Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 25 novembre 2016, n. 50082

Deve essere riconosciuto il reato di maltrattamenti (nei confronti della ex moglie) sulla scorta di episodi violenti manifestati occasionalmente e non necessariamente legati da una continuità

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 25 novembre 2016, n. 50082

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Giovanni – Presidente

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – rel. Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro;

e da:

(OMISSIS), parte civile, anche nella qualita’ di esercente la potesta’ sulla figlia minore;

nei confronti di:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza emessa in data 23/11/2015 dalla Corte di appello di Catanzaro;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Massimo Ricciarelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. ANIELLO Roberto, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;

Udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, depositando la nota spese;

Udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’inammissibilita’ o per il rigetto dei ricorsi e in subordine per la dichiarazione di estinzione del delitto di maltrattamenti per intervenuta prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23/11/2015 la Corte di appello di Catanzaro, in riforma di quella del Tribunale di Paola in data 4/6/2015, ha assolto (OMISSIS) dai reati di cui all’articolo 572 cod. pen. e articolo 582 cod. pen. in danno di (OMISSIS), perche’ il fatto non sussiste.

La Corte ha in particolare fondato il suo giudizio sulla ritenuta inattendibilita’ della (OMISSIS), costituitasi parte civile, e sul fatto che costei era stata smentita in riferimento ad un episodio, non trovando per il resto le sue dichiarazioni idonea conferma in quelle della figlia minorenne (OMISSIS) e nelle fotografie delle lesioni asseritamente provocate dall’imputato in data (OMISSIS)*.

2. Ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro, deducendo violazione della legge penale in relazione all’articolo 605 cod. proc. pen. e all’articolo 6 C.e.d.u. agli effetti dell’articolo 606 cod. proc. pen., comma 1, lettera b), e vizio di motivazione agli effetti dell’articolo 606 cod. proc. pen., comma 1, lettera e).

Ha in particolare segnalato il ricorrente che la Corte territoriale aveva omesso di confrontarsi con la motivazione della sentenza di primo grado e di fornire una motivazione rafforzata, fondata su un esaustivo vaglio di tutte le emergenze assunte e non limitata all’enucleazione di quelle risultanze che apparivano funzionali al successivo discorso critico contrastante con quello della sentenza appellata.

La Corte aveva formulato un’aprioristica valutazione di inverosimiglianza delle dichiarazioni della vittima, nel presupposto che le stesse fossero state rese in maniera graduale, in un crescendo di aggiunte e in un contesto interpretabile quale espressione di conflittualita’ tra le parti, sfociata anche in procedimenti a carico della persona offesa.

Ma non aveva poi valutato la documentazione sanitaria e fotografica, rilevando la tardivita’ della produzione ma senza considerare la sovrapponibilita’ tra le lesioni risultanti dalle fotografie, le indicazioni contenute nella certificazione medica e le dichiarazioni della vittima e soprattutto senza giungere a prospettare la natura calunniosa delle accuse.

Per contro la Corte non aveva sottoposto a specifica critica le valutazioni offerte dal primo Giudice, limitandosi ad un giudizio apoditticamente formulato in merito all’episodio dal quale sarebbero derivate le lesioni.

Inoltre era stata smentita l’attendibilita’ della persona offesa sulla base delle dichiarazioni di altri testi, (OMISSIS) e (OMISSIS), in ordine alla cui attendibilita’ non si sarebbe potuto dubitare, senza considerare le ragioni per cui il primo giudice aveva fornito al riguardo un opposto giudizio.

Indebitamente la Corte aveva ritenuto non integrata l’abitualita’ della condotta di maltrattamenti, rilevando che gli episodi sarebbero stati isolati e inseribili in un contesto di conflittualita’ reciproca, in ordine alla gestione della minore.

Ma in tal modo non si era tenuto conto del narrato della vittima, incentrato fra l’altro sulla quotidianita’ degli insulti, delle minacce e delle vessazioni, gradualmente degenerate anche in atti di violenza, senza che cio’ fosse circoscrivibile alla sola diatriba nata successivamente alla separazione in merito all’affidamento della figlia minore, a fronte di un atteggiamento violento e prevaricatore dell’imputato, che aveva indotto la vittima alla scelta della separazione.

