Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 26 agosto 2014, n. 18217
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22322-2012 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 919/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA del 10/02/2012, depositata il 20/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore della ricorrente, che si riporta agli scritti.
1. – (OMISSIS) ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale e’ stato rigettato il suo appello avverso la reiezione della domanda da lei dispiegata nei confronti del Ministero della Salute, di risarcimento dei danni da lei patiti per lesioni da emotrasfusione cui era stata sottoposta nel 1977. L’intimato resiste con controricorso.
2. – Il ricorso puo’ essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli articoli 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo soggetto alla disciplina dell’articolo 360-bis cod. proc. civ. – per essere ivi rigettato.
3. – La ricorrente sviluppa tre motivi, tutti ai sensi dell’articolo 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5 dolendosi: con un primo, dell’illegittimita’ dell’individuazione del dies a quo della prescrizione in data diversa da quella espressamente addotta dal Ministero, che aveva formulato la relativa eccezione; con un secondo, in via subordinata, dell’omessa disamina della eccezione sulla natura contrattuale della responsabilita’ del Ministero e, cosi’, della durata decennale del termine prescrizionale; con un terzo, in via ulteriormente subordinata, dell’erroneita’ dell’individuazione dell’exordium praescriptionis in data coincidente con la presentazione della domanda di indennizzo ex Legge n. 210 del 1992 e non invece con la comunicazione del relativo responso. Lamenta poi essere rimasta soccombente solo per il mutamento di giurisprudenza avutosi durante l’irragionevole durata del processo; e lungamente argomenta per la decisione nel merito, esaminando tutti i presupposti dell’an debeatur quantificando il risarcimento invocato.
4. – Dal canto suo, il controricorrente Ministero ribatte partitamente a ciascun motivo di ricorso, contestando – ad ogni buon conto – anche la quantificazione del danno ed invocando la compensatio lucri cum damno in riferimento all’indennizzo ex Legge n. 210 del 1992.
5. – Il primo motivo e’ infondato: come per la natura della prescrizione, anche la sua decorrenza deve ritenersi integrare una controeccezione in senso lato e, come tale, rilevabile anche di ufficio; e solo ove la diversa decorrenza si fondi su fatti non allegati o non acquisiti al dibattito processuale la relativa difesa deve aver luogo entro il termine di maturazione delle cc.dd. preclusioni assertive o di merito, potendo, al contrario e cioe’ ove basata su fatti storici gia’ allegati entro tale termine (e purche’ non siano necessari altri accertamenti di fatto), essere proposta o rilevata di ufficio anche successivamente (sulla durata del termine prescrizionale, in termini: Cass., ord. 21 febbraio 2011, n. 4238). Del resto, al debitore che invochi la prescrizione basta addurre la protrazione nel tempo dell’inerzia del creditore, incombendo al giudice l’individuazione delle norme applicabili ai fatti (Cass. Sez. Un., 25 luglio 2002, n. 10955) e della stessa data di inizio della prescrizione (Cass. 23 agosto 2004, n. 16573; Cass. 22 maggio 2007, n. 11843; Cass. 17 marzo 2009, n. 6459).
6. – Quanto al secondo ed al terzo motivo, tra loro unitariamente considerati per l’intima connessione, va ricordato come corrisponda a consolidato orientamento di questa Corte che:
6.1. sussisteva a carico del Ministero della sanita’ (oggi Ministero della salute), anche prima dell’entrata in vigore della Legge 4 maggio 1990, n. 107, un obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico; sicche’ il giudice, accertata l’omissione di tali attivita’ con riferimento alle cognizioni scientifiche esistenti all’epoca di produzione del preparato, ed accertata l’esistenza di una patologia da virus HIV, HBV o HCV in soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, puo’ ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’insorgenza della malattia e che, per converso, la condotta doverosa del Ministero, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento (per tutte: Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576); sicche’, per l’unicita’ dell’evento lesivo – infezione da HBV, HIV, HCV – derivato dall’emotrasfusione (Cass. 29 agosto 2011, n. 17685; Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576), la responsabilita’ puo’ agevolmente ricavarsi nell’omissione, da parte del Ministero, dei controlli, consentiti dalle conoscenze mediche e dei piu’ datati parametri scientifici del tempo, sull’idoneita’ del sangue ad essere oggetto di trasfusione (tra le altre: Cass. 14 luglio 2011, n. 15453), in epoca anche anteriore alla piu’ risalente delle scoperte dei mezzi di prevenibilita’ delle relative infezioni, individuabile nel 1978;
6.2. la responsabilita’ del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi e’ allora di natura extracontrattuale, ne’ sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime): in particolare, sussistendo il c.d. contratto sociale, a tutto concedere, non gia’ fra il soggetto sottoposto a trasfusione ed il ministero, ma fra il primo e la struttura sanitaria che materialmente ha praticato quest’ultima;
6.3. ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo e’ soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma dell’articolo 2935 c.c. e articolo 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensi’ da quello in cui tale malattia viene percepita o puo’ essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche; a tal fine, un tale termine coincide di regola non gia’ con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla Legge n. 210 del 1992, articolo 4 bensi’ al piu’ tardi con la proposizione della relativa domanda amministrativa (Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576; Cass. 23 maggio 2011, nn. 11301 e 11302; Cass., ord. 5 luglio 2011, n. 14694; Cass. 13 luglio 2011, n. 15391): infatti, non oltre tale momento e’ raggiunto un apprezzabile grado di consapevolezza non solo della malattia, ma anche del nesso causale tra essa e l’emotrasfusione, tanto da invocare quest’ultimo come fondamento della richiesta indennitaria; e potendo cosi’ ipotizzarsi l’idoneita’ degli elementi a disposizione del leso ai fini della valutazione di plausibilita’ di quello e pure dell’ulteriore elemento, indispensabile per l’azione risarcitoria, della colpa della P.A., anche in base alla notorieta’ delle ipotizzabili omissioni, se non pure delle decisioni di casi analoghi).
