Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 3 marzo 2016, n. 4234
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto nel suo studio in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma in data 29 agosto 2013;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 febbraio 2016 dal Consigliere relatore Dott. GIUSTI Alberto.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 8 settembre 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’articolo 380 bis codice procedura civile: “Con sentenza in data 16 agosto 2004, il Tribunale di Latina, sezione distaccata di Terracina, in accoglimento della domanda interposta da (OMISSIS), dichiarava che il diritto alla stipula del contratto definitivo in favore della (OMISSIS) a r.l., contenuto nel contratto preliminare dell’11 novembre 1990, si era estinto per prescrizione; condannava la (OMISSIS) a restituire in favore del (OMISSIS) i terreni oggetti del preliminare, siti nel Comune di Sperlonga; condannava il (OMISSIS) a restituire alla (OMISSIS) la somma di lire 100.000.000, pari a euro 51.645,68, oltre agli interessi legali dal 1 gennaio 1991 sino al saldo; compensava tra le parti le spese di lite.
Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 29 agosto 2013, la Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello principale della societa’ e accolto limitatamente l’appello incidentale del (OMISSIS) e, in parziale riforma della sentenza impugnata, nel resto confermata, ha escluso gli interessi sull’importo da restituire all’altra parte fino all’11 settembre 2002 a carico del (OMISSIS); ha compensato le spese pure del secondo grado.
Per quanto qui ancora rileva, la Corte territoriale ha rilevato che la prescrizione e’ stata giustamente verificata in positivo e che l’appellante in via principale vanamente contesta tale accertamento deducendo che la seconda raccomandata – atta a interrompere la prescrizione – risale al 19 maggio 1994 (anziche’ al 19 maggio 2004), quindi entro il decennio dalla prima raccomandata del dicembre 1990. Infatti – ha proseguito la Corte d’appello – nel fascicolo di parte di primo grado non si rinviene che una sola raccomandata dell’11 dicembre 1990, con cui la (OMISSIS) comunica la fissazione del giorno 28 dicembre 1990 alle ore 16 per la stipula dell’atto pubblico di compravendita de qua, ne’ tale missiva e’ menzionata in alcun indice, anche se in comparsa conclusionale in primo grado l’altra parte ne riconosce la esistenza in atti, pur negando di averla mai ricevuta.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la (OMISSIS) ha proposto ricorso, con atto notificato il 25 novembre 2014, sulla base di due motivi.
L’intimato non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 codice procedura civile, delle prove documentali – articoli 2699 e 2720 codice civile, – in grado di appello, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio) ci si duole che non sia stata esaminata e quindi valutata la prova documentale in atti, riguardante la lettera del 19 maggio 1994, interruttiva della prescrizione, ritenuto tale documento inesistente, in quanto non prodotto e non rinvenuto in atti. La ricorrente evidenzia “che la missiva datata 19 maggio 1994, regolarmente depositata in data 2 aprile 2003, e’ in atti sin dal giudizio di primo grado, affoliata alla memoria ex articolo 184 codice procedura civile dove tra l’altro e’ menzione, attestata del suo deposito dalla cancelleria del primo giudice, documento spillato e rimasto sempre affoliato al fascicolo di parte”.
Il motivo appare inammissibile perche’ con esso e’ dedotto un vizio revocatorio. L’affermata inesistenza agli atti del processo di un documento ivi per contro ritualmente prodotto ed esistente da’ infatti luogo a un vizio revocatorio della sentenza che abbia rigettato una domanda fondata sul detto documento esclusivamente in base alla supposta inesistenza dello stesso (cfr. Cass., Sez. 5, 25 maggio 2011, n. 11453).
Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 325 e 327 codice procedura civile, in relazione al proposto appello incidentale, nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione alla mancata dichiarazione di tardivita’ dell’appello incidentale.
Il motivo e’ da accogliere. La tardivita’ dell’appello incidentale si desume dalla stessa difesa del (OMISSIS), il quale, con la comparsa conclusionale, ha espressamente “dichiarato di rinunciare… all’appello incidentale, in quanto proposto tardivamente”.
Il ricorso puo’ essere avviato alla trattazione in camera di consiglio, per esservi dichiarato inammissibile quanto al primo mezzo e accolto relativamente al secondo motivo”.
Letta la memoria di parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra;
che – quanto al primo motivo, l’unico in relazione al quale la ricorrente critica la relazione ex articolo 380 bis codice procedura civile – il Collegio rileva che, anche a voler escludere la natura revocatoria del vizio denunciato, non per questo la censura con esso veicolata si rivela fondata;
che, infatti, dal testo del ricorso non risulta che vi sia alcuna prova in atti che la missiva in data 19 maggio 1994, prodotta dinanzi al Tribunale unitamente alla memoria depositata in data 2 aprile 2003, sia stata spedita, con raccomandata o in altro modo, all’indirizzo del destinatario, il quale, a sua volta, ha negato di avere mai ricevuto una detta lettera;
che l’atto di costituzione in mora del debitore, per produrre i suoi effetti e, in particolare, l’effetto interruttivo della prescrizione, deve essere diretto al suo legittimo destinatario, pur non essendo soggetto a particolari modalita’ di trasmissione;
che pertanto la missiva datata 19 maggio 1994 non e’ atto idoneo a dimostrare la pretesa interruzione del corso della prescrizione, non constando dalla sentenza impugnata e dagli atti richiamati dalla ricorrente che l’intimazione sia giunta nella sfera di conoscenza del debitore;
che, pertanto, il primo motivo va rigettato mentre va accolto il secondo mezzo;
che la sentenza impugnata e’ cassata in relazione alla censura accolta,senza rinvio, perche’ l’appello incidentale, tardivo e rinunciato, non poteva essere proseguito;
che, pertanto, della sentenza d’appello, confermata nel resto, va elisa la statuizione con la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, e’ stata esclusa la debenza degli interessi sull’importo da restituire fino all’11 settembre 2002;
che le spese del giudizio di cassazione vanno compensate, essendo il ricorso accolto solo in minima parte.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo motivo; cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta perche’ l’appello incidentale del (OMISSIS), tardivo e rinunciato, non poteva essere proseguito; dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
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