Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 7 gennaio 2016, n. 60
In fatto e in diritto
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione: “- L. s.a.s. di B.F. , F. e Fr. , e L.F. ottenevano un decreto ingiuntivo nei confronti della C.C. e C. s.a.s. di C.C. , avverso il quale la società C. e il socio accomandatario proponevano opposizione a decreto ingiuntivo nei termini ordinari spiegando anche domanda riconvenzionale;
– il giudice del Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Senigallia, dichiarava l’opposizione inammissibile in quanto tardiva, essendo la causa – che aveva ad oggetto il mancato pagamento di canoni di affitto di azienda – soggetta al rito locatizio;
– la Corte d’Appello di Ancona, con la sentenza n. 738/2013 del 6 giugno 2014, non notificata, qui impugnata, rigettava l’appello della odierna ricorrente, confermando l’inammissibilità della opposizione per tardività;
– C.C. e C. s.a.s. e C.C. propongono ricorso per cassazione articolato in due motivi: con il primo denunciano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 641, primo comma, c.p.c., e 645 c.p.c. per aver erroneamente dichiarato inammissibile l’opposizione proposta, e con il secondo denunciano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto “per omesso accoglimento delle domande riconvenzionali spiegate in primo grado da entrambe le parti”.
Resistono con controricorso la L. s.a.s. di B.F. , F. e Fr. , e L.F. .
Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere accolto.
Il primo motivo appare infatti manifestamente fondato, ed il suo accoglimento assorbe il secondo.
Il ricorso per decreto ingiuntivo di cui trattasi è stato depositato senza alcun riferimento all’applicabilità del rito speciale delle locazioni ed il decreto è stato emesso ex artt. 633 e 642 c.p.c., senza alcun riferimento al rito speciale, benché avesse ad oggetto il mancato pagamento di canoni di affitto di azienda; a fronte di ciò, legittimamente l’opponente ha proposto l’opposizione a decreto ingiuntivo nella forma ordinaria, con atto di citazione notificato nei quaranta giorni dalla notifica del decreto, secondo il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale la scelta da parte del creditore del rito ordinario e delle forme del procedimento monitorio per la proposizione della domanda comporta che l’eventuale opposizione al decreto ingiuntivo vada a sua volta proposta nella medesima forma ordinaria, indipendentemente dalle eccezioni sollevate dall’opponente, le quali andranno delibate ai soli e diversi fini dell’ammissibilità e fondatezza dell’avversa domanda (in questo senso Cass. n. 7530 del 2014, Cass. n. 26372 del 2007, Cass. n. 15720 del 2006, Cass. n. 10206 del 2001).
L’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo, relativo al mancato esame nel merito delle domande riconvenzionali (di entrambe le parti) da parte del giudice di appello in conseguenza della declaratoria di inammissibilità della opposizione.
Si propone pertanto che il ricorso sia accolto, la sentenza cassata con rinvio e la causa rimessa alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione affinché la stessa decida anche sulle spese”.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio, riunito in camera di consiglio, esaminate la relazione e le memorie depositate dalle parti, ha ritenuto di non poter condividere le conclusioni cui perviene la relazione, per i motivi di seguito esposti.
La questione sottoposta all’attenzione della Corte è se l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso in relazione al mancato pagamento di canoni di affitto di azienda, come tale soggetta al rito delle locazioni, sia ammissibile ove introdotta con citazione ed a quali condizioni la stessa possa essere ritenuta tempestiva.
Sia il primo giudice che la corte d’appello non hanno dubitato della ammissibilità dell’opposizione in materia di canoni di affitto benché introdotta erroneamente con citazione anziché con ricorso, ma l’hanno ritenuta intempestiva in quanto, benché notificata nei quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo, la stessa è stata però depositata in cancelleria oltre la scadenza di quel termine.
Nel ritenere inammissibile per tardività l’opposizione a decreto ingiuntivo, la corte d’appello ha richiamato il principio più volte affermato da questa Corte secondo il quale l’opposizione a decreto ingiuntivo soggetta al rito del lavoro deve essere proposta con ricorso e, ove proposta erroneamente con citazione, questa può produrre gli effetti del ricorso solo se sia depositata in cancelleria entro il termine di cui all’art. 641 cod. proc. civ., non essendo sufficiente che entro tale data sia stata comunque notificata alla controparte (Cass. S.U. n. 2714 del 1991; Cass. n. 8014 del 2009).
Si ritiene di dover dar seguito a tale orientamento.
Le decisioni richiamate nella relazione e dallo stesso ricorrente, nelle quali si è affermato che sia consentito all’opponente, allorché sia stato il creditore a scegliere il rito ordinario e le forme del procedimento monitorio, di seguire integralmente il rito ordinario, anche in relazione ai termini per proporre opposizione, fanno riferimento ad alcune ipotesi particolari, non assimilabili al caso di specie, in cui la scelta del rito ordinario da parte del creditore richiedente il ricorso si sia tradotta non solo e non tanto nella mancata indicazione della materia richiedente un rito speciale nel ricorso ma nella scelta processuale di richiedere l’emissione del ricorso per decreto ingiuntivo al giudice che sarebbe stato competente secondo le regole ordinarie anziché al giudice funzionalmente competente. A monte della sentenza n. 7530 del 2014 vi era infatti un ricorso in materia previdenziale richiesto al Presidente del tribunale anziché al Pretore, prima della istituzione del giudice unico di tribunale; a monte della sentenza n. 15720 del 2006 un ricorso in materia di locazione anch’esso richiesto al Presidente del tribunale anziché al Pretore; nella fattispecie esaminata e decisa dalla sentenza n. 10206 del 2001 un decreto ingiuntivo in materia di lavoro era stato chiesto ed emesso dal Giudice di pace anziché dal Pretore.
Il principio di diritto espresso da tali decisioni, che deroga al principio generale sopra richiamato ed al quale si ritiene di dare seguito, non si pone in contraddizione con esso ma si giustifica in riferimento alle più circoscritte ipotesi in cui non soltanto il decreto sia stato richiesto in una materia che prevede un rito speciale, ma sia stato richiesto al giudice competente per le cause ordinarie anziché al organo giudiziario che abbia competenza funzionale nella materia indicata. Non rileva invece la semplice mancata indicazione all’ingiunto delle modalità con le quali l’opposizione va proposta, in considerazione della competenza tecnica che va riconosciuta all’avvocato, il quale deve essere autonomamente consapevole di quelle modalità in relazione alla natura della controversia, che può agevolmente evincere dal contenuto dell’atto notificato (v. Cass. n. 8014 del 2009, che richiama Corte cost. n. 152 del 2000, che ebbe a dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità delle norme che vengono in considerazione, sul presupposto che il principio della legale conoscenza delle norme nulla abbia a che vedere con il principio di uguaglianza e con la tutela del diritto di difesa, e che esso non possa non valere laddove la parte si avvalga, come nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, del necessario patrocinio del difensore, ben in grado di desumere la causa petendi dagli atti notificati alla parte).
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Infine, il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18; deve darsi atto pertanto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; liquida a carico del ricorrente le spese di lite sostenute dal controricorrente, che liquida in Euro 3.200,00, di cui 200,00 per spese, oltre accessori e contributo spese generali.
Ai sensi dell’art.13 co. 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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