7. – Nel caso di specie, e’ positivamente accertato che la presentazione della domanda di indennizzo si e’ avuta il 19.11.96, sicche’ il termine prescrizionale quinquennale era gia’ irrimediabilmente elasso alla data di instaurazione del giudizio in primo grado, individuata nel 19.6.03, in carenza di atti interruttivi. Di conseguenza – neppure rilevando che la protrazione dei tempi del processo abbia dato luogo ad un esito infausto della lite per il dedotto sopravvenuto mutamento della giurisprudenza, tale ultimo effetto ricollegandosi alla normale evoluzione dell’ordinamento – la domanda dell’odierna ricorrente non poteva che essere disattesa per intervenuta prescrizione del relativo diritto.
8. – Si propone, pertanto, la reiezione del ricorso.
4. Quanto al primo motivo di ricorso, deve ribadirsi che, una volta formulata un’eccezione di prescrizione, anche di ufficio il giudice identifica, nei fatti allegati o comunque risultanti dagli atti di causa, quelli rilevanti ai fini della valutazione della fondatezza o meno dell’eccezione stessa (Cass. 13 novembre 2009, n. 24037) e, specificamente, anche in punto di decorrenza, quest’ultima integrando una mera controeccezione (tra le ultime: Cass., ord. 21 febbraio 2011, n. 4238; Cass. 22 dicembre 2011, n. 28292; Cass. Sez. Un., 7 maggio 2013, n. 10531, specialmente paragrafo 7 della motivazione; Cass. 30 agosto 2013, n. 19996; Cass. 29 novembre 2013, n. 26795).
5. Quanto, invece, alla questione della decorrenza del termine prescrizionale dalla data di presentazione della domanda amministrativa ex Legge n. 210 del 1992, va osservato quanto segue.
5.1. In primo luogo, e’ giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte che essa e’ il limite ultimo a favore del danneggiato nel quale egli acquisisce un apprezzabile grado di affidabilita’ sulla sussistenza dei presupposti della sua azione risarcitoria, cioe’ non solo il danno alla salute ma anche la sua potenziale ricondutibilita’ alla condotta colposa della controparte (fin da Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576; v. pure, tra le altre: Cass. 23 maggio 2011, nn. 11301 e 11302; Cass., ord. 5 luglio 2011, n. 14694; Cass. 13 luglio 2011, n. 15391; Cass. 30 agosto 2013, n. 19997; Cass. 29 novembre 2013, n. 26791; Cass. 22 gennaio 2014, n. 1229; Cass., ord. 4 marzo 2014, n. 4992; Cass. 14 marzo 2014, n. 5953).
5.2. Cio’ posto, va esclusa la ricorrenza del c.d. overruling, implicante quale conseguenza la possibilita’ di una sostanziale rimessione in termini (per tutte, v. Cass., ord. 21 dicembre 2012, n. 23836, ovvero Cass. 26 agosto 2013, n. 19540).
Tale istituto (sul quale, per tutte, v. la fondamentale Cass. Sez. Un. 11 luglio 2011, n. 15144, oppure: Cass. 27 dicembre 2011, n. 28967; Cass. 4 maggio 2012, n. 6801; Cass. 17 maggio 2012, n. 7755; Cass. 11 marzo 2013, n. 5962) e’ infatti intrinsecamente connaturato alla precedente presenza ed al pregresso consolidamento di un orientamento interpretativo, ma – per di piu’ – in materia esclusivamente processuale e mai sostanziale (Cass., ord. 3 settembre 2013, n. 20172), qualificabile come univoco, eppure mutato imprevedibilmente. Infatti, soltanto in materia strettamente processuale il mutamento repentino della giurisprudenza esporrebbe l’incolpevole parte, che aveva fatto affidamento sulla corrente interpretazione della regola processuale fino ad allora applicata, al rischio imprevedibile di una definizione in rito sulla sua pretesa. E le norme in materia di prescrizione, riguardando l’esistenza – o la persistenza – del diritto nella sua ontologica struttura ed essenza, hanno indubitabilmente natura sostanziale, con conseguente esclusione – gia’ solo per questo – della stessa configurabilita’ di un overruling.