La Corte aveva altresi’ reputato inidoneo il narrato della figlia minore a confermare gli assunti accusatori, in quanto inficiato dalle interferenze materne, giudizio che aveva ignorato quanto emerso circa gli apprezzamenti formulati dalla bimba sul conto del padre alla neuropsichiatra nominata consulente in sede civile.

Inoltre indebitamente, tanto piu’ in presenza di una parte civile, si era ribaltato il giudizio del primo giudice circa l’attendibilita’ della minore, dando rilievo a dati lessicali riportati nella trascrizione, senza procedere ad una rinnovazione dell’audizione della teste, anche in osservanza dell’articolo 6 C.e.d.u. nel caso di diversa valutazione di attendibilita’ di dichiaranti.

3. Ha presentato ricorso anche la parte civile (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di esercente la potesta’ sulla figlia (OMISSIS).

3.1. Con il primo motivo deduce violazione delle regole sulla prova e vizio di motivazione agli effetti dell’articolo 606 cod. proc. pen., comma 1, lettera e).

La Corte di appello aveva apoditticamente reputato inattendibile la persona offesa, giungendo a prospettare mendace il suo racconto in merito all’episodio dell’aggressione sfociata nelle lesioni personali, censurando stralci della deposizione senza valutare le dichiarazioni nel loro complesso e senza svolgere un ragionamento critico nei confronti della sentenza di primo grado.

Il ragionamento della Corte si era basato anche sulla valutazione di inattendibilita’ della minore (OMISSIS), fondato su segni di interpunzione inseriti dal trascrittore e dunque sulla forma interrogativa di alcune risposte, peraltro senza esaminare l’attendibilita’ delle testimoni a discarico, in ordine alla quale aveva sottolineato solo che non se ne sarebbe potuto dubitare.

La Corte aveva indebitamente svalutato il certificato attestante le lesioni, solo perche’ era stato rilasciato dopo piu’ di 24 ore dal fatto, e la documentazione fotografica, che costituiva lo strumento per rafforzare la validita’ del referto.

Segnalando il ritardo con cui la vittima aveva segnalato episodi di violenza del passato, la Corte aveva violato principi consolidati in merito alla valutazione cui sottoporre dichiarazioni rese da soggetti maltrattati.

Del tutto apoditticamente era stata inoltre svalutata la ricostruzione dell’episodio produttivo di lesioni in base al racconto della vittima, a fronte della ritenuta inattendibilita’ della minore (OMISSIS) per una preconcetta adesione alla versione materna.

In realta’ la Corte si era sottratta all’obbligo di fornire una motivazione rafforzata circa le ragioni dell’operato ribaltamento del primo giudizio, essendosi limitata a fornire una lettura alternativa del compendio probatorio, non sorretta da argomenti dirimenti.

3.2. Con il secondo motivo deduce violazione dell’articolo 6 C.e.d.u. e vizio di motivazione.

Il giudice di appello per addivenire ad un diverso apprezzamento di attendibilita’ della prova orale avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, necessaria anche nel caso di riforma di sentenza di condanna.

3.3. Con il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 572 e 582 cod. pen. e vizio di motivazione agli effetti dell’articolo 606 cod. proc. pen., comma 1, lettera e).

La Corte aveva negato il carattere abituale delle vessazioni rilevando il contesto di conflittualita’ e segnalando il limitato numero di episodi nonche’ la loro distanza temporale.

Peraltro aveva ignorato il principio per cui e’ configurabile il delitto di maltrattamenti anche a fronte di periodi di normalita’ e aveva altresi’ omesso di considerare che le forme piu’ subdole di maltrattamenti venivano attuate giornalmente, come rilevato dal primo Giudice.

Non condivisibile era la conclusione formulata in merito all’episodio culminato nelle lesioni, posto che la ricostruzione della Corte aveva omesso di valutare quanto risulta dal racconto della persona offesa secondo cui il marito l’aveva scaraventata contro il muro e poi contro il marmo che rivestiva l’ascensore, solo lungo le scale essendo seguiti calci e pugni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati.

