaturisce da una precedente dichiarazione di volonta’ con la quale la banca si e’ obbligata ad eseguire i futuri incarichi ad essa conferiti dal cliente, ed il cui perfezionamento e’ circoscritto alla banca e all’ordinante, con conseguente estraneita’ del beneficiario, nei cui confronti, pertanto, l’incarico del correntista di effettuare il pagamento assume natura di delegazione di pagamento. Anche il delegato al pagamento puo’ essere obbligato, ma solo se il medesimo si obbliga personalmente verso il creditore delegatario e questi accetti l’obbligazione del delegato, ai sensi dell’articolo 1269 c.c., comma 1.
6.2. – Ne’ la fattispecie che qui viene in considerazione e’ assimilabile alla cointestazione del deposito bancario, suscettibile di integrare gli estremi di una donazione indiretta in favore del cointestatario con la messa a disposizione, senza obblighi di restituzione o di rendiconto, di somme di denaro in modo non corrispondente ai versamenti effettuati. Solo nella cointestazione, infatti, si realizza una deviazione in favore del terzo degli effetti attributivi del contratto bancario; laddove nel caso che ci occupa il contratto di deposito titoli in amministrazione conserva integra la causa sua propria, senza alcuna implementazione liberale, collocandosi l’ordine di bonifico dato alla banca dal beneficiante nella fase di esecuzione del contratto bancario di riferimento.
7. – In conclusione, deve essere enunciato il seguente principio di diritto: “Il trasferimento per spirito di liberalita’ di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta; ne deriva che la stabilita’ dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore”.
8. – I motivi in cui si compendia il ricorso – che possono essere scrutinati congiuntamente, stante la loro stretta connessione – si appalesano, a questo punto, fondati.
Ha infatti errato la Corte d’appello a considerare l’ordine di bonifico del disponente atto idoneo a veicolare lo spirito di liberalita’ e a qualificarlo, sulla base di una ritenuta equiparazione all’operazione di cointestazione del deposito in conto corrente, come una donazione indiretta, per la quale soltanto non si richiede la forma solenne prevista per la donazione tipica, pur quando il risultato di liberalita’ sia di ammontare elevato.
9. – La sentenza impugnata e’ cassata.
La causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Trieste.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Trieste.
Leave a Reply