53. D’altra parte, l’evoluzione interpretativa delle norme sostanziali, poiche’ l’interpretazione – ed a maggior ragione quella estrinsecatasi in sede giurisdizionale – necessariamente riguarda il passato, e’ una potenzialita’ insita nell’ordinamento, connaturata al funzionamento del sistema di tutela dei diritti come oggi apprestato alla parte. Nella specie, poi, l’identificazione del dies a quo della prescrizione si e’ avuta in coerente sviluppo di premesse acquisite e principi consolidati ed in quanto tale va qualificata come suscettibile di previsione e di non malagevole previsione anche ad opera del soggetto interessato, sia pure con una diligenza peculiare e relativa alla valutazione del rischio di mutamenti di quanto potesse apparire in un primo momento come interpretazione corrente.
54. Se si considera, poi, che un termine prescrizionale di cinque anni appare senz’altro idoneo a consentire la tutela in via giudiziaria delle proprie ragioni – a far tempo, per quanto detto, dall’acquisizione di un grado di consapevolezza della possibilita’ prevalente (e cioe’ della probabilita’ o plausibilita’) della configurazione di una responsabilita’ in capo a controparte, reso evidente quanto meno dalla presentazione della domanda di indennizzo – e che il prospettato mutamento di interpretazione di norme sostanziali – come quella in tema di decorso della prescrizione – integra un rischio insito nella dinamica ordinamentale e, in quanto tale, prevedibile a cura dell’interessato con sopportabile onere di diligenza, e’ evidente l’adeguatezza del rimedio apprestato per l’effettivita’ della tutela del diritto al risarcimento: e, con cio’, e’ manifestamente infondata la questione di illegittimita’ costituzionale anche dell’articolo 11 disp. gen. comunque, di qualunque altra norma applicabile alla fattispecie), come sollevata nella memoria ai sensi dell’articolo 30-bis cod. proc. civ..
5.5. Pertanto, l’effettivita’ della garanzia dei diritti – anche sotto il profilo dell’addotta (a prescindere dalla verifica della novita’ della questione in questa sede) violazione di norme del TUE o della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea o della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, o dell’articolo 111 o 24 o 32 Cost. – non puo’, per definizione, ritenersi compressa o limitata od esclusa dal corretto funzionamento dei meccanismi processuali allo scopo predisposti (Cass., ord. 24 marzo 2014, n. 6862).
5.6. E’ quindi necessario affermare il seguente principio di diritto: in materia di risarcimento del danno da lesioni da trasfusione di emoderivati infetti, il consolidamento della giurisprudenza che individua l’exordium praescriptionis al piu’ tardi nella data di presentazione di istanza volta a conseguire l’indennizzo previsto dalla Legge n. 210 del 1992, siccome relativo a norma sostanziale e comunque integrando una normale potenzialita’ dell’evoluzione giurisprudenziale, non comporta overruling a favore del danneggiato e non ne consente quindi la rimessione in termini; ne’ si ha violazione di canoni fondamentali o sovranazionali in materia di effettivita’ della tutela del diritto, risultando comunque ampiamente sufficiente il termine di cinque anni per dare corso all’azione dall’acquisizione di un grado di plausibile affidabilita’ sulla tesi della responsabilita’ della controparte, identificabile al piu’ tardi nell’indicata data di presentazione della domanda di indennizzo.
6. Pertanto, ai sensi degli articoli 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va rigettato.
E tuttavia, quanto alle spese del giudizio di legittimita’, la procedura transattiva prevista dal Decreto Legge 1 ottobre 2007, n. 159, articolo 3 convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 novembre 2007 n. 222, nonche’ dalla Legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 1, commi da 361 a 365 dettati per il componimento dei giudizi risarcitori per effetto di trasfusioni con sangue infetto (pur lasciando, beninteso, di certo libera la P.A. di valutare se pervenire alla transazione) denota un sostanziale trend legislativo di definizione stragiudiziale del contenzioso (da ultimo confermato dal Decreto Ministeriale 4 maggio 2012, pubbl. in G.U. 13.7.12) e tanto integra giusto motivo di compensazione delle spese processuali, a norma dell’articolo 92 cod. proc. civ., nella formulazione – applicabile alla fattispecie – anteriore alla modifica di cui alla Legge n. 263 del 2005, articolo 1, comma 2.
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