2. Deve preliminarmente rilevarsi che e’ privo di fondamento il motivo di ricorso incentrato sull’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva in relazione alla quale il giudice di appello abbia formulato un diverso giudizio sull’attendibilita’: il relativo obbligo di rinnovazione e’ infatti ravvisabile in caso di riforma di sentenza di assoluzione (Cass. Sez. U. n. 27620 del 28/4/2016, Dasgupta, rv. 267487), ma non nel caso di riforma di sentenza di condanna (sul punto nella citata sentenza n. 27620 del 2016, Dasgupta, si rileva che “proprio in quanto non viene in questione il principio del “ragionevole dubbio”, non puo’ condividersi l’orientamento secondo cui anche in caso di riforma della sentenza di condanna in senso assolutorio il giudice di appello, al di la’ di un dovere di “motivazione rafforzata”, deve previamente procedere a una rinnovazione della prova dichiarativa”).

3. Ma proprio il riferimento contenuto nel passo citato della sentenza Dasgupta all’obbligo di motivazione rafforzata consente di apprezzare il vizio che inficia la sentenza impugnata.

4. Ed invero costituisce ius receptum il principio secondo cui “il giudice di appello che, in radicale riforma della sentenza di condanna di primo grado, pronunci sentenza di assoluzione ha l’obbligo di confutare in modo specifico e completo le argomentazioni della decisione di condanna, essendo necessario scardinare l’impianto argomentativo-dimostrativo di una decisione assunta da chi ha avuto diretto contatto con le fonti di prova” (Cass. Sez. 5, 21008 del 6/5/2014, Barzaghi, rv. 260582; analogamente Cass. Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, Fu, rv. 261327, secondo cui “In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di condanna pronunciata in primo grado, nella specie pervenendo a una sentenza di assoluzione, deve, sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno del decisum impugnato, metterne in luce le carenze o le aporie, che ne giustificano l’integrale riforma”).

Tale principio si ricollega a quanto gia’ rilevato da Cass. Sez. U. n. 6682 del 4/2/1992, Musumeci, rv. 191229, secondo cui, se “per diversita’ di apprezzamenti, per l’apporto critico delle parti o per le nuove eventuali acquisizioni probatorie, il giudice di appello ritenga di pervenire a conclusioni diverse da quelle accolte dal giudice di primo grado, non puo’ allora egli risolvere il problema della motivazione della sua decisione inserendo nella struttura argomentativa di quella di primo grado – genericamente richiamata – delle notazioni critiche di dissenso, in una sorta di ideale montaggio di valutazioni ed argomentazioni fra loro dissonanti, essendo invece necessario che egli riesamini, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal giudice di primo grado, consideri quello eventualmente sfuggito alla sua delibazione e quello ulteriormente acquisito, per dare, riguardo alle parti della prima sentenza non condivise, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni”.

5. Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale ha ribaltato il giudizio di primo grado sulla base di due direttrici fondamentali, la ritenuta inattendibilita’ della persona offesa (OMISSIS), in quanto smentita con riguardo all’episodio del (OMISSIS), e la riconducibilita’ delle frizioni con l’imputato non ad una continuativa attivita’ vessatoria di lui, ma a singoli episodi legati, in un quadro di conflittualita’ reciproca, “alla gestione della minore (OMISSIS), oggetto prima di conflitto intrafamiliare e poi di contesa tra coniugi separati”.

6. Sta di fatto che l’inattendibilita’ e’ stata desunta dalla ricostruzione dell’episodio del (OMISSIS), propiziata soprattutto dalle dichiarazioni delle testi a discarico (OMISSIS) e (OMISSIS), in ordine alle quali e’ stato rilevato che della loro “attendibilita’ non v’e’ motivo di dubitare” (pag. 7).

Ma in tal modo e’ stato del tutto trascurato l’opposto giudizio al riguardo formulato dal primo Giudice che aveva dedicato al racconto fornito dalle testi a discarico e alla loro attendibilita’ un’ampia analisi (pagg. 8 e 9), ponendo in luce profili di contraddittorieta’, incertezze, imprecisioni ravvisabili in quelle dichiarazioni.

Inoltre il cruciale episodio del (OMISSIS) e’ stato valutato dalla Corte territoriale del tutto a prescindere dalla testimonianza di (OMISSIS), le cui dichiarazioni erano state ritenute in linea con quelle della persona offesa e soprattutto tali da costituire un riscontro dell’inattendibilita’ di (OMISSIS) (pag. 9).

Come se non bastasse del racconto della persona offesa e’ stata valorizzata una parte, ma non l’intero sviluppo dell’episodio con l’aggressione consistita nella spinta contro il muro e contro il marmo dell’ascensore (pag. 4 della sentenza di primo grado).

E’ dunque evidente come la motivazione in merito all’attendibilita’ della persona offesa, espressa con un giudizio totalizzante, originato dalla ricostruzione dell’episodio del (OMISSIS), risulti in radice viziata dalla sua incompletezza e dal mancato confronto, al contrario necessario, con gli argomenti utilizzati dal primo Giudice.

7. Quanto poi alla continuita’ delle condotte di maltrattamenti, il primo Giudice aveva dato rilievo all’ampio racconto della persona offesa, dal quale risultava (pagg. 2, 3 e 4) che l’imputato aveva a partire dal 2004 mutato il proprio atteggiamento, palesando un comportamento minaccioso e rivolgendosi alla moglie con espressioni ingiuriose, progressivamente rendendosi protagonista di episodi maggiormente aggressivi e violenti, fino a quando in una circostanza, nel 2008, l’uomo aveva chiesto scusa alla moglie, promettendole che in futuro non si sarebbero piu’ verificati episodi del genere, ma la donna aveva deciso gia’ allora di contattare associazioni specializzate nel prevenire la violenza di genere.

Senza alcuna specifica analisi complessiva, riferita al merito di quel racconto, ma limitandosi a focalizzare solo taluni episodi, la Corte territoriale ha dunque formulato un giudizio che non si confronta in alcun modo con le valutazioni e gli argomenti del primo Giudice in merito all’esatta configurabilita’ del reato di maltrattamenti in rapporto ad una continuativa e non solo episodica attivita’ vessatoria e soprattutto in rapporto al fatto che non si trattasse solo di conflittualita’ inerente alla gestione della figlia minore, peraltro indicata come spesso presente e testimone delle condotte del padre.

8. I rilevati vizi di motivazione travolgono l’intero impianto della sentenza della Corte di appello e ne impongono l’annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per nuovo giudizio, con assorbimento degli ulteriori profili dedotti nei motivi di ricorso.

9. In sede di giudizio saranno puntualmente valutati, alla luce dei rilievi fin qui formulati, gli originari motivi di appello.

Deve peraltro escludersi che il reato di maltrattamenti di cui all’articolo 572 cod. pen. sia gia’ estinto per intervenuta prescrizione, in quanto lo stesso e’ ravvisabile (ed e’ stato nella specie ravvisato dal primo Giudice) anche dopo la cessazione della convivenza, in quanto l’autore del reato e la vittima siano legati da vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione (Cass. Sez. 6, n. 33882 del 8/7/2014, C., rv. 262078; Cass. Sez. 6, n. 7369 del 13/11/2012, dep. nel 2013, M., rv. 254026).

Inoltre, per scongiurare sul punto possibili incertezze, si dovra’ considerare, in ordine alla valutabilita’ ed utilizzabilita’ delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che “in tema di prova dichiarativa, allorche’ venga in rilievo la verifica della veste processuale del dichiarante, e’ onere della parte interessata ad opporsi all’assunzione della testimonianza di allegare, prima della assunzione delle dichiarazioni, le circostanze fattuali da cui risultano situazioni di incompatibilita’ a testimoniare, sempre che la posizione del dichiarante non risulti gia’ dagli atti nella disponibilita’ del giudice e non sussistano i presupposti perche’ questi si attivi d’ufficio, in conseguenza di una richiesta di prova formulata sul punto dalle parti, ex articolo 493 cod. proc. pen., ovvero in ragione dell’assoluta necessita’ di disporre l’escussione del dichiarante, ai sensi dell’articolo 507 dello stesso codice” (Cass. Sez. 6, n. 12379 del 26/2/2016, Picciolo, rv. 266422).

Provvedera’ il giudice del rinvio anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